Ritorno a scuola
di
Rodolfo Sabbadini (relazione presentata il 27 Giugno 2005 all'Accademia delle
Tecniche Conversazionali)
Introduzione
Al
termine di un colloquio, per esempio, di psicoterapia o di counselling, può
capitare che ci sentiamo felici. Insomma, magari solo un po’ meno infelici di
prima, di quando il nostro cliente, il nostro paziente è arrivato nello studio.
La consapevolezza di questo stato “nuovo”, molte volte, ci porta a dire che:
“il colloquio è andato bene”. Bene per chi? Bene per cosa, cioè in vista
di quale obiettivo? E soprattutto, è andato bene perché?
Al
termine del colloquio che presento, per l’appunto, mi sentivo felice. Oddio
visto che il periodo, per me, non era dei più brillanti, diciamo che mi sentivo
abbastanza felice, quantomeno piuttosto soddisfatto; e, in quei giorni, era già
molto. Quindi, da un certo punto di vista - il mio - quel colloquio era andato
certamente bene, ‘certamente’ perché ero io a confermarlo, e con una certa
convinzione.
Fatte
queste considerazioni, tuttavia, ho pensato che fosse utile spingere un po’ più
in là l’indagine sull’andamento della conversazione, in un ambito che non
fosse esclusivamente quello mio personale, ma che comprendesse, per esempio,
anche la cliente che – dopo tutto - aveva contribuito all’evento almeno per
il 50%.
La felicità psicologica
Uno
dei motivi per i quali uno psicologo, uno psicoterapeuta può sentirsi felice al
termine di un colloquio è credere di essere stato bravo. Credere – a torto o
a ragione – di aver lavorato bene. E’ una soddisfazione legittima,
senz’altro, che ha a che fare con la conferma della propria competenza
professionale. Potrebbe essere questa la ragione della mia soddisfazione?
Potrebbe.
Andando
a rileggere il colloquio – registrato e trascritto secondo i canoni
conversazionali -, mi sembra di poter rilevare due-tre interventi di un qualche
rilievo sul piano della tecnica.
Per
esempio, ho formulato due confronti, come li definisce E.Berne, il caposcuola
dell’Analisi Transazionale, o confrontazioni come li definiscono altri.
Uno
al secondo turno verbale
Cliente (al termine del
2° turno verbale)
……..Con grosso stress, grossa stanchezza, perché a
questo punto proprio non…. non sopporto più, a livello personale, tutti
questi….. cioè (ridacchiando) tutte queste negatività che si sono…
Counsellor
Che sono due, fino ad adesso, sostanzialmente. Ne ha dette
due.
E
un altro al quinto turno verbale
4 Counsellor
Però la decisione l’ha già presa.
5 Cliente
Sì.
5 Counsellor
Sta dicendo no con la testa.
Ne
primo caso evidenzio che “tutte queste negatività” sono solo due; nel
secondo evidenzio l’incongruenza del linguaggio verbale con quello non
verbale.
Un
altro paio di interventi possono essere letti come “permessi” – così
detti in AT – a pensare e/o a prendere una decisione.
15 Cliente
Sì, no, sto cercando le energie per… per cose di questo
genere. Già magari dall’anno prossimo.
15 Counsellor
Senta, lei le risposte se l’è date tutte. Vuole che
andiamo avanti con un lavoro o preferisce fermarsi qui?
17 Counsellor
Vuole che cominciamo a parlarne adesso?
18 Cliente
Per adesso mi basta così.
Nel
primo caso evidenzio la sua capacità di decidere, nel secondo confermo la mia
fiducia nella sua capacità, dandola per scontata.
Si
tratta di operazioni abbastanza corrette, a prima vista.
In
un momento successivo a quello degli interventi evidenziati, la cliente – se
non altro – ha preso una decisione. Quella di non proseguire ulteriormente nel
lavoro.
Perché,
dunque, la cliente decide di non proseguire?
Sono
riuscito ad accompagnarla ad una decisione per lei utile e, magari, risolutiva?
Il
decidere di non continuare, essendo comunque una decisione, può ritenersi –
almeno per me – un successo?
Oppure,
piuttosto, infastidita dalle mie domande (tre su tre turni verbali di seguito,
al termine della conversazione), la mia cliente adotta il sistema più semplice
per togliermi di torno, al “prezzo” di prendere una decisione?
