Intervista a Vincenzo Tiana, presidente
della Associazione per il Parco del Molentargius.
INGEGNERE E AMBIENTALISTA
di Marco Melis
Lei è Presidente dell'Associazione per il Parco del Molentargius
che opera da ormai 12 anni, in difesa di questo importante ecosistema;
quali furono gli obiettivi iniziali e quali sono, oggi, quelli centrati
?
L'Associazione si è costituita nel 1988 con l'obiettivo di sensibilizzare
l'opinione pubblica, e soprattutto le istituzioni, verso la costituzione
del Parco del Molentargius-Saline-Poetto, e di sviluppare ricerca sul
campo naturalistico che, in tutti questi anni, ha portato a numerose
pubblicazioni che, poi, sono servite per un dialogo con le scuole, con
le Istituzioni, ma anche con il mondo tecnico-scientifico. Noi presentammo
la prima proposta di Parco, nell'87, quando ancora non si parlava di
Parco Regionale. Essa servì anche per definirne meglio i contorni; tanto
è vero che il Consiglio Regionale quando, due anni dopo, varò la Legge
Quadro n° 31 sulle aree protette, per l'istituzione di riserve marine
e naturali, accolse le nostre proposte: se noi andiamo a vedere la delimitazione
del Parco che noi facemmo nell'87 e quella approvata dal Consiglio regionale
lo scorso 26/01/99 - a parte alcuni aspetti formali - troviamo un'evidente
continuità. Il risultato è stato, perciò, sicuramente positivo, visto
che tale proposta aprì il dibattito su un ecosistema più ampio: fino
a quella data si parlava, invece, solo del Bellarosa minore e della
parte più propriamente naturalistica.
Questo
non vuol dire che, in questi anni, tutto sia filato liscio: ci sono
stati momenti di crisi e di dibattito, anche aspro, e numerosissime
sono state le proposte tendenti a stravolgere lo stagno: ricordo, ad
esempio, la proposta di svincolo direttamente sul Viale Marconi, con
un pezzo sul Bellarosa Minore, davanti alla Carrefour, come attacco
della nuova 125. Lo svincolo non è stato realizzato ed oggi c'è solo
l'ingresso al Carrefour dal Viale Marconi; furono proposte, anche, una
grossa strada nella zona di "Medau su Cramu" e il taglio delle saline.
Nell'88 il Ministero dell'Ambiente decise lo stanziamento di 120 miliardi,
che servì ad aprire grandi speranze. Purtroppo oggi vediamo come le
dinamiche di impresa abbiano portato al blocco dei lavori di risanamento.
Dall'87 a oggi sono trascorsi 13 anni e ancora non si vive il Parco.
Quindi, c'è un itinerario abbastanza travagliato: molti sono stati i
risultati positivi, soprattutto in termini di consenso, ma ancora moltissime
sono le cose da fare, e spero che non predomini la rassegnazione alle
numerose difficoltà.
Spesso, la figura dell'ingegnere, viene contrapposta a quella
dell'ambientalista! Lei, personalmente, trova difficoltà a conciliare
le due "anime" apparentemente antitetiche?
Chiaramente fare l'Ingegnere e presiedere un'Associazione vuole dire
anche porsi dei limiti per ciò che riguarda alcune attività. Non a caso,
nello Statuto Costitutivo dell'Associazione, io stesso chiesi di introdurre
il divieto di assumere, da parte del Presidente, incarichi professionali
nell'area del Molentargius; e ciò, per mettere in chiaro che un'Associazione
non può essere strumentale all'attività professionale. D'altra parte,
penso che, di fatto, la competenza di Ingegnere possa apportare un contributo
tecnico importante alla stessa associazione.
Dal 1977 lo stagno è assoggettato alla CONVENZIONE SULLE ZONE
UMIDE DI IMPORTANZA INTERNAZIONALE firmata a RAMSAR (Iran) il 2 febbraio
del 71; ciò dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, il notevole pregio
di quest'area dal punto di vista naturalistico. Quali sono le ricchezze
naturalistiche che vi si possono vedere?
La Convenzione di Ramsar fu firmata nel 71, e stabilì alcuni criteri
di ricchezza di fauna e, soprattutto, di uccelli acquatici, per la salvaguardia
delle zone umide a livello internazionale. Molentargius fu inserito
nelle aree protette perché soddisfava, in maniera esaltante, tali criteri.
Oggi questa ricchezza faunistica si è arricchita ulteriormente perché
è aumentato il numero totale di specie, pur non presenti contemporaneamente.
Inoltre nella primavera del 93, c'è stato il grande evento della nidificazione
dei fenicotteri che ha portato all'attenzione internazionale l'area
del Molentargius ed ha confermato la scelta di inserirla nella Convenzione
di Ramsar.
