PREFAZIONE

"La Vita sospesa - diario dell'anno 1997 è a tutta prima la prosecuzione ideale del pregevole e struggente libro autobiografico dello stesso Autore, "Cronaca di una malattia", pubblicato esattamente un anno fa, sempre per i tipi della Grafica Scisci di Conversano, e pochi mesi dopo di già ristampato a cagione dell'enorme successo che ne aveva rapidamente esaurito la prima tiratura.E' tuttavia lo stesso Autore, nella premessa, ad avvertirci che così propriamente non è, atteso che mentre nella "Cronaca" egli da cronista si sentiva spettatore ed a un tempo attore e protagonista della realtà quotidiana, in questa seconda opera egli si limiterà per lo più ad annotare i fatti quotidiani della sua vita personale, astretto nelle anguste mura domestiche dove la sua terribile malattia lo ha oramai da tempo confinato.Il nesso di consequenzialità che lega questa nuova opera con la precedente è tuttavia evidentissimo, non foss'altro perchè con il presente "Diario" l'Autore ha riempito e sostituito quegli emblematici puntini di sospensione che comparivano, dopo l'anno 1996, sulla copertina del suo primo libro e viene a raccontare al lettore del suo quinto anno di convivenza con questa terribile malattia neurologica, entrando oramai nel sesto, e smentendo quelle rigide statistiche che circoscrivevano ad un ristretto ambito temporale ricompreso fra i cinque e i quarantanove mesi il tempo di sopravvivenza di un ammalato di sclerosi laterale amiotrofica (S.L.A.).Così per Camillo non è stato.Continuando nella battaglia già intrapresa negli anni passati, sorretto dal suo carattere tenace e dalla sua fortissima volontà, aduso, da avvocato, alle quotidiane battaglie proprie dell'agone giudiziario ove bisogna costantemente combattere per far valere i propri diritti troppo spesso minacciati dai soprusi degli altri, temprato, quindi, alle competizioni più dure, Egli non si arrende a quella che per molti potrebbe sembrare una lotta troppo diseguale e, forse, persa in partenza, ma reagisce in tutte le sedi possibili alle ingiustizie ed antinomie del nostro sistema, che mentre a parole tutela come diritto fondamentale e assoluto quello alla salute (art. 32 Cost.), e quello all'integrazione sociale delle persone invalide ed inabili al lavoro (art. 38 Cost.), sembra poi abbandonare al loro destino i malati cosiddetti "inguaribili", ed aiutare le persone inabili e invalide piuttosto a parole che nei fatti concreti.Il tutto ad onta anche del basilare principio di solidarietà, pur esso solennemente affermato nella nostra illuminata Carta Costituzionale (art. 4) e complementare al principio di eguaglianza sostanziale (sancito dal precedente articolo 3, capoverso), ma troppe volle negletto e sacrificato da un'Amministrazione assai spesso lontana dai diritti e dagli interessi della gente comune.Amministrazione che, per usare l'espressione adoprata alcuni anni fa dallo stesso Presidente della Repubblica a proposito dei modelli dí denuncia dei redditi (740) è spesso di tipo "lunare" lontana cioè migliaia dí chilometrí dalle reali esigenze della gente comune (e per questo il Legislatore ha di recente finalmente posto mano ad una radicale riforma del sístema amministrativo volto alla sua razionalizzazione e semplificazione, rendendo i procedimenti più snelli: legge n. 241/90, leggi nn 59/97 e 127/97, seguite da numerosi Decreti Delegati attuatívi e circolari interpretative).L'Autore, sempre a capo della Sezione dell'A.I.S.L.A. per la Puglia, da lui stesso costituita, diviene in breve interlocutore e quasi unico punto di riferimento per i malati pugliesi.Continua a informarsi sulle nuove frontiere per la lotta contro questo terribile male, mantiene i contatti tramite Internet in tempo reale con i massimi centri mondiali di ricerca e di cura della S.L.A.Dopo aver fatto da apripista e aver spianato la strada per la commercializzazione e la dispensa gratuita, anche nel nostro territorio nazionale, del farmaco denominato "riluzolo", unico attualmente specifico per rallentare ìn qualche modo la progressione dì questa malattia, e che, da malato "emigrante" aveva dovuto