Platone

La vita.     Platone nacque ad Atene, nel demo di Collìto, nel 427 a.C., da un'antica e ricca famiglia aristocratica. Si dedicò giovanissimo alla poesia, ma ben presto passò agli studi di filosofia. Fu forse dapprima discepolo dell'eracliteo Cràtilo, poi entrò nel circolo di Socrate, dove rimase per circa otto anni, fino alla morte del maestro, alla quale tuttavia non assistette perchè assente da Atene. Subito dopo la scomparsa di Socrate, Platone compì una lunga serie di viaggi. Fu dapprima a Mègara, dove venne in contrasto con la scuola megarica di Euclide, poi in Egitto, dove si trattenne a lungo a Eliòpoli. Visitò in seguito Cirene e successivamente fu a Taranto, dove divenne amico di Archìta e prese dimestichezza con la dottrina pitagorica. Ma il viaggio più importante di questo periodo fu quello alla corte Dionigi il Vecchio, tiranno di Siracusa. Qui Platone prese parte alla vita politica aderendo al gruppo aristocratico e, in accordo con Dione, cognato e consigliere di Dionigi, tentò di convincere il tiranno ad applicare le sue teorie politiche. Allontanatosi da Siracusa, probabilmente per un contrasto con Dionigi, fu catturato dagli abitanti di Egina, che erano allora in guerra con Atene. Venduto come schiavo, fu riscattato da amici e poté ritornare ad Atene.

La fondazione dell'Accademia. Ad Atene fondò (nel 387 a.C.) una scuola destinata a diventare famosa, che venne chiamata Accademia, poichè sorgeva nei pressi del parco di Accademo (eroe attico), sulle rive del Cèfiso. L'Accademia fu uno dei massimi centri culturali del mondo antico; la sua chiusura, ordinata da Giustiniano nel 529 d.C., segnò la fine della filosofia greca. Altri viaggi in Sicilia. Quando alla morte di Dionigi il Vecchio, Dionigi il Giovane divenne tiranno di Siracusa, Platone fece altri due viaggi in Sicilia, su invito di Dione. Nutriva infatti la speranza di esercitare un influsso politico sul nuovo tiranno. Tutte e due le volte, però, fallì nel suo scopo. Gli ultimi anni. Platone tornò allora definitivamente ad Atene, dove riprese l'insegnamento nell'Accademia e dove rimase negli ultimi anni della sua vita. Morì nel 347 a.C., a ottant'anni compiuti.

