La terza via
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La terza via : una politica nuova

per il nuovo secolo

di Tony Blair

Ho sempre pensato che la politica sia innanzitutto e soprattutto questione di idee. Senza un impegno deciso nei confronti di obiettivi e di valori, i governi vanno alla deriva e sono privi di efficacia, per quanto ampie possano essere le maggioranze di cui godono.

Inoltre le idee hanno bisogno di etichette per poter divenire popolari e comprese da tutti. La " Terza Via " è secondo me la migliore etichetta per la nuova politica che il progressismo di centrosinistra sta costruendo in Gran Bretagna e altrove.

La terza via rappresenta una socialdemocrazia moderna, che si impegna con passione per la giustizia sociale e per gli obiettivi del centrosinistra, ma che è flessibile, innovativa e lungimirante quanto ai mezzi per conseguirli. Si fonda su valori che guidano la politica progressista da oltre un secolo : democrazia, libertà, giustizia, impegno reciproco e internazionalismo. Ma è una Terza Via perché va decisamente oltre una vecchia sinistra impegnata sul fronte del controllo dello stato, di una forte pressione fiscale e degli interessi della produzione; e va oltre una Nuova Destra che considera gli investimenti pubblici, e spesso l'idea stessa di "società" e di sforzo collettivo, come mali da scongiurare.

La mia visione per il XXI secolo è quella di una politica popolare che sappia riconciliare tematiche considerate erroneamente, in passato, come antagoniste: patriottismo e internazionalismo; diritti e responsabilità; promozione dell'impresa e lotta contro la povertà e la discriminazione. La sinistra dovrebbe essere orgogliosa dei successi conseguiti nel XX secolo, non ultimi il suffragio universale, un fisco e un tasso di crescita più equi, enormi miglioramenti nelle condizioni di lavoro e nei servizi di previdenza sociale, di sanità pubblica e di pubblica istruzione. Ma c'è ancora molto da fare per costruire quella società aperta, giusta e prospera alla quale aspiriamo.

La Terza Via non è il tentativo di annullare la differenza tra destra e sinistra. Riguarda i valori tradizionali in un mondo che è cambiato. E attinge la propria forza dall' unione di due grandi correnti del pensiero di centrosinistra - il socialismo democratico e il liberalismo - il cui divorzio in questo secolo tanta parte ha avuto nell'indebolimento della politica progressista in tutto l'Occidente. I liberali affermano il primato della libertà individuale nell'economia di mercato; i socialdemocratici promuovono la giustizia sociale, con lo stato nel ruolo di agente principale. Tra i due non vi è necessariamente conflitto, se si accetta, come oggi accettiamo, che il potere dello stato è uno degli strumenti per conseguire i nostri obiettivi, ma non è l'unico e soprattutto non è, e non può essere, in se stesso un fine.

Da questo punto di vista la Terza Via rappresenta anche una terza via per la sinistra stessa. La Terza Via è una seria rivalutazione della socialdemocrazia, che attinge in profondità ai valori della sinistra per sviluppare approcci radicalmente nuovi.

Nel decennio passato, la destra aveva in pratica il monopolio del potere nell'occidente democratico. In America, in tutta Europa, persino in Scandinavia, la destra aveva un potere apparentemente inespugnabile. Oggi la posizione è rovesciata. Nella maggior parte dell'Unione Europea è il centrosinistra a governare. Mentre studiamo lezioni di efficienza e di possibilità di scelta, soprattutto nel settore pubblico, siamo sempre più convinti e fiduciosi che la destra non possieda la risposta ai problemi della polarizzazione sociale, del crescente tasso di criminalità, dell'impoverimento dell'istruzione, della crisi di produttività e di crescita.

La sinistra tuttavia non sta facendo ritorno alla vecchia politica di isolamento, di nazionalismo, di burocrazia e di "tasse e spesa pubblica". Stiamo agendo in modo nuovo. In tutta Europa, i governi socialdemocratici intraprendono nuove strade nelle riforme del welfare state, nella riduzione dell'esclusione sociale, nelle nuove compartecipazioni finanziarie e industriali, nel tentativo di approntare una solida base economica in grado di assicurare stabilità e investimenti a lungo termine.