Il Molentargius, con i suoi stagni e le sue saline, incastonati
nell'area urbana, trova eguali solo nella Baia di Dublino. Cosa si sta
facendo per stimolare ulteriormente la sensibilità collettiva?
La vicinanza all'area urbana non dà, al Molentargius, quel carattere
di eccezionalità che le compete; mentre in altre parti d'Italia o del
mondo per vedere le stesse cose bisogna percorrere sentieri a piedi
e fare chilometri, in questo caso si è raggiunto un tale livello di
confidenza che non sempre si è portati ad apprezzare questa ricchezza
faunistica. Solamente gli esperti che conoscono bene il panorama europeo,
quali Smart, Johnson, hanno
messo in evidenza come questa vicinanza, e anche la nidificazione dei
fenicotteri in un area urbana, sia un fatto non solo eccezionale ma
proprio straordinario, che non si è verificato in nessuna altra parte.
Ed è, appunto, la nidificazione dei fenicotteri che ha fatto riscoprire
ai cagliaritani lo stagno anche dal punto di vista naturalistico. Quindi,
se da un lato, la presenza in area urbana, dava quel senso di confidenza
riguardo allo stagno quale elemento di paesaggio, la nidificazione ha
fatto accrescere in maniera esponenziale l'interesse naturalistico:
l'abbiamo vissuto in prima persona: sul cavalcavia di via dei Conversi
son venute decine di migliaia di persone. Abbiamo raccolto 35000 firme
e quindi, pensando anche a tutti quelli che non hanno firmato, è facile
avere la dimensione del fenomeno. Penso che questo evento abbia accresciuto
anche la sensibilità delle Istituzioni e la possibilità di fare, poi,
il Parco. Teniamo anche conto che il Consiglio Regionale, l'anno scorso
ha decretato solamente due Parchi regionali: penso che tutto questo
lavoro abbia fatto sì che, naturalmente, il primo parco regionale istituito,
fosse proprio quello di Molentargius. Il secondo è quello di Porto Conte.
Quali sono gli strumenti urbanistici che, attualmente, tutelano
Il Molentargius? La Legge 431 dell'85 parla di "tutela unitariamente
intesa", e considera la "conservazione" come un qualcosa di diverso
da "cristallizzazione". Tutela e valorizzazione sono visti come "due
momenti confluenti nell'unico impegno che siamo chiamati ad assolvere".
Cosa si può fare, allora, per accorciare le distanze tra la gente e
le bellezze dello stagno?
Oltre alla convenzione di Ramsar, ci sono strumenti più propri, che
riguardano il Molentargius: il primo Piano Paesistico della Sardegna
riguarda infatti tutta l'area fino a Monte Urpinu. E' evidente, quindi,
che fin da allora - il piano è del 1975 - non a livello dell'opinione
pubblica ma a livello dei tecnici e delle persone almeno più attente,
c'era la consapevolezza del valore anche paesistico oltre che naturalistico
del Molentargius. Se poi sovrapponiamo al Piano Paesistico, la dichiarazione
di preminente interesse pubblico, la Legge 31 che ha indicato quest'area
come riserva, e la successiva istituzione come parco, abbiamo una somma
di strumenti che salvaguardano il territorio; questo però, a onor del
vero, non ha impedito la trasformazione del territorio in quanto la
pressione urbana, dal lato Cagliari, dopo che è stato realizzato Genneruxi
e il quartiere del Sole, e dal lato Quartu, nel momento in cui si sono
ridotte le aree edificabili tra viale Colombo e via della musica, ha
portato a edificazioni abusive, in contrasto col Piano, nella zona di
"Medau su Cramu" e nella zona di "Is Arenas". L'abusivismo è stato forte,
soprattutto, dall'83 quando è stata preannunciata la legge di condono.
Fortunatamente l'area è vastissima: sono 250 ettari, per cui, nonostante
la pressione urbana, nonostante la pressione anche inquinante intorno,
c'è un nucleo centrale che si è salvaguardato e che adesso è, appunto,
quello compreso nel Parco. Per quanto riguarda la valorizzazione credo
che le leggi di tutela non siano in contrasto con essa, tant'è vero
che il progetto di 120 miliardi è rivolto proprio alla valorizzazione
del territorio, permanendo la tutela e la salvaguardia; si tratta di
organizzare i due momenti in modo opportuno.
Ritiene possibile una ripresa dell'attività delle saline? Quelle
stesse saline che in passato furono risorsa occupazionale e interesse
turistico, tanto da entrare a far parte delle guide turistiche della
città?
