Santa Febronia

      Il 25 giugno secondo il Martirologio Romano, al tempo dell'imperatore Diocleziano e sotto il prefetto Lisimaco: "A Sibapoli, in Mesopotamia, avvenne la preziosa morte della vergine e martire S. Febronia, la quale, nella persecuzione per ordine del giudice Seleno, volendo essa conservare la fede e la castità, fu da prima vergheggiata e tormentata sull' eculeo, poi fu straziata coi pettini e sottoposta alla pena del fuoco, in ultimo, dopo che le furono strappati  i denti e tagliate le mammelle e i piedi, le fu reciso il capo, onde, adorna di tanti fulgenti meriti guadagnati col suo martirio, volò allo sposo". 
     Le notizie sul martirio ci sono state tramandate dai Sinassari bizantini (fedeli che si riunivano per commentare i testi sacri) secondo cui essa era una monaca che, nonostante il pericolo della persecuzione, si era rifiutata di seguire le consorelle in fuga. A loro volta i Sinassari li avevano desunte da una passio greca che sarebbe stata scritta da Artemide, una consorella che avrebbe assistito al martirio. Le prime notizie sul culto sono da far risalire al VII sec. e pare doversi collegare all'omonima figlia dell'imperatore Eraclio (575-641).
     Il nome Febronia deriverebbe dalla dea delle malattie Febris o da februare (purificare, per tradizione la santa ha una tradizione di taumaturga, cioè che compie miracoli). Il culto ebbe diffusione in Italia ed in Francia dove numerosi monasteri e chiese la veneravano (una chiesa di Trani in Puglia afferma di possederne il corpo). In Sicilia il culto resta radicato a Palagonia ed a Patti, confusa con santa Trifonia (patrona di Minori, le cui reliquie furono trasportate nel 1665 a Patti, o chiamata santa Profania. 
     Su Santa Febronia è da ricordare un quadro sul suo martirio nel Duomo di Catania (entrando a sinistra a fianco della tomba del Bellini), una chiesa a Castiglione di Sicilia, una statua sul colonnato di S. Pietro a Roma, un teologo tedesco che scrisse sotto lo pseudonimo di Febronio (e la sua teoria Febronianesimo).

     La sua reliquia (il pollice) fu portato a Palagonia dal francescano padre M. Baldassare di Licata nel 1624. Il monaco fu costretto da un violento temporale a cercare rifugio nelle grotte delle Coste ed ogni qualvolta tentava di riprendere la strada riprendeva a piovere, interpretato come volontà della Santa a restare in quel luogo, venne eretta una cappella.

     Le "Coste" sono una località di Palagonia, limitrofa al territorio di Militello Val di Catania ed il popolo racconta che la gente di quest'ultima, negli anni passati, voleva avere S. Febronia quale patrona.
     Nacquero delle liti e, al fine di raggiungere una bonaria composizione, si decise, fra i due gruppi, di porre la Santa su un carro e farlo tirare da ambedue i lati da buoi; se il carro fosse stato trascinato verso Militello, qui sarebbero state portate le  effigie e le reliquie della Santa, nel caso contrario, tutto sarebbe rimasto a Palagonia. 
     I militellesi si presentarono con due buoi forti e magnifici a vedersi, i palagonesi portarono invece due vacche e, come stabilito li attaccarono tutti al carro. I buoi, da maschi quali erano, corsero dietro le vacche e, così, il carro fu trascinato da queste verso Palagonia, facendo sì che S. Febronia vi restasse e ne divenisse la patrona.

 Festeggiamenti in onore di Santa Febronia   
      Tra le più importanti del paese, la festa si S. Febronia in passato aveva luogo ogni anno nell'ultimo martedì di aprile e nel successivo martedì di maggio, oggi il 24 di giugno, protraendosi per una settimana.