pionieristicamente procurarsi in Francia, a Marsiglia, ecco l'Autore farsi promotore della sperimentazione di un nuovo farmaco testato - dopo anni dí ricerca ~ dalla casa farmaceutica franco-americana Sanofi Wintrhop.La sperimentazione è pronta a partire in Francia e in altri Paesi europei, ma in Italia tutto è bloccato perchè al Ministero della Sanità ove l'istanza è stata presentata nel marzo del 1997 tutto è fermo e nessuno si muove.L'avvocato Colapinto scrive allora incessantemente al Ministero, interessa al caso centri specialistici italiani e l'Associazione Nazionale degli ammalati di S.L.A., pungola con telefonate, telefax e ulteriori lettere raccomandate la segreteria particolare del Ministro.Tutto però sembra cadere nel vuoto ed è ancora una volta a Marsiglia che l'amico Colapinto deve rivolgersi, per fare quanto meno da cavia, non avendo affatto la certezza di poter essere colà curato dal male.Tutto ciò (ma tanto altro ancora) è descritto in questo pregevole libro anche se purtroppo la parola fine di questa battaglia la vedremo forse solo nella ... ulteriore (da me auspicata) continuazione di questo diario.Infatti proprio a seguito delle polemiche suscitate in tutto il Paese dal caso della cura anticancro del prof. Luigi Di Bella che ha indotto il Ministero ad attivare la sperimentazione della cura fuori dei consueti canoni temporali e cronologici, l'Autore è ritornato in questi giorni alla carica per vedere se ancora qualche cosa si può fare per avviare anche nel nostro Paese una sperimentazione seria e finalmente mirata per la sclerosi laterale amiotrofica.Ma il libro non è solo questo.Esso è miniera di argute e intelligenti riflessioni su fatti e avvenimenti della cronaca quotidiana, dal caso del ventilato rientro dei Savoia in Italia, alla crisi lampo del Governo Prodi, alla cronaca della triste e prematura fine di Lady Diana.Ma, in particolare, è testimonianza appassionata e commossa delle difficoltà sempre crescenti che una persona ammalata di S.L.A. deve affrontare tutti i giorni, trovando ostacoli ovunque.E' raccolta preziosa di esperienze di altri ammalati che da tutt'Italia scrivono all'Autore per avere da lui lumi, consigli, suggerimenti e conforto.Egli pubblica queste struggenti testimonianze, indi riporta le sue lucide risposte, creando un utile strumento di conoscenza per gli ammalati, per le loro famiglie e per il popolo dei cosiddetti "sani", questi ultimi tenuti e non già facultati a conoscere i problemi delle persone meno fortunate di loro.Ecco che quindi nel mese di ottobre del 1997, doppiando il successo ottenuto esattamente due anni addietro, l'Autore organizza in Conversano una seconda giornata di studio in tema di sclerosi laterale amiotrofica, invitando alla medesima i maggiori esperti nazionali, per verificare, se così si può dire, lo stato dell'arte, i progressi avutisi nel campo della ricerca e delle terapie, i progressi anche nel campo degli ausili chirurgici e dei sussidi medicali non invasivi per migliorare la qualità della vita dei malati in stadio avanzato.Chi scrive questa prefazione ha avuto la fortunata ventura di conoscere Camillo Colapinto nel maggio 1996, proprio in occasione di un "viaggio della speranza" al Centro Universitario Ospedaliero "La Timone" di Marsiglia ove si era recato per una visita specialistica neurologica dal prof. Georges Serratrice.E da Camillo chi scrive ha appreso tante cose che nessun medico gli aveva detto o spiegato in tema di malattie dei motoneuroni.L'auspicio è che questo libro, pubblicato anch'esso - come il precedente - con fondi dell'Associazione Italiana per la lotta alla Sclerosi Laterale Amiotrofica ed anch'esso distribuito gratuitamente, atteso l'assoluto disinteresse economico dell'Autore, possa vieppiù contribuire alla conoscenza di questo terribile male e degli immensi problemi che esso crea in chi ne rimane colpito e nelle relative famiglie, dando conseguentemente impulso alla ricerca scientifica e pungolando chi di dovere a fornire ai malati ed alle loro famiglie quell'assistenza di cui essi hanno quotidianamente bisogno ed a cui hanno sacrosanto diritto.

