Alcuni criteri per il calcolo della conformità del testo alle figure logico-modali

 

Giampaolo Lai e Giuliana Andò

 

 

            Sul treno Milano-Bergamo, molto simile alla navetta a due piani per la Malpensa, sotto i finestrini si trovano quattro formule che trascriviamo:

 

            1. E’ pericoloso sporgersi.

            2. It is dangerous to lean out.

            3. Ne pas se pencher au dehors.

            4. Nicht hinauslehnen.

 

Dal punto di vista delle nostre figure logico-modali, la 1 e la 2 sono figure assiologiche [del Bene, Gp, e del Male, ~Gp], nel senso che descrivono il mondo in termini di valori, in particolare un mondo dove “pericoloso” e “dangerous” si riferiscono al Male, ~Gp, con i sinonimi, che invitano a evitarlo, quali “sconsigliabile” (“è sconsigliabile sporgersi”), e gli antonimi, quali “sicuro”, “tranquillo” (“potete tranquillamente sporgervi”). Una caratteristica importante per riconoscere i termini assiologici, [“value-terms”, termini valoriali, nella definizione di von Wright] è che ogni termine valoriale ha il suo contrario, come bene/male, buono/cattivo, giustizia/ingiustizia, malattia/salute, odio/amore, e via di seguito; e che mentre il value-term diciamo positivo, il termine assiologico del Bene, Gp, è abbinato a un significato di approvazione, il corrispondente termine contrario, value-term negativo, del Male quindi, ~Gp, è abbinato a un significato di disapprovazione.  

 

Sempre dal punto di vista delle nostre figure logico-modali, la 3 e la 4 non si conformano affatto a figure assiologiche, infatti non contengono termini che denominano valori. La 3 e la 4, grammaticalmente, sintatticamente, sono costruite al mondo imperativo, come i comandamenti del Testamento: “non rubare”, “non ammazzare”, “ama il prossimo tuo come te stesso”; o come nella Carta dei diritti di Nizza: “nessuno può essere condannato alla pena di morte né giustiziato”; o come nei cartelli dei giardini pubblici svizzeri: “non calpestare le aiuole”. Come tutti gli esempi riportati, così anche la 3 e la 4 si conformano quindi alle figure logico-modali deontiche, [del Permesso, Pp, del Proibito, ~Pp, dell’Obbligatorio, Op], nella forma del Proibito, ~Pp. Diversamente che per i termini assiologici, nelle forme deontiche non è previsto la divisione del mondo in una forma e nel suo contrario, se non attraverso acrobazie logiche e linguistiche del tipo: “se è proibito attraversare la strada con il semaforo rosso, allora è obbligatorio attraversare la strada con il semaforo verde”. Persiste, come nei termini assiologici, l’abbinamento al significato di disapprovazione per la trasgressione dell’ingiunzione, e al significato di approvazione per il rispetto dell’ingiunzione.

 

Abbiamo dunque individuato due criteri, uno lessicale, terminologico, legato ai value-terms, ai termini valoriali, l’altro grammaticale, sintattico, legato alla forma imperativa della proibizione [~Pp] o dell’ingiunzione [Op], per aiutarci nel calcolo empirico delle nostre figure logico-modali.

 

I termini valoriali, value-terms, sono le unità del testo più piccole [parole, sintagmi nominali o sintagmi verbali] che ci aiutano a orientarci nello studio delle conformità del testo alle figure logico-modali. Vengono poi le forme grammaticali-sintattiche, imperative, della proibizione [~Pp] o dell’ingiunzione [Op], che richiedono una frase completa. Si coglie subito il valore assiologico anche nel sintagma nominale: “una tragedia”, “orrore”, che continua a cogliersi in una frase intera: “è stato orribile attraversare il fiume sotto gli spari”. Una frase deontica, come “ne pas se pencher au dehors”, perde il suo significato deontico se letta a metà: “se pencher au dehors”; e un’altra frase deontica come: ‘‘non rubare”, “non ammazzare”, se private del “non” diventano sintagmi verbali con significato assiologico, value-terms negativi, del Male, ~Gp: “rubare”, “ammazzare”. E’ possibile, naturalmente trovare esempi che mettono in difficoltà queste posizioni semplici, che a noi servono tuttavia nel nostro lavoro clinico per accasare immediatamente le parole dette da un paziente, da una paziente, nelle figure logico-modali più confacenti (non “assolutamente” confacenti).

