" Lungo i sentieri della follia"

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Filosofia

Introduzione

Vi sono periodi nella storia in cui un gruppo di pensatori all’avanguardia, che operano di solito indipendentemente l’uno dall’altro, propone delle idee sulla condotta dell’uomo, così diverse da quelle comunemente accettate, e, insieme, così manifestatamente legate fra loro,che esse sembrano nel loro complesso costruire una rivoluzione intellettuale. L’ultimo decennio dell’Ottocento è uno di questi periodi”.

(Stuart Hughes, storico americano)

 

Nel periodo compreso tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento, nella cultura europea, si diffuse un senso di disorientamento e di crisi in seguito alla mancanza di fiducia nei valori tradizionali. In questo contesto, il modello interpretativo offerto dal Positivismo apparve sempre più inadeguato sia dal punto di vista delle conoscenze scientifiche sia per quanto riguarda le interpretazioni dei fenomeni politici, economici e sociali.

Gli effetti di questa “ rivoluzione” si riscontrarono soprattutto nell’arte e nella letteratura.

 

Comparvero, quindi, i primi segnali d’incertezza e di precarietà a cui Friedrich Nietzsche (1844–1900) tentò di fornire una spiegazione, in un’epoca in cui già si mostravano i segni della civiltà di massa con gli inevitabili effetti di perdita di energia creativa e di vitalità da parte dell’individuo. Nietzsche sosteneva che non fosse il pessimismo, bensì il nichilismo[1] la vera causa della decadenza e del senso di vuoto che pervadeva gli animi dei suoi contemporanei. Nei suoi scritti combatté la sua battaglia per la liberazione delle capacità creatrici dell’individuo dalle costrizioni che incombevano su di esse, a suo giudizio, a causa di una tradizione culturale deterministica e “ anti-umana”. Infatti, Nietzsche venne considerato il distruttore di tutti i valori borghesi tradizionali, definiti vere e proprie schiavitù psicologiche dell’individuo, e l’esaltatore di quella “volontà di potenza” che esprime le energie più vitali e profonde dell’individuo, proiettandolo in una dimensione oltreumana, al di la degli schemi conformistici e dei condizionamenti della cultura occidentale.

Alla concezione lineare del tempo, Nietzsche oppose quella ciclica dell’ “eterno ritorno”; all’ottimismo progressivo delle filosofie borghesi, considerato come risultato ultimo dell’intera tradizione ebraico–cristiana giunta ormai alla sua estrema decadenza, contrappose l’idea dell’uomo nuovo (il “superuomo”), nato dalle ceneri della vecchia civiltà e capace di esprimere e realizzare la propria individualità al di fuori della morale corrente.

Per questa sua crisi interiore e il conseguente anticonformismo, venne ritenuto pazzo dai contemporanei. Fu invece la sua critica alla società e la rivalutazione degli istinti vitali da lui attuata che gli valsero l’interesse di Freud.

 

La nuova immagine dell’uomo emersa agli inizi del Novecento ricevette un contributo decisivo dalla nascita della psicanalisi, il cui fondatore fu un medico viennese, Sigmund Freud (1856–1939). Per quanto ampie e profonde siano state le ripercussioni culturali degli studi antropologici e sociologici, non possono certamente essere paragonate a quelle scaturite dalla fondazione di questa nuova scienza che si propone di indagare la natura psichica dell’uomo, cioè il dinamismo segreto che sta dietro la facciata dell’io. L’impatto verificatosi sulla medicina ufficiale e progressivamente su tutti i settori della cultura è stato tale da lasciare un segno profondo e duraturo in ciascuno di essi, compresa l’etnologia e la sociologia, e tale da far nascere nuovi metodi e filoni di ricerca. In quegli anni, infatti, il filosofo cominciò ad incrinare le certezze relative al carattere organico della malattia mentale.Già in una delle sue prime ed importanti opere “L’interpretazione dei sogni”(1899), egli indagava le regioni ancora inesplorate della psiche individuale: l’inconscio. In esse potevano celarsi (al medico spettava, attraverso l’analisi, il compito di portarle alla luce) le ragioni di disagi mentali e di disturbi fisici.

 

In Italia un fattore di forte resistenza a Freud nacque dall’influenza di Cesare Lombroso e della sua scuola medico–antropologica, la quale rifletté la corrente del positivismo europeo. Egli ebbe il merito di aver reso “scientifica” l’identificazione del genio con la follia. Per Lombroso l’indagine sull’uomo consisteva quasi esclusivamente in una ricerca di tipo anatomico e fisico–chimica organizzata.

E si contrapponeva a quella attuata da Freud, costituita anche da inchieste psichiche e che quindi non poteva offrire un metodo o risultati scientifici. Lombroso, anche se fu un elemento importante nelle scienze antropologiche e mediche italiane, frenò l’assimilazione della psicanalisi: infatti nella sua equazione genio uguale follia vi era forse una verità nascosta che richiedeva però, per essere accettata, un duro lavoro di ricerca.

 



[1] Posizione filosofica relativa alla radicale svalutazione o all’annullamento della realtà o di un aspetto di questa.

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