" Lungo i sentieri della follia"

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Filosofia

Friedrich Nietzsche (1844 - 1900)[1]  

 

  “Sebbene forse non esista altro pensatore gli episodi della cui biografia, anche quelli più strettamente personali, siano stati sceverati con tanta curiosità e analizzati dai punti di vista più disparati (edificazione, ricerca dello “scandalo”, dell’episodio chiave “rivelatore”), il bilancio che si può trarre dopo quasi novant’anni dall’apparizione del primo profilo biografico di Nietzsche [...] non è incoraggiante: questa vita è più nascosta che mai  e presenta in ogni sua fase una quantità di interrogativi senza risposta sicura, e ciò addirittura quanto più è imponente la massa dei particolari che su di essi sono stati raccolti.”

(Mazzino Montinari, Che cosa ha veramente detto Nietzsche)

 

Prossimi alla follia.La somma dei sentimenti, delle conoscenze, delle esperienze, l’onere complessivo della civiltà, insomma, è divenuto così grande che c’è un pericolo generalizzato di sovreccitazione della capacità nervosa e mentale, anzi, le classi colte dei paesi europei sono ormai completamente nevrotiche e in quasi tutte le grandi famiglie c’è qualcuno prossimo alla follia. E’ vero che oggi si favorisce la salute in tutti i modi; ma fondamentalmente rimane la necessità di una riduzione di quella tensione del sentimento, di quello schiacciante onere della civiltà che, anche qualora dovesse venire pagato con gravi perdite, ci fa tuttavia sperare in un nuovo Rinascimento.

 Umano, troppo umano I, 1878, 244

 

Friedrich Nietzsche nasce a Röcken presso Lutzen il 15 ottobre 1844. La sua vita si può dividere in quattro periodi.

Il primo periodo, che va dal 1844 al 1869, è quello della sua formazione “scolastica” che terminò con la fine degli studi universitari. Studiò filologia classica a Bonn e a Lipsia sotto la guida di Friedrich Ritschl; in quegli anni andò formandosi il suo entusiasmo romantico per l’antichità greca e un grande interesse suscitò in lui la lettura di Schopenhauer (Il mondo come volontà e rappresentazione).

Il secondo periodo è quello che va dal 1869 al 1879: Nietzsche è professore di filologia classica all’Università svizzera di Basilea, dove diventò molto amico di Richard Wagner, che si era ritirato con Cosima Bulow nella villa di Triebschen sul lago dei Quattro Cantoni, e divenne un fervente ammiratore del musicista.

A questi due periodi risalgono le prime opere di Nietzsche, che in totale si possono suddividere in tre gruppi. Il primo gruppo comprende le opere filologiche composte dal 1858, quando, ancora scolaro nel collegio di Pforta, Nietzsche scrisse la sua prima autobiografia, fino al 1872. Tra quegli scritti si inserisce la prolusione all’Università di Basilea, tenuta il 28 maggio 1869, dal titolo Omero e la filologia classica (Homer und die klassische Philologie).

Il terzo periodo va dal 1879 al 1889; Nietzsche in quegli anni può essere considerato un “fugitivus errans”, dopo l’abbandono per ragioni di salute dell’insegnamento universitario.  Fu nel 1879 che rinunciò definitivamente alla cattedra a Basilea. Da allora, spesso malato, visse quasi sempre tra la Svizzera e l’Italia settentrionale, inquieto e nervoso, assorbito dallo sforzo di rendere note le sue idee con la realizzazione di scritti. Gli anni tra il 1872 e il 1888 sono contraddistinti dalla pubblicazione da parte dello stesso Nietzsche di quegli scritti che costituiscono il secondo gruppo delle sue opere. Nel 1872 viene pubblicata la “seconda edizione” de La nascita della tragedia, mentre il titolo dell’opera della prima edizione era La nascita della tragedia dallo spirito della musica; risale al 1886 la terza edizione che vede un’ulteriore modifica apportata da Nietzsche al titolo (Grecità e pessimismo) e l’aggiunta di una prefazione presentata come “tentativo di un’autocritica”. Dal 1873 al 1876 vengono pubblicate le quattro Considerazioni inattuali:

§     1873, David Strauss, l’uomo di fede e lo scrittore;

§     1874, Sull’utilità e lo svantaggio della storia per la vita;

§     1874, Schopenhauer come educatore;

§     1876, Richard Wagner a Bayreuth.

 L'autore fu sempre sorretto dalla speranza che le sue pubblicazioni suscitassero intorno a lui una schiera di discepoli e di seguaci: speranza continuamente delusa.

La celebre opera Umano, troppo umano risale al 1878; ad essa seguirono due appendici: la prima nel 1879 (Opinioni e sentenze diverse), la seconda nel 1880 (Il viandante e la sua ombra).