 

Unità del testo ancora più grandi, in una scala, dei value-terms, delle parole valoriali, sintagmi nominali o verbali, e delle frasi, che servono da criterio per il calcolo della conformità del testo alle figure logico-modali, possono essere interi turni verbali. Prendiamo, per esempio, il primo turno verbale di Caterina, in una conversazione terapeutica raccolta da Giuliana Andò, il 5.4.2004:

 

1 Caterina: Mi sento male, molto nervosa, ho rabbia, più che rabbia è nervosismo perché non riesco a prendere nessuna situazione tranquillamente; sono sempre agitata e in ogni cosa è come sentissi dentro di me che stesse per succedere una catastrofe, perché prendo tutto in maniera tragica, mi rendo conto è come se avessi la testa che va a un ritmo molto più veloce di tutto il resto e mi sento vittima della mia testa perché non mi da mai tregua, non riesco a stare tranquilla e non riesco a prendere in considerazione le mie cose il lavoro lo studio le persone in maniera tranquilla appunto, perché è come se ci fosse qualcosa che mi porta a una tragedia, non riesco a occupare il tempo occupandomi delle mie cose, vivendo le situazioni con calma, senza avere sempre quel qualcosa che mi tormenta.

 

Ebbene, l’ascoltatore e il lettore colgono immediatamente una conformità dell’interno turno verbale di Caterina, alla figura logico-modale assiologica del Male, ~Gp. Se seguiamo infatti il criterio delle unità di orientamento minime del testo, che sono, come abbiamo detto, i sintagmi nominali e verbali, ci saltano davanti una quantità impressionante di termini valoriali del Male, ~Gp: <<male ... nervosa ... rabbia ... rabbia ... nervosismo ... non/ tranquillamente ... agitata ... catastrofe ... tragica ... vittima ... non mi dà mai tregua ... non riesco a stare tranquilla ... non riesco a prendere in considerazione le mie cose il lavoro lo studio le persone in maniera tranquilla ... tragedia ... non/ calma ... tormenta>>. Pur avendo indebitamente mescolato il criterio dei “termini” con quello delle “frasi”, tuttavia vediamo che tutti orientano verso la dimensione assiologica, e precisamente verso la figura del Male, ~Gp. Si tratta di circa 16 value-terms del Male, ~Gp, su circa 45 sintagmi nominali e verbali (diciamo “circa”, sia perché, quanto alla nostra argomentazione, ci interessa unicamente dare un’idea della relazione tra tutti i termini e quelli assiologici del Male, sia perché l’approssimazione del calcolo è resa necessaria dal fatto che non tutti contiamo i sintagmi secondo il medesimo criterio). Proviamo ora a seguire il criterio delle frasi, 22 in tutto, che elenchiamo:

 


*1. mi sento male, molto nervosa

*2. ho rabbia

3. più che rabbia è nervosismo

*4. perché non riesco a prendere nessuna situazione tranquillamente

*5. sono sempre agitata

 6. e in ogni cosa è come

7. sentissi dentro di me

*8. che stesse per succedere una catastrofe

*9. perché prendo tutto in maniera tragica

10. mi rendo conto

11. è come se

12. avessi la testa

13. che va a un ritmo molto più veloce di tutto il resto

*14. e mi sento vittima della mia testa

*15. perché non mi da mai tregua

*16. non riesco a stare tranquilla

*17. e non riesco a prendere in considerazione le mie cose il lavoro lo studio le persone in maniera tranquilla appunto

18. perché è come se

19. ci fosse qualcosa

*20. che mi porta a una tragedia

*21. non riesco a occupare il tempo occupandomi delle mie cose, vivendo le situazioni con calma, senza avere sempre quel qualcosa

*22. che mi tormenta


 

Delle 22 frasi, circa, di cui si compone il 1° turno di Caterina, 13, più della metà, che abbiamo fatto precedere da un asterisco (*), senza dubbio si conformano alla figura assiologica del Male, ~Gp. La frase 3 è invece una comparativa: non sapremmo per ora dove accasarla, ma chiederemo lumi al professor Claudio Pizzi che dei comparativi in logica si è molto occupato, e che ci ha sempre seguito con pazienza nelle nostre escursioni sul suo campo di lavoro. La 6 sembra un “come se”, cioè un condizionale controfattuale spurio, sempre secondo la formula di Claudio Pizzi. La 10, <<mi rendo conto che>> potremmo, volendo, accasarla tra le figure epistemiche, nel senso di “so”, Kp. La 11 e la 18, come la 6, sono “come se”, cioè condizionali controfattuali spuri. I condizionali controfattuali spuri rientrano, con qualche dubbio, nelle figure aletiche del Possibile, Mp, come si può meglio cogliere dalla esplicitazione delle frasi 16, 19, 20: <<non riesco a stare tranquilla [...] perché è come se ci fosse qualcosa che mi porta a una tragedia>>, che portano a: “in un mondo possibile dove ci fosse qualcosa che mi portasse a una tragedia, non riuscirei a stare tranquilla [come non ci riesco adesso]”, o, meglio, a: “in un mondo possibile dove c’è qualcosa che mi porta a una tragedia non riesco a stare tranquilla, come non ci riesco nel mondo attuale”. In conclusione, su 22 frasi, 13 sono assiologiche del Male, ~Gp; 6 sono condizionali controfattuali spuri, cioè aletiche del Possibile, Mp; una è epistemica del sapere, Kp.