Bari, gennaio 1998

Renato Fiandaca 

  

PREMESSA

A partire dal mese di gennaio del 1997 ho avviato la stesura di questo diario della malattia di cui sono vittima, la terribile sclerosi laterale amiotrofica, da me ribattezzata "la malattia che non c'è".Scrivere mi aiuta molto, mi serve a raccogliere le idee e a mettere ordine ai miei pensieri, a guardarmi introspettivamente, ad organizzare le difese psicologiche per resistere ed essere preparato al peggio. E dunque, fino a quando mi sarà consentito, intendo descrivere il calvario che vivo e quello che mi attende.Nella mia condizione di ammalato incurabile, ho in mente di annotare ed analizzare i dettagli di questa lunga agonia, in tutte le sue pieghe ed i suoi risvolti, esplorando il mio animo, descrivendo il disfacimento del mio corpo, le mie angosce e quelle dei miei familiari, ma anche i momenti di straordinaria ed incredibile serenità che talvolta si possono vivere, nonostante tutto, in questo inferno.Questo diario, nella forma e per il suo contenuto oggettivo, segue al mio precedente scritto, Cronaca di una malattia, pubblicato nel 1996; ma nella sostanza direi che non ne costituisce la prosecuzione. Porre mano ad una "cronaca" significa essere testimone o protagonista di eventi: ciò vuoi dire partecipazione al sociale, alle relazioni pubbliche, all'attività professionale, ecc. Tutto ciò mi sta sfuggendo. Mi resta, dunque, la sola possibilità di annotare, su un diario, la quotidiana fatica di sopravvivere, consumato da un male devastante, stretto nelle mura di casa che, ormai, costituiscono per me l'angusto ma obbligato orizzonte.Ciò che annoterò, non so se potrà interessare molto il lettore. Il contenuto del "diario" probabilmente sarà costituito da fatti assai personali: penso ai problemi concreti con i quali dovrò convivere giornalmente, quali, ad esempio, l'alimentazione, la respirazione, il tipo di letto da usare ecc., cioè a quelle difficili situazioni che appartengono a ciò che considero costituire la "bassa macelleria" della malattia. Assicuro, tuttavia, che in ogni caso, nei limiti delle mie possibilità, certamente non mi tirerò indietro e mi batterò con tenacia e determinazione contro le istituzioni sanitarie, ogni qualvolta sarà necessario, per far valere i diritti negati degli ammalati.La rassegnazione, infatti, è estranea al mio carattere che la malattia non piegherà.Non trascurerò, inoltre, di esprimere le mie considerazioni su fatti e circostanze che mi possano interessare, oltre la malattia. L'infermità mi pone, ormai, nella singolare condizione di poter osservare la realtà, ma senza più avere la possibilità di incidere, in qualche modo, concretamente su di essa. E' come se fossi un mero spettatore della vita che mi scorre attorno, ma dalla quale sono effettivamente escluso, e che mi scivola via senza più coinvolgermi.Con il 1997 inizia il quarto anno della malattia, a far tempo dal momento della diagnosi. Di quello che potrà accadermi non ho alcuna idea, né faccio previsioni. Sopravvivo e lotto alla giornata, affronto i problemi così come si pongono, cercando di risolverli, nella misura del possibile e quando è possibile. (Affermo tutto ciò senza alcuna enfasi, ma, per quanto mi è consentito, con un certo distacco, almeno questa è l'intenzione, attesa la scientifica certezza di dover