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Parole
al microscopio
a
cura di Viviana Ricci
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Potremmo chiamarla,
con una parola di nuovo conio che ne racchiude due: “MIT-ETIMOLOGIA”
l'analisi di termini d'uso quotidiano derivanti dai miti greci.
Ne proponiamo di seguito alcuni esempi:
Arpia
E' un sostantivo riservato a sole donne!
In genere è usato per denominare una donna brutta e cattiva, avida e
malevola. Evocate da Dante in un passo dell'“Inferno”: “Ali hanno
late e colli e visi umani, Pie' con artigli, e pennuto il gran ventre”.
Le “Arpie”, dal greco “harpiai”, “rapitrici” erano
rappresentate ora come donne alate, ora come esseri mostruosi, armati
di aguzzi artigli, con testa, busto e braccia femminili e con forma
di uccelli nel resto del corpo; creature mostruose, dunque, appartenenti
alla mitologia classica, rapacissime e avverse all'uomo.
Il loro numero è incerto.
Esiodo nomina Aello e Ocipite e ne fa due bellissime vergini, mente
altri poeti gareggiano nel descriverne la bruttezza e la deformità.
Omero nell'Iliade menziona soltanto Podagre, resa da Zefiro madre di
due velocissimi cavalli di Achille: Xanto e Balio.
Virgilio nell'Eneide racconta che la regina delle arpie si chiamava
Celeno. Aveva profetizzato che i troiani sarebbero giunti in Italia,
ma prima di fondare città avrebbero dovuto soffrire fame e stenti.
In alcune leggende compaiono come esseri infernali addetti al trasporto
delle anime nell'Oltretomba.
Furia
Accesso di collera rabbiosa e violenta; impeto indiscriminato e violento;
ma anche, fretta e premura eccessiva, irrazionale.
Si dice di individuo che si è fatto cogliere dall'ira e che non ragiona
più.
“Furie” erano personificazioni della violenza impetuosa e indiscriminata
nelle passioni e nei rapporti umani della mitologia romana, corrispondenti
alle “Erinni” in quella greca.
Nella tradizione erano figlie di Gea, la Terra, e venivano rappresentate
come donne vecchie e rugose, con pelle nera e serpenti al posto dei
capelli. La loro voce era simile al muggito dei buoi o all'abbaiare
dei cani.
Si chiamavano Aletto -“collera”, Tisifone “vendetta”,
Megera “odio”. Impugnando fruste e torce, perseguitavano soprattutto
coloro che si erano resi colpevoli di delitti contro la famiglia. Quando
il colpevole si era purgato dell'errore, le Erinni diventavano benevole
e assumevano l'appellativo di “Eumenidi”, che significa appunto “benevole”.
Nell'uso corrente si usa il nome di una di loro, Megera, per indicare
una donna vecchia, brutta e malvagia.
Atlante
Anche l'utilissima raccolta sistematica di carte geografiche, a sussidio
di discipline geografiche, storiche, linguistiche, statistiche, attesta,
nel nome, lontane quanto curiose origini mitologiche.
Nel mondo greco antico “Atlas” (dal verbo “tlào” “sostenere
su di sé”, con -a- eufonico), “colui che prende su di sé”,
era il nome di un Titano che sosteneva la volta celeste. “Atlante”
era chiamato, per questa ragione, la figura maschile rappresentata in
funzione di membratura architettonica di sostegno.
Si diede questo nome ai testi geografici perché la figura di Atlante,
il Titano sostenente il mondo, fu stampata nel 1595 sulla copertina
di una raccolta di carte geografiche di Mercatore.
Per la medesima idea la prima vertebra cervicale, per mezzo della quale
la colonna vertebrale si articola col cranio (funge, cioè, da sostegno
del cranio) si chiama “atlante”.
Chimera
E' il sostantivo
con cui definiamo un'ipotesi assurda, i sogni irrealizzabili, un'utopia,
oltre che le fantasticherie strane…
…E proprio una fantasticheria strana era “Chimera”, un mostro
della mitologia greca: vomitava fuoco dalle sue tre teste, una di leone,
una di capra e una di serpente.
Alcuni poeti classici, tuttavia, la descrivono con un unico muso di
leone, la coda di drago ed il corpo di capra. Per quest'ultima ragione,
veniva chiamata “Chimera”, che dal greco “chimaira” vuol
dire “capra”.
Secondo il mito, l'essere orribile che abitava nelle terre della Licia
e che terrorizzava tutti gli abitanti del luogo, fu ucciso dall'eroe
Bellerofonte, il quale, montando il cavallo alato Pegaso, riuscì a colpirla
più volte con le sue micidiali frecce.
Moneta
Si potrebbe definire, questo, un particolarissimo scherzo della mitologia.
Non appartiene esattamente alla mitologia greca ma, più propriamente,
alla religione che spesso, tuttavia, si legava al mito.
Per comprendere al meglio il perché del fenomeno, sarà bene definire
il culto per la dea Giunone, moglie di Giove e regina dell'Olimpo. Era
venerata dagli antichi che le attribuivano diverse funzioni e per ciascuna
le applicavano un appellativo particolare che bene la distinguesse.
Così, c'era la Giunone Regina, la Giunone Luicina, Giunone Sospita e
infine, la Giunone Moneta.
Quest'ultimo epiteto deriva dal fatto che quando qualcuno si trovava
in difficoltà ricorreva a Giunone per averne consigli, ammonimenti (dal
latino “monère”, di cui il participio passato al femminile significa
appunto“ammonitrice, consigliera”).
Un Tempio di Giunone Moneta si ergeva a Roma, sulle falde del Campidoglio,
ed il popolino lo chiamava brevemente “moneta”.
Quando nei pressi di quel tempio si stabilì la zecca romana, in cui
venivano coniati tutti i quattrini dell'Impero, fu chiamata alla spiccia
“moneta” e, successivamente, si indicò col medesimo termine lo
stesso denaro.