Costantino Nigra
(a cura di Rodolfo Giacoma Ghello)
<<A chi percorre la strada provinciale da Cuorgnè a Ivrea, fra la valle dell'Orco e quella di Chiusella, se volge gli occhi in alto, a sinistra, appena sorpassato il breve ponte sulla Malesina, dopo Castellamonte, si presenta la magnifica collina ove spiccano il vecchio castello di Villa Castelnuovo, nel quale io nacqui, e più in alto la chiesa di Sale, in un largo semicerchio, chiuso a ponente dal monte Filia, a levante dalle colline di Muriaglio, e a tramontana dalle Alpi.>>


     In questo modo Costantino Nigra ricorda in uno scritto il suo paese d'origine e i luoghi della sua giovinezza, che dovette a lungo lasciare per le diverse vicende della sua vita, ma che neppure per un attimo abbandonò dal suo cuore.
     Nacque a Villa Castelnuovo l'undici giugno 1828, figlio di Ludovico cerusico del luogo, superstite dell'armata napoleonica ed anche compromesso dai moti insurrezionali del '21 e di Anna Caterina Revello, che a sua volta risultava discendente di Gian Bernardo De Rossi, orientalista di fama mondiale. Il giovane Costantino trascorse la sua prima giovinezza a Villa Castelnuovo con i genitori e fratelli, cui fu sempre legato. In particolare il suo affetto si riversò sul fratello più giovane Michelangelo, che in tenera età fu privato della vista da un occhio proprio da uno spericolato gioco per colpa di Costantino.
     I successivi impegni di studio lo portarono prima a Bairo e poi ad Ivrea per completare gli studi secondari. Al termine di queste scuole nel 1845 Costantino, grazie ad una borsa di studio, si iscrisse alla facoltà di legge ottenendo così la laurea.
     Durante il corso egli interruppe gli studi nel 1848 perché si arruolò come volontario nella terza compagnia bersaglieri, interamente formata da volontari studenti. Combatté con valore nelle battaglie di Peschiera, Santa Lucia, Colmasino e Goito, fintanto che nella battaglia di Rivoli venne ferito da una pallottola austriaca.
     Ottenuta la laurea egli entrò con il modesto incarico di applicato volontario al Ministero degli Esteri e qui in breve tempo ottenne la stima e benevolenza dei propri superiori, facendosi apprezzare dallo stesso Ministro, allora anche Presidente del Consiglio, Massimo D'Azeglio. Ed è in questo periodo che il Nigra inizia anche a mostrare le sue doti anche in campo artistico tanto da ricevere le lodi dal grande letterato dell'epoca Alessandro Manzoni.
     A D'Azeglio successe il conte Camillo Benso di Cavour nella carica di Primo Ministro e fu lo stesso D'Azeglio segnalare al suo successore il giovane collaboratore. Ha qui inizio il più straordinario rapporto tra il grande statista e il suo giovane collaboratore che durerà fino alla morte di Cavour (6 giugno 1861); mano a mano che prosegue, il rapporto fra i due diviene sempre più fraterno. I primi anni dal 1852 al 56 il Nigra svolgerà normale attività presso il ministero in Torino e poi inizierà la carriera diplomatica che lo porterà ad essere testimone ed artefice egli stesso dei più straordinari eventi della storia del XIX secolo. Nel 1855 Costantino prende in moglie Emerenziana Vegezzi Ruscalla, una fanciulla diciassettenne, da cui avrà un figlio, Lionello, ma i due caratteri troppo diversi li separeranno dopo poco tempo e solo dopo morti riposeranno insieme nella stessa tomba della cappella del cimitero di Villa Castelnuovo.
