I Comunisti Italiani, il lavoro e la politica economica del centrosinistra

di Cosimo Cerardi

Gli anni novanta sono stati caratterizzati, nel nostro Paese, dalla scelta obbligata volta a risanare i conti pubblici dello Stato, e, al contempo, nel tentativo - in parte riuscito - di ridurre l'inflazione. Lo stesso ingresso dell'Italia nell'Europa è stato dovuto al successo delle manovre poc'anzi indicate. L'economia, quindi, è in condizione di aprire le maglie di una dinamica virtuosa e, anche se i tassi di crescita sono inferiori a quelli europei, si può senz'altro affermare che abbiamo a che fare con dei risultati solidi e che, senza alcun' ombra di dubbio, si può passare ad una fase successiva, quella di una nuova politica economica redistributiva, come conferma successiva dell'attuale fase di espansione. La scelta del governo di centro sinistra (a partire dal governo Prodi fatto cadere in modo pretestuoso da Bertinotti, dal Partito della Rifondazione Comunista, azione che ha visto la nascita del Partito dei Comunisti Italiani), fortemente indirizzata, grazie alla presenza dei Comunisti Italiani, nel verso di un concreto sostegno al reddito dei lavoratori ed alla popolazione meno abbiente, attraverso la restituzione di una parte del prelievo fiscale (sono stati rimborsati prelievi fiscali pari a 350mila lire per ogni reddito lordo). Ora, a partire dal taglio dei tickets sanitari, il governo del centrosinistra, deve inserire tutto ciò in un progetto complessivo di politica economica (la crescita della ricchezza prodotta si è oramai attestata intorno al 2.5%), proteso a favorire i consumi interni. Consumi che nel triennio '95/98 erano scesi del 5.2%, a danno delle condizioni di vita dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati. Deve, la sopraccitata manovra, saper interloquire con le nuove esigenze che giungono dal territorio, e soprattutto, deve saper aggiornare e contestualizzare la gigantesca sfida data "dall'attuale problematica del lavoro". La declinazione, insomma, di una "Grande politica per le Riforme" capace di interdire, bloccare, combattere una delle più feroci destrutturazioni capitalistiche che storia del movimento operaio ricordi, e tutto ciò nel verso di una economia carica di progettualità democratica, capace, in questa fase, di rompere la tenaglia della cosiddetta "modernità capitalistica", quella modernità che divide e precarizza il mondo del lavoro. Per questo non è accettabile mettere sullo stesso piano le scelte di governo del centro sinistra con quelle annunciate dal "centro destra" (iper liberista e razzista), e chi compie un'operazione di tale fatta, propone solo demagogia in una situazione storica dove la democrazia di questo Paese rischia una grave sconfitta e un arretramento epocale.
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