E’ da sottolineare che la seconda edizione delle opere pubblicate da Nietzsche è il più delle volte arricchita da una prefazione dell’autore; è il caso di Aurora pubblicata nel 1881 e uscita in seconda edizione nel 1887. La Gaia Scienza, invece, del 1882, uscirà cinque anni dopo con l’aggiunta di un quinto libro e un’appendice di poesie: Canzoni del principe Vogelfrei. Nel frattempo, tra il 1883 e il 1885, erano uscite le quattro parti del libro che lo rese famoso già allora: Così parlò Zarathustra. Le prime due parti escono nel 1883, la terza nel 1884. Nel 1885 Nietzsche fa stampare a proprie spese la quarta parte in 40 esemplari per gli amici. Nel 1887 senza modifiche usciranno però le tre parti dell’opera in un volume unico. E’ un periodo fecondo per la produzione nietzschiana. Nel 1886 viene dato alle stampe Al di là del bene e del male, nel 1887 è la volta de La genealogia della morale e nel 1888 sono pronti gli ultimi scritti: Il caso Wagner ed Ecce homo, l’opera considerata l’autoritratto di Nietzsche, che verrà stampata in parte nel 1888[2].

In quegli anni la vita del filosofo si svolge completamente appartata. Il pensatore tedesco si chiude sempre di più al mondo, agli amici, alle pressioni della sorella, alla speranza. . .è forse racchiuso nella notte oscura della demenza?

Eppure risalgono a quel periodo alcuni scritti e la pubblicazione delle sue maggiori opere che lo pongono nettamente in contrasto con la cultura del tempo e in antitesi con la mentalità morale-tradizionale per alcuni[3] risultato di un secolo di passaggio: il diciannovesimo secolo. Nel 1889 esce Crepuscolo degli idoli; Nietzsche contra Wagner esce per una pubblicazione privata nello stesso anno[4]. I Ditirambi di Dioniso furono scritti probabilmente tra il 1888 e il 1889, anche se verranno pubblicati a cura di P. Gast solo nel 1892. Termina la stesura de L’Anticristo, ultimo complesso elaborato dal suo pensiero filosofico, il 30 settembre del 1888.

Temi principali della filosofia di Nietzsche

OPERE in cui i temi risultano espressi

AUTORI E  ORIENTAMENTI dai quali Nietzsche è influenzato o a cui si riferisce criticamente

AMBITI DISCIPLINARI DI RIFERIMENTO

PAROLE-CHIAVE

Nascita della tragedia

Schopenhauer

Wagner

Goethe

Socrate

arte

musica

religione

tragico

vita

Abbozzi del “Libro del filosofo”

presocratici

Socrate

Platone

filosofia

verità

valore

soggetto

prospettivismo

Considerazioni inattuali

Strauss

Burckhardt

Hegel

Wagner

Schopenhauer

storia

cultura

vita

genio

Umano troppo umano

Aurora

Gaia Scienza

Kant

illuminismo

positivismo

romanticismo

idealismo

scienza

antropologia

psicologia

dubbio

critica

spirito libero

Così parlò Zarathustra

darwinismo

cristianesimo

mito filosofia

morte di Dio

superuomo

eterno ritorno

fedeltà alla terra

volontà di potenza

amor fati

Al di là del bene e del male

Genealogia della morale

Anticristo

Crepuscolo degli idoli

cristianesimo

socialismo

egualitarismo

morale

religione

filosofia

politica

volontà di potenza

nichilismo[4]

trasvalutazione dei valori

risentimento

       

 Il quarto periodo va dal 1889 al 1900, anno della morte del filosofo, avvenuta a Weimar.

Il 18 luglio Nietzsche aveva affermato in una lettera a Carl Fuchs:

  ”Io ho dato agli uomini il libro più profondo che posseggano, il mio Zarathustra [...]. Da allora non faccio in realtà che il pagliaccio, per poter dominare una insopportabile tensione e vulnerabilità”.

 Il 9 dicembre 1889 Nietzsche aveva per la prima volta firmato una lettera rivolta all’amico Köselitz con :”La saluta la Fenice”. Da quel momento si possono far risalire gli pseudonimi mistificanti che via via lui utilizzò: “il mostro”, in una lettera a Carl Fuchs datata 18 dicembre. E’ nella stessa lettera che noi troviamo la frase:

 “Tutto è compiuto”.

 Il 31 dicembre in una lettera inviata sempre a Köselitz il filosofo nel definire il suo indirizzo scrive: 

“Supponiamo che per il momento possa essere il Palazzo del Quirinale.”

Ha dimenticato il suo indirizzo o con la mente segue elementi e supposizioni che l’amico non ha elementi per cogliere?

