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Quaderni di Quartucciu
Anno IV - Numero 15 - Febbraio 2000
 

 

IL PROBLEMA DELLA MEDICINA ALTERNATIVA.
di Francesca Loi

I grandi progressi che la scienza medica ha oggi raggiunto non possono far dimenticare, specialmente a chi ha sofferto e a chi soffre, i molti mali contro cui la medicina è impotente.

La cronaca riporta continuamente situazioni in cui patologie comuni non vengono riconosciute, arrivando a prescrivere cure dannose soprattutto per un organismo provato dalla malattia.

Sono soprattutto questi insuccessi che portano un numero sempre crescente di persone a servirsi di quelle che noi occidentali chiamiamo "medicine alternative", intendendo con questi termini tutte quelle medicine diverse dalla nostra medicina ufficiale. Rientrano in questa categoria l'omeopatia, l'erboristeria, l'agopuntura, la pranoterapia, il trattamento con i fiori di Bach, come anche le cure che eseguono i guaritori popolari che, specialmente in Sardegna, sono noti per la loro arte nel guarire da quel malessere tradizionalmente noto come "su ogu pigau" (il malocchio).

Il 28 gennaio scorso, nell'ambito del 6° corso universitario multidisciplinare di educazione allo sviluppo, tenuto dall'UNICEF, si è svolto nell'aula magna del corpo aggiunto della facoltà di scienze della formazione un dibattito dal titolo "medicine occidentali: differenze e convergenze". Hanno parlato insigni studiosi quali prof. Sergio Del Giacco, Prof. Antonio Cao e Prof. Gianluigi Gessa. È subito emersa l'esigenza di una ridefinizione del lavoro del medico ufficiale sia dal punto di vista professionale e sia dal punto di vista umano, della necessità del medico di ascoltare il paziente per effettuare una diagnosi esatta per poi prescrivere una cura individuale adatta.

I tre studiosi si sono trovati più o meno concordi nel ritenere che la medicina alternativa ha avuto modo di insinuarsi laddove la medicina ufficiale ha lasciato dei "buchi" ed il prof. Gessa ha spiegato i risultati positivi ottenuti alternativamente con il cosiddetto "effetto placebo".

Di fatto, è risultato che l'uditorio era composto da molte persone che fanno abitualmente uso di metodi di cura non ufficiali, ottenendo effetti positivi, confortati dal fatto che alcuni medici generici prescrivono o consigliano medicine alternative; è emerso quindi un certo disappunto tra gli spettatori soprattutto per la mancanza di esponenti delle "altre" medicine, in modo che i diversi orizzonti venissero davvero messi a confronto. La prof.ssa Onnis del Comitato UNICEF di Cagliari ha spiegato che non è stato possibile far intervenire tutti i rappresentanti delle altre medicine per una ragione soprattutto economica.

Comunque, una soluzione immediata necessita il "buco" determinato da un mancato bilanciamento, nella professione del medico, tra contenuti tecnici e contenuti antropologici. Il medico dovrebbe innanzi tutto avere una maggiore comprensione dell'orizzonte culturale del malato, dovrebbe considerarlo un essere umano con dei sentimenti complessi e non semplicemente un cliente. Invece, spesso i valori professionali non vengono integrati con quelli civili e viene dimenticato che il compito fondamentale del medico è quello di guarire il paziente, o perlomeno di fargli vivere una vita il più possibile serena.

Francesca Loi
loifrancesca@hotmail.com


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