La societa' aperta
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La società aperta di Karl Popper

di Ralf Dahrendorf

Dal 1952 al 1954 sono stato allievo di Popper presso la London School of Economics. Nel 1962 ho organizzato il dibattito su " Dialettica e positivismo " tenutosi a Tubinga (e che ha visto contrapposti razionalismo critico e teoria critica della società). A partire dal 1974 Popper ed io ci siamo incontrati regolarmente.

Erano gli anni cinquanta quando Karl Popper, di ritorno da un viaggio in Nuova Zelanda, decise di fare tappa a Hong Kong. Non conoscendovi nessuno, inviò un telegramma al suo " datore di lavoro ", il direttore della London School of Economics ( LSE ): " Prego telegrafare chi sono rettore di Hong Kong ", cosa che questi fece subito:

" Karl Popper, professore di logica e metodologia della scienza Università di Londra stop uno dei più grandi filosofi viventi ". Già allora, forse, coloro che lo conoscevano erano più di quanti egli supponesse. Questo professore così delicato e fragile, che ha sempre tenuto in grande considerazione le proprie idee, riteneva al tempo stesso di essere pressoché sconosciuto nel mondo.

Si potrebbe essere tentati di descrivere la vita di Popper come povera di avvenimenti e ricca di conquiste e di dispute intellettuali. La fuga dall'Austria al tempo del nazismo ha rappresentato una rottura forzata, destinata ad avere effetti duraturi. Il giovane studioso di scienze naturali e filosofo si era già emancipato dai metodi in uso presso la scuola di Vienna e ancor prima di allontanarsene aveva pubblicato la sua prima grande opera, la Logica della ricerca scientifica. La via dell'esilio, in seguito, l'avrebbe portato lontano, in Nuova Zelanda. Qui, negli anni della guerra, prese corpo la sua seconda opera di rilievo, La società aperta e i suoi nemici.

Il suo connazionale, il liberale Friedrich von Hayek, lo liberò dalla quiete di questa lontana isola portandolo con sé alla London School of Economics. Qui egli mostrò di essere un professore combattivo, che talvolta pretendeva più tolleranza di quanta potesse praticarne, riuscendo ad influenzare generazioni di studenti. In pari tempo però nessuna disputa gli scappava: quella col suo connazionale Wittgenstein, per esempio, che quasi finiva in rissa. L'influenza di Popper aumentò, così come i riconoscimenti tributatigli. Molte grandi università hanno dimostrato la loro stima nei suoi confronti. In Gran Bretagna egli è diventato sir Karl Popper ; in Germania e in Austria gli sono state attribuite alte onoreficenze. Politici di molti paesi e di diversa osservanza amano richiamarsi al grande filosofo, il quale, per parte sua, vede di buon occhio una tale eco presso uomini d'azione.

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Dietro tutto questo si nasconde un atteggiamento di fondo di Popper, che lo ha reso sempre più isolato all 'interno della comunità scientifica: egli ha sempre conservato la dimensione pubblica dell'uomo di scienza, ed in ciò è paragonabile, in questo secolo, soltanto ad Einstein. L'organizzazione della scienza in comparti disciplinari era per lui un orrore. Ancor più detestava i tentativi di utilizzare un linguaggio ermetico quale dimostrazione di scientificità. Molti dei lavori di Popper sono estremamente complicati, inaccessibili al profano. Tuttavia la loro complessità si spinge fin dove è necessaria. Il suo principio è di rivolgersi a tutti. La scienza per lui è sempre essoterica.