LE OPERE. Platone è il primo pensatore del quale ci siano rimaste tutte le opere: l'Apologia di Socrate, 13 lettere e 34 dialoghi. Delle tredici lettere, alcune sono sicuramente platoniche (ad esempio la VI, la VII, l'VIII), altre dubbie, altre infine certamente false. I dialoghi. I dialoghi ci sono giunti suddivisi in tetralogie, in base all'argomento trattato, secondo l'ordine fissato da Trasillo, il neopitagorico astrologo di corte dell'imperatore Tiberio, il quale probabilmente seguì una suddivisione già esistente. Gli studiosi raggruppano invece i dialoghi in base a criteri che permettano di datare il periodo della loro composizione, come le testimonianze storiche, la tradizione, il pensiero filosofico, l'analisi stilistica e strutturale. Il protagonista dei dialoghi, ad eccezione dei più tardi, di solito è Socrate. I dialoghi spuri. Alcuni dialoghi sono stati riconosciuti non autentici, come l'Epinomide, l'Ipparco, l'Alcibiade secondo, il Minosse. Altri sono considerati di dubbia autenticità, come il Clitofonte, l'Ippia maggiore e l'Alcibiade primo. I dialoghi autentici. Solo 25 dialoghi sono sicuramente autentici, e la questione non è ancora del tutto risolta. Secondo il criterio cronologico proposto dagli studiosi moderni, i dialoghi di Platone possono essere suddivisi in quattro gruppi.(Altri preferiscono unificare gli ultimi due gruppi).a) il primo gruppo comprende i dialoghi giovanili, composti prima della fondazione dell'Accademia, che vengono detti anche socratici, perchè in essi Platone è ancora vicino al pensiero del maestro. Essi sono: Critone, sull'obbedienza alle leggi, Eutrìfone, sulla santità, Càrmide, sulla temperanza, Lìside sull'amicizia, Ione, sull'ispirazione poetica, Gorgia, sulla retorica, Protagora, sulla virtù, Menèsseno, sulle orazioni politiche, Ippia minore, sul rapporto tra comportamento morale e consapevolezza razionale, Mènone, sulla virtù, Lachète, sul coraggio, Eutidèmo, contro l'eristica. b) il secondo gruppo comprende i dialoghi composti nel periodo  immediatamente successivo alla fondazione dell'Accademia. Essi sono: Cràtilo, sul linguaggio, Simpòsio, sull'amore, Fèdone, sull'immortalità dell'anima, Repubblica, sullo stato ideale, (ad eccezione del primo libro che appartiene al periodo precedente). c) il terzo gruppo comprende i dialoghi della piena maturità, composti prima del suo secondo viaggio in Sicilia. Essi sono: Fedro, sulla retorica, Teetèo, sulla conoscenza, Parmenide sul rapporto tra l'uno e il molteplice.d) il quarto gruppo comprende i dialoghi composti nella vecchiaia. Essi sono: Sofista, tra il rapporto fra essere e non essere, Politico, sull'ideale dell'uomo politico, Crizia, sulla favolosa Atlantide, Filèbo, sul piacere, Timeo, sulla natura, Leggi, sulle leggi dello stato ideale.

Il primo Sistema Idealistico. Platone elabora la prima grande costruzione idealistica della storia del pensiero, quasi nello stesso tempo in cui Democrito costruiva il primo sistema materialistico. La sua filosofia rappresenta, in un certo modo, una sintesi di tutte le più profonde dottrine degli studiosi precedenti. La parte più importante del pensiero di Platone è sempre stata la considerata la famosa teoria delle idee. Tuttavia questa teoria non rappresenta che un momento della sua filosofia, la quale spazia praticamente in tutti i settori della speculazione filosofica.

Conoscenza Sensibile e Conoscenza Razionale. Platone come discepolo di Socrate, riconosce la grande importanza del problema della conoscenza per lo sviluppo della vita umana. Partendo dal relativismo di Protagora e dal divenire di Eraclito, egli sostiene che la conoscenza sensibile che riguarda le cose, mutevoli e in perpetua trasformazione, non può dare che risultati approssimativi e provvisori, validi solo nelle circostanze particolari in cui sono stati ottenuti, e diversi da uomo a uomo. Nessuna conoscenza universalmente valida può essere raggiunta se ci si riferisce unicamente al sensibile. Solo la conoscenza razionale può portare ad un risultato sicuro, universale, valido per tutti. L'uomo, raccogliendosi in sé stesso e cercando dentro di sé, riesce a trovare la certezza razionale ed assoluta. Si ha pertanto una netta contrapposizione tra sensibilità e razionalità, come era stato nel pensiero di Parmenide. Il famoso mito della caverna, nel VII libro della Repubblica, dimostra bene la differenza tra conoscenza sensibile e conoscenza razionale. L'uomo è come incatenato in una caverna, col viso rivolto alla parete di fondo. Fuori dalla caverna  vi è una grande luce, e, dinanzi all'apertura, passano degli esseri reali, che proiettano la loro ombra sulla parete di fondo. L'uomo può vedere solo queste ombre, e crede che esse siano la realtà. Se però riesce a infrangere le catene che lo pongono in mezzo tra i due mondi, esce dalla grotta, e può conoscere la realtà vera. Alzerà poi lo sguardo al cielo e alle stelle, per poter infine, contemplare il sole.

