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Quaderni di Quartucciu
Anno III - Numero 13 - Ottobre 1999
 

 

Città metropolitana di Cagliari tra tutela ambientale e sviluppo economico.

Dimentichiamoci questa città
di Giorgio Ledda


La recente visita in Italia del premier spagnolo Aznar è stata l'occasione per un inevitabile confronto tra la politica economica del suo governo di centro-destra e quella del nostro governo di centro-sinistra. Per dirla con una battuta, entrambi gli stati hanno un'economia che tira come un treno, con gli evidenti limiti che questo comporta per la nostra.

Il turismo spagnolo è uno dei settori in crescita. Aznar, sulla rotta Spagna-Italia ha sicuramente incontrato alcuni tra le migliaia d'italiani che ogni anno, almeno da un decennio, vanno a passare le ferie estive a Barcellona in Costa Brava. Com'era il mare? Stupendo!? - ho chiesto ad alcuni miei amici di ritorno da li - uno schifo - mi hanno sempre risposto. Allora cosa vanno a fare tutti a Barcellona? Cos'avrà di tanto bello quel posto? Possibile che la Sagrada Familia abbia tanti ammiratori, specialmente tra i giovani maschi, in assoluta maggioranza tra i visitatori italiani?

Bastano pochi racconti dei reduci per capire che le attrattive offerte dalla Costa Brava molto poco hanno a che vedere con il mare o i monumenti e che si basano sulla vecchia ma consolidata formula "sesso, droga e rock n'roll". La vita in Costa Brava è soprattutto notturna. Al calar del sole le decine di localini che si affacciano sulla strada cominciano ad animarsi di luci e musica e popolarsi degli ospiti dei numerosi alberghi che spesso, dopo aver dormito per tutto il giorno, consumano in quel momento il primo pasto della giornata, innaffiato abbondantemente di Sangria. È qui che si fanno anche gli incontri della serata, che continua in una delle tante discoteche aperte sino all'alba e finisce in spiaggia a smaltire gli effetti di tutto ciò che si è aggiunto alla Sangria. La bravura degli spagnoli è stata quella ribaltare al loro favore due iniziali handicap del loro paese: la debolezza della moneta e lo scarso valore naturalistico di alcuni tratti di litorale; in questo modo sono riusciti a concentrare in un'area molto circoscritta una grande quantità di grandi alberghi che ospitano molta gente, alla quale offrire molti servizi a basso costo (anche grazie alla debolezza della peseta), dove tutti con un milione possono permettersi "… una vita spericolata … come Steve McQueen", almeno per una settimana.

Al di la del giudizio morale su questo fenomeno, diffuso anche in tutta la Romagna, può essere interessante capire se il modello presenta delle soluzioni che potrebbero, se adottate, dare un nuovo impulso allo sviluppo turistico della nostra Isola, che in molti consideriamo a livello ancora embrionale. Per parte nostra non possiamo contare ne su una particolare debolezza della moneta, ormai nell'Euro, ne su disponibilità di aree di scarso valore naturalistico che si prestino a grossolane speculazioni alberghiere.

Ci troviamo tuttavia a fare i conti con un territorio che rispetto alle sue potenzialità turistiche continua a raccogliere poco più che le briciole, fortemente in ritardo su trasporti, capacità ricettiva e servizi turistici avanzati, incapace di dare occupazione, foss'anche precaria e stagionale, alle migliaia di giovani disoccupati. La realizzazione di un distretto turistico sul modello spagnolo, di cui oggi non esiste neanche il progetto richiede l'individuazione di una vasta area edificabile in prossimità del mare e di una grande città. La Costa Smeralda, Alghero, e le altre località turistiche non hanno queste caratteristiche e perseguono modelli di sviluppo diversi. Cagliari è una città abbastanza grande, soprattutto comprendendo l'hinterland; con l'aeroporto ed il porto è forse quella che soffre meno il problema dei trasporti; il mare non è squallido come quello di Barcellona ma non rappresenta certamente un limite allo sviluppo. L'unica cosa che mancherebbe a Cagliari è l'area sulla quale realizzare il comparto.

L'idea, sicuramente impopolare, mi è venuta proprio leggendo ciò che scrive Gesuino Murru sulle pagine di questo giornale a proposito dell'incerta sorte delle Saline di Stato, che sono da anni condannata ad un lento ma costante declino produttivo.

Se così fosse, cosa evidenziata anche dall'autore dell'articolo citato, si aprirebbe uno scenario completamente nuovo. Le saline occupano una superficie di diversi ettari, completamente sgombri, in un'area di alto valore immobiliare adiacente alla città, vicino al Poetto e alla restante zona umida di Molentargius. C'è lo spazio per costruire un'altra Cagliari, magari quella che abbiamo sempre sognato, bella, ricca di parcheggi, di viali illuminati, di piazze verdi, di negozi, di chioschi, di discoteche, di ristoranti, di alberghi, di parchi dei divertimenti ma soprattutto piena di turisti. Ciò che mi fa guardare a questa possibilità con fiducioso ottimismo è il fatto che dovendo essere progettato tutto partendo da un foglio bianco, senza limiti derivanti da scelte precedenti e da fenomeni di abusivismo, ci sono le condizioni per la realizzazione di una città modello, con una giusta dotazione di servizi di qualità, che andrebbe a migliorare la qualità della vita di tutto l'hinterland.

G.L.


Ma le saline devono essere chiuse?
(.... datele a chi le fa lavorare!)
di Giorgio Ledda

Le Saline di Stato di Cagliari hanno rappresentato per lungo tempo una realtà altamente produttiva, determinante per l'economia della Sardegna meridionale. Erano fonte di lavoro per i numerosi dipendenti e di ricchezza per gli imprenditori che sul commercio del sale hanno fondato il loro piccolo impero. L'arresto della produzione, avvenuto una decina di anni fa, dipese dalla contaminazione delle vasche derivante dalla tracimazione delle acque reflue del Bellarosa minore, a seguito dell'arresto dell'idrovora che le riversava nel canale Terra Maini. Ora la proprietà dovrebbe passare alla Regione, alla quale si è rivolta una cordata di imprenditori cagliaritani con alla testa Licio Cadelano, pronta a prendere in gestione l'impianto e rilanciare la produzione del sale sardo, rinomato per la sua qualità, sollevando l'amministrazione regionale dalla complicata gestione del bene. Con quali prospettive?

1) È possibile il recupero immediato delle saline a costi irrisori.

2) È possibile creare occasioni di lavoro dell'ordine di circa una cinquantina di occupati fissi, più un certo numero di stagionali nel periodo di raccolta, oltre l'indotto.

3) È possibile la costituzione di una società mista privati-Regione con maggioranza azionaria all'Ente Pubblico ovvero la stipula di un contratto di concessione rinnovabile.

4) È possibile prevedere l'utilizzodelle strutture in funzioni curativo-termali e lo sfruttamento dei prodotti "collaterali".

5) Il mercato, oltre quello locale (che predilige il sale sardo), è sicuramente quello nazionale ed europeo, dove il ricordo del sale di Cagliari, per fortuna, è ancora vivo.

Di certo c'è che il non utilizzo delle saline si è risolto in una perdita secca per l'Amministrazione Finanziaria.

Anche per questo alla Regione Ds, Fd e Democratici chiedono azioni decise contro i Monopoli.

G.L.


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