Quest’ultima
ipotesi mi fa riflettere un po’. Tecnicamente potrei considerarla, comunque,
un successo. Ad essere onesto, tuttavia, devo ammettere che si tratterebbe di un
effetto non cercato che, in più, non mi renderebbe per niente felice.
Insomma,
da questa prima analisi della conversazione, non mi sembra che si rilevino
elementi significativi per giustificare, in fine, una soddisfazione degna di
nota per il counsellor, e cioè per me.
La felicità conversazionale
Decido,
dunque, di spostare l’indagine su altri eventi che possono stare all’origine
della mia felicità conversazionale o, più precisamente post-conversazionale,
perché – mentre ero lì che parlavo – tutto intento a far le cose per bene,
non avevo il tempo di essere felice, o meglio di rendermi conto della mia
felicità.
Allora,
provo a ipotizzare che il mio stato di benessere derivi, non tanto dai contenuti
del colloquio appena concluso, intesi come narrazione della mia cliente,
rinforzata, confrontata, indirizzata da alcuni miei interventi, quanto piuttosto
dalla “musica” della conversazione. Dove per musica intendo uno scambio di
parole che rispondono, oppure no, a certe regole, indipendentemente dal loro
significato; indipendentemente dal loro riferimento. Come quando ascoltiamo una
canzone nuova, e pur non comprendendo – per qualche motivo – le parole,
nonostante ciò, siamo portati a dire: “questa canzone ‘sembra’ proprio
bella”.
Sembra,
perché ci sembra che quelle parole si
trovino piuttosto a loro agio tra le braccia di quella musica; sebbene non
sappiamo esattamente dire il perché.
La
mia ipotesi, dunque, si basa sulla possibilità che la conversazione in
questione sia conforme – se non del tutto – almeno in buona parte, alle
regole che il Conversazionalismo stabilisce per la costruzione di una
conversazione felice.
Vediamo
un po’.
Mi
sembra che, almeno per tre quarti, diciamo fino all’11mo turno verbale, i miei
interventi siano stati sufficientemente adatti a far parlare il cliente il più
a lungo possibile e il meno infelicemente possibile. A occhio e croce, infatti,
vediamo che nei primi quattro turni il cliente ha parlato circa per
“43 righe” contro “2 righe” del counsellor, dal quinto al
undicesimo turno ha parlato circa per “23 righe” contro “13 righe” del
counsellor, e solo alla fine della seduta, la durata dei turni verbali va ad
equipararsi, anzi, addirittura, il counsellor parla un pochino di più del suo
cliente.
Rispetto
alla regola di non fare domande, sono riuscito ad osservarla per 13 turni
verbali su diciotto. Per un “domandista” come me, può considerarsi già un
discreto risultato. Tanto più che le domande vanno ad accatastarsi al termine
della conversazione quando, in un rapporto di counsellig, il professionista ha
spesso la fretta di restituire “qualcosa” al suo cliente che – magari –
si è rivolto a lui per affrontare uno specifico problema e non ha in programma
di proseguire il discorso in un’altra seduta.
Dei
diciotto interventi del counsellor, sono tre, al massimo, quelli che potrebbero
essere riconosciuti come interruzioni del cliente: il primo al secondo turno
verbale – quello della confrontazione sul “numero” delle negatività, il
secondo all’ottavo turno verbale:
………Questo comporterebbe, però, dover fare la scuola,
dover riattivare, dover fare. Però se mi penso fra dieci anni, probabilmente mi
ripenso …
8 Counsellor
Be’ è un’ipotesi affascinante!
il
terzo al quattordicesimo turno verbale
14 Cliente
No (ride), allora è possibile che
14 Counsellor
Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è
che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che
mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più
rilassato.
Mi
sembra dunque che, anche con riferimento alla regola di non interrompere, la
conversazione possa ritenersi, tutto sommato, rispondente ai principi del
Conversazionalismo.