Le Idee. La ragione permette dunque di cogliere qualcosa di diverso dalla realtà materiale, qualcosa di assoluto ed universalmente valido. Esiste davvero questo qualcosa? se non esiste, allora non vi può essere alcuna conoscenza sicura e non resta che l'opinione sensibile, come sostenevano i sofisti. Ma noi abbiamo conoscenza di essenze che non hanno alcun riscontro nella realtà sensibile e che quindi non possono derivare dall'esperienza. Tali sono, ad esempio, i concetti matematici e i giudizi etici. Bisogna perciò ammettere una forma di realtà diversa da quella delle cose sensibili: una realtà immateriale, universale, immutabile ed eterna. Questa realtà è costituita dalle idee (dal grco eidos = forma). Le idee hanno una propria reale esistenza nel mondo "iperuranio", indipendentemente dalla mente dell'uomo. Esse sono anzi la vera realtà, mentre il mondo delle cose non costituisce che una realtà inferiore. Esistono così realmente, ad esempio, le idee di figura, di virtù, di bene, a prescindere dalle singole figure, dalle singole azioni virtuose, dalle singole cose buone. Inoltre le idee sono molteplici, mentre unico è l'essere immutabile di Parmenide da cui forse, più che da Socrate, trae origine la dottrina platonica. Il mondo della natura nel suo continuo divenire e nella sua relatività, è un misto di essere e di non essere e cerca di riprendere il mondo delle idee, che sono appunto le forme reali ed immutabili delle cose.

La Dialettica delle Idee.

Il principio che riconduce a unità le molteplici idee, concepite in ordine gerarchico, facendo di esse un unico mondo, è costituito dalla suprema "idea del bene, che è causa di conoscenza e di verità, in quanto questa viene conosciuta per mezzo dell'intelligenza". E come il sole dà alle cose la visibilità per mezzo della sua luce e la vita stessa per mezzo del suo calore, così il bene dà l'intelligibilità, l'esistenza e l'essenza stessa alle idee. Tale dialettica delle idee viene illustrata attraverso i procedimenti dell'unificazione e della divisione: il primo consiste nel ridurre all'unità dell'idea la molteplicità delle cose, il secondo nel passare dall'unità alla molteplicità, considerando quali specie ideali sono contenute in una idea. Difficoltà della teoria delle idee. La teoria delle idee, con il suo secco dualismo, non è priva di gravi difficoltà e incongruenze, soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra idee diverse, nonch'è la distinzione, i rapporti e la somiglianza tra le idee e le cose sensibili. Imitazione e partecipazione. Per quanto riguarda i rapporti tra i fenomeni sensibili e le idee, Platone cerca di risolvere le difficoltà affermando che tra i fenomeni e le idee vi è un rapporto di imitazione ("mìmesi"), in quanto le idee sono come dei prototipi ai quali i fenomeni assomigliano in maniera imperfetta. Inoltre vi è un rapporto di partecipazione ("metessi"): i fenomeni esistono esclusivamente in quanto partecipano dell'essenza, cioè delle idee, che sono la vera realtà. Le idee, scopo dei fenomeni. Platone, tuttavia, si rende conto che, se il mondo delle idee è chiuso in sè stesso, eternamente uguale e inalterabile, possiede una rigidità che non permette di considerarlo come causa della realtà materiale, cioè del divenire. Esso quindi non può rendere intelligibile il mondo fenomenico. Sono le cose sensibili che tendono verso le idee, cioè che aspirano a rappresentare le idee in sé stesse e a diventare simili a queste. Le idee sono perciò lo scopo al quale tendono i fenomeni: l'essere è lo scopo del divenire. Il demiurgo e l'anima del mondo. Infine Platone concepisce un processo di mediazione tra il mondo delle idee e quello delle cose. Questa mediazione è attuata dall'anima del mondo, che essendo affine sia all'idea immutabile che ai fenomeni mutevoli, può operare la loro sintesi. L'anima del mondo viene formata e infusa nella materia, che è preesistente e "si muove senza regola e in disordine", dal demiurgo o artefice, mitica e divina figura che ordina razionalmente l'universo avendo come modello il mondo delle idee.