In questa occasione desidero spiegare la Terza Via a un pubblico più vasto. Il quadro non potrà essere completo e rifinito: tutti i progetti politici dinamici ed efficaci sono per forza di cose "lavori in corso", e il nostro è ancora a uno stadio iniziale. Ma è importante spostare il dibattito in avanti, da quel che la Terza Via non è, a quello che è e dovrebbe diventare. La discussione per me inizia dai valori fondamentali su cui si basa il centrosinistra progressista.

1. I valori

La mia politica è radicata nella convinzione che possiamo realizzarci come persone soltanto in una società civile prospera, con famiglie solide e istituzioni civili sostenute da un'intelligente azione di governo. Perché il maggior numero possibile di persone possa raggiungere gli obiettivi che si prefigge, la società deve essere forte. In una società debole, il potere e i compensi finiscono a pochi, non a molti.

I valori non sono assoluti, e anche i più elevati possono entrare in conflitto tra loro. La nostra missione è promuovere e riconciliare i quattro valori essenziali per una società giusta, capace di portare al massimo la libertà e il potenziale di ciascuno - uguale valore, opportunità per tutti, responsabilità e comunità.

Uguale valore

La giustizia sociale dev'essere fondata sull'identico valore attribuito a ciascun individuo, quale che siano le sue origini, le sue capacità, il suo credo o la sua razza. Il fiorire di talento e impegno dovrebbe essere incoraggiato in tutti i settori, e il governo deve promuovere un'azione decisa per mettere fine a ogni discriminazione e pregiudizio. Giustamente, nel corso del tempo, abbiamo preso sempre più coscienza della discriminazione. Oggi la battaglia contro la discriminazione razziale raccoglie il consenso generale, e lo stesso si può dire dei valori di una società multiculturale e multietnica. Si sta facendo strada una nuova consapevolezza delle capacità e potenzialità, per esempio, delle persone disabili e anziane, che sempre più affermano i loro diritti e la loro dignità. La sinistra progressista è al loro fianco, nel riconoscimento che - nonostante due secoli di campagne per i diritti democratici - è ancora lungo il cammino che dovrebbe portare a riconoscere le capacità e le potenzialità di tutte le persone.

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Opportunità per tutti

Il nuovo statuto del Partito Laburista ci impegna a cercare una distribuzione della ricchezza, del potere e delle opportunità, che sia la più ampia possibile. Desidero porre l'accento sull'opportunità, come valore chiave della nuova politica. Troppo spesso la sua importanza è stata sminuita o distorta. Da destra, l'opportunità viene di solito presentata come la libertà dei singoli dallo stato. Eppure per la maggior parte delle persone, le opportunità sono inscindibili dalla società, una società in cui le azioni governative giocano, necessariamente, una parte importante. La sinistra per contro è stata troppo pronta, in passato, a trascurare il suo impegno nella promozione di una gamma la più ampia possibile di opportunità a disposizione dei singoli che desiderano migliorare la condizione loro e delle loro famiglie. Nei casi peggiori, ha soffocato il problema dell'opportunità nel nome di un'astratta uguaglianza. Ma ineguaglianze spaventose continuano a trasmettersi di generazione in generazione, e la sinistra progressista deve adoperarsi seriamente per rimuovere gli ostacoli a una reale uguaglianza di opportunità. Tuttavia, la promozione di uguali opportunità per tutti non significa cieca uniformità nella previdenza sociale e nei servizi pubblici. Né la sinistra moderna promuove una visione miope del concetto di opportunità: le arti e le industrie creative devono essere parte della nostra cultura comune.

Responsabilità

Negli ultimi decenni, responsabilità e dovere erano esclusiva della destra. Oggi non è più così, e non era giusto che lo fossero nemmeno prima, perché sono stati elementi di grande forza nella crescita del movimento laburista in Gran Bretagna e altrove. Per troppo tempo la richiesta di diritti garantiti dallo stato è stata separata dai doveri dei cittadini e dall'imperativo della reciproca responsabilità, da parte dei singoli e da parte delle istituzioni. I sussidi di disoccupazione venivano spesso corrisposti senza esigere un forte impegno reciproco; i bambini restavano abbandonati a loro stessi, per l'assenza dei genitori. Si tratta di una questione ancora attuale. La nostra responsabilità nella salvaguardia dell'ambiente, per esempio, è sempre più pressante. E lo stesso vale per le responsabilità dei genitori nell'educazione dei figli. I diritti di cui godiamo riflettono i doveri che ci spettano: diritti e opportunità senza responsabilità sono i motori che scatenano egoismo e avidità.