E proprio questa peculiarità a volte ha procurato difficoltà ai suoi amici. Popper era capace di andare fuori di sé se illustri, dotte società come la Royal Society ignoravano le idee non ortodosse delle giovani generazioni. Egli, inoltre, ha sempre preso parte a discussioni - sul diritto di voto, sulla difesa nucleare, sulla necessità di istituire la censura televisiva - offrendo contributi talvolta assai problematici. Anche allora rimaneva sempre l'amabile professore, un po' originale, di cui vengono narrati aneddoti. In occasione del ricevimento che organizzai in onore del suo ottantesimo compleanno presso la London School of Economics, dopo il mio discorso, si alzò, si guardò intorno imbarazzato e disse: "Ho dimenticato quello che volevo dire". Successivamente, al momento di congedarsi, il suo imbarazzo crebbe, trasse un lungo manoscritto dalla tasca e me lo porse: "Questo è il discorso che avevo preparato, ma quando era il momento di leggerlo me ne ero completamente dimenticato. Non prendertela a male". Come sarebbe stato possibile, per questo o per qualsiasi altra cosa, prendersela a male con lui!inizio_pagina.gif (1503 byte)

Popper però vive soprattutto nelle sue idee; di due di esse si può tranquillamente dire che siano grandi idee che hanno mutato il mondo. La prima è di carattere epistemologico: la verità può essere sempre soltanto cercata e non possiamo sapere se essa viene mai raggiunta. La sua ricerca tuttavia rappresenta qualcosa di più dell'infinita raccolta di osservazioni ed esperienze; essa è un processo creatore, un processo, cioè, che è parte della teoria; la teoria è come una rete che noi stendiamo sopra il mondo dell'esperienza.

Una tale teoria è sempre ipotetica. E compito della ricerca confutare le deduzioni della teoria, di falsificarla (per usare il vocabolo prediletto di Popper). La conoscenza progredisce attraverso la falsificazione di teorie e con la loro sostituzione ad opera di teorie migliori, ipoteticamente più ricche. Esperimento ed errore costituiscono il percorso della verità.

Chiunque definisca positivistico questo approccio o non lo ha compreso, oppure intende sminuirlo con una definizione equivoca. Il modo di procedere di Popper produce, al contrario, il superamento di quella forma piuttosto ottusa di epistemologia che intende ammettere solo i "fatti", vale a dire le esperienze primarie. Egli ha descritto la scienza come veramente è, vale a dire come un'avventura densa di conflitti. Anche per questo il suo metodo appare oggi pressoché indiscusso all'interno delle scienze naturali e delle scienze sociali esatte.

Un'altra grande idea di Popper concerne la teoria politica o, se si preferisce, la filosofia sociale. In un certo senso essa rappresenta il risvolto pratico dell'epistemologia. Anche in politica nessuno conosce la verità. Più ancora, chi afferma di conoscerla ci conduce su pericolosi falsi sentieri.

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I filosofi-re di Platone, lontani dal costituire modelli auspicabili, sarebbero dei veri tiranni, capaci di erigere il potere sulle proprie, private verità. Ciò di cui abbiamo bisogno non è una società chiusa, in cui qualcuno dia ad intendere di possedere ogni risposta, bensì una società aperta che vive di contrasti e che nasce dalla libertà proprio perché in essa nessuno può permettersi di dogmatizzare le proprie soluzioni. Anche nella vita pratica, quindi, siamo all'esperimento ed errore. Il progresso è come una lumaca che va avanti sempre passo dopo passo. Questo tuttavia non deve costituire motivo di lamentele, bensì rappresentare una fonte di energia.

Tra tutti gli autori dell'epoca del totalitarismo Karl Popper è quello che più insistentemente ha dato voce alla contrapposizione rappresentata dal liberalismo illuminato. L'eredità che egli lascia è costituita dalla definizione della società aperta e dalla formulazione del suo significato, ispirata più ad una politica civica che non di partito. E quindi chiaro perché molti politici si richiamino a lui.

