Molta attenzione la critica ha rivolto sui diversi stili di comunicazione che gli artisti hanno sempre manifestato; quello che nel dopoguerra ha vivacizzato il panorama poetico italiano (e mondiale) è un caso molto singolare: hanno convissuto condividendo il loro successo nella dialettica delle opposizioni, due filosofie letterarie opposte incarnate da Montale e Ungaretti. Il primo ricostruisce e "salva" la tradizione cercando d’elaborare una filosofia della comunicazione più strettamente intesa, cercando d’innalzare la poesia e colmare nuovamente i versi di speranza e vivacità, ridando al poeta quel fiducioso ruolo di guida intellettuale che molto deve all’"albatro" baudeleriano, che può vedere meglio e più lontano dei comuni personaggi dell’epoca; il secondo, vicino alle avanguardie, incarna l’artista che si sente tradito dalla cultura europea tradizionale e che quindi sente la necessità di staccarsi totalmente da lei, distruggendo i canoni comunicativi tipici del metro poetico.

Il caso d’Ungaretti appare però meno chiaro, e molte si sono susseguite le discussioni sul suo caso umano; appare come il ferito della guerra, che cova il rancore rannicchiato nell’angolo, senza avere più le forze per reagire o cambiare quello che è stato; ma nella sua mente s’agita il pensiero e la reazione si manifesta nella volontà di distruggere il verso, che rappresenta quella tradizione che più propriamente lo ha tradito, ma senza omettere il discorso; infatti, è altissima la virtù del suo strumento comunicativo, incarnata dalla capacità di condensare nelle parole i significati che per altri si sarebbero esplicati in numerose pagine. La chiusura netta della sua poesia per i fatti luttuosi della vita privata, nel sentimento del Dolore non bisogna intenderlo come ermetismo totale del suo animo in se stesso; le parole che splendono come soli nelle pagine bianche e per la maggior parte vuota si legano alla situazione esterna dalla sua interiorità, e, cosa voluta o non voluta, si fa portavoce e testimone di un tempo e di un’epoca di speranze abbattute, di rimorso e dolore, di tradimento delle proprie aspettative. Ungaretti oltre che per la sua filosofia poetica rimane prima di tutto quell’uomo positivo e incantato dalle favole del progresso, che mirava alle più alte vette dell’armonia, ma consapevolmente tradito dalla situazione storica, che ha vissuto in prima persona l’orrenda sensazione del dolore e della privazione degli affetti, che ha visto dipinta nel volto dei giovani gloriosi l’espressione ebete del nulla mortuario, immagini e sensazioni che si è portato via, che ha lasciato per farne un tesoro alla storia letteraria, che si erge potente semplice e senza i molti aggettivi tipici dell’ambiguità, una testimonianza di pieno dolore, di pieno tradimento venuto dalle situazioni incontrastabili del vortice storico incontrollabile, ma che tutti inghiotte inevitabilmente.

Poisson.