Comunità

La natura umana è cooperativa, oltre che competitiva, disinteressata oltre che interessata; e la società non potrebbe funzionare se le cose stessero altrimenti. Tutti dipendiamo dai beni collettivi per la nostra indipendenza; e tutta la nostra vita è arricchita - o impoverita - dalle comunità cui apparteniamo. Nel decidere dove intervenire per conto della comunità nazionale, se agire da controllori o da fornitori, i governi devono mostrare un'acuta sensibilità, e non sottrarre le attività socialmente utili alle comunità locali e al settore del volontariato. Un errore dolorosissimo commesso nel XX secolo dalla sinistra fondamentalista è stato quello di credere che lo stato potesse sostituirsi alla società civile, e promuovere, così facendo, la libertà. La nuova destra si dirige verso l'estremo opposto, auspicando un totale smantellamento dell' attività precipua dello stato in nome della "libertà". La verità è che la libertà di molti ha bisogno di un governo forte. Una sfida fondamentale della politica progressista consiste nell'usare lo stato come forza che abilita e protegge le comunità reali e le organizzazioni di volontariato, incoraggiandone la crescita e la capacità di rispondere a nuovi bisogni, con forme appropriate di compartecipazione.

Questi sono i valori della Terza Via. Senza di essi, andiamo alla deriva. Ma perché sortiscano un effetto pratico, è essenziale una buona misura di pragmatismo. Come dico sempre, quel che conta è ciò che viene messo in atto per dare efficacia ai nostri valori. Con le giuste azioni politiche, i meccanismi del mercato diventano fondamentali per la realizzazione degli obiettivi sociali; lo zelo imprenditoriale può promuovere la giustizia sociale e le nuove tecnologie rappresentano un'opportunità, non una minaccia.

Sono i nostri valori che definiscono i nostri nemici. Cinismo e fatalismo, pregiudizio ed emarginazione sociale: sono questi i nemici del talento e dell'ambizione, dell'ambizione e del successo. Il cinismo, perché afferma che la politica e i servizi pubblici non possono migliorare la qualità della nostra vita. Il fatalismo, perché dice che il mercato globale ha sottratto l'economia alla nostra influenza. Il pregiudizio, perché nega uguale valore a tutti e incoraggia lo snobismo e la xenofobia. L'emarginazione sociale, perché limita o nega le opportunità, a un livello che è inaccettabile in una società equa e aperta.

Che dire della politica? Il nostro approccio è un "revisionismo permanente", una continua ricerca degli strumenti migliori per conseguire i nostri obiettivi, fondata su una chiara percezione dei cambiamenti in atto nelle società industrializzate avanzate.

2. La Terza Via in un mondo in trasformazione

Negli ultimi 50 anni, due grandi progetti politici hanno dominato la scena in Gran Bretagna e in molte altre democrazie occidentali - il neo-liberalismo e una versione marcatamente statalista di socialdemocrazia. I due modelli sono stati applicati in modi diversi, a seconda della storia, della cultura e della scelta politica, ma le linee generali di pensiero sono ben chiare. La Gran Bretagna le ha provate entrambe, nella loro forma più piena. Ecco perché il termine Terza Via ha per questo paese una rilevanza particolare; ed è ai fondamenti dell'esperienza britannica, a partire dallo spartiacque della seconda guerra mondiale, che farò riferimento ora.inizio_pagina.gif (1503 byte)

Il governo laburista eletto nel 1945 era contraddistinto dall'eredità della guerra e del periodo immediatamente precedente, una condizione di depressione e povertà. Godendo di una maggioranza schiacciante e potendo contare su un vasto consenso tra l'opinione pubblica, procedette a nazionalizzare le industrie, a gestire la domanda del mercato, a dirigere l'attività economia e ad estendere i servizi sociali e sanitari su una scala che non conosceva precedenti. Queste azioni ottennero una crescita economica solida e rapida, e una distribuzione più equa dei benefici da essa derivanti. Andavano benissimo in un mondo di posti di lavoro sicuri, di grandi aziende, di scarsa disoccupazione, di economie nazionali relativamente chiuse e di forte coesione sociale in comunità sostenute da nuclei familiari stabili. I governi conservatori degli anni cinquanta non provarono nemmeno a smantellare l'assetto sociale di Attlee, fatta eccezione per qualche tentativo poco convinto di rosicchiar via qualcosa al settore nazionalizzato.