La cerchia degli amici di Nietzsche si trovò impreparata alla crisi psichica irreversibile del filosofo. Solo a fatto avvenuto due suoi vecchi e fedeli amici, Erwin Rohde e Paul Deussen, ricordando alcuni avvenimenti degli ultimi mesi precedenti la catastrofe, si resero conto che si sarebbe potuto già cogliere il perturbamento di Nietzsche nei rapporti con il mondo esterno.

In particolare Paul Deussen fu sorpreso dalle trasformazioni che erano avvenute nell’amico, dopo una sua visita: “Non era più il portamento fiero, il passo elastico, la parola fluente di un tempo. Egli pareva trascinarsi a fatica, pencolante da un lato, il suo discorrere era spesso pesante e inceppato.” Rimase turbato anche dallo stato in cui trovò la casa di Nietzsche: “Mi condusse in una casa o, come diceva lui, nella sua caverna. Era una semplice camera in una casa di contadini [...]. L’arredamento era il più semplice immaginabile. Da una parte stavano i suoi libri [...], poi un tavolo rustico con una tazza di caffè, bucce di uova, manoscritti [...]. Tutto faceva pensare ad un servizio trascurato e ad un ospite paziente, che si adattava a tutto”. La differenza con i tempi di Basilea era enorme: allora Nietzsche era noto per il suo aspetto curato; addirittura una volta voleva presentarsi per assumere la cattedra portando con sé un domestico personale.

Ciò che sorprese e sconcertò maggiormente gli amici e i conoscenti di Nietzsche fu la rapidità del crollo psichico. Al tempo ognuno fece supposizioni, ma tutte[6] le tesi sostenute tenevano presenti esclusivamente la persona, il fisico, il cervello di Friedrich Nietzsche.

Fu crollo psicologico?

Tragedia di un animo particolarmente sensibile?

Rifiuto della vita?

Pazzia

Fu definito semplicemente pazzo.

C’è chi ha pensato di poter ricostruire dall’interno il meccanismo che condusse Nietzsche alla “pazzia” utilizzando le testimonianze autobiografiche del filosofo, i cosidetti “biglietti” e “lettere della follia”, scritti prevalentemente nei giorni 3-6 gennaio del 1889.

Dal “biglietto” che Nietzsche scrive a Meta von Salis fuoriesce l’ossessione per il destino d’Europa:

 “Il mondo è trasfigurato, perchè Iddio è sulla terra. Non vede come tutti i cieli esultano? Ho appena preso possesso del mio regno, getterò il papa in prigione e farò fucilare Guglielmo, Bismarck e Stoecker”.

 

Nella lettera a Jacob Burckhardt del 5 gennaio scrive : “Domani verrà mio figlio Umberto con l’avvenente Margherita, che però riceverò semplicemente in maniche di camicia”.

L’utilizzo dell’epiteto esornativo lo si può considerare una chiara prova della sensibilità di Nietzsche al fascino femminile.

Nella lettera al re d’Italia, evidentemente convinto di poter prender parte alla riunione di principi europei che si doveva tenere a Roma l’8 gennaio, scrive:

“Al mio amato figlio Umberto. La mia pace sia con te! Martedì vengo a Roma e voglio vederti accanto a Sua Santità il Papa. Il Crocefisso”.

E in un biglietto presumibilmente rivolto al cancelliere Bismarck:

“Guglielmo, Bismarck e tutti gli antisemiti tolti di mezzo”.

Tali scritti furono firmati con:

“L’Anticristo”-”Friedrich Nietzsche”-”Fromentin”.

Negli stessi giorni Nietzsche indirizza tre biglietti alla signora Cosima Wagner, in uno di questi esprime:

“Arianna, io ti amo. Dioniso”.

Con tale biglietto le svela il suo amore fino ad allora segreto; il 4 gennaio ne rende partecipe anche Jacob Burckhardt, scrivendogli:

“Ora Lei è-tu sei-il nostro grande grandissimo maestro; giacchè io, insieme ad Arianna, debbo solo essere l’aureo equilibrio di tutte le cose, abbiamo sempre chi è al di sopra di noi [...] Dioniso”.

E il 5 gennaio:

“Il resto per la signora Cosima---Arianna---Di quando in quando si fa della magia---”.

Sempre a Cosima Wagner egli scrive:

“ Alla principessa Arianna, mia amata. Che io sia un uomo è un pregiudizio. Ma io ho già vissuto spesso fra gli uomini e conosco tutto ciò che gli uomini possono provare, dalle cose più basse fino a quelle più alte. Sono stato Buddha fra gli indiani e Dioniso in Grecia, Alessandro e Cesare sono mie incarnazioni, come pure Lord Bakon, il poeta di Shakespeare. Da ultimo, ancora, sono stato Voltaire e Napoleone, forse anche Richard Wagner... Ma questa volta vengo come il vittorioso Dioniso, che farà della terra un giorno di festa... Non avrei molto tempo... I cieli si rallegrano che io sia qui... Sono stato anche appeso alla croce...”.

