| |
" La vita
politica non è niente senza ideali, ma gli ideali sono vuoti se non sono connessi a
possibilità reali. Abbiamo bisogno di sapere sia il tipo di società che ci piacerebbe
creare, sia i mezzi concreti per avanzare verso di essi ".
Anthony
Giddens
Passando per Darwin
( da una lezione alla London
School of Economics di Peter Singer )
Karl Marx lesse Stato e
Anarchia di Mikhail Bakunin, uno dei fondatori dell'anarchismo inteso come movimento
rivoluzionario, nonche' uno tra i massimi rivali del filosofo tedesco per il controllo
della Prima Internazionale. Marx non adottava in nessuna occasione un atteggiamento
passivo e, leggendo Bakunin, ne ricopiò alcuni passi cruciali, aggiungendovi poi un
proprio commento. Il manoscritto risultante, mai pensato per la pubblicazione, può essere
letto come un dibattito tra il più in vista degli anarchici e il più illustre dei
comunisti nel diciannovesimo secolo. Marx punta la propria attenzione su di un passaggio
in cui Bakunin sostiene che il suffragio universale condurrà al dispotismo, anzi, ne è
già un elemento: il potere esercitato sulla stragrande maggioranza della popolazione ad
opera di una minoranza privilegiata. Però, dicono i marxisti, questa minoranza sarebbe
costituita da lavoratori. Sì, va bene, ma in realtà sarebbero ex-lavoratori che, una
volta divenuti i soli rappresentanti o governanti dell'intera popolazione, cesserebbero di
essere tali. E dall'alto del potere dello stato, inizierebbero a guardare dall'alto in
basso, sulla massa indistinta dei lavoratori. Da quel momento non rappresentebbero più il
popolo ma solo se stessi e la loro pretesa di governare sulla gente.Chi dubita di tutto
ciò, non capisce niente della natura umana.
La sinistra ha bisogno di un
paradigma nuovo. Il crollo del comunismo e l'abbandono, da parte delle formazioni
socialdemocratiche, del tradizionale obiettivo socialista - la proprietà statale dei
mezzi di produzione - ha sottratto alla sinistra i traguardi vagheggiati per due secoli,
in nome dei quali ha costruito e consolidato la propria posizione, raggiungendo un enorme
potere politico e una vastissima influenza culturale. Desidero soffermarmi qui non tanto
sulla sinistra in quanto forza politica organizzata, quanto sulla sinistra come vasto
corpus di pensiero, sull'insieme dei suoi ideali volti a dar vita a una società migliore.
Da questo punto di vista, la sinistra
ha urgente necessità di nuove idee e di nuovi approcci. Vorrei suggerire che una delle
fonti di tali nuove idee in grado di rivitalizzarla, è un approccio al comportamento
sociale, politico ed economico, saldamente ancorato a una comprensione moderna
della natura umana. E' ora che la sinistra prenda sul serio il dato di fatto
che l'uomo rappresenta l'evoluzione da altre specie animali, e che porta su di sé la
prova di tale eredità, non soltanto nell' anatomia e nel Dna, ma in quel che desidera e
nel modo in cui cerca di soddisfare i propri desideri.
Una storia esemplare
Nel corso dell'anno passato ho
ultimato un documentario televisivo e un libro sulla figura di Henry Spira. So che il suo
nome non dirà niente alla maggior parte di voi, ma Spira è il personaggio più
straordinario con cui abbia avuto occasione di lavorare. Quando aveva dodici anni, la sua
famiglia abitava a Panama. Suo padre aveva un piccolo negozio di abbigliamento, gli affari
non andavano granché bene, e per risparmiare qualcosa la famiglia accettò l'offerta di
un amico benestante, che aveva messo a loro disposizione alcune stanze in casa sua. La
casa era in realtà un palazzo che occupava un intero quartiere della città. Un giorno,
due degli uomini che lavoravano per il padrone di casa, chiesero a Henry se voleva
accompagnarli mentre facevano il giro degli affitti. Andò con loro, e vide con i propri
occhi in che modo veniva finanziata la lussuosa esistenza del benefattore di suo padre. Si
recarono nei quartieri più miseri, dove i poveri disgraziati venivano minacciati dagli
esattori armati. In quel momento Henry non sapeva nemmeno che esistesse la "sinistra",
ma da quel giorno ne fece parte per sempre. In seguito Spira si trasferì negli Stati
Uniti, divenne un trotzkista, si imbarcò come marinaio su una nave mercantile, combatté
i corrotti caporioni del sindacato dei portuali, finì sulla lista nera nell'era McCarthy,
si spostò a sud per sostenere il boicottaggio delle linee di autobus da parte dei neri
che rivendicavano il diritto di sedersi negli stessi posti in cui sedevano i bianchi,
lasciò i trotzkisti perché avevano smarrito ogni contatto con la realtà, si mise a
insegnare ai bambini del ghetto in una scuola statale newyorchese. Come se non bastasse
per una vita sola, nel 1973 gli capitò di leggere un mio saggio dal titolo "Animal
liberation" e scoprì l'esistenza di un altro gruppo di esseri sfruttati che
aveva bisogno del suo aiuto. In seguito è divenuto, e lo è stato per gli ultimi
vent'anni, il più efficiente e attivo militante del movimento americano per i diritti
degli animali.
