FASCISMO CLANDESTINO AL SUD

 

Non a tutti è noto che, durante il periodo in cui funzionò la R.S.I., nei territori occupati del sud Italia si sviluppò una “resistenza” fascista anche armata, che non degenerò, come al nord, in guerra civile per una precisa direttiva che Mussolini fece pervenire ai gruppi fascisti del sud. Egli, infatti, voleva assolutamente evitare fin che era possibile, che italiani combattessero altri italiani.

 Fin dal 28 e 29 settembre a Napoli ci furono dei franchi tiratori che, isolati o in gruppi, si opposero all’invasione, ingaggiando, in certi casi, vere e proprie battaglie. Molti di loro furono catturati e subito uccisi, altri, dopo una strenua resistenza, si uccisero.  Ma altri ancora riuscirono a ritirarsi a nord e si arruolarono nelle Forze Armate della R.S.I.

 Un grande, forse il più noto, animatore della resistenza fascista al sud fu il Principe Valerio Pignatelli, che era stato valoroso comandante di arditi nella prima guerra mondiale, comandante di Dubat in Africa Orientale, comandante di Frecce nere in Spagna e anche comandante di paracadutisti. Egli fu in Calabria ove creò una notevole organizzazione ricca di giovani. Ben 88 di essi, purtroppo, furono scoperti e catturati. Subirono un processo nell’aprile del 1945 e furono condannati a vari anni di carcere. Al momento della lettura della sentenza, fra lo stupore e l’imbarazzo della corte e delle forze dell’ordine, intonarono a gran voce “Giovinezza”.

 Nel dicembre 1943 Pignatelli fu a Napoli, ove, pure, organizzò un importante centro di resistenza. Vivendo a contatto, per la sua posizione in società, con alti ufficiali anglo-americani, riusciva a carpire importanti notizie che, poi, trasmetteva al servizi della R.S.I. mediante una radio-trasmittente che gli era stata fornita da agenti della R.S.I. in missione al sud oltre le linee. Valorosissima sua collaboratrice fu la moglie Maria Pignatelli, che attraversò il fronte ed ebbe contatti anche con lo stesso Mussolini. Purtroppo un infiltrato li tradì ed entrambi furono arrestati e maltrattati. Il Principe fu condannato a dodici anni di carcere e fu in varie prigioni fino all’amnistia del 1946. La Principessa fu in diversi campi di concentramento da uno dei quali riuscì a fuggire, vivendo poi in clandestinità fino al 1947.

 Un altro gruppo di resistenza formato tutto da giovanissimi si formò a Palermo e dette vita a un giornale clandestino, “A NOI”, di cui uscirono alcuni numeri ciclostilati. Vale la pena di ricordare un episodio che contrasta pesantemente con le affermazioni ufficiali di una entusiastica accoglienza che le popolazioni siciliane avrebbero riservato agli anglo-americani. Accadde che una volta i giovani del gruppo “A Noi” lanciarono molte copie del loro giornale dal loggione del Teatro “Biondo”. Il pubblico in sala, visto di cosa si trattava, reagì inneggiando al Duce e al Fascismo e cantando inni fascisti.

Chi fosse interessato ad avere ulteriori e più dettagliate notizie sull’argomento, può consultare l’interessante sito dell’Istituto di Studi Storici, Economici e Sociali di Napoli ( dal quale sono state assunte le notizie di cui sopra) all’indirizzo:

 

                        www.isses.it

 

 
 

 

 

 

 


                                           

 

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