 

In presenza della multimodalità del testo, quasi sempre presente, ovvero della compresenza in un testo di più di una figura logico-modale, [come qui, nel testo di Caterina, il Male, ~Gp, il Possibile, Mp, il Sapere, Kp], ci siamo trovati di fronte a due sentieri. E quindi alla scelta sia di avventurarci nel largo sentiero della moltiplicazione delle figure logico-modali, sia di imboccare il sentiero più ristretto della riduzione di tutte le eventuali figure logico-modali a una, alla quale gerarchicamente le altre eventuali si rapportano. Alla fine, abbiamo privilegiato il secondo sentiero, battezzato della limitazione architettonica, consistente nel trattare un testo, un turno verbale, come una piramide al vertice della quale sta la figura modale più frequente, la quale dà il nome all’intero frammento di testo considerato. La limitazione architettonica, se da una parte rischia di trascurare alcune stelle del firmamento, dall’altra semplifica enormemente, o rende possibili, i calcoli testuali. Con un po’ di esercizio, e quando tutto va per il verso giusto, si raggiunge un delicato equilibrio tra figure logico-modali e figure logico-multimodali, tra modalità e multimodalità del testo. Nel turno 1 di Caterina, la figura assolutamente più frequente è quella assiologica del Male, ~Gp, e è quindi in termine di Male, ~Gp, che battezziamo questo turno 1, in modo da paragonarlo utilmente con l’evoluzione del testo.

 

Infine, in un gradiente di ampiezza crescente, dopo i value-terms, cioè le parole valoriali, sintagmi nominali o verbali, e le frasi, e poi i turni verbali, che servono da criterio per il calcolo della conformità del testo alle figure logico-modali, possiamo considerare un intera conversazione, sul modello di un romanzo o testo teatrale. Per esempio, diremo di Heart of darkness, Cuore di tenebra, di Conrad, che si conforma alla figura assiologica del Male, ~Gp; oppure del film Le invasioni barbariche che si conforma alla figura assiologica del Bene, ~Gp, anche se in entrambi i racconti troviamo molte altre figure, che però nell’insieme dell’ascolto si pongono in subordinazione ipotattica rispetto alla figura più frequente.

 

In una nota successiva, daremo altre indicazioni sui criteri praticamente utili per il calcolo delle figure logico-modali, con riferimento speciale alle figure logico-modali deontiche, [del Permesso, Pp, del Proibito, ~Pp, dell’Obbligatorio, Op] e aletiche [del Possibile, Mp, dell’Impossibile, ~Mp, e del Necessario, Np].

 

Sommario

 

Abbiamo esaminato alcuni criteri empirici sui quali ci basiamo per il calcolo delle figure logico-modali. Prima di tutto diciamo che, nel calcolo delle figure logico-modali ci guida l’immagine, [di derivazione kantiana, come da Kant abbiamo preso a prestito il sintagma nominale “conformità”,] che vede la conformità del testo a questa piuttosto che a quella figura logico-modale allo stesso modo nel quale, guardando un cielo stellato, vediamo, possiamo vedere, la conformità di un insieme di stelle alla figura geometrica mettiamo di un triangolo, piuttosto che non alla figura mitologica mettiamo di un Sagittario. Diciamo inoltre, più in generale, che, trovandosi in quasi ogni testo, per quanto breve, più di una figura logico-modale, per orientarci praticamente nei nostri calcoli, adottiamo il criterio della subordinazione architettonica, che pone al vertice della piramide la figura più frequente, alla quale le altre si subordinano in una sorta di equilibro di figure multimodali. Più in particolare, l’individuazione delle figure logico-modali si basa su elementi lessicali, quali singole parole, sintagmi nominali, sintagmi verbali, come a esempio: “buono”, “tragedia”, “obbligatorio”; su forme grammaticali-sintattiche, come a esempio: “è vietato attraversare i binari”, “non rubare”; e poi, su strutture più ampie, come può essere un turno verbale, a esempio quello che abbiamo riportato della conversazione con Caterina, o ancora più ampi, come può essere un’intera conversazione, secondo il modello, per esempio, di Cuore di tenebra che possiamo leggere nella sua conformità architettonica alla figura del Male, ~Gp, anche nella sua ricchezza e varietà multimodale. Da un punto di vista psicologico-pragmatico, che non abbiamo qui preso in considerazione, come in genere il conversazionalismo non prende in considerazione, potrebbe essere interessante chiederci perché, per ottenere, forse, il medesimo risultato sui viaggiatori dei treni, in italiano e in inglese si usano figure logico-modali assiologiche: “E’ pericoloso sporgersi”, “It is dangerous to lean out”, mentre in francese e in tedesco si usano figure logico-modali deontiche: “Ne pas se pencher au dehors”, “Nicht hinauslehnen”. Perché in un caso ci si riferisce al Male, nell’altro alla Proibizione? 

 

Bibliografia.

 

Per i calcoli dei fenomeni del testo nella prospettiva delle figure logico-modali, cfr

 

Andò G. (2004), I panni di Caterina, <<Tecniche conversazionali 32>>, forthcoming.

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