Nel
nostro territorio, una delle aree industrializzate più sviluppate
d'Europa, la realtà economica e produttiva locale, per perseguire
la massima potenzialità di sviluppo, deve essere in grado di eliminare
la piaga del lavoro nero e sommerso, un fenomeno che ha raggiunto
un livello intollerabile. Il laboratorio clandestino chiuso a Cavaria
(VA) nei giorni scorsi dopo il blitz della squadra mobile della questura
di Varese ha portato alla luce l'ennesimo indescrivibile caso di sfruttamento
nel nostro territorio: dieci lavoratori costretti a lavorare in condizioni
disumane giorno e notte, alternandosi a vicenda dalle macchine da
cucire alle attigue brandine: veri casi di moderna schiavitù. Il laboratorio
era situato nel seminterrato di una villetta, abilmente nascosto,
ma anche celato da una sorta di indifferenza che rischia di coprire
casi di sfruttamento e di negazione dei minimi diritti umani, nonché
di quelli contrattuali e di sicurezza, nel nostro territorio. La protesta
verso questi episodi non deve essere però "anti-cinese". In questo
caso il titolare dell'impresa (per altro individuale e con iscrizione
alla Camera di Commercio) sfruttava i propri connazionali ma generalmente,
moltissimi laboratori lavorano conto terzi che, a loro volta, ricevono
la merce da aziende di abbigliamento italiane, magari anche note e
prestigiose. Può apparire un'ovvietà chiedersi per chi lavorava questo
laboratorio clandestino (e per chi lavoravano gli altri laboratori
scoperti nel nostro territorio); è un dovere però trovare delle risposte:
troppo spesso questi tipi di attività rappresentano forme di "lavoro
decentrato conto terzi a basso costo". Sarebbe interessante conoscere
a quali fabbriche erano destinati i prodotti del laboratorio clandestino
scoperto; conoscere, per esempio, quale rapporto esisteva con la distribuzione
locale. Per combattere ed eliminare la piaga del lavoro nero e dell'economia
sommersa, è importante l'impegno della Commissione Provinciale di
Vigilanza e Controllo (proprio nei giorni scorsi l'Ispettorato del
Lavoro di Varese ha fornito i dati sul lavoro nero in Provincia e
il sindacato sta predisponendo le linee di intervento). Occorre infatti
rilanciare nel territorio una stretta collaborazione tra il Sindacato
Confederale, l'Associazione Industriali Univa, le Associazioni Artigiane
(Ass. Artigiani di Varese e CNA), le Amministrazioni Comunali e la
suddetta Commissione Provinciale a cui fanno parte Ispettorato del
Lavoro, INPS, INAIL, ASL) localizzando ed individuando precisamente
i settori, le attività, e le categorie in cui si annida e si sviluppa
questa vergognosa realtà, per poterla combattere con successo attraverso
denunce sempre più dettagliate. Per quanto riguarda il sindacato,
la CGIL da tempo riceve segnalazioni circostanziate di lavoro nero
che comunica poi con precisione - attraverso la Commissione Provinciale
- agli enti ispettivi preposti. La CGIL invita tutti i lavoratori
a segnalare eventuali casi di non rispetto contrattuale per poter
realizzare un maggior controllo del lavoro decentrato attraverso la
contrattazione aziendale ed utilizzando gli articoli dei contratti
nazionali che prevedono questo monitoraggio, attraverso il coinvolgimento
dei delegati delle Rappresentanza Sindacali Unitarie. |