Percorso
netto, poi, quanto a completamento delle frasi sospese e ad interpretazioni: non
se ne rilevano nel testo
Un
buon intervento di somministrazione di autobiografia, che rende il testo
sufficientemente rispondente al disposto dell’ottava regola per una buona
conversazione professionale, mi sembra possa essere considerato lo stesso mio
14mo turno verbale, che abbiamo già connotato negativamente in quanto
produttore di un’interruzione del discorso del cliente. Cosa prevarrà,
dunque, la nota negativa di elemento che contribuisce all’ infelicità
conversazionale, o quella positiva che lo considera un contributo al
miglioramento della conversazione immateriale. Insomma: ho fatto bene oppure ho
fatto male a dire quel che ho detto? Non lo sapremo mai, perché il nostro
oggetto di lavoro restano le parole che sono state e non quelle che avrebbero
potuto essere.
14 Cliente
No (ride), allora
è possibile che
14 Counsellor
Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è
che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che
mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più
rilassato. Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi
è una cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive
comunque l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un
carico ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi
ad una nuova professione.
Una
particolare attenzione è opportuno riservarla alle figure logico-modali del
testo.
Le modalità logico narrative
Al
termine della lettura sembra che risultino predominanti le modalità logico
narrative assiologia e quella aletica.
Proviamo
a fare un inventario di motivi narrativi, nei primi due turni verbali della
cliente :
-
è un periodo di fallimenti
-
c’è un ammanco nei
finanziamenti
-
il mio direttore blocca le attività
che avevo in essere
-
subito dopo arriva un altro
problema
-
la mia collega avrebbe provocato
una serie di problemi
-
non mi ha particolarmente in
simpatia
-
la frecciate sono arrivate
-
il gruppo si è schierato contro
-
il mio direttore è molto duro con
me
-
ho un grosso stress, una grossa
stanchezza
-
non sopporto più tutte queste
negatività
-
faccio errori per stanchezza
-
non ho energia
-
mi dispiace
In
questa prima fase la logica aletica che si riconosce nel dilemma del
“Necessario/Impossibile cambiare lavoro” (la cliente dice con enfasi ‘devo
cambiare’) resta sullo sfondo, sovrastata dall’immanenza del Male. Lo stesso
counsellor risponde alle istanze aletiche con una logica assiologia che
evidenzia la difficoltà (“riprende tutto da zero” “rimettersi in
discussione a livello personale”) del cambiamento.
In
questa prima fase, dunque, sembrerebbe che il counsellor utilizzi la logica
assiologia nella forma del Male per favorire il consolidamento di un dilemma di
logica aletica, che per il cliente sarebbe senza uscita, nella sua esigenza
immediata di gratificazioni e di abbassamento del livello di stress.
Forse
per il fatto che il dilemma ha raggiunto uno stato senza via d’uscita, forse
per questo, o forse per qualcosa d’altro che è successo, la cliente salta
fuori dal dilemma e dall’ottavo turno verbale in poi qualcosa cambia, e si
affaccia la logica aletica in una prospettiva nuova, del Possibile, segnata dai
seguenti motivi narrativi:
-
poi sempre più viene fuori un
altro progetto
-
fare la psicologa clinica
-
se mi penso fra dieci anni…
-
rimarrei lì (in
azienda per poter fare la scuola di psicoterapia)
Quasi
subito, però, la cliente sembra essere risucchiata dal buco nero di un nuovo
dilemma aletico: “è necessario per me frequentare la scuola / è impossibile
per me frequentare la scuola”
Il
counsellor interviene subito a sostegno della nuova apertura al possibile da
parte della cliente, utilizzando figure logico modali aletiche del Possibile:
8 Counsellor
Be’ è un’ipotesi affascinante!
10 Counsellor
Però è un percorso di formazione che, in qualche modo, può
rappresentare – mi sembra – una compensazione per la noia e lo stress del
lavoro in azienda. Cioè fare il percorso clinico è, non solo un impegno,
secondo me, ma anche un’occasione di scoprire mondi nuovi, di essere, in
qualche modo, intrigati da nuove prospettive. E nel momento in cui lei ha come
prospettiva e l’interesse di fare la psicologa clinica, mi sembra che questo
sia un percorso non solo pesante ma anche affascinante.
In
seconda battuta, attacca la spirale perversa del dilemma aletico, e in
particolare il corno dell’Impossibile, con un approccio logico-modale aletico
del Possibile, che ricorre ad un intervento di somministrazione di
autobiografia, che sembra favorire l’uscita della cliente dal dilemma:
12 Counsellor
Lavora anche il sabato li?
13 Cliente
No
13 Counsellor
Sa che normalmente la formazione, nelle scuole di
psicoterapia, si fa sempre nei week end?!