I numeri ideali.

Negli ultimi anni della sua vita, secondo la testimonianza di Aristotele, Platone tenta nuovamente di eliminare le incongruenze insite nella teoria delle idee. Poichè le idee sono tante essenze assolute, con le quali difficilmente si possono spiegare i complessi rapporti che intercorrono tra le cose, Platone ricorre ai numeri ideali, di evidente influsso pitagorico. Secondo questa teoria, alquanto nebulosa, rapporti matematici fissi costituirebbero gli schemi strutturali delle cose sensibili.

La Maieutica (Conoscere è ricordare)

Le idee sono essenze universali, e perciò non possono giungere all'uomo attraverso l'esperienza sensibile che è particolare. Esse pertanto non vengono acquisite dall'uomo, bensì sono innate. Infatti l'anima umana, sia perchè originariamente ha potuto intuire le essenze ideali in una sfera iperurania, sia "perchè è nata più volte alla vita e ha visto le cose del mondo e quelle dell'oltretomba e tutte le cose, non vi è nulla che non abbia appreso". L'uomo ben guidato dal metodo maieutico, trova razionalmente in sè la verità. Egli infatti ricorda ciò che la sua anima aveva dimenticato, ma che già sapeva dalle vite precedenti. Perciò "ricercare e apprendere è solo ricordare" (Teoria della reminiscenza). Nel Mènone , Platone ci rappresenta uno schiavo ignorante che, attraverso una serie di domande formulate da Socrate, giunge a trovare da solo il quadrato che ha l'area doppia di quella di un quadrato assegnato.

I quattro gradi della conoscenza

Per salire dal particolare all'universale, cioè dalla conoscenza sensibile all'intuito originario della verità, Platone ammette una dialettica che si compone di quattro gradi, rappresentati nel mito della caverna. Iprimi due sono inferiori e riguardano la conoscenza sensibile, gli altri due sono superiori e riguardano la conoscenza razionale. Il primo grado è la conoscenza sensoriale o congettura, cioè la conoscenza di pure immagini sensibili. Il secondo grado è la conoscenza percettiva o credenza, cioè un giudizio su un oggetto del mondo sensibile. Il terzo grado è la conoscenza matematica o razionale, cioè la conoscenza degli oggetti non più in sè stessi, ma nei loro rapporti matematici. Il quarto grado è la conoscenza filosofica o intellettiva cioè la conoscenza intuitiva e immediata delle idee. L'ultimo grado della conoscenza si attua nella dialettica, che è per Platone la vera scienza filosofica. La filosofia infatti "pur facendo delle ipotesi, le considera non principi ma pure ipotesi, cioè passaggi e gradini, e s'innalza al principio assoluto di tutto", cioè alle idee, che sono indipendenti dalle ipotesi di partenza.