soccombere.)Ringrazio ancora i familiari impegnati nel difficile compito della quotidiana assistenza: in particolare, oltre mia moglie Maria, unico ed autentico appiglio salvavita, i miei anziani suoceri che si adoperano ininterrottamente nonostante gli acciacchi, mio cognato Vito sempre disponibile, e mio fratello Carlo. Esprimo la mia gratitudine ai nostri molto cari amici marsigliesi, Cesare e Luisa Achille, per la loro non comune generosità e dedizione. Ringrazio fin da ora Vito L'Abbate della sua preziosa collaborazione per la pubblicazione del mio lavoro e l'amico e bravo editore Antonio Scisci Infine, un particolare ringraziamento rivolgo a Enzo Magistà, direttore della redazione giornalistica di Telenorba, al quale mi lega il ricordo, ormai di tanti anni orsono, di lunghe e arroventate partite di tennis al campo comunale. Non ha mai mancato di far conoscere e denunciare, attraverso il suo molto seguito telegiornale, le discriminazioni di cui sono vittime gli ammalati di S.L.A.L'onere economico per dare alle stampe quest'opera viene sostenuto dall'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica e in particolare dell'A.I.S.L.A.- Iniziativa Romagna, che ringrazio riconoscente, nelle care persone dei rappresentanti Rosanna Facciani e Simone Canestrini.Una sorte avversa ed in qualche modo comune ha voluto che, ad un certo punto della loro vita sino a quel momento ricca e gratificante, si incontrassero a Marsiglia un avvocato ed un giudice baresi, e che diventassero amici nella sventura. Ringrazio il dott. Renato Fiandaca, valoroso magistrato, consigliere presso il T.A.R. per la Puglia, per la prefazione che di buon grado ha voluto redigere e che viene anteposta al testo.Il presente diario abbraccia l'arco di tempo dell'anno 1997, con l'aggiunta del mese di gennaio 1998 e di una appendice."SLA significa Sclerosi Laterale Amiotrofica, una malattia che colpisce i motoneuroni (cellule nervose che controllano i muscoli) nel cervello e nel midollo spinale. Il significato letterale è: indurimento (Sclerosi) della porzione laterale (Laterale) del midollo spinale e perdita del trofismo muscolare (Amiotrofica). La SLA è talvolta chiamata "Malattia di Charcot", dal nome del neurologo francese che l'ha descritta per la prima volta nel 1860, oppure "Malattia di Lou Gehrig" dal nome di un famoso giocatore di baseball americano affetto da questa malattia. Nella letteratura anglosassone la SLA è più genericamente denominata "Malattia dei Motoneuroni". Le "Malattie dei Motoneuroni" rappresentano un esteso gruppo di malattie che colpiscono le cellule nervose motorie e più precisamente il I' motoneurone o motoneurone centrale, la cui lesione determina spasticità, ed il II° motoneurone o motoneurone periferico, la cui lesione comporta perdita di forza e di trofismo muscolare.Non c'è cura per la SLA ed il malato assiste in piena lucidità alla perdita progressiva di tutte le funzioni muscolari, fino ad essere completamente paralizzato ai quattro arti ed ai muscoli della bocca e della faringe, così da non poter parlare e deglutire; la paralisi dei muscoli respiratori produce la morte dopo un periodo medio di 2-4 anni dall'esordio della malattia.La malattia colpisce circa 1.5 persona su 100.000 abitanti, è più frequente negli uomini dopo ì 50 anni, ma colpisce anche soggetti più giovani."