Tra le carte torinesi risalenti a quel periodo di gennaio è stato rinvenuto un biglietto rivolto ai polacchi nel quale si vanta della sua presunta ascendenza polacca, facendosi addirittura paladino della Polonia:

“Ai nobili polacchi. Io faccio parte di voi, sono ancora più polacco di quel che io non sia Dio, voglio darvi onore, per quanto io possa dare onore... Io vivo in mezzo a voi come Matejko... Il Crocefisso”.

Gli pseudonimi utilizzati da Nietzsche per firmare i propri messaggi rappresentano ancora oggi un enigma, al quale non è possibile trovare una soluzione definitiva.

Dioniso è un nome che si incontra ripetutamente. Perchè? Chi era?

Dioniso-Zagreo, dio del vino e dei misteri orfici, che portava anche l’appellativo di Salvatore, che in seguito venne attribuito a Gesù, essendo figlio di Zeus e di Persefone, dea degli inferi, è il simbolo della vita eterna in questo mondo, non in un ipotetico “aldilà”. Dioniso venne sbranato dai Titani e smembrato in un numero infinito di individui, ma rinacque da Zeus. In questo modo si può trovare una corrispondenza al nietzschiano “Sì alla vita”, nel senso di una risurrezione dei singoli individui e non in quello di una sopravvivenza personale. Nietzsche si sentiva radicato nella religiosità ellenica, purificatasi nella fisica stoica, che postulava l’esistenza originaria di una sostanza divina, il Logos, presente in tutte le cose e principio della loro coesione. Dioniso smembrato: l’identificazione con lui si ha proprio nei giorni in cui il suo io andava disgregandosi. Questa identificazione con Dioniso potrebbe, però, semplicemente anche ricondurre alla tragica esperienza di Arianna.

Anche l’utilizzo dello pseudonimo "Crocifisso" è ritenuto piuttosto ambiguo: da un lato potrebbe intendere Gesù, dall’altro potrebbe significare che vedeva se stesso come un nuovo crocifisso dei suoi tempi. Nel complesso, però, tutte queste identificazioni hanno in comune il fatto di appartenere ad un regno diverso da quello della realtà normale; tramite esse traspare a grandi linee il pensiero di Nietzsche ed il fatto che egli soffrisse “sotto il peso di quel compito che sentiva come una missione”, alla quale aveva sacrificato tutta la sua vita esteriore. Per questi motivi egli poteva vedere se stesso come “portacroce”.

L’autoidentificazione con Fromentin, sta ad indicare che Nietzsche conosceva il romanzo autobiografico Dominique pubblicato nel 1863 da questo pittore e scrittore francese. In questo romanzo l’autore narrava del suo amore infelice per una donna sposata, morta quando lui aveva 24 anni. Probabilmente Nietzsche trova la sofferenza provata da Fromentin analoga alla sua. Però, la sua amata non è morta, ma è la sposa del suo amico (Wagner) e questo è anche peggiore e lo spinge ad affermare: “Chi, all’infuori di me, sa cos’è Arianna!”. La lettera scritta a Jacob Burckhardt del 5 gennaio 1889, la più lunga e tragica di tutte quelle scritte dopo la catastrofe, è l’unica nella quale si firma con il proprio nome.

Molti pensatori, medici, scrittori e anche biografi hanno voluto dare una spiegazione al crollo psichico e alle manifestazioni successive di Nietzsche a partire dall’analisi dei suoi comportamenti e/o da considerazioni inerenti l’ambiente esterno[7] al filosofo.

Overbeck può essere considerato una fonte diretta. Intervenne di persona a Torino per riportare Nietzsche a Basilea; da ciò che ha lasciato scritto di quei giorni e dalle testimonianze orali sorge il dubbio della parzialità di quanto riportato. Il 15 gennaio 1889, a cinque giorni dal ricovero di Nietzsche nella clinica psichiatrica di Basilea, Overbeck scrive a Gast una lettera nella quale afferma di non aver mai visto un ritratto della distruzione altrettanto orribile. Racconta di aver consegnato l’amico Friedrich all’ospedale psichiatrico il giorno prima, o meglio di aver consegnato “un mucchio di rovine riconoscibile solo esternamente” per l’amico. Scrive che Nietzsche è caratterizzato principalmente dalla megalomania, ma anche da una moltitudine di “altre cose”.

