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GROTTA DI SAN MICHELE

La grotta che ospita la chiesa rupestre si trova ai piedi di Minervino, a nord, in una vallata che nella toponomastica porta il nome di S. Salvatore e che si trova al termine di quel canale naturale, un tempo fiumiciattolo, denominato "Matitani".
Essa è di origine carsica creata dall'erosione che l'acqua piovana, contenente anidride carbonica, opera sulle rocce calcaree di cui è composta l'ossatura delle colline murgiane, sciogliendone il carbonato di calcio.
La sua formazione risale al Quaternario (2 milioni d'anni fa), periodo in cui quest'area, sino ad allora sommersa, comincia ad innalzarsi sul livello del mare, così da saldare le colline murgesi all'Appennino.
Le prime testimonianze scritte, riferentesi a questa grotta, sono reperibili in una pergamena conservata nell'Abbazia di Montecassino, e datata 12 febbraio dell'anno 1000.
Tale pergamena bilingue (greco e latino), riguardava la restituzione di alcuni territori del meridione all'Abbazia.
La grotta doveva, però, essere conosciuta e frequentata già in passato e presumibilmente in età paleocristiana: al suo interno, infatti, si trovano numerosi materiali di recupero, di età romano-imperiale e paleocristiana come una stele funebre in forma di ara, riutilizzata come acquasantiera (ora nel museo civico) e quattro colonne poste dinnanzi all'altare, una delle quali di età romano-imperiale e due paleocristiane.
L'ingresso neoclassico, con la scritta sull'architrave della porta "Quis ut Deus " (la trascrizione latina del nome ebraico Mikael), è stato edificato alla fine del 1800.
Tale ingresso sostituì quello originario ricavato nella voragine che illuminava l'ambiente e che col passar del tempo era divenuto pericolante.
Infatti nel 1733 vi fu un'imponente scossa di terremoto che rese pericolosa la discesa verso l'altare maggiore per cui fu necessaria la costruzione di un altare posto lungo le scale.
Nel corridoio che porta alla scala si può ammirare sulla volta un affresco con l'immagine dell'Arcangelo contornato da calchi in terracotta di angioletti.
Dopo la prima rampa di scale a destra, un palietto seicentesco, resto di un antico altare; a sinistra un ballatoio con una mangiatoia in tufo; sempre a destra un altare in pietra con nicchia con l'immagine del SS. Crocifisso che si venera in Chiesa Madre.
Scendendo, a destra e a sinistra due imponenti torrioni in pietra; su quello di sinistra una vaga stalagmite mostra una protuberanza simile ad un ginocchio, sempre umida, alla quale la tradizione ha attribuito il simbolico nome di "ginocchio di S. Lucia".
Giunti al termine della scalinata di 96 scalini, intagliati nella pietra, si arriva ad un presbiterio costituito da quattro colonnine alto-medievali (una con "scanalature", l'altra a "tortiglione", due "a papiro", quanto resta dell'antico cibario della chiesa di S. Salvatore della quale si rinvengono testimonianze scritte nella già citata pergamena dell'Abbazia di Montecassino.
Al centro si trova una lastra tombale di età imperiale che fungeva da supporto per l'altare.
Sull'altare di breccia corallina vi è una statua ottocentesca dell'Arcangelo Michele che, come in molte località è a guardia di un cunicolo che continua nella cavità della collina, quasi a sentinella per gli abitatori del regno delle ombre.
A destra del cunicolo vi è una colonna mossa che è sempre piena d'acqua in corrispondenza di stalattiti; a sinistra quello che resta di una vasca in pietra.
La tradizione ha due date per celebrare S. Michele: il 29 settembre festa della dedica di una basilica romana al culto del Santo e l'8 maggio festa dell'apparizione dell'Arcangelo sul Gargano.


interno della grotta

statua dell'Arcangelo Michele, patrono di Minervino

vedute esterne