Modello individuale e modello famigliare di formazione professionale

intervento di Rodolfo Sabbadini in occasione della presentazione di una ricerca condotta dalla Facoltà di Psicologia dell'Università di Torino il 25 Marzo 2004

            Da una recente ricerca condotta dalla Facoltà di Psicologia dell’Università di Torino, è risultato che, nell’ambito di percorsi formativi integrati scuola pubblica – centri professionali, due gruppi di giovani hanno manifestato particolare gratificazione dall’approccio operativo attuato nei centri professionali, rispetto all’impostazione teorica non finalizzata della scuola pubblica.

Nella prospettiva dei due gruppi di giovani, il beneficio non pare tanto derivare dall’adesione ad un modello quanto dal “riconoscimento” di un qualsivoglia modello al quale poter aderire. E’ da ipotizzare, infatti, che la scuola pubblica non favorisca in alcun modo il riconoscimento di un quadro di riferimento e di un modello interpretativo – operativo della realtà sociale.

Il modello consente di legittimare una prevedibilità di eventi, indipendentemente dalla definizione di quali eventi si tratterà.

Nei due centri professionali in questione, peraltro, sono stati riconosciuti due sistemi piuttosto diversi di  formazione professionale. Si tratta della contrapposizione di due modelli di lettura che, ormai, si stanno definendo a livello sociale con una certa chiarezza: il modello famigliare e il modello individuale.

Il modello famigliare, collegato ad un contesto socioculturale – diciamo – tradizionale, vede il soggetto “debole” (che sia malato, o in fase di sviluppo, o in stato di difficoltà occupazionale) affidarsi ad altri che si prendono cura di lui, sulla base di un rapporto di fiducia e di delega. Secondo questo modello , la cura è nelle mani del medico (il consenso non è davvero “informato” e il malato deve fidarsi e obbedire alla prescrizione di cura, senza chiedere perché), il ragazzo in formazione si affida ai docenti che lo accolgono e si fanno carico della sua educazione, perché vedono quali saranno gli utili sbocchi dell’apprendimento proposto, il disoccupato si affida all’agenzia per l’impiego.

Il modello individuale tende a rendere indipendente il soggetto da una struttura sociale di tipo famigliare e valorizza piuttosto le sue risorse personali. Il malato chiederà di essere davvero informato e di essere soggetto attivo della cura, il giovane in formazione verificherà personalmente lo sbocco operativo e professionale dell’apprendimento, il disoccupato attiverà le proprie specifiche strategie per uscire dalla condizione di disoccupazione.

Sul piano dell’intervento psicologico clinico, i due modelli richiamano direttamente l’approccio psicoterapico classico (medello famigliare del prendersi cura di) ed il modello di counselling (attivazione delle risorse del cliente). E’ significativo che l’intervento di counselling sia sempre più richiesto dall’utenza.

Alcuni problemi possono porsi quando i due diversi modelli di copione psicosociale entrano in relazione con i modelli copionali delle organizzazioni di lavoro. Cioè, il rischio è che un giovane formato ad un modello individuale, invece di scegliere di fare l’artigiano o il professionista, trovi occupazione in un’organizzazione a modello copionale famigliare o, viceversa, che un giovane a modello famigliare decida di ‘mettersi in proprio , o di entrare in un’azienda a modello individuale.

Pare che una prospettiva dell’identità professionale, intesa come attitudine a riconoscere nel passato, e a proiettare nel futuro, la propria autobiografia, sia di matrice fortemente famigliare, nel senso, metaforico, che tende ad affidare ad una logica di causa-effetto – confortata dalla sussistenza e sopravvenienza, appunto, dell’autobiografia – la prevedibilità e gestibilità degli eventi.

Alcuni fenomeni organizzativi possono essere ricondotti proprio a prospettive di famigliarità/individualità. Il mobbing, ad esempio, si basa proprio sulla strategica, sistematica, disconferma del modello famigliare sul quale la persona ha programmato, per lungo tempo, il proprio agire professionale ed extraprofessionale.

Nei fenomeni di mobbing, il gruppo dei pari ho la filiera gerarchica, infatti, improvvisamente non reagiscono più come gruppo di sostegno, ma piuttosto come branco minaccioso rispetto al quale, per sopravvivere, è necessario repentinamente e dolorosamente adottare un modello copionale individuale che consenta di reagire adeguatamente.