L'ultimo
atto legislativo del governo Amato è stato l'approvazione della legge
sul federalismo, con il consenso attivo e convinto del PdCI. Tuttavia
la nostra concezione del federalismo e delle sue articolazioni è in
simmetrica contrapposizione con la visione che di questa problematica
ha Berlusconi, la Lega e Fini (visioni, del resto, contraddittorie
tra loro nonché strumentali e disorganiche). Il PdCI è tendenzialmente
favorevole al concetto di ripartizione federalistica dello Stato Italiano,
ma a condizioni molto precise e con presupposti chiari, inequivocabili
e ineludibili. Anche questa presa di posizione si inquadra all'interno
di una cornice e di un contesto di tipo storico-politico; la concezione
complessiva che il PdCI ha enucleato e sviluppato della reticolazione
federalistica ha un riannodamento profondo e inseparabile con quelle
che sono le potenzialità interne al dispositivo e all'impianto costituzionale;
per cui il PdCI difende l'idea e l'applicazione concreta federalistica
in proporzione ai nuclei sostanziali di federalismo implicito presente
nell'assetto costituzionale. Infatti per il nostro partito, l'elemento
primario e prioritario, è costituito dalla difesa intransigente della
Carta Costituzionale; noi comunisti siamo convinti, e non da ora,
che la Costituzione formale soltanto in maniera frammentaria e parziale,
abbia trovato una realizzazione politico-sociale. In realtà, dal dopoguerra
ad oggi, si è progressivamente imposta una Costituzione materiale,
ovvero un modella caricaturale di Costituzione, modello che, in maniera
sotterranea ed impercettibile, ha svuotato e neutralizzato i fondamenti
avanzatissimi di libertà civile e sociale della nostra Costituzione,
scaturita dalla grande lotta anti-fascista e anti-nazionalista, nonché
dalla convergenza di tutte le forze politiche democratiche, con la
finalità di ridisegnare il patto di convivenza civile del popolo italiano.
I comunisti, che nella fase dell'Assemblea Costituente (1946-'48),
hanno dato un contributo determinante alla stesura degli articoli
e dei commi costituzionali (non dimentichiamo che il presidente dell'Assemblea
Costituente era il comunista Umberto Terracini), hanno lottato, in
Parlamento e nelle piazze, per decenni, affinché fossero eliminate,
fino all'azzeramento, le distorsioni e le degenerazioni interpretative
ed operative della Costituzione. E con questo spirito i comunisti
si sono schierati a favore di un'opzione federalistica, in quanto,
nella sua impalcatura originaria e più autentica, la Costituzione
prevede il massimo di decentramento, di autonomia e di libertà per
i territori regionali. La nostra concezione del federalismo vuole
portare ad un livello più elevato l'unità nazionale, e non ha nessuna
istanza secessionista o separatistica. Il nostro federalismo vuole
costituire una armonica ricomposizione tra identità particolari e
tradizione nazional-popolare. Per cui il nostro modello federalistico
è contrapposto ed incompatibile con quello berlusconiano-leghista,
nonché potenzialmente disgregatorio dei fondamenti di libertà e di
civiltà conquistati dalle "classi subalterne" e dal movimento operaio
in primo luogo. Il federalismo di Berlusconi e Bossi coincide con
modificazioni degli articoli costituzionali talmente radicali, da
condurre all'annientamento dello stesso patto e contratto costituzionale.
Il modello di federalismo voluto con ostinazione del PdCI, si ricollega
non solo alla Resistenza, ma anche alla migliore tradizione risorgimentale,
laica, unitaria e democratico-riformista. Il federalismo proposto
dai comunisti va nella direzione di un processo storico-politico che
armonizza il passato e il presente, e che pone le premesse e le coordinate
strategiche per rendere sempre più libere e razionali le prospettive
e le condizioni di vita della popolazione lavoratrice italiana. |