A Spira piace mettere le cose bene in
chiaro. Quando gli chiesi perché avesse speso oltre mezzo secolo combattendo per le cause
che ho citato sopra, si limitò a rispondere che lui stava dalla parte dei deboli, non dei
potenti, degli oppressi e non degli oppressori, dei frustati e non dei domatori. E si mise
a parlare dell'enorme quantità di dolore e di sofferenza che esiste nel nostro universo,
e del suo desiderio di fare qualcosa per ridurne dimensioni. E' questo, credo, il
significato della sinistra. Se scrolliamo le spalle di fronte all'inevitabile sofferenza
dei deboli e dei poveri, di quanti vengono sfruttati e annientati, o di quanti
semplicemente non possiedono abbastanza per poter tirare avanti in modo dignitoso, non
siamo di sinistra. La sinistra vuole cambiare questa situazione.
A questo punto potrei imbarcarmi in
una lunga discussione sulle basi filosofiche di quella società più ugualitaria a cui
dovrebbe aspirare la sinistra. Ma sono già stati pubblicati abbastanza libri
sull'argomento, sufficienti a riempire una biblioteca di medie dimensioni, e non desidero
aggiungere il mio contributo a tanta letteratura. Basterà ricordare che esistono molte
diverse concezioni dell'uguaglianza, tutte compatibili con il quadro più generale della
sinistra che traccerò in questa occasione.
In un mondo in cui le 400 persone più
ricche del pianeta possono vantare un reddito complessivo maggiore di quello che
potrebbero mettere insieme il 45 per cento dei più poveri del globo - come dire, 2,3
miliardi di persone, oltre un miliardo delle quali vive con meno di un dollaro al giorno -
è facile trovare molti diversi principi di equità, giustizia o utilità su cui
concordare per lavorare a una più equa distribuzione delle risorse.
Avendo spiegato a grandi linee che
cosa intendo con il termine "sinistra", possiamo
passare ora alla politica darwiniana.
Darwin: tre questioni
politiche
Facciamo tre esempi in cui il pensiero
darwiniano può essere ripreso nel dibattito politico:
1) L'idea che la direzione in cui
viaggia l'evoluzione sia di per sé "buona" o "cattiva".
2) L'opinione secondo cui le politiche
sociali, aiutando anche i " meno adatti " a sopravvivere, possono portare a
conseguenze genetiche deleterie.
3) La convinzione che lo studio della
natura umana alla luce della teoria evoluzionista ci possa aiutare a stabilire il prezzo
da pagare per il conseguimento di alcuni obiettivi politici e sociali, tra cui diverse
concezioni di uguaglianza.
Delle tre, la prima questione può
essere liquidata rapidamente. L'evoluzione è un fatto, non un valore, e nella teoria
evoluzionista non vi è nulla che implichi la bontà o meno della sua direzione.
La seconda asserzione, che cioè le
politiche sociali potrebbero avere conseguenze deleterie sul piano genetico, è - a voler
essere generosi - estremamente speculativa. La base fattuale di una simile affermazione è
più solida se ci si riferisce alle cure mediche volte a salvare o a prolungare la vita di
persone affette da malattie geneticamente trasmesse, malattie che altrimenti ucciderebbero
le loro vittime prima che raggiungano l'età per riprodursi. Non c'è dubbio che vi siano
persone affette da diabete infantile o giovanile, la cui nascita è stata resa possibile
solo grazie alla scoperta dell'insulina. Ma nessuno penserebbe seriamente a privare
dell'insulina i bambini diabetici al solo scopo di evitare le conseguenze genetiche della
sua somministrazione. E' per di più impossibile passare da questi casi, riguardanti cure
mediche specifiche per malattie di origine genetica, al vago suggerimento che, concedendo
un sostegno finanziario ai disoccupati e in tal modo consentendo loro di avere più figli,
ciò porterebbe a una maggior diffusione di "geni" deleteri nella popolazione.
