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Quaderni di Quartucciu
Anno IV - Numero 19 - Ottobre 2000
 

 

Parole al microscopio

a cura di Viviana Ricci

 

Potremmo chiamarla, con una parola di nuovo conio che ne racchiude due: “MIT-ETIMOLOGIA” l'analisi di termini d'uso quotidiano derivanti dai miti greci.
Ne proponiamo di seguito alcuni esempi:

Arpia
E' un sostantivo riservato a sole donne!
In genere è usato per denominare una donna brutta e cattiva, avida e malevola. Evocate da Dante in un passo dell'“Inferno”: “Ali hanno late e colli e visi umani, Pie' con artigli, e pennuto il gran ventre”.
Le “Arpie”, dal greco “harpiai”, “rapitrici” erano rappresentate ora come donne alate, ora come esseri mostruosi, armati di aguzzi artigli, con testa, busto e braccia femminili e con forma di uccelli nel resto del corpo; creature mostruose, dunque, appartenenti alla mitologia classica, rapacissime e avverse all'uomo.
Il loro numero è incerto.
Esiodo nomina Aello e Ocipite e ne fa due bellissime vergini, mente altri poeti gareggiano nel descriverne la bruttezza e la deformità.
Omero nell'Iliade menziona soltanto Podagre, resa da Zefiro madre di due velocissimi cavalli di Achille: Xanto e Balio.
Virgilio nell'Eneide racconta che la regina delle arpie si chiamava Celeno. Aveva profetizzato che i troiani sarebbero giunti in Italia, ma prima di fondare città avrebbero dovuto soffrire fame e stenti.
In alcune leggende compaiono come esseri infernali addetti al trasporto delle anime nell'Oltretomba.

Furia
Accesso di collera rabbiosa e violenta; impeto indiscriminato e violento; ma anche, fretta e premura eccessiva, irrazionale.
Si dice di individuo che si è fatto cogliere dall'ira e che non ragiona più.
Furie” erano personificazioni della violenza impetuosa e indiscriminata nelle passioni e nei rapporti umani della mitologia romana, corrispondenti alle “Erinni” in quella greca.
Nella tradizione erano figlie di Gea, la Terra, e venivano rappresentate come donne vecchie e rugose, con pelle nera e serpenti al posto dei capelli. La loro voce era simile al muggito dei buoi o all'abbaiare dei cani.
Si chiamavano Aletto -“collera”, Tisifone “vendetta”, Megera “odio”. Impugnando fruste e torce, perseguitavano soprattutto coloro che si erano resi colpevoli di delitti contro la famiglia. Quando il colpevole si era purgato dell'errore, le Erinni diventavano benevole e assumevano l'appellativo di “Eumenidi”, che significa appunto “benevole”.
Nell'uso corrente si usa il nome di una di loro, Megera, per indicare una donna vecchia, brutta e malvagia.

Atlante
Anche l'utilissima raccolta sistematica di carte geografiche, a sussidio di discipline geografiche, storiche, linguistiche, statistiche, attesta, nel nome, lontane quanto curiose origini mitologiche.
Nel mondo greco antico “Atlas” (dal verbo “tlào” “sostenere su di sé”, con -a- eufonico), “colui che prende su di sé”, era il nome di un Titano che sosteneva la volta celeste. “Atlante” era chiamato, per questa ragione, la figura maschile rappresentata in funzione di membratura architettonica di sostegno.
Si diede questo nome ai testi geografici perché la figura di Atlante, il Titano sostenente il mondo, fu stampata nel 1595 sulla copertina di una raccolta di carte geografiche di Mercatore.
Per la medesima idea la prima vertebra cervicale, per mezzo della quale la colonna vertebrale si articola col cranio (funge, cioè, da sostegno del cranio) si chiama “atlante”.

Chimera
E' il sostantivo con cui definiamo un'ipotesi assurda, i sogni irrealizzabili, un'utopia, oltre che le fantasticherie strane…
…E proprio una fantasticheria strana era “Chimera”, un mostro della mitologia greca: vomitava fuoco dalle sue tre teste, una di leone, una di capra e una di serpente.
Alcuni poeti classici, tuttavia, la descrivono con un unico muso di leone, la coda di drago ed il corpo di capra. Per quest'ultima ragione, veniva chiamata “Chimera”, che dal greco “chimaira” vuol dire “capra”.
Secondo il mito, l'essere orribile che abitava nelle terre della Licia e che terrorizzava tutti gli abitanti del luogo, fu ucciso dall'eroe Bellerofonte, il quale, montando il cavallo alato Pegaso, riuscì a colpirla più volte con le sue micidiali frecce.

Moneta
Si potrebbe definire, questo, un particolarissimo scherzo della mitologia. Non appartiene esattamente alla mitologia greca ma, più propriamente, alla religione che spesso, tuttavia, si legava al mito.
Per comprendere al meglio il perché del fenomeno, sarà bene definire il culto per la dea Giunone, moglie di Giove e regina dell'Olimpo. Era venerata dagli antichi che le attribuivano diverse funzioni e per ciascuna le applicavano un appellativo particolare che bene la distinguesse. Così, c'era la Giunone Regina, la Giunone Luicina, Giunone Sospita e infine, la Giunone Moneta.
Quest'ultimo epiteto deriva dal fatto che quando qualcuno si trovava in difficoltà ricorreva a Giunone per averne consigli, ammonimenti (dal latino “monère”, di cui il participio passato al femminile significa appunto“ammonitrice, consigliera”).
Un Tempio di Giunone Moneta si ergeva a Roma, sulle falde del Campidoglio, ed il popolino lo chiamava brevemente “moneta”.
Quando nei pressi di quel tempio si stabilì la zecca romana, in cui venivano coniati tutti i quattrini dell'Impero, fu chiamata alla spiccia “moneta” e, successivamente, si indicò col medesimo termine lo stesso denaro.

Viviana Ricci
sogabri@tiscalinet.it

 


 

IPSE DIXIT

a cura di Viviana Ricci


“E' strano come a volte si creda di conoscere intimamente qualcuno,
solo per scoprire che non è affatto così:
è come arrivare alla fine di un libro
e accorgersi che mancano i capitoli più importanti”

Richard Paul Evans “La lettera”


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