14 Cliente
No (ride), allora è possibile che
14 Counsellor
Dipende da come la vive. Per esempio la mia situazione è
che, pur lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che
mi piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più
rilassato. Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi
è una cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive
comunque l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un
carico ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi
ad una nuova professione.
Forse
sono riuscito a trovare una risposta alla mia domanda iniziale. Se nella
prospettiva dell’analisi conversazionale ho fatto davvero quello che avremmo
verificato nel nostro percorso di studio del testo, in quel caso – forse sì
– la mia soddisfazione, al termine del colloquio, potrebbe avere ragionevole
fondamento.
Le forme foniche
Un
ultimo accertamento sull’andamento della conversazione che abbiamo esaminato
riguarda le forme foniche del testo. In particolare ho sottoposto a verifica la
loro variazione tra il primo turno verbale della cliente e gli ultimi suoi turni
verbali; quelli compresi tra il nono turno verbale (quello immediatamente
successivo al mio intervento di sostegno alla scelta di dedicarsi alla
psicologia clinica) e l’ultimo. Ecco i risultati.
numero
predicati |
medietà standard |
primo turno n. 42 |
|
turni 9-18 n. 40 |
|
tra la prima e la seconda rilevazione |
presenti |
45% |
17 |
40% |
15 |
38% |
-
2% |
aff. all’Io |
30% |
9 |
21% |
15 |
38% |
+17% |
indefiniti. |
20% |
12 |
29% |
14 |
35% |
+
6% |
finzionali |
10% |
3 |
7% |
3 |
8% |
+
1% |
passati |
15% |
12 |
29% |
9 |
23% |
-
6% |
indice di riferimento |
|
1,3 |
|
0,75 |
|
|
La
verifica delle forme foniche ci segnala tre eventi che possono essere assunti
come risultato positivo: l’incremento dei predicati afferenti all’Io, la
diminuzione dei passati e l’abbassamento dell’indice di riferimento. E un
risultato di dubbia natura: l’incremento degli infiniti.
Mi
sembra che l’incremento degli afferenti all’Io segnali una possibile,
maggiore, assunzione di responsabilità decisionale e determinazione della
cliente, mentre l’abbassamento dell’I.R., che – in tal modo – si
avvicina alla medierà standard del 0,5, potrebbe indicare una tendenza a un
‘librarsi’ oltre gli opprimenti nomi del Male (stress, fallimenti, ammanco,
problemi, frecciate, stanchezza) nei quali la cliente sembrava intrappolata; la
riduzione dei passati potrebbe essere parimenti indice di uno sganciamento da
una situazione passata. Per quanto riguarda l’incremento degli indefiniti,
possiamo leggerlo negativamente se lo consideriamo come un evento che compensa
l’incremento degli Io, nella direzione di una fuga dalla presa di decisione,
oppure positivamente se lo leggiamo come rinforzo al tentativo di sganciarsi dal
contingente nella direzione del possibile. Questa, seconda, possibile lettura
sarebbe rinforzata dal contemporaneo incremento degli afferenti all’Io mentre,
di norma, come noto, l’incremento degli Io dovrebbe essere accompagnato da una
diminuzione degli indefiniti, e viceversa.
Ritorno
a scuola (il testo)
Cl
= cliente
Co
= counselor
1
Cliente
E’
di nuovo un periodo che, dal punto di vista lavorativo si stanno sommando, a
ripetizione, una serie di …. penso di… viverle ormai come una sorta
di … uso un termine un po’ forte “fallimenti”, anche se poi,
analizzandoli oggettivamente, mi rendo conto che non è… in gran parte non è
dovuto alle mie prestazioni, alle mie scelte, ma a una serie di eventi che
stanno nel fatto che da aprile un collaboratore a cui ho affidato, a tutti gli
effetti, la responsabilità di gestire una fase di lavoro del rendiconto di un
progetto… scopro che c’è un ammanco dal punto di vista della possibilità
di coprire a rendiconto una cifra
ingente. Al che, informato il mio direttore, blocca l’attività che avevo in
essere per gestire quell’impegno lì… questo è il primo, il primo elemento.