     Nigra è al seguito di Cavour e del Re Vittorio Emanuele II sia a Parigi che a Londra e poi partecipa al Congresso di Parigi per raccogliere i frutti della spedizione piemontese in Crimea, in questa occasione già promosso Console di prima classe con mansioni di Capo gabinetto del ministro. Cavour sente la necessità di avere un uomo di sua completa fiducia che lo rappresenti alla corte di Napoleone III e ha così inizio la straordinaria avventura di Nigra a Parigi. In breve diverrà il personaggio del piccolo regno di Sardegna più accetto a corte e entrerà in stretti rapporti con lo stesso imperatore e anche con l'imperatrice Eugenia, di norma abbastanza ostile agli italiani. Su questo suo rapporto con l'imperatrice tanto si è parlato all'epoca da chi voleva intravedere una relazione, che però il Nigra da perfetto gentiluomo sempre negò, e di cui non lasciò alcuna traccia. Il grande scrittore Salvator Gotta dedicò anche il suo romanzo "Ottocento" alla figura del Nigra a Parigi e al suo rapporto con l'imperatrice.
     A Parigi il Nigra conobbe anche la famosa Virginia Oldoini di Verasis contessa di Castiglione, donna di incantevole bellezza anch'essa inviata da Cavour per convincere l'imperatore alla causa italiana. Il problema era convincere l'imperatore per scendere in guerra contro l'Austria a fianco dell'esercito piemontese e certamente i risultati non mancarono, poiché nel 1859 iniziò la seconda guerra di indipendenza con Napoleone III e le sue truppe furono al fianco dell'esercito piemontese. All'armistizio di Villafranca il Nigra fu unico testimone del furibondo litigio tra Cavour e il Re.
     Dopo un breve periodo di assenza di Cavour dal governo per sue dimissioni, il conte Cavour torna ad essere primo ministro ed invia il suo uomo di fiducia in missione nell'appena redento Regno di Napoli. Di tutte queste vicende rimane oggi un ricco carteggio costituito dalle lettere, le note diplomatiche e i dispacci intercorsi tra il Nigra e il suo Ministro Cavour, un archivio ricco di pensieri e di tutta la storia di quella mirabile epoca. Dal carteggio si evince il rapporto di reciproca stima e amicizie tra lo statista e il suo diplomatico e come Cavour abbia la necessità di ricevere conforto, anche morale, dal suo collaboratore.
     In seguito alla morte di Cavour, il Nigra tornerà a Parigi per ancora molto tempo in veste di Ministro Plenipotenziario di Sua Maestà il Re d'Italia, e sarà lo stesso imperatore a congratularsi con lui per il titolo ricevuto. La leggenda del Nigra è ricca di episodi sulla sua vita a corte, fra i quali spicca l'episodio più noto e certamente avvenuto, detto della gondola veneziana, in cui il Nigra improvvisa un canto all'imperatrice nel laghetto del castello di Fontainebleau, su una imbarcazione, una gondola per l'appunto. Il canto conteneva un invito all'imperatrice di non ignorare Venezia oppressa dal dominatore austriaco che attendeva di essere liberata. Ma sarà invece il Nigra a dover "liberare l'Imperatrice" quando nel 1870 dopo la capitolazione di Napoleone III a Sedan, la Francia dichiarò a furor di popolo la caduta dell'impero e Costantino Nigra aiutò l'Imperatrice Eugenia a fuggire dalla reggia della Tuileries assaltata dal popolo. Nigra rimase fino al 1876 a Parigi e successivamente ebbe ancora incarichi di ambasciatore alla corte di San Pietroburgo, alla corte di San Giacomo a Londra e poi presso Sua Maestà l'Imperatore d'Austria, ove rimase fino alla pensione nel 1904, ripetutamente rifiutando offerte di ritornare a Parigi.
     I rapporti tra il Nigra e il Re Vittorio furono sempre piuttosto gelidi perché il sovrano vedeva nel Nigra il fidato amico e collaboratore di Cavour, a lui sempre ostile, e solo dopo la morte di Vittorio Emanuele II, il successore Umberto I riconoscerà i meriti dell'opera svolta dal Nigra a favore del Regno, concedendogli motu proprio il titolo comitale, trasmissibile anche ai discendenti, e poi ancora insignendolo del Collare dell'Annunziata, massimo titolo d'ordine sabaudo che lo riconosceva Cugino del Re e infine nominandolo senatore del Regno.