L'anima. Platone, come si è già accennato, accoglie la teoria della transmigrazione delle anime (metempsicòsi). L'anima umana dapprima può gettare uno sguardo nella regione iperurania delle idee, poi "riempindosi d'oblio e di malvagità si appesantisce" e cade in un corpo dando origine ad un uomo. L'anima è immortale, sia perchè è principio autonomo di vita e di movimento, sia perchè, essendo in grado di conoscere le idee, è partecipe alla loro natura immateriale e immortale. Le tre parti dell'anima. Platone afferma che l'anima individuale conta di tre parti: l'anima razionale, che ragiona e mantiene il dominio sugli impulsi; l'anima irascibile, che si adira e lotta con la forza della volontà, l'anima concupiscibile, che è il principio degli impulsi corporei, l'attaccamento ai sensi. L'anima è rappresentata da Platone nel mito dell'auriga: "si immagini l'anima come la forza che risulta da una biga volante e da un auriga". L'auriga rappresenta l'anima razionale; "dei destrieri l'uno è bello e buono e di buona razza (anima irascibile), l'altro tutto al contrario" (anima concupiscibile). Il destino dell'anima. L'anima che ha usato bene la ragione, torna dopo il periodo terreno, allo stato originario, che è di felicità; invece quella che ha fatto cattivo uso della ragione è condannata a passare di corpo in corpo. Al termine di un ciclo di esistenze e all'inizio di un altro, tutte le anime si riuniscono in un luogo per scegliere il tipo di vita umana al quale unirsi. L'ordine di precedenza si stabilisce per sorteggio: esistono così anime più o meno fortunate. Però tutte, anche le ultime, hanno possibilità di scelta e vi impegnano la loro responsabilità. Tale scelta, una volta fatta, è immutabile e ne derivano delle conseguenze necessarie. Platone afferma così che l'uomo sceglie nella vita il proprio destino. Il destino dell'uomo è esposto da Platone , sul X libro  della Repubblica, nel mito di Er, un soldato armeno caduto in battaglia e resuscitato, che racconta agli uomini quale sorte li attende dopo la morte.