Subito dopo arriva, arriva un altro problema che io avevo anticipato a febbraio
dicendo che una nostra ex collega, che adesso lavora in un’altra azienda,
avrebbe creato tutta una serie di problemi su un progetto che sta partendo dove
le aziende fanno le sponsor. E per vari motivi… perché questa persona è
molto particolare, non mi ha particolarmente in simpatia, quindi sapendo che io
avrei fatto il coordinatore, immaginavo delle frecciate, le frecciate che poi
sono arrivate ultimamente. Non si è fermata neanche a quello che può essere un
piano strettamente personale, nel senso che ha attivato tutta una serie di
meccanismi che hanno fatto sì che tutto il gruppo si schierasse contro questo
tipo di attività, facendo proprio una sorta di autogol al progetto in corso, di
cui loro erano partner
1
Counsellor
Ah,
quindi erano coinvolti anche loro.
2
Cliente
Esatto.
Ehhh….., nonostante il mio direttore faccia quello che deve fare, cioè da una
parte è molto duro nel dirmi che le cose non vanno bene e vanno risolte,
dall’altra dice anche “comprendo che…” – comprendo, insomma… - “è
vero che questa persona ha queste caratteristiche, la conosciamo” (aveva
lavorato da noi, quindi la conoscono in tutti i suoi momenti up e down, io credo
che sia davvero un pochino….. prenda qualcosa, perché veramente
te la trovi con degli atteggiamenti completamente…non, non coerenti da
un momento all’altro). Però, detto questo, tutta una serie di cose ormai…
mi mettono in condizioni di…. Cioè, addirittura, a pensare di mollare tutto
dall’oggi al domani. (sottovoce) Con
grosso stress, grossa stanchezza, perché a questo punto proprio non…. non
sopporto più, a livello personale, tutti questi….. cioè (ridacchiando)
tutte queste negatività che si sono…
2
Counsellor
Che
sono due, fino ad adesso, sostanzialmente. Ne ha dette due.
3
Cliente
Si,
grosse, però! Perché hanno poi bloccato la restante parte di attività che sto
cercando di…., cioè poi mi rendo conto che sulle altre cose che ormai, pur
importanti, ma che gestisco marginalmente per dar priorità a questi aspetti da
marzo… da aprile a maggio, il resto lo gestisco male, cioè magari faccio
degli errori, con degli errori banali, anche nel gestire le relazioni… ma
proprio per stanchezza, molta voglia di…di stare attenta a delle sfumature che
in questi meccanismi di relazione ci devono stare. La scorsa settimana stavo per
arrivare (ridacchia) addirittura
ai ferri corti con … con uno dell’Università… mi rendo conto che faccio
molti errori….
3
Counsellor
...
per la tensione
4
Cliente
…
per la tensione! …………………No, in realtà io ho già abbastanza….
cioè la decisione è presa. Io ….. DEVO cambiare, e mi rendo conto che arrivo
poi la sera talmente stanca a casa, che non ho più neanche l’energia, la
forza di dire “adesso rincomincio un percorso di … “. Bisogna cercare,
nessuno ti va a cercare! Avere il tempo di cercare, il tempo di…
riattivarsi… per andare da un’altra parte. Penso ancora di avere le
competenze per trovare assolutamente qualcosa di ugualmente interessante dal
punto di vista dell’impegno. Però ci vorrà tempo. Tempo solare e tempo
quotidiano da dedicarci.
4
Counsellor
Però
la decisione l’ha già presa.
5
Cliente
Sì.
5
Counsellor
Sta
dicendo no con la testa.
6
Cliente
Ehhhhh,
perché mi dispiace! Io in quell’azienda ci credo. Vedo sempre qualche cosa
che potrà arrivare, che non c’è oggi….. Però oggettivamente son passati
diversi anni. Le cose son cambiate, senz’altro, in meglio… però molto
lento…
6
Counsellor
Non
mi sembra tanto in pace con questa decisione di cambiare… non mi sembra una
decisione così definitiva.
7
Cliente
Eh!