Ma negli anni settanta la democrazia sociale del dopoguerra si dimostrava sempre meno praticabile. Il Servizio Sanitario Nazionale e gran parte dello stato sociale restavano - e sono tuttora - una conquista straordinaria, efficiente quanto ai costi e determinanti quanto all'impatto sulla qualità della vita dei meno abbienti. Ma la gestione della domanda e livelli di nazionalizzazione altissimi, sia nella proprietà delle imprese sia nella loro gestione, si sono rivelati strumenti sempre meno efficaci per la promozione dello sviluppo e per il contenimento della disoccupazione, in un mondo di crescente competizione, soggetto a scossoni provenienti dall'interno e in rapida trasformazione industriale e tecnologica. La risposta della democrazia sociale si dimostrò troppo inflessibile. In particolare, la fornitura dei servizi pubblici era costosa, inefficiente e di scarsa qualità, soprattutto per quanto riguardava l'istruzione pubblica, le telecomunicazioni e altri servizi di cui era il fornitore quasi monopolistico.

Gli anni sessanta sono stati un decennio di liberazione personale. Ma l'individualismo non ha invaso soltanto la sfera privata: si è rapidamente diffuso nel campo dell'economia politica. Agli inizi degli anni ottanta il neo-liberalismo si era ormai profondamente radicato, nella forma del governo Thatcher. Alcune delle riforme da esso promosse erano, viste in prospettiva, atti dovuti di modernizzazione, mi riferisco soprattutto alle azioni di riforma e di messa in competizione dell'industria statale. Ma andava a braccetto con una viscerale antipatia per quel che restava del settore pubblico, il che ha provocato danni ingenti ai servizi statali fondamentali, primi fra tutti l'istruzione e la sanità, per quanto i ministri predicassero il linguaggio della competitività nazionale e del miglioramento che ciascun individuo doveva cercare per sé. Nello stesso periodo, aspre e profonde divisioni all'interno della sinistra circa la risposta più adeguata a queste tendenze portarono a un decennio di lotte intestine nel Partito Laburista, che tentava di riconciliare i suoi valori fondanti e le sue vecchie ricette politiche in un mondo profondamente mutato.

A metà dei novanta, la ruota è girata di nuovo - non per tornare a un modello socialdemocratico statalista, ma verso la consapevolezza che il dogmatismo della destra neo-liberal era divenuto una seria minaccia per la coesione nazionale. Troppe persone stavano perdendo tutto, troppe aziende erano sotto il livello di sopravvivenza; troppi servizi pubblici erano allo sbando, privi di un serio controllo, troppe comunità erano messe a rischio dall'aumento della criminalità, della disoccupazione e dell'esclusione sociale. E mentre le prove di tutto ciò si accumulavano, la destra si dimostrò sempre più ottusa e incapace di agire - anzi, mostrava di non avere alcuna intenzione di agire in aree chiave come l'istruzione e l'esclusione sociale. Proprio come il cambiamento economico e sociale fu la molla che portò la destra al potere, fu anche ciò che condusse alla sua fine. La sfida che la Terza Via deve raccogliere le chiede di impegnarsi pienamente in tutto ciò che questo cambiamento implica.

Quali sono le principali caratteristiche del cambiamento? Vorrei enunciarne alcune che considero particolarmente importanti:

• La crescita di mercati e di una cultura sempre più globali. Non soltanto il denaro attraversa le frontiere tra le varie economie occidentali in modo sempre più rapido rispetto a prima, ma abbiamo anche una competizione internazionale su una scala senza precedenti. Merci sono sempre più spesso prodotte da reti internazionali tese da un capo all'altro del globo, anziché da singole organizzazioni. Le crisi in Asia e in Russia sono gravi, ma per le economie più stabili in Europa e negli Stati Uniti non c'è alcuna probabilità di un ritorno alle politiche isolazioniste.