Molti motivi, i più diversi tra loro, possano far sì che alcuni rimangano disoccupati
per lunghi periodi o siano costretti a vivere di sussidi sociali; e ben poco sappiamo di
una loro possibile origine genetica. Né possiamo sapere fino a che punto il concedere
sicurezza sociale ai bisognosi induca costoro ad avere più figli di quanti ne avrebbero
altrimenti.
La terza affermazione - che dobbiamo
comprendere la natura umana al fine di stabilire il prezzo da pagare per il conseguimento
dei nostri obiettivi politici e sociali - deve essere invece presa sul serio. Essa non
suggerisce che qualunque politica sociale sia sbagliata, perché contraria al pensiero
darwiniano. Lascia invece a noi di prendere una decisione etica, limitandosi ad offrire le
informazioni utili per assumere tale decisione. Più avanti torneremo sulla validità del
pensiero darwiniano da questo punto di vista.
Evoluzione: solo una teoria
dell'origine?
I marxisti sono generalmente
entusiasti della sua spiegazione circa l'origine delle specie,
almeno fino a che le implicazioni della sua teoria riguardanti gli esseri umani sono
confinate all'anatomia e alla fisiologia. Engels, nell'epitaffio pronunciato sulla tomba
di Marx, rese a Darwin l'onore supremo paragonando la scoperta marxiana delle leggi dello
sviluppo umano con la scoperta darwiniana delle " leggi dello sviluppo della
natura organica ". In questa stessa classificazione, tuttavia,
si nasconde l'idea che l'evoluzione darwiniana si arresti all'alba della storia umana,
laddove passa il testimone alla teoria del materialismo storico.
Tale teoria implica che non esista una
natura umana prefissata. Essa muta col mutare dei mezzi di produzione. E' già cambiata in
passato - tra il comunismo primitivo e il feudalesimo, per esempio, o tra il feudalesimo e
capitalismo - e potrà cambiare ancora in futuro.
Ma a chiunque voglia vedere una
continuità tra gli esseri umani e i nostri antenati non umani, appare poco credibile che
il darwinismo ci consegni le leggi dell'evoluzione per la storia naturale, per poi
arrestarsi all'alba della storia dell'umanità.
Il credo nella malleabilità della
natura umana è importante per la sinistra, perché ha fornito le ragioni per credere
nella possibilità di un nuovo e diverso genere di società umana. Ecco il vero motivo per
cui la sinistra ha rifiutato il pensiero darwiniano: negava il Grande Sogno, la
Perfettibilità dell'Uomo. Da Platone in poi, nella coscienza occidentale non è mai
venuta meno la speranza di edificare la società perfetta. Da quando esiste, la sinistra
cerca una società in cui tutti gli esseri umani vivano in armonia e in collaborazione gli
uni con gli altri, in pace e in libertà. Con Darwin, per contro, la lotta per
l'esistenza, o almeno per l'esistenza della propria discendenza, è destinata a non aver
fine. Siamo molto lontani dal sogno del perfezionamento dell'umanità.
Se la teoria del materialismo
storico è corretta, ed è cioè l'esistenza sociale a determinare la coscienza,
allora l' avidità, l' egoismo, l' ambizione personale e l' invidia - che un
darwiniano potrebbe considerare invece come inevitabili aspetti della nostra natura,
perché discendiamo da esseri che sono usciti vittoriosi dalla lotta per la sopravvivenza -
possono invece essere ritenuti la conseguenza del fatto che viviamo in una società in cui
dominano la proprietà privata e la privatizzazione dei mezzi di produzione. Secondo la
teoria marxista infatti, se non esistesse la proprietà privata, e i mezzi di produzione
fossero in comune, le persone non si preoccuperebbero più così tanto dei loro interessi
privati. La loro natura cambierebbe, e troverebbero la felicità nel lavorare
collettivamente insieme agli altri per il bene comune. In tal modo potremmo superare il
conflitto che si scatena tra gli esseri umani nelle società oggi esistenti - a patto che
- tale conflitto sia un prodotto della base economica della
nostra società, anziché un tratto insito nella nostra natura biologica.