Un’altra fonte utilizzata per ricostruire la catastrofe è costituita dalle testimonianze di Elisabeth Förster-Nietzsche, che comunque nel raccontare antepone i propri personali interessi alla verità e prende il sopravvento il suo soggettivo modo di essere e pensare. Ella coprì con vari accorgimenti la verità e lo sfacelo fisico del fratello, arrivando addirittura ad inventarsi delle lettere mai esistite o a falsificarne delle altre; cercò, inoltre, in tutti i modi di assicurarsi il silenzio di chi sapeva realmente, come per esempio Davide Fino, il padrone di casa di Nietzsche, e di assoggettare al proprio volere Steiner, affinché scrivesse particolari interpretazioni e riferimenti ad opere e scritti nietzschiani. La versione da lei addotta riguardante le cause che portarono Friedrich al crollo psichico è sempre la stessa: abuso di sonniferi o di altre sostanze di sua invenzione, caduta improvvisa vicino all’abitazione. Nella Biografia, inventandosi una lettera, fa dire al fratello :

“Io prendo sonniferi su sonniferi, e tuttavia non posso dormire”

ed aggiunge: "Tutta la lettera suonava come l’ultimo grido del suo cuore straziato, l’arco si tese, l’eroe cadde”.

L’impegno della sorella fu quello di dimostrare al “mondo” che Nietzsche era sanissimo da tutti i punti di vista: così facendo quindi spostava le cause della “pazzia” al mondo esterno ed a situazioni accidentali.

Elisabeth presenta un quadro familiare all’insegna della salute, probabilmente per esorcizzare il tabù sociale della malattia (comportamento a quel tempo comune tra i parenti di malati di mente), e racconta una “bugia” dietro l’altra.

Se Nietzsche fosse stato “sanissimo”, le cause della sua pazzia avrebbero dovuto essere esterne ed accidentali. Giustificò a tal fine anche la morte del padre, deceduto, secondo la sua versione, in seguito ad una caduta dalle scale (“Ah, queste cadute!”). In realtà Nietzsche padre morì per rammollimento cerebrale. La famiglia Nietzsche, effettivamente, non era proprio delle più sane: le sorelle erano isteriche, rachitiche ed eccentriche, addirittura la stessa madre Franziska fu definita dai medici della clinica psichiatrica di Basilea “borniert”, cioè limitata, e poco dotata.

Erich Podach racconta che il 3 gennaio Nietzsche credette di vedere un vecchio ronzino maltrattato dal suo cocchiere e lo abbracciò scoppiando in lacrime: probabilmente Friedrich aveva la vista talmente offuscata da equivocare la situazione reale, considerando il fatto che non aveva mai dimostrato una particolare simpatia per gli animali; solo con il cavallo era entrato in contatto diretto durante il servizio militare, in qualità di “artigliere a cavallo.

Il 7 gennaio Overbeck riferisce che Nietzsche “era caduto per strada ed era stato soccorso e corse il pericolo di finire ben presto in un manicomio privato e di vedersi circondato da avventurieri, che in Italia in simili occasioni spuntano più rapidamente che altrove”.

L’8 gennaio Overbeck arrivò a Torino. Trovata l’abitazione di Nietzsche, scoprì che il padrone di casa Davide Fino era andato a cercare aiuto al consolato tedesco e alla polizia, essendo giunto ormai alla disperazione a causa del comportamento di Friedrich. Decise allora di riportare l’amico da Torino a Basilea prima che scomparisse in qualche istituto italiano di dubbia fama.

Il 9 gennaio, aiutato dal dottor L. Bettmann (un ebreo tedesco) che sapeva trattare gli infermi di mente, partì per Basilea. Durante il viaggio, Nietzsche si svegliò improvvisamente al Gottardo e cantò la bella lirica inframmessa nell’Ecce homo e in Nietzsche contra Wagner :

 Sul ponte io stavo

or è poco nella notte bruna.

Veniva di lungi un canto:

auree gocce via sgorgavano

sulla tremolante superficie.

Gondole, luci, musica

ebbre sciamavano nel crepuscolo...

L’anima mia, come arpa

invisibilmente toccata,

a sé cantava in segreto

una canzone di gondolieri,

tremando di beatitudine multicolore.

L’ascoltava qualcuno?...

 “Fu l’ultimo canto di Dioniso”.

 La mattina del 10 gennaio giunsero a Basilea, e da quel momento può considerarsi finita l’esistenza di Nietzsche come persona autonoma. Si susseguirono diversi ricoveri intervallati da degenze familiari sotto il controllo “supremo e rigido” della sorella e in seguito il rifiuto del filosofo di usare la parola con chiunque. Il questionario medico della clinica psichiatrica di Basilea fornisce alcune informazioni su ciò che Nietzsche era solito fare nel manicomio:

11 gennaio. Il paziente non ha dormito per tutta la notte, parlava senza interruzione, si

alzava anche spesso per pulirsi i denti, per lavarsi [...]. Parla confusamente; talvolta si

rimprovera di aver precipitato nella sventura diverse persone [...].