Lo stesso Popper ha sempre preso atto con sentimento contrastante dell'ampio risalto incontrato dalle sue due concezioni di fondo , la scienza come progresso attraverso la sua falsificazione, la politica come sviluppo della società aperta. Effettivamente la sua opera non si presta a formulazioni così semplici. Il suo contributo alla fisica, in particolare alla teoria dei quanti, deve essere valutato dagli uomini di scienza. Negli ultimi anni, soprattutto nel suo libro L'io ed il suo cervello, composto insieme a John Eccles, egli si è avventurato nella dimensione della filosofia della natura speculativa. Interi volumi della sua produzione stanno a dimostrare l'ampiezza nonché l'attualità dei suoi interessi. La sua poderosa autobiografia scientifica resta una fonte ricca di insegnamenti, soprattutto per il lettore dotato di un senso critico popperiano. Tutte queste opere riconducono tuttavia alla tesi centrale che in un mondo di incertezze non possiamo che tentare di fare del nostro meglio, il che spesso significa rilevare la falsità dello stato di cose presenti o tramandate. In questo senso la conoscenza è sempre critica, la politica sempre conflitto - ed entrambe, critica e conflitto, sono condizione della libertà.

Nessuno tra coloro che l'hanno conosciuto può dimenticare la sua ostinazione nel sostenere le proprie idee, la sua fantasia polemica, i suoi occhi luccicanti d'emozione durante le discussioni. Nessuno, tra i più intimi, può dimenticare questo uomo timido, bisognoso di protezione. Per anni è rimasto in ritiro nella sua casa quasi incantata di Penn, nel Buckinghamshire, insieme ai suoi libri e ai suoi manoscritti. In questi anni egli sarebbe forse tornato volentieri a Vienna, la sua città natale; ma sua moglie, alla quale era legato da un'unione affettiva straordinaria, non voleva. Alla sua morte, avvenuta nel 1985, alcuni cari e premurosi amici lo aiutarono a trovare una nuova casa nel Surrey, alle porte di Londra. Lì ha continuato a meditare sui suoi manoscritti, soprattutto su quelli di teoria fisica e, qualora questa definizione non sembri del tutto inaccettabile, su quelli dedicati alla metafisica biologica.

In occasione del suo novantesimo compleanno si ritrovarono in quella casa i suoi amici più stretti, Ernest Gombrich e la moglie, Brian Magee, l'indispensabile signora Mew. Fiori e telegrammi giunsero da tutte le parti. Un professore giapponese fotografava zelante. Karl Popper si accorse a malapena di tutto ciò. Il suo spirito attivo celava altre preoccupazioni: aveva scoperto che il suo amico di un tempo, Andrei Sacharov era stato coinvolto nella crisi di Cuba e, in genere, che aveva giocato un ruolo nella politica minacciosa dell'Urss. Egli tentò allora di persuaderci a rivedere l'idea che ci eravamo fatti dì Sacharov. Questi non sarebbe stato un combattente per la libertà ma un "criminale di guerra". Fu così che ci trovammo tutti profondamente coinvolti in una seria discussione con questo grande uomo.

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L'esperienza del nazionalsocialismo ha avuto come conseguenza uno sviluppo del pensiero politico liberale. Immediatamente prima e dopo il 1945 fecero la loro comparsa opere importanti di Wilhelm Ròpke, Friedrich von Hayek e in seguito, soprattutto, La società aperta e i suoi nemici di Karl Popper, che può senza dubbio essere considerata un capolavoro, seppure Popper desti talvolta l'impressione di fare come se non esistesse. Ciò non è dovuto ad un cambiamento di posizione da parte di Popper, bensì al fatto che egli certamente vorrebbe esser ricordato più come metodologo e teorico delle scienze naturali. " Di scienze sociali in realtà non capisco nulla ", mi ha detto una volta conversando.