La sinistra può accettare la
concezione darwiniana dell'uomo?
Nel XX secolo, il sogno della perfettibilità
dell'umanità si è trasformato nell' incubo della Russia staliniana, della Cina al
tempo della Rivoluzione Culturale, della Cambogia di Pol Pot. Da questi incubi, la
sinistra si è risvegliata nel caos. Ci sono stati tentativi di creare una società nuova
e migliore con risultati meno terribili - la Cuba di Castro, i kibbutz israeliani - ma
nessuno di essi si può considerare un pieno successo. Dovremmo lasciarci alle spalle il
sogno della perfettibilità dell' umanità, e con esso una delle barriere che si
frappone a una sinistra darwiniana verrebbe a cadere. Un'altra barriera è già
stata in parte smantellata, e si tratta della validità intellettuale della teoria
marxiana della storia. Marx ha esercitato, com'era giusto, un'immensa influenza sulle
scienze sociali. Nel dirigere la nostra attenzione sui legami tra la base economica di una
società e le sue leggi ( la sua religione, la politica, la filosofia e la cultura in
generale ), Marx ha frantumato l'illusione dell'indipendenza delle idee e della cultura,
aprendo alla ricerca aree nuove ed estremamente feconde. Non si tratta dunque di
abbandonare le intuizioni di Marx, bensì di inquadrarle in un panorama più vasto. I
mutamenti nei mezzi di produzione certamente incidono sulle idee e sulla cultura dominante
di una società, ma fissarsi esclusivamente sulle differenze che tali cambiamenti possono
apportare, ignorando ciò che rimane costante, è come guardare l'evoluzione delle
tattiche militari seguendo le innovazioni delle armi nei secoli, senza mai chiedersi
perché le nazioni intraprendono una guerra. E' tempo di riconoscere che i mezzi di
produzione possono influenzare le nostre idee, la nostra politica e la nostra coscienza, ma
soltanto entro i pur vasti limiti stabiliti dalla nostra eredità biologica.
L'ultima, ingombrante barriera
all'accettazione del darwinismo da parte della sinistra consiste nell'idea della malleabilità
della natura umana. Benché si tratti, come abbiamo visto, di un concetto
sostenuto dalla teoria del materialismo storico, esso influenza moltissime
persone di sinistra che si guardano bene dal definirsi marxisti, e pertanto possono
sopravvivere benissimo al rifiuto della teoria marxiana della storia. I riformisti non
marxisti spesso accettano una tradizione di malleabilità che si richiama a John
Locke e alla sua concezione della mente umana come "carta bianca, tabula rasa
priva di qualsiasi carattere, di qualunque idea". Ne consegue che l'educazione
è la grande panacea, ciò che potenzialmente può plasmare gli esseri umani
trasformandoli in cittadini perfetti. La fede nella malleabilità della natura umana e nel
suo contrario tende a variare nella continuità dell'opposizione destra/sinistra. Si
tratta in ogni caso di una fede che riguarda un dato di fatto, e che pertanto dovrebbe
essere aperta a una possibilità di revisione, una volta che emergessero nuove prove.
Tali prove si possono ricercare nella
storia, nell'antropologia, nell'etologia e nella teoria evoluzionista. Ma non è facile
osservarle senza paraocchi ideologici. L'ipotesi secondo cui esistono, nella natura umana,
degli aspetti relativamente prefissati, può non suonare tanto controversa oggi come lo
era appena venticinque anni fa, quando E. O. Wilson pubblicava il suo Sociobiology: The
New Sinthesys. Da allora, molti volumi sono stati scritti che evidenziavano gli
aspetti universali della natura umana, e la loro uscita è stata salutata in modo
assai meno burrascoso. Dunque, nella speranza che siamo maturati, almeno per quanto
riguarda la nostra disponibilità a prendere in considerazione idee di questo genere, mi
permetterò di avanzare una ipotesi assolutamente non originale: che cioè, mentre in
alcuni settori della vita gli uomini e le società mostrano enormi differenze tra loro, in
altri il comportamento umano si mantiene piuttosto costante in tutte le culture
conosciute, ed è addirittura condiviso dai nostri più stretti parenti non umani.
[ Su ] [ pag. 2 ] [ pag. 3 ]
|