14 gennaio. Nietzsche riceve la visita della madre Franziska. “L’infelice è arrivata domenica

sera (13 gennaio) e ha visto suo figlio ieri pomeriggio. Essa vuole a tutti i costi (controi pressanti consigli di Wille e miei) portarlo via con sé (per farlo stare in realtà con lei, cosa del tutto impensabile e che le è proibita). Domani riceverò da Jena una risposta se è possibile farlo entrare laggiù. Se dicono di sì, la partenza della vedova Nietzsche con l’infermo e un eccellente accompagnatore [...] è prevista per la sera di dopodomani, giovedì"[8].

17 gennaio. Friedrich fu trasferito a Jena, in cura dal professore Binswanger; il viaggio nonfu, però, tranquillo come quello da Torino a Basilea. “ [...] Il malato ebbe parecchi attacchi di vera e propria pazzia furiosa, che si tradussero addirittura in aggressioni [...] contro la sua stessa madre e che poterono essere contenuti soltanto grazie all’impiego delle loro forze congiunte [...]”[9].

Arrivati a Jena, il dottor Mähly e l’infermiere portarono il paziente direttamente alla casa di cura. Nel manicomio di Jena, Nietzsche venne messo in una stanza di seconda classe per “uno o due malati” a marchi 2,50 il giorno. Il fatto più curioso è certamente che Nietzsche non veniva considerato tedesco, ma Ausländer, cioè straniero. Veniva considerato, invece, torinese anche dagli altri, e non solo da se stesso; le fatture dell’ospedale erano, infatti, intestate al “Signor professor Friedrich Nietzsche, Torino”. Il fatto che fosse considerato torinese gli costava 0,50 marchi di più al giorno, dato che la stessa stanza per un cittadino tedesco, costava solo 2 marchi. Per un solo marco il trattamento ricevuto da Friedrich si distingueva da quello riservato ai “poveri cristi di terza categoria”, mentre erano ben cinque i marchi che lo separavano dai “pazzi di lusso”.

La cartella clinica di Jena, il Krankenjournal, fornisce alcuni dati su ciò che Nietzsche fece nel manicomio, dove rimase dal 18 gennaio 1889 al 24 marzo 1890, e che testimoniano il decorso della sua malattia.

19 gennaio.    Il malato va nel reparto con molti inchini di cortesia. Con passo maestoso e guardando al soffitto, entra nella sua stanza e ringrazia della “grandiosa accoglienza”. Non sa dove sia. Ora crede di essere a Naumburg, ora a Torino. Sulle sue generalità dà informazioni corrette. L’espressione del viso è sicura e consapevole di sé, spesso compiaciuta e affettata. Gesticola e parla continuamente in tono affettato e con parole enfatiche, e precisamente ora in italiano ora in francese. Cerca innumerevoli volte di stringere la mano ai medici. Sorprende che il paziente, che pure è stato per lungo tempo in Italia, spesso non conosca per niente o in maniera sbagliata le parole più semplici nelle sua frasi dette in italiano. Per il contenuto, sorprende la dispersione di idee delle sue chiacchiere; di    quando in quando parla delle sue grandi composizioni e ne canta dei saggi; parla dei suoi “consiglieri di legazione e servi”. Parlando, fa quasi ininterrottamente delle smorfie. Le sue chiacchiere sconnesse sono continuate quasi ininterrottamente anche nella notte. Il paziente mangia forte.

24 gennaio.    Molto rumoroso. Di quando in quando, necessario l’isolamento.

10 febbraio.   Molto rumoroso. Spesso accessi di collera con grida inarticolate senza motivo esteriore.

23 febbraio.   Tira improvvisamente “calci” ad un altro malato. “Da ultimo io sono stato Federico Guglielmo IV.”

28 febbraio.   Prega ridendo il medico: “Mi dia un po’ di salute”.

10 marzo.      Fame da lupo. Designa sempre giustamente i medici; se stesso, ora come duca di Cumberland ora come imperatore ecc.

24 marzo.      Peli bianchi, nei baffi del malato, si trovano solo a destra.

27 marzo.      “La mia moglie Cosima mi ha portato qui.”

5 aprile.         Piscia nello stivale e beve l’urina.

17 aprile.       “Di notte, si è imprecato contro di me; si diceva che mia madre se l’era fatta addosso; contro di me si sono ordite le più orribili macchinazioni.”