(fonte: stralcio da informazioni A.I.S.L.A. su Internet)

Gennaio 1997

Camillo Colapinto

 

 

Amiotrophic Lateral Sclerosis, Motor Neurone Disease, Lou Gehrig's Disease, Maladie de Charcot, quanti nomi per un morbo incurabile, dalla eziologia sconosciuta!

C.C.

GENNAIO

Le condizioni fisiche.

Descrivo alquanto sommariamente le mie attuali condizioni fisiche.Non sono in grado autonomamente di compiere alcuna funzione ed alcun gesto, non sono neppure capace di sfogliare il giornale o le pagine di un libro, non ho la forza di cambiare posizione stando sdraiato a letto. Con l'unico dito in qualche modo funzionate che mi resta, il medio della mano sinistra, supportato da un'asticella di legno, posso ancora usare la tastiera del computer ed il telecomando della tv: è tutto quanto sono capace di fare da solo. Tirato per le braccia, riesco ancora a sollevarmi dalla sedia e dal letto, e tenuto per le mani, posso camminare con passi strascicati e lenti per la casa. Passo tutta la giornata seduto.Ho qualche difficoltà ad ingoiare i liquidi e talvolta la saliva, particolarmente quando sono a letto. Non ho problemi ad ingerire il cibo che mi viene imboccato, ma la masticazione è lenta. La mattina, al momento del risveglio, mi assalgono micidiali crampi agli arti inferiori, ma in compenso ho imparato ad evitare, anche se non del tutto, quei movimenti che determinano terribili crampi all'addome ed al tronco. Sto molto attento anche a sbadigliare, per evitare crampi molto dolorosi al collo, alla gola, alla lingua. Temo pure gli starnuti che mi squassano violentemente il petto, mentre la lingua finisce puntualmente tra i denti ricevendo morsi dolorosi ed inevitabili. Le caviglie generalmente sono gonfie, ma non mi fanno male.Al momento, nel decadimento generale del mio fisico, il problema più grosso è costituito dalla disartria. Quella che era la mia voce è ora un osceno gorgoglio che si disperde nella gola. Parlare mi affatica molto, perché mi sforzo di articolare le parole in modo che possano essere comprese; per la fatica resto senza fiato, mi accaloro, sudo e provo irritazione e frustrazione quando non sono compreso, anche dai miei stessi familiari, come spesso succede. Ormai non uso quasi più il telefono, sicché è ora mia moglie Maria che tiene i contatti con i malati ed i loro familiari.Per quanto riguarda i farmaci, assumo da tempo il Riluzolo e le vitamine C ed E ad alte dosi. Il peso corporeo è di kg. 70. Quando ero in salute e sportivamente in forma, il peso era stabilizzato su kg. 67. Tuttavia non ritengo possa correttamente affermarsi che la malattia mi abbia fatto dono di tre chilogrammi. In realtà ho perso quasi del tutto le masse muscolari che, grazie al ciclismo praticato intensamente, avevo particolarmente sviluppate nelle gambe. Ma la perdita del peso muscolare è stata compensata dalla crescita di una ignobile pancia e dall'ingrossamento del collo, regali indesiderati della sla. Ciò ha comportato la trasformazione del mio corpo, divenuto a me stesso irriconoscibile. In ogni caso è bene tenere sotto controllo il peso corporeo affinché non diminuisca.Il nuovo anno non è iniziato bene perché, nonostante la preventiva vaccinazione, sono stato colpito dall'influenza. Pur non avendo febbre, ho sofferto di un terribile ed interminabile raffreddore, con catarro e muchi consistenti, che mi impedivano di respirare stando a letto. Ho dovuto trascorrere alcune notti in bianco sul divano e ricorrere ad una copertura preventiva di antibiotici per scongiurare pericolose complicazioni.In questo mese ho acquistato una comoda poltrona che, azionata elettricamente, consente di assume varie posizioni, da completamente sdraiato allo stare in piedi. La poltrona, costata la ragguardevole somma di L. 3.400.000, come la carrozzella è importata dagli U.S.A. E' incredibile persino per questi ausili siamo indietro e si deve ricorrere all'estero per avere strumenti più moderni e confacenti.

Il tema del "dolore" nella sla.

Per quanto abbia cercato, non mi è riuscito di trovare alcuno scritto o lavoro sul tema. Se la ricerca non è stata lacunosa, come credo, significa che l'argomento non suscita particolare Interesse negli studiosi. Permane così la generale disinformazione che da sempre circonda la malattia, a nocumento delle vittime. Pure, tenuto conto della gravità della malattia, il tema non dovrebbe essere considerato secondario.L'assenza di informazione sulla sla, tra gli altri svantaggi, incrementa le probabilità che gli ammalati più facilmente diventino preda di guaritori, sciamani, praticanti di pseudo medicine alternative, insomma ciarlatani ditutte le risme. Tra costoro alcuni sono anche medici, altrimenti disoccupati, tutti accomunati dalla pingue occasione di facili e sostanziosi guadagni, sfruttando la disperazione e la sofferenza altrui. E non si creda che di questi signori siano vittime solo le persone di scarsa cultura, giacché la disperazione degli incurabili elimina qualsivoglia distinzione tra coloro che soffrono.

Dunque, precisando che io non ho alcuna competenza o preparazione per trattare un tema così difficile come quello del dolore, complesso e arduo argomento di medicina, bioetica, religione, filosofia ecc. discipline a me incognite, vorrei limitarmi a svolgere, senza alcuna pretesa, alcune brevi considerazioni, frutto soltanto della singolare esperienza di chi è costretto a vivere all'interno di un tunnel senza uscite. Per quanto possa contare la mia idea empirica sulla sofferenza, devo osservare che sono venuto nel convincimento che il dolore, nel suo più ampio significato, deve soprattutto intendersi come "separazione" dell'individuo sofferente da tutti gli altri.

