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Quaderni di Quartucciu
Anno II - Numero 7 - Ottobre 1998
 

 

Due o tre cose su ....

Gli elementi dello spazio urbano - 4
di Gianni Manis

"Il futuro non appartiene alla città ma alla periferia." Charles Zueblin, 1905

Credo che a più di qualcuno sia capitato di rivisitare con la mente talune proprie frasi, idee, ma anche gesti e comportamenti, e di non ritrovarcisi. È capitato anche a me e, da quando un anno e mezzo fa abbiamo "inventato" questo giornale, mi capita un po' più spesso.
Rileggendo quanto ho scritto sul numero precedente circa il principio della lottizzazione, a parte il solito tono professorale (ma de' che?), non mi è piaciuto quanto ho espresso circa le lottizzazioni. Ho fatto qualche rifflessione e ora le metto a disposizione dei lettori.

Il diritto di edificazione è insito in quello di proprietà (o di superficie) dell'area; è limitato dalle norme urbanistiche ed edilizie; inoltre risente della vastità dell'intervento, ovvero, quando un intervento edilizio è considerevole e può pensarsi come ampliamento della città, il proprietario deve prospettare delle soluzioni per la organizzazione delle aree che non verranno edificate.

Nel rispetto delle norme citate, certe aree in lottizzazione vengono destinate alla circolazione, altre aree vengono destinate ai servizi pubblici, altre ancora a verde urbano, .... Tutte queste aree che il proprietario non può edificare e pensa di or-ganizzare in un certo modo, divengono proprietà della amministrazione comunale, la quale le prende in carico per realizzarci i servizi di cui chi andrà ad abitare nel nuovo quartiere avrà bisogno.

Ora, è impensabile che su quelle poche aree si possa realizzare un asilo, una scuola elementare, un ambulatorio, una palestra, una biblioteca, un mercato civico, l'ufficio postale, l'anagrafe ...., insomma tutto ciò che viene alla mente quando si pensa alla città.

E se questi servizi non sono stati previsti neanche in aree contermini, perché magari non sono stati programmati o, se programmati, non è là che devono essere localizzati?

E se il quartiere è sorto in piena campagna, là dove non arrivano i mezzi pubblici e magari neanche le strade asfaltate, i collettori delle fogne, l'illuminazione pubblica, ....?

Come si fa?

Molte città, non di rado, sono state ampliate proprio nel modo descritto, in assenza o inadeguatezza del piano urbanistico generale e con l'utilizzo dei soli piani di lottizzazione d'iniziativa privata. Ma è chiaro che per il proprietario la lottizzazione è una operazione finanziaria: non è beneficenza. E, una volta assolti gli obblighi normativi e i limiti tecnici, egli ha solo il dovere -per niente facile- di massimizzare le proprie risorse e dunque tendere all'ottenimento del più alto rendimento, a proprio interesse ma di fatto anche nell'interesse della comunità in cui opera.

I valori funzionali (e, se si vuole, estetici) del nuovo quartiere e la vigilanza sul loro rispetto, le esigenze delle persone che vi dovranno abitare e gli interessi della collettività tutta, in democrazia, appartengono alla sfera della politica e, con gli strumenti della politica, dai politici devono essere tutelati.

I pubblici amministratori hanno perciò il dovere di tracciare le linee di sviluppo del territorio, e quindi di ampliamento della città, dando mandato ai propri uffici tecnici o a professionisti esterni alla amministrazione per la redazione dei piani urbanistici ma facendo comunque valere le proprie prerogative di indirizzo e di scelta.

Talvolta, anche solo per incuria, è stato "il caso" a governare lo sviluppo del territorio. E in tali condizioni qualunque strumento urbanistico, che di per se non è né buono né cattivo, può servire "il caso"(noto anche come speculazione edilizia).

Allora, piaccia o non piaccia l'immagine offerta da certe zone residenziali realizzate attraverso processi di lottizzazione, è indispensabile che la loro localizzazione segua precisi programmi di sviluppo, così che tutt'intorno alle abitazioni ci siano anche quelle infrastrutture necessarie perché si abbia un effettivo ampliamento della città oltre che del numero di alloggi.

Gianni Manis
(continua sul prossimo numero, forse!)


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