La grandezza dell'opera di Popper risiede proprio nell'inscindibile unione di entrambe le sue parti. Non possiamo conoscere la verità, dice il logico, possiamo soltanto stabilire cosa è falso. È perciò errato voler dare dimostrazione definitiva delle teorie attraverso massicce raccolte di dati. Il vero progresso della scienza è costituito dalla confutazione, dalla falsificazione di teorie precedenti. E proprio questo nella Società aperta viene da Popper applicato alla storia. " La storia non ha un senso ", afferma laconicamente. Nel migliore dei casi la storia è una sequenza di esperimenti ed errori e pure la sua spiegazione non può condurci ad estrapolazioni sul futuro. " Invece di ritenere noi stessi dei profeti, dobbiamo diventare artefici del nostro destino. Dobbiamo imparare a fare le cose come sappiamo farle, facendo attenzione ai nostri errori. E se rinunciamo all'idea che il potere si erige nella storia a nostro giudice, se cessiamo di romperci la testa sulla possibilità o meno di ottenere giustificazioni dalla storia, allora, un giorno, potrebbe perfino accadere di riuscire a mettere sotto controllo il potere. Allora potremmo addirittura dare noi giustificazione alla storia; ciò di cui essa ha impellente bisogno ".

C'è in questa affermazione un po' troppo pathos rispetto a quello che ci attenderemmo da Popper. Si tratta però dell'ultimo capoverso del libro. Nella sostanza, entrambi i volumi della Società aperta rappresentano acute polemiche, splendidamente iconoclastiche, contro i grandi pensatori del passato. Non è vero che noi tutti, a scuola, abbiamo " trattato " Platone e Aristotele senza spendere neanche un attimo a pensare se ci piacevano o se l'uno ci piaceva e l'altro no? Il lavoro di demolizione di Popper lascia ben poco dell'utopia platonica. Certo, chiamare Platone " totalitario " comporta molte conseguenze. E la separazione tra Socrate e Platone è senz'altro assoluta. Ma che la società chiusa dello " stato " platonico debba condurre alla schiavitù è stato dimostrato in maniera difficilmente confutabile da Popper: "Dobbiamo inoltrarci in ciò che è sconosciuto, incerto ed insicuro usando tutta la ragione che abbiamo per poterci garantire sicurezza e libertà ".

Da Platone Popper salta all '" epoca aurea della profezia ", ai sistemi chiusi della filosofia del diritto hegeliana e della prosecuzione marxiana di Hegel. Per Popper non è un caso che il totalitarismo comunista sia risultato dalle idee di Marx; nel sistema chiuso dell'utopia il presente viene fabbricato. Tutto questo e stato mostrato da Popper con uno stile che è al tempo stesso dotto e irriverente. Questo stile non può provenire da Vienna, la sua città natale. In Nuova Zelanda, dove l'immigrazione lo portò inizialmente, egli ha assorbito il modo anglosassone di argomentare. Alla London School of Economics egli portava con sé soltanto il manoscritto del suo libro; ciò bastò a farlo nominare lettore nel 1945 e, quindi, professore straordinario di logica e metodologia scientifica. Una volta arrivato a Londra scrisse La miseria dello storicismo ed altre opere, in qualche modo collegate alla Società aperta. Egli tradusse ed ampliò inoltre la sua Logica della ricerca scientifica, scrisse sulla teoria dei quanti e della relatività fino a quando, pochi anni fa, iniziò ad intraprendere escursioni ai confini della metafisica col suo L'io ed d suo cervello.

Non ha senso discutere su chi sia il più grande filosofo di questi anni; chiaramente Popper è uno dei candidati, anche perché egli mantiene la propria influenza sul mondo specialistico della filosofia e delle scienze sociali e naturali, rivolgendosi al tempo stesso ad un pubblico più vasto. In occasione del suo settantacinquesimo compleanno l'allora cancelliere tedesco, Helmut Schmidt e il leader socialdemocratico austriaco, Bruno Kreisky inviarono lettere e telegrammi e così fecero anche i capi dell'opposizione Kohl e Taus. Alla mia domanda se non lo inquietasse l'essere chiamato in causa da ogni corrente politica, la sua risposta fu: " E perché mai? In fondo tutti sanno cosa penso ".

Dal punto di vista di quella politica che ritiene indispensabile l'identificazione con un partito, questo non è certamente vero. Popper può però essere tranquillamente definito come il fondatore di una nuova, moderna concezione della democrazia. La democrazia è la forma costituzionale in cui, pur essendo necessario cercare nuove vie, rimane possibile correggere gli errori.

                             

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