     L'inizio vero e proprio viene dato il lunedì della vigilia, quando buona parte dei palagonesi, con le autorità cittadine, si recano nella Chiesa Madre per assistere alla funzione religiosa ed alla cosiddetta "Spaccata o pignu" - una rappresentazione in cui degli angeli scendono dal cielo per portare con loro la Santa, che ha per palcoscenico l'altare principale -, quindi all'uscita della Santa Patrona dal suo altare-custodia per prepararla ai festeggiamenti dell'indomani. In altri tempi quando ancora la Chiesa non era stata restaurata ed era fornita del suo pulpito, era uso che il parroco o, se questi era in età avanzata, il Sindaco, dal pulpito mettesse la croce sul fercolo della Santa, mentre un gruppo di popolani lo portava in spalla e di corsa da un estremo all'altro della Chiesa, passandogli vicino.
     Un tempo il martedì pomeriggio S. Febronia veniva portata alle Coste per una strada stretta e ripidissima. Affrontata la salita appena fuori dal paese si trovava una lapide con scolpita una croce ed alcuni buchi sotto. I portatori del fercolo si avvicinavano alla lapide baciando la croce e strofinandosi la schiena dicevano "S. Febronia nfurzatini i rini" (cioè dacci forza) e sputando nei fori scacciavano "u diavulazzu fitusu" con "vattinni allu 'nfernu brutta bestia!".
 

     Legate alla festa della Santa ci sono delle usanze che nel tempo diventano sempre più labili cambiando significato, o perdendo quello originale.
     Una delle tradizioni è quella del pane votivo che si distribuiva durante "i virgineddi". Le forme erano sempre quelle: la mano della Santa (che ricorda il reliquiario in argento), "u iadduzzu", "a uastidduzza" o "spaccanieddu". Regalare forme di pane quando in tutto il paese si pativa e si moriva di fame doveva essere la carità più grande che si potesse fare. 
     Un'altra usanza che ha perso il significato originario è l'andata della Santa alla Chiesa della Nunziata. Questa era la cappella dei Gravina nello Stato di Palagonia quindi portarvi S. Febronia era come far rendere omaggio dalla Santa ai prìncipi. 
     Nei momenti di bisogno la gente invoca la Santa ed in cambio promette una o più "partiti di virgineddi" che si svolgono tutti i martedì del mese di settembre (ogni partita è formata da gruppi di 9 bambini). La mattina tutti a messa, dopo a casa del promettente per il pranzo (di rito la pasta "cò maccu"). Nel pomeriggio la passeggiata alla Nunziata o alla Santuzza, una edicola all'incrocio tra la reggia trazzera Paternò - Palagonia - Mineo e la Caltagirone - Palagonia - Lentini - Catania, accompagnati dalla musica, una volta bastava una fisarmonica, ed al ritorno si consegna il pane votivo benedetto.
 

Inno alla Santa:

LODE:

Santa Febronia di Papuli1 vinni
A li "costi" s'intrattinni
s'intrattinni 'nmiezzu la via
Santa Febronia di Palaunia.

 

 

Dei gigli, che si schiudono
all'aure mattutine. 
T'orniamo, oggi Febronia
l'inanello crine.
Fosti com'essi candida
o Sposa del Signore.
o Verginella amabile
per noi prega il Signor.
 
Le figlie di Sibapoli
intorno alla tua culla
sciolsero dolce un cantico
A te, diva fanciulla.
Suon di profane cetere
sdegnava il tuo bel core.
O verginella amabile
per noi prega il Signore
 
Per valli solitarie
ove non arde il sole,
si cercano, si colgono
le pallide viole.
Tu fosti solitaria
come quel mesto fiore
o Penitente Vergine
per noi prega il Signore.

In questo duro esilio
se avesti gaudio alcuno
lo avesti sul cilicio
lo avesti nel digiuno.
scegliesti per tuo talamo
la croce del dolore.
O Penitente Vergine
per noi prega il Signore.
 
O stella fulgidissima
del cielo di Soria,
scansò gli orrendi fulmini
per Te Palagonia.
Per te non venne a struggerla
Iddio nel suo furore
o Martire Febronia
per noi prega il Signore.
 
Piega l'orecchio al gemito
che muove dall' esiglio;
guarda le tante lacrime
che ci han bagnato il ciglio.
Tu stendi sopra i miseri
l'ala del tuo favore
o Martire Febronia
per noi prega il Signore.

ALTRA  LODE:

E decimila voti lauda santa Febronia,
laudamula tutti l'uri

santa Febronia e lu Signuri,

santa Febronia e lu signuri;
se nuautri vuliemu campari,
santa Febronia a'ma priari,
priamula tutti l'uri,
santa Febronia e lu Signuri,
santa Febronia e lu Signuri.  (da ripetere da dieci in dieci fino a cento)


1) Per Papuli si intende Sibapoli in Siria, dove fu martirizzata