L'attività delle saline, con il colore caratteristico delle caselle
salanti e quello dei bacini evaporanti, veniva vista già nel Piano Paesistico
come un elemento che crea paesaggio e, quindi, in qualche modo, come
una ricchezza dell'ecosistema; anche da un punto di vista ecologico,
poi, l'attività delle
saline è importante perché la movimentazione delle acque sta all'origine
delle tante nicchie ecologiche che conferiscono diversità all'ambiente
e alla fauna. Infine, il movimento delle acque che deriva dall'attività
produttiva delle saline, può addirittura - questa è la mia opinione
- rendere lo stagno più compatibile con i vicini quartieri urbani: acque
stagnanti, o addirittura acque fognarie, porterebbero, infatti, ad una
proliferazione di insetti tale da creare un effetto di insostenibilità
per i quartieri vicini. Nel tempo, tutto il territorio ha subito numerose
trasformazioni. A questo punto, abbandonare a se stesso questo antico
ecosistema potrebbe generare problemi di convivenza, che inevitabilmente
ridurrebbero il consenso. Per evitare certi problemi questo sistema
ha bisogno di una gestione continua. Ecco perché pensiamo che sia decisiva
la ripresa delle saline.
Il Comune di Quartu S.E. ha avanzato alcune proposte d'intervento
tra le quali la realizzazione di sentieri attrezzati fruibili anche
da disabili con trasporto in loco mediante pulmini ecologici funzionanti
a batteria o a gas metano e la sistemazione, lungo i percorsi, di punti
di avvistamento realizzati mediante pareti vetrate rivolte verso gli
specchi d'acqua. Può essere un modo efficiente per conciliare gli intenti
di valorizzazione del Parco con quelli rivolti al superamento delle
barriere architettoniche e all'integrazione del disabile , non crede?
Qualunque iniziativa dei Comuni e della Provincia che porti ad una
valorizzazione e alla fruizione di questo territorio, è certamente utile
e auspicabile; occorre, però, andare per gradi. Infatti adesso bisogna
rendere fruibili dei percorsi un po' per tutti, poi si potranno fare
anche per particolari categorie. Nel progetto di recupero del Ministero
dell'Ambiente sono previste -e sono finanziate- tutta una serie di opere:
l'orto botanico, gli osservatori per la fauna,… . Purtroppo non sono
ancora state realizzate, come non sono state realizzate le aree verdi
lato Cagliari, nel senso che esistono delle aree verdi già finite, che
sono praticamente inutilizzate perché manca il soggetto gestore. Noi
auspichiamo che i comuni interessati: Selargius, Quartucciu, Cagliari,
Quartu e la Provincia si mettano finalmente d'accordo per costituire
il consorzio di gestione. Nel frattempo, ben vengano le iniziative di
"valorizzazione", purché non si traducano in azioni di disturbo!
L'amministrazione comunale di Cagliari sta realizzando
una passerella pedonale che si snoda intorno allo stagno, ai piedi di
"Monte Urpinu", proprio accanto ai siti di nidificazione del fenicottero.
E' possibile che questo intervento, anche in futuro, allontani il fenicottero
verso altre zone?
Per quanto riguarda la sistemazione di Terramaini noi siamo d'accordo
sul fatto che questa "cerniera" tra la città e lo stagno, possa diventare
una passeggiata a patto che si permetta di nuovo la crescita del canneto
e quindi ci sia nuovamente un elemento di separazione. E' chiaro che
tutte queste passerelle -il lungo stagno, il lungo canale, la passeggiata,
…- presuppongono che nella memoria collettiva dei cagliaritani il Terramaini
non venga vissuto come il canale di Mammarranca, come luogo del degrado.
E non è semplice per un cagliaritano pensare di poter andare a fare
passeggiate lungo Terramaini. La scommessa è che a Terramaini non affluiscano
più scarichi fognari, che non sia più un canale di acque luride e quindi
che possa essere rimesso in vita. Non è semplice perché Terramaini ha
il fondo piatto a meno due metri, comunica col mare, è lungo più di
nove chilometri, e dunque l'effetto di marea non garantisce un sufficiente
ricambio delle acque. Ecco che allora il problema di Terramaini -ma
anche di tutti i canali che affluiscono verso lo stagno: Riu Mortu,
il Rio di Selargius, il Rio Is Cungiaus- è che ha bisogno di una continua
manutenzione. In linea generale predomina l'elemento gestione, che non
può essere suddiviso fra le diverse autorità competenti per territorio..
Il Molentargius non è uno stagno come Colostrai, talmente fuori dalle
pressioni urbane per cui si può anche non farci niente e quello ha una
sua dinamica naturale. Il Molentargius è un sistema idrologicamente
molto complesso -integrato com'è con le saline e con la spiaggia del
Poetto- che dal punto di vista gestionale e normativo ha bisogno di
un apposito consorzio dei vari Enti territoriali interessati, di appositi
strumenti urbanistici e della istituzione del Parco.
GRAZIE !
Marco Melis
mr.melis@tiscalinet.it