18 aprile.       Mangia escrementi.

19 aprile.       Scrive cose illeggibili sulle pareti. “Voglio un revolver, se è vero il sospetto che la granduchessa stessa commette queste porcherie e questi attentati contro di me”. “Io sono reso malato a destra nella fronte.”[...]

25 aprile.       Di notte dev’essere sempre isolato.

10 giugno.      Rotto improvvisamente una finestra.

14 giugno.      Prende l’infermiere capo per Bismarck.

16 giugno.      Chiede ripetutamente aiuto contro torture notturne.

17giugno.       Fa movimenti ginnici, spesso tiene stretto il naso per delle ore. Si perde in giochi di parole. Indica il 23 novembre ‘88 come il giorno del suo ricovero.

18 giugno.      Parla in tono brontolone, molto affettato, talvolta molto patetico.

2 luglio.          Orina nel bicchiere per l’acqua.

4 luglio.          Rompe un bicchiere per l’acqua, “per proteggere con schegge di vetro l’accesso a lui”.

14 agosto.     Di nuovo molto rumoroso. Beve di nuovo l’urina. Motiva il suo strepitare con mali di testa.

20 agosto.     Mette dello sterco avvolto nella carta nel cassetto del tavolo.

4 settembre.   Appercepisce ancora molto acutamente. Di quando in quando chiara coscienza della malattia.

5 settembre.   Chiede letteratura recente o giornali. Afferma di aver sofferto fino al diciottesimo anno di stati epilettici senza perdita della coscienza.

1 novembre.  Questa sera si ricorda ancora precisamente di un colloquio avuto ieri sera con il medico. Ruba libri. Molto agitato dopo una visita della madre.

12 novembre.   Oggi indica giustamente la data, dopo che gli era stata detta ieri.

1 dicembre.   Quando si tenta di far dormire il paziente in un letto di seconda classe con infermiere, anzichè nella cella, egli fa tanto strepito che si rende di nuovo necessario l’isolamento.

2 dicembre.   Afferma di aver visto nella notte donnette completamente pazze.

 

1890

1 gennaio.      Raccoglie di nuovo cose, in parte del tutto senza valore, pezzetti di carta, cenci ecc. Di fronte ai medici fa continuamente inchini molto cortesi.

1 febbraio.     Parla un po’ più coerentemente. Non cambiato somaticamente.

24 marzo.      Dimesso dietro atto di garanzia. 

La madre trovò “un alloggio molto carino, fatto apposta per Fritz”, dove si trasferì con lui già il 24 marzo. Da diverse testimonianze del tempo di amici e conoscenti risulta che dopo la dimissione dalla clinica di Jena, che risale alla data del 24 marzo, Nietzsche trascorse un periodo abbastanza felice insieme alla madre fino alla primavera inoltrata. Il 13 maggio 1890 accadde un fatto per nessuno dei familiari e amici prevedibile, che causò il trasferimento di Friedrich a Naumburg. Approfittando di un attimo di distrazione della madre, Nietzsche scomparve per quasi due ore; all’improvviso, quando ormai aveva deciso di recarsi dalla polizia, Franziska lo vide arrivare a fianco di un poliziotto, con il quale stava parlando cordialmente. Le raccontarono che aveva voluto bagnarsi in uno stagno situato vicino al bagno degli uomini, e che era andato diverso tempo in giro spogliato. L’avvenimento causò un grosso scandalo, tanto che il dottor Ziehen le disse che avrebbe dovuto decidersi a prendere un infermiere o a riportarlo nell’istituto. Franziska si vide costretta a partire immediatamente, dichiarando: “La mia vita non è facile, eppure sono sinceramente grata al Signore che ora si tratti in sostanza soltanto di riuscire a curarlo da sola [...]. Nessuno potrà mai capire un figlio meglio di sua madre”. L’anello si chiuse. Il figlio era tornato in grembo alla madre. Quell’esperienza di ritorno era chiusa. Nietzsche fu trasferito a Naumburg. Il limite estremo del miglioramento era stato raggiunto: ebbe inizio il definitivo ottenebramento di Naumburg.

A Naumburg Nietzsche riceveva ad intervalli regolari visite del dottor Binswanger; di solito era calmo, anche se non mancarono momenti di furore, e una volta per poco non strozzò la madre. Successivamente entrò in scena la sorella Elisabeth Förster, che prese in appalto la fama del fratello e tutto ciò che vi era connesso; le era andata male con la colonia “Nueva Germania” nel Paraguay, dove il marito si era suicidato, e ritenne che le sarebbe convenuto ora cercare di trarre il massimo profitto dalla fama del fratello.