Perché c’era un’altra…. (sorride)
….. non ho…. non avrei voglia di rinve…. allora cambiare significa trovare
le energie, reinvestire, conoscere il nuovo, impegnarsi, no? In realtà non ho
proprio…. tutta questa voglia di conosce… cioè di riattivarmi in un
contesto che diventerebbe sostanzialmente nuovo, (con
voce via via più bassa) al di là che…
che poi le, le cose possono essere operativamente le stesse, però in un’altra
azienda, un altro, un altro contesto che porta a doversi, a doversi spendere, in
termini di conoscenze…
7
Counsellor
Certamente
mette, mette da parte un bagaglio di professionalità che si è costruita nel
tempo. Comunque, dove lavora adesso è conosciuta, ha delle relazioni. Nel
momento in cui affronta una nuova realtà riprende tutto da zero. Il che
comporta non solo, non solo nuove energie, ma anche l’accettare di rimettersi
in discussione a livello personale.
8
Cliente
E’
questo che mi frena un po’. (con voce sorprendentemente alta e nitida) Poi
sempre più viene fuori un altro progetto, che avevo rifiutato… cioè
rifiutato, che non avevo contemplato all’inizio, cinque anni fa. Che è quello
di fare la psicologa clinica. Questo comporterebbe, però, dover fare la scuola,
dover riattivare, dover fare. Però se mi penso fra dieci anni, probabilmente mi
ripenso …
8
Counsellor
Be’
è un’ipotesi affascinante!
9
Cliente
Sì,
dieci anni fa non l’ho scelta perché non mi sentivo assolutamente pronta,
anche se poi l’ho fatta, l’ho fatta in una forma diversa, in un contesto
diverso. Ho lavorato tre anni in ambito clinico.
9
Counsellor
In
ambito clinico.
10
Cliente
Però
sempre legata ad una parte che non era la clinica. Era legata alla psicologia
della salute, per cui comunque c’era un contesto particolare. (ridendo)
Questo significa, però, farsi altri quattro anni almeno di percorso di crescita
e quant’altro.
10
Counsellor
Però
è un percorso di formazione che, in qualche modo, può rappresentare – mi
sembra – una compensazione per la noia e lo stress del lavoro in azienda. Cioè
fare il percorso clinico è, non solo un impegno, secondo me, ma anche
un’occasione di scoprire mondi nuovi, di essere, in qualche modo, intrigati da
nuove prospettive. E nel momento in cui lei ha come prospettiva e l’interesse
di fare la psicologa clinica, mi sembra che questa sia un percorso non solo
pesante ma anche affascinante.
11
Cliente
Sì,
si, se dovessi scegliere se… cioè piuttosto rimarrei lì, per poter
affrontare questo. Però è difficile perché ti assorbe tutte le energie. E’
difficile trovare gli spazi. Comunque io non riesco a gestire gli spazi là
dentro.
11
Counsellor
Cosa
vuol dire gestire gli spazi?
12
Cliente
Gestire
gli spazi di tempo, cioè questa settimana tutti i miei collaboratori vanno in
ferie, perché non potevo impedirgli di non andarci. Quindi io, non solo
recupero quello dove loro non ci sono, non mi faccio il ponte…. già sono alla
frutta dal punto di vista della stanchezza
12
Counsellor
Lavora
anche il sabato li?
13
Cliente
No
13
Counsellor
Sa
che normalmente la formazione, nelle scuole di psicoterapia, si fa sempre nei
week end?!
14
Cliente
No
(ride),
allora è possibile che
14
Counsellor
Dipende
da come la vive. Per esempio la mia situazione è che, pur
lavorando tanto durante la settimana, se nel week end faccio cose che mi
piacciono, anche di tipo teorico, impegnativo, il lunedì sono più rilassato.
Ancora più dello starmene a riposare a casa senza far niente. Quindi è una
cosa soggettiva, bisogna vedere come lei vive questa… se lei vive comunque
l’impegno scolastico come una fatica, probabilmente è davvero un carico
ulteriore. Diversamente, potrebbe essere proprio un modo di accompagnarsi ad una
nuova professione.
15
Cliente
Sì,
no, sto cercando le energie per… per cose di questo genere. Già magari
dall’anno prossimo.
15
Counsellor
Senta,
lei le risposte se l’è date tutte. Vuole che andiamo avanti con un lavoro o
preferisce fermarsi qui?
……………………………………………………………….
(circa 10 secondi di
silenzio)
16
Cliente
Mah,
direi che… adesso devo capire “come” fare.
16
Counsellor
Come
fare?
17
Cliente
Come
fare per attivare tutti questi piani!
17
Counsellor
Vuole
che cominciamo a parlarne adesso?
18
Cliente
Per
adesso mi basta così.