Il finalismo della natura. Platone concepisce un caos originario, un sostrato del mondo inteso sia come materia "nuda di ogni forma", che si muove in disordine, sia come spazio indeterminato, che "è ricettacolo di ogni cosa". Su questo sostrato agisce il demiurgo, che introducendo dei rapporti matematici, "dal disordine lo ridusse all'ordine, giudicando che questo fosse del tutto migliore di quello". Così il demiurgo organizza e ordina la materia, secondo il modello perfetto ed eterno delle idee, e infondendovi un'anima dà origine al mondo. L'azione dell'anima del mondo fa sì che questo sia "vivo, animato e intelligente", cosicchè il corso dei fenomeni è indirizzato verso un suo fine che è il mondo delle idee. Opposizione ai naturalisti. La concezione finalistica della natura rappresenta quella che è stata chiamata "la tentazione metafisica" della scienza. Proprio per per essa Platone nega ogni valore alla fisica, perchè studia i fenomeni nel loro valore empirico, e si trova in polemica con gli studi dei naturalisti del V secolo e soprattutto col sistema fisico-meccanicistico di Democrito. Platone riconosce invece grande importanza alla matematica, intesa però come scienza pura dei numeri e delle figure, senza alcun riferimento alle nozioni empiriche. Il Bene, la Bellezza, l'Amore: la filosofia di Platone è, nel suo insieme, soprattutto una dottrina morale. Scopo primo dell'uomo è quello di elevarsi con l'anima al mondo eterno delle idee, ed in particolare all'idea del bene. La rivelazione più evidente dell'idea del bene è quella della bellezza in sè, eterna e perfetta. Al disotto di essa vi sono, in ordine decrescente, vari gradi di bellezza: quella delle scienze, quella delle leggi, quella dell'anima, quella del corpo. Alla bellezza ci si eleva per mezzo dell'amore, che è appunto desiderio di bellezza e di bene, e che perciò è la condizione per raggiungere il bene e la felicità. L'amore, figlio della povertà e del guadagno, permette il dispiegarsi delle possibilità dell'uomo, dal mondo dei sensi a quello della ragione, dalla bellezza del corpo a quella dell'anima, e cos' via, fino all'idea stessa della bellezza e pertanto a quella del bene. Perciò l'uomo deve liberarsi dalla schiavitù dei sensi ed elevarsi alla realtà delle idee. Un'etica più umana: tuttavia, accanto a questa concezione, che pone il fine dell'uomo come trascendente al mondo dei sensi, Platone ci mostra nel Fileo un'etica meno rigida. Come la vita dell'uomo è un insieme di anima e di corpo, di divino e di animale, così il bene per l'uomo è un misto di ragione e di piacere, che devono mescolarsi in qualcosa di armonico. L'intelligenza permette di raggiungere questa misura, ponendo un limite al piacere illimitato. La Dottrina Politica: la dottrina politica di Platone è legata alla teoria delle idee. Egli condanna i vari esempi di stati come imperfetti, in nome di uno stato ideale perfetto. Gli stati esistenti, infatti, non considerano ciò che vi è d'eterno nell'uomo. Una concezione aristocratica. E poichè Platone appartiene al partito aristocratico, e non accetta la teoria e la realtà della democrazia, con la quale sono governate gran parte delle città greche, costruisce la teoria di uno stato che riflette idealizzandole, le posizioni aristocratiche. Egli cerca perciò di realizzare il suo stato perfetto con un'azione non sui cittadini, ma sui governanti. Quando questi conosceranno il mondo delle idee, potranno costruire uno stato che dia la felicità a tutti i cittadini, educandoli alla più importante delle virtù, la giustizia. La sua concezione conservatrice è angusta e antistorica, perchè non supera la visione della "polis" e non riesce ad intuire l'allargamentodi orizzonti che si sta verificando nel mondo greco con l'inserimento della nuova realtà macedone. Tuttavia Platone, sotto l'immagine di uno stato ideale, dà vita alle esigenze fondamentali che sono alla base di ogni organizzazione statale: l'idea dell'autorità dello stato, L'idea della giustizia nei rapporti tra cittadini, l'idea della limitazione dei diritti dei singoli nell'ambito del più vasto quadro della comunità, ecc. Lo stato ideale: lo stato ideale è un'unità armonica strutturata su una rigida distinzione di classi sociali, corrispondenti alle tre parti dell'anima individuale. Queste classi sono in ordine decrescente: a) i filosofi-magistrati, che hanno il compito di governare lo stato; b) i guerrieri o custodi, che hanno il compito di difendere lo stato; c) i lavoratori e i commercianti, che hanno il compito di produrre i beni per la comunità. I cittadini delle due classi superiori devono essere educati, a cura dello stato, al più completo disinteresse. Perciò devono vivere in una sorta di collettivismo, che comprende non solo la comunità dei beni, ma anche quella della famiglia. Negli ultimi anni della sua vita, dopo le delusioni subite nei suoi tentativi di creare uno stato perfetto a Siracusa, Platone rivede in senso più moderato e realistico le propie concezioni politiche, tenendo maggiormente in conto le esigenze concrete dell'uomo. Nel dialogo Le Leggi, infatti riconosce tra l'altro, l'importanza della famiglia e sostiene che la miglior costituzione possibile risulta da un misto di monarchia e di repubblica democratica. Scompare la suddivisione in classi e i guerrieri sono sostituiti dalla milizia cittadina. L'arte: Platone condanna l'arte in ogni sua manifestazione, perchè la considera imitazione (mìmesi) di una imitazione. Infatti l'arte imita la natura, la quale a sua volta imita il mondo delle idee. L'artista, invece di dedicarsi ad imitare le cose sensibili, dovrebbe cercare di conoscere, direttamente con l'intelletto la vera realtà delle idee. Perciò nè l'arte nè gli artisti hanno alcun posto nella repubblica ideale, "perchè ove tu vi accolga la musa elegantemente piacevole sia della lirica che dell'epica, regneranno nello stato la voluttà e il dolore, anzichè la legge e la ragione". In un secondo momento Platone si corregge, almeno in parte, e accoglie l'arte tra le "divine manie", senza però arrivare mai ad una vera e propria rivalutazione del fenomeno artistico. Importanza di Platone. La filosofia di Platone, con il suo idealismo, ha dato un eccezionale contributo allo sviluppo del pensiero umano. Essa ha esercitato un grandissimo influsso sul pensiero ellenistico, quando la filosofia si è rivolta ad una riflessione essenzialmente religiosa, su quello cristiano, quando ha elaborato le proprie concezioni filosofiche sulla divinità e sull'anima, e infine sul pensiero moderno, quando si è trovato di fronte al problema di una conoscenza rigorosamente razionale.

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