Il dolore da malattia è costituito dal sommarsi del dolore fisico e di quello psichico. Direi che nella sla il dolore fisico non rappresenta, generalmente, la componente più significativa. Esso è dato dalla crescente stanchezza, dai crampi, dalla spasticità, dalla immobilità, a cui vanno probabilmente aggiunte anche l'eventuale insonnia e la stipsi. Preponderante è invece la sofferenza psichica, più difficile da descrivere, catalogare, misurare, lenire, in quanto vissuta e sperimentata in modo diverso da individuo a individuo, in ragione della personalità, del grado di cultura, del contesto familiare, economico e sociale nel quale ciascuna delle vittime è inserita.

Il dolore psichico è provocato dall'ansia per la paura del dolore, la paura della morte, la paura dell'ospedale, la paura degli interventi chirurgici, dai problemi familiari, dalle difficoltà finanziarie, dall'incertezza del futuro. Ma altra significativa componente della sofferenza psichica è la depressione, derivante dalla constatazione del fallimento delle cure, dalla rapidità del decorso ingravescente della malattia che comporta anche l'alterazione dell'aspetto fisico, dalle difficoltà burocratiche, dalla mancanza di aiuto da parte della parentela, dal rarefarsi delle visite degli amici, dalla irreperibilità dei medici, dalla impossibilità di controllare il proprio corpo. Quest'ultimo aspetto non significa solo la paralisi degli arti inferiori e superiori (assicuro che questa circostanza è paradossalmente, a ben vedere, la meno preoccupante), ma, in particolare, la perdita di contatto con il cibo per la impossibilità di ingoiare, l'impossibilità di poter parlare e dialogare, e la terribile sensazione di soffocare per la insufficiente capacità respiratoria.

Non è finita. La depressione viene causata, inoltre, dalla constatazione della perdita di ruolo nella famiglia, dal calo di prestigio sociale, dalla cessazione dei lavoro e dei conseguenti guadagni.

Come è dato di vedere, in questa orribile e fatale malattia dai records tutti drammaticamente negativi, le cause che determinano la sofferenza psicologica appaiono tutte spettacolarmente presenti e si accaniscono insieme, come difficilmente si può riscontrare in altre malattie gravi. Si aggiunga, tra le tante "specialità" della malattia, il fatto che essa non colpisce solo la vittima, ma travolge l'intera famiglia, lasciando segni indelebili in ciascuno dei componenti. Anche questi, infatti, ne saranno pienamente coinvolti, qualunque comportamento essi osserveranno, e patiranno la sofferenza psicologica che la sla impone.

Naturalmente, nessuno si preoccupa di curare questa sofferenza dell'ammalato e dei suoi familiari. La cura, fortunatamente possibile (almeno questa), servirebbe quanto meno a rendere più tollerabile la difficile e problematica sopravvivenza, e potrebbe sicuramente contribuire a stemperare le pesanti tensioni che, talvolta, si creano e si possono accumulare in famiglia. Non tutti i componenti, infatti, sono sempre disposti a sopportare le pesanti limitazioni che a ciascuno di essi pone la malattia del loro congiunto.

Il medico di famiglia e il neurologo, in realtà privi di adeguata preparazione, si dimostrano non competenti ad intervenire per approntare una qualche cura o terapia; perciò, sarebbe necessaria un'assistenza specialistica domiciliare che preveda, tra gli altri, l'intervento dello psicologo anche per i familiari dell'ammalato.

Ma questi sono supporti previsti e approntati solo da sistemi sanitari di alcuni paesi europei, non certo dal nostro che, a giusto titolo, fa la sua bella figura tra quelli extra comunitari. Come è noto, da noi i problemi, specialmente di questo genere, si risolvono al solito modo: semplicemente ignorandoli!

Le nuove amicizie.

Vivendo situazioni come la mia, si creano nuove conoscenze e si stringono nuove amicizie cementate dalla comune sofferenza. Così a me è capitato, nell'adoperarmi in favore dell'associazione, di conoscere molte persone e diventare amico di alcune. Così è stato, ad esempio, per Umberto Amodeo e sua moglie Anna, di Potenza, Franco Mellone e Della D'Ettorre di Taranto, il prof.Capursi di Bari, la famiglia Montanini Guaragnella di Roma, Saverio Creanza di Altamura, la sig.ra Perini di Milano, Simone e Rosanna Canestrini di S.Piero in Bagno, Cesare Achille e la sua famiglia di Marsiglia, il dr. Renato Fiandaca di Bari ed i suoi familiari, il prof. Di Mauro, il prof. Scarlato, il prof. Serratrice, i dottori Azulay, Cassano, Maggio, Mora, Serlenga, Silani.