La madre di Nietzsche morì nel 1897, "puerilmente gloriosa di un figlio di cui odiava l’opera, senza capirla”. Friedrich si trasferì con la sorella in una villa a Weimar, da lei comperata grazie ai proventi delle opere del fratello e all’aiuto di qualche uomo altolocato abilmente e dovutamente spremuto. A Naumburg Elisabeth diede libero sfogo al suo desiderio di affermazione sociale, tanto che la piccola provinciale si trasformò in una snob; Nietzsche, invece, era ormai solo un tronco vivente o un’“anima uccisa”. Specialmente durante la notte emetteva degli acutissimi urli animaleschi, che facevano rabbrividire gli ospiti della casa ed erano divenuti una nota macabra all’interno della vita mondana di Naumburg. Quando riceveva della visite dai suoi vecchi amici, egli non li riconosceva e non diceva una parola. Nel 1894 Rohde scrisse a Overbeck, dopo essere andato a trovare Nietzsche : “E’ completamente abbrutito, non riconosce più nessuno al di fuori di sua madre e di sua sorella. Non articola molto più di una frase al mese [...].” “In breve, è uno spettacolo da far venire le lacrime. Ma è evidente che egli non sente più niente, né piacere né dolore. Egli è passato, nel senso più angoscioso della parola, “al di là” “. Nietzsche morì il 25 agosto 1900.

Cause della pazzia

Gli eventi che concorsero al definitivo crollo psichico di Nietzsche sono stati oggetto di molte supposizioni.

La tesi della sorella Elisabeth Förster-Nietzsche è basata su un colpo apoplettico o su una paralisi cerebrale; la causa da lei addotta fu l’esaurimento in seguito a eccesso di lavoro e ad abuso di droghe (cloralio). E’ da sottolineare comunque che mancavano sia i sintomi che le prove. Infatti Friedrich si disintossicava sistematicamente da narcotici come il cloralio già a partire dal 1884, ed aveva rinunciato agli alcolici più forti, tanto che era solito bere solo tè e cioccolata.

La tesi propugnata inizialmente da Julius Kaftan, e poi ramificatasi nelle varianti più disparate tra le cerchie teologico-psicologiche, era quella di una malattia conseguente al non dominato conflitto col cristianesimo e con la dichiarazione della “morte di Dio” contenuta ne La Gaia scienza[10].

I più vicini alla realtà furono i medici, che espressero la seguente diagnosi: paralisi progressiva; non si trattava di una malattia psichica, ma di una lesione organica della materia cerebrale proveniente dall’esterno, che si manifesta nel venir meno di certe funzioni di controllo e della coscienza. Normalmente la causa di questo disturbo è un’infezione luetica. Varie sono le possibilità di individuare il preciso momento dell'insorgere di questa malattia. Potrebbe essere stata contratta in una visita ad un bordello di Colonia durante il semestre invernale del 1864/1865, oppure mentre era studente a Lipsia (Lange-Eichbaum affermò che Nietzsche venne sottoposto da medici di Lipsia ad un trattamento antisifilico, anche se potrebbe essere ricorso a cure mediche soltanto per la paura di potersi essere infettato), o anche mentre si trovava al Totengässlein (un vicolo di dubbia fama della vecchia Basilea), o in grandi città come Genova e Nizza. Se l’infezione risalisse realmente al periodo di Lipsia, è da considerare che sia l’estensione temporale della malattia che il quadro del decorso ulteriore che lo portò alla morte sarebbero stati atipici.



[1] A cura di Elisa Dissegna.

[2]L’edizione integrale uscirà solo nel 1911.

[3]Per "alcuni" si intendono quegli storici tedeschi che hanno revisionato criticamente gli sviluppi economici e sociali del diciannovesimo secolo, fra i quali Konrad Burdach (1895-1936).

[4]Uscirà in edizione solo nel 1895.

[5]              1. Fondamento del nichilismo è la morte di Dio.

2. Nichilismo significa mancanza di fine.

                3. Si divide in:      

-passivo = quello di Schopenhauer che prende atto della decadenza dei valori abdicando

alla volontà. Per Nietzsche è un momento di transizione.

-attivo = smascherando i valori della tradizione, il nichilismo attivo annunciò il

tramonto dell’uomo e l’avvento di nuovi valori, l’oltreuomo.

[6]Da questo si rivela anche la mentalità del tempo in materia di psiche.

[7]Per ambiente esterno si considerano le testimonianze delle persone che hanno avuto un diretto contatto con Nietzsche dal gennaio 1889 e gli scritti rimasti di tali testimonianze e/o supposizioni di altri.

[8]Dalla lettera di Overbeck a Köselitz.

[9]Jakob Mähly nelle sue Memorie.

[10]in alcuni ambiti si parlerà anche di punizione divina.

 

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