     Al termine della carriera diplomatica Nigra si ritira a Venezia acquistando uno splendido palazzo sul Canal Grande poi ancora un palazzo a Trinità dei Monti in Roma. A fianco di Costantino in quest'ultimo periodo appare la figura di una nobile veneziana, la contessa Elisabetta Francesca Albrizzi.
     In tutto questo lungo tempo ben distante dal suo amato Canavese, egli non dimenticò mai i luoghi di origine e, seppur diradando le visite, appena libero da impegni quando gli era possibile incontrava i suoi parenti più stretti a cui era molto legato, e per dissidi con il figlio Lionello preferiva recarsi a Castellamonte dalla sorella Virginia piuttosto che nella casa avita di Villa Castelnuovo.
     Per tutta la sua vita, quando i gravi impegni del suo incarico glielo permettevano, il Nigra aveva dedicato anche la sua conoscenza sorretta dal suo amore per la terra di origine allo studio e alla ricerca filologica della cultura canavesana; egli produsse mirabili scritti e saggi e addirittura eseguì traduzioni in versi di Catullo dell'opera "La chioma di Berenice" e, coadiuvato dall'amico Delfino Orsi, raccolse e commentò "Le Sacre Rappresentazioni Canavesane". L'opera che consegna il Nigra ai posteri, ed al tempo stesso diviene una pietra miliare nel campo degli studi antropologici e filologici, è senza dubbio "I Canti popolari del Piemonte" cui il Nigra dedicò molti anni della sua vita, ricercando e raccogliendo antiche canzoni di cultura popolare. Ancora dedicò grande impegno e scrisse meravigliose poesie in cui il tema che traspare è sempre l'amore per la sua terra natia e le genti che la popolano.
     Dedicò anche gli ultimi anni della sua vita a raccogliere memorie della sua attività per consegnare ai posteri il racconto della storia del Risorgimento italiano dal punto di vista di chi quella storia non solo l'aveva vissuta ma anche l'aveva fatta, ma alla sua morte l'enorme dossier del suo lavoro risultò scomparso. Qualcuno pensa che sia stato lo stesso Nigra a dare alle fiamme nel suo camino del palazzo di Venezia il manoscritto, mentre qualcuno ottimisticamente pensa che un giorno riapparirà. Solo pochi brani dell'opera sono giunti fino a noi perché pubblicati in anteprima su una antologia. Gli ultimi anni furono vissuti dal Nigra con furore, moralmente stanco e sentendosi fuori da quel mondo che era stato tutta la sua vita. Riappacificatosi con il figlio nell'ultimo periodo della sua vita, morì con lui accanto a Rapallo il giorno 1 luglio 1907 nella villa Tigullio e le sue spoglie furono traslate nella cappella del cimitero di Villa Castelnuovo, che era stata fatta erigere da lui stesso per onorare i genitori e il fratello che già riposavano lì.
     Questa è stata la vita di Costantino Nigra, uomo del Risorgimento Italiano, insigne diplomatico e statista, scrittore e poeta, filologo e acuto pensatore, ma di tutte queste cose qui a Castelnuovo Nigra è ricordato e amato soprattutto perché era un buon canavesano che amava la sua terra e le sue genti, e per questo è ricambiato. Purtroppo le vicende della vita hanno consentito un degrado di ciò che un tempo erano le antiche vestigia del castello dei Conti di San Martino accanto al quale era stata eretta la villa del Conte Nigra e ancora un peggior e incivile degrado ha ridotto a rudere la stessa villa, ma è desiderio di molti potere trovare il modo per ricordare nel futuro questo illustre nostro concittadino e riteniamo che i mezzi ci vengano offerti dallo stesso Nigra, che ci ha consegnato le sue opere che da sole parleranno ai posteri, a noi è sufficiente soltanto presentarle.


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