Dalla sig.ra D. D., compagna di sventura, il 2 gennaio ho ricevuto la lettera che trascrivo con la mia risposta.

... 23 dicembre 1996

Caro Camillo, finalmente ti scrivo tramite computer c'è stato un vero e proprio lavoro di équipe, hanno messo a punto mio marito, mio figlio, il fisioterapista e un amico meccanico dentista, un ausilio che mi permette di battere la tastiera con il mento.

Il tuo libro l'ho letto immediatamente, ma aspettavo questo momento per poter scrivere in privato, senza bisogno di altre persone. Scrivere per me è molto importante perché riesco a farmi capire come una volta, inoltre non sono travolta dalle emozioni.

Il libro mi è piaciuto molto. Leggendo ho rivissuto le situazioni che io stessa ho provato anche se in modo diverso.

La prima cosa che la malattia mi ha tolto è stata la parola, quindi il lavoro, che amavo e che mi gratificava, la possibilità di comunicare con gli altri, per cui ho perso molti amici e parenti che forse non sono tali.

Fin da bambina ho amato dipingere perciò instancabilmente ho pro~ dotto quadri pensando ogni volta che quello che stavo facendo fosse l'ultimo. E così è stato.

Più di un anno fa ho cominciato a scrivere degli appunti che riguardavano la mia vita, indirizzati ai miei figli, ma ho perso a poco a poco l'uso delle mani. Finalmente posso riscrivere, mi sento più FORTE, ho un sacco di progetti in mente.

Leggendo il tuo libro ho imparato a conoscerti meglio, sei una persona piena di energia, che trasmetti anche agli altri, la tua vita è stata una corsa continua, adesso fermati, pensa un po' a te stesso, ama un po' di più Camillo.

Noi non abbiamo futuro, io ho rimosso anche il passato per non confrontarlo col presente, dobbiamo vivere alla giornata, dando il più possibile ai nostri cari.

Caro Camillo, durante la partita a scacchi con il cavaliere nero sappi

che non sei solo, a fare il tifo per te ci sono tua moglie, i tuoi figli, i tuoi

amici e anche noi compagni di ... avventura. Certo la partita è dura e diffi

cile, ma non credo che tu sia tanto tenero. Mi permetti di darti un consiglio, continua a scrivere. Se puoi scrivimi, anzi se sei in contatto con altri

sfortunati come noi a cui farebbe piacere scambiare notizie, io sarei disponibile.

Sto leggendo un libro molto interessante, forse lo conosci già, dí Stephen W Hawking: "Buchi Neri e universi neonati"; l'autore è malato di SLA da più di venti anni, nella sua opera parla della malattia e di come fa a comunicare con gli altri, è interessante, se non lo hai letto fallo.

Sta per arrivare il Natale, auguro a te e alla tua famiglia di trascorrei-lo serenamente, mi farebbe piacere se durante le feste ci vedessimo, magari prendiamo appuntamento per telefono.

Un abbraccio a te, Maria e Andrea. Scusami se ti ho annoiato.

Conversano, 2 gennaio 1997

Carissima D., ho ricevuto e letto solo oggi, due gennaio, la tua bella lettera che mi ha commosso. Ho deciso di risponderti immediatamente, nonostante che da cinque giorni sono tormentato dall'ínfluenza che mi ha reso afono e mi impedisce di riposare la notte, perché a letto non riesco a respirare; nel contempo nemmeno mia moglie Maria, sempre più stanca, riesce a riposare. In breve piove sul bagnato.

Sono felice di apprendere che grazie a moderne tecnologie hai ritrovato l'antica libertà e la facoltà di poter comunicare, che ti senti più forte e che tu abbia tanti progetti. Brava! Tutto ciò certamente allunga la vita. Mi viene in mente un verso di una splendida ed antica ballata di Bob Dylan: "Chi non si impegna a risorgere, si impegna a morire". Come non riconoscersi?