• L'affermarsi del progresso tecnologico e di specializzazione e informatizzazione come elementi chiave per l'occupazione e per le nuove imprese, elementi che distruggendo i vecchi schemi occupazionali conferiscono un'importanza senza precedenti all'esigenza di elevati standard educativi non riservati a pochi, ma per tutti.

• La trasformazione del ruolo delle donne, che mette in discussione le forme di organizzazione sociale consolidatesi da secoli, e che offre a metà della popolazione la possibilità - in nome delle pari opportunità - di realizzare il proprio potenziale secondo la propria libera scelta. Riconciliare questi cambiamenti e queste opportunità con la solidità della famiglia e delle comunità locali è una delle massime sfide della politica contemporanea. Dobbiamo dare nuova forma alla organizzazione del lavoro e alle istituzioni in cui i bambini si trovano a crescere, fondandole su una base di valori durevoli: giustizia per tutti, responsabilità da parte di tutti.

• Cambiamenti radicali nella natura della politica stessa, con lo sviluppo dell'Unione Europea e una opinione pubblica sfiduciata nei confronti di istituzioni politiche - e di quanti vi lavorano - distanti, non rispondenti alla sensibilità del pubblico e spesso inefficienti.

I governi nel corso di questo secolo si sono dimostrati perfettamente equipaggiati per alzare o abbassare i tassi di sconto, per spedire assegni di sussidio, per costruire case, persino per combattere guerre e mandare uomini sulla luna. Ora devono imparare attività nuove: lavorare in collaborazione con il settore privato e con il volontariato; condividere la responsabilità e delegare il potere; mostrare flessibilità per anticipare i problemi, e per risolverli; rispondere a un'opinione pubblica molto più esigente; infine, cooperare a livello internazionale, non soltanto per combattere o scongiurare i conflitti, ma anche per affrontare i problemi comuni. Alle vecchie certezze della Guerra Fredda sono subentrate minacce più insidiose quali la criminalità organizzata, il terrorismo, la droga e il degrado ambientale internazionale, problemi tutti che richiedono forme flessibili di cooperazione internazionale.

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Quale strada ha da offrire la Terza Via in risposta a questi cambiamenti e a queste sfide? Non una lista della spesa, piena di prescrizioni politiche di sicuro successo; ancor meno un tentativo di riscoprire l'acqua calda laddove le politiche e le istituzioni già esistenti si sono rivelate largamente efficaci. La sua preoccupazione è piuttosto quella di perseguire quattro obiettivi politici principali:

1. una economia dinamica e competente, fondata sull'opportunità e sulle capacità di avanzamento degli individui, in cui il governo, più che comandare, mette in grado di agire, e in cui il potere del mercato è tenuto a freno solo per servire l'interesse della popolazione.

2. Una società civile forte, che custodisca e promuova diritti e responsabilità, e comunità forti di cui il governo sia partner e collaboratore.

3. Un governo moderno, fondato sulla cooperazione e sulla decentralizzazione, con una democrazia sempre più profonda, e quindi più adeguata all'età contemporanea.

4. E una politica estera basata sulla cooperazione internazionale.

Nel primo anno di governo del New Labour abbiamo iniziato a mettere in pratica questa Terza Via. Diminuendo la pressione fiscale sulle imprese per aiutare l'economia, e introducendo il salario minimo per aiutare chi era sottopagato. L'indipendenza finanziaria della Bank of England e il programma più ampio mai varato per combattere la disoccupazione strutturale. Nuovi investimenti e riforme scolastiche per dare ai giovani la professionalità di cui hanno bisogno e lotta senza quartiere alla criminalità giovanile per creare comunità sicure. Riforme del governo centrale per conferirgli una maggiore capacità strategica e deleghe del potere per portarlo più vicino alla gente. Ingenti risorse straordinarie per aree prioritarie quali la sanità e la pubblica istruzione e limiti severi e prudenti alla spesa pubblica complessiva. Investimenti e riforme nel settore pubblico. Impegno decisivo nella UE e opposizione al centralismo ingiustificato.

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