Con riferimento al mio scritto, che hai letto nella forma incompleta e non definitiva, ti ringrazio per le parole di apprezzamento. Finalmente, ora il lavoro è ultimato, è in tipografia, ove saranno stampate mille copie; il libro dovrebbe essere pronto per la fine del mese, sarà mia premura consegnarti personalmente una copia. Nella versione definitiva si compone di circa cento pagine, è diviso in sei capitoli preceduti da una prefazione e da una premessa, e seguiti da un'appendice. La prefazione è costituita da due lettere molto belle che hanno voluto inviarmi il prof. G. Scarlato di Milano e il prof. G. Serratrice di Marsiglia dopo aver letto il mio lavoro, e che per me costituiscono motivo di grande soddisfazione.

Infine, molte copie saranno spedite all'A.I.S.L.A. e alle sedi regionali, al fine di creare occasioni di dibattito e manifestazioni varie. Spero che tutto questo mio impegno serva a qualcosa.

Di Stephen W Hawking non ho letto il libro a cui ti riferisci, ti sarei grato se mi indicassi la casa editrice.

Certo che non smetto di scrivere, infatti ho deciso di scrivere un diario della malattia, a partire da adesso. Ti spedisco copia della premessa, già pronta. Ti suggerisco di fare altrettanto.

A me puoi scrivere quando vuoi e se ne hai voglia, e spero proprio che tu lo faccia spesso. Ma facendo il mio nome puoi contattare anche la sig.ra Maria Pia Pavani di Cormons. La signora Maria Pia è stata colpita dalla sla a 47 anni, ora è completamente paralizzata ed è attaccata ad un respiratore, ma come te in grado di azionare il computer con il mento. E' madre di tre giovani figli, e vuole comunicare con altre persone. Ancora puoi contattare la mia amica sig.ra Rosanna Canestrini di San Piero in Bagno, anche lei giovane e coraggiosa signora colpita dalla sla, intubata e completamente paralizzata. Infine potresti scrivere all'A.I.S.L.A di Novara che sul notiziario dell'associazione pubblica le lettere degli ammalati.

Con la promessa di farti visita quanto prima, saluto affettuosamente oltre te, Franco e i ragazzi.

Camillo Colapinto

Il 19 gennaio la signora mi ha indirizzato la seguente lettera.

19 gennaio 1997

Caro Camillo, ieri ho ricevuto la tua lettera, mi ha fatto un immenso piacere. Mi dispiace sapere che ti sei beccato l'influenza, sicuramente ora ti sentirai giù, ma nel giro di un paio di settimane riprenderai la tua vecchia forma. Io un mese fa ho avuto raffreddore e mal di gola, mi sentivo molto debole, ma dopo una decina di giorni mi sono ripresa. Chissà quale santo mi ha protetta, ma nonostante la rinite, ho avuto pochi problemi respiratori. Il mal di gola, invece, mi ha procurato disturbi nella legislazione.

Ora basta parlare della salute che non c'è, l'importante è sopravvivere, sperando che ciò avvenga nel migliore dei modi. Sono contenta che il tuo libro è pronto, che hai avuto i complimenti dal dr Serratrice e dr. Scarlato, non vedo l'ora di leggerlo e di passarlo ai miei amici. Non so se te ne ho parlato, ma anche io da un anno sto raccogliendo i miei scritti, anche se ho dovuto bloccare il lavoro per un po'per via delle mani. Ho scelto la forma epistolare rivolta ai miei figli, affinché loro possano capire chi sono, giacché la comunicazione verbale mi è difficile. Parlo loro della mia e della loro infanzia, di vecchi ricordi di famiglia, della nuova vita che da quattro anni ormai facciamo. Voglio che sappiano che le mie scelte sono state fatte sempre in maniera tale da farli soffrire il meno possibile. Mi sento molto responsabile per la loro nascita, non avrei mai immaginato un simile epilogo. Talvolta penso di essere un peso, farei un favore ad alcune persone se non ci fossi, ma ci sono i miei figli che per ora hanno bisogno di me, allora mi aggrappo alla vita con le unghie e con i denti e chiedo alla mia malattia di aspettare il più possibile. E'un vero e proprio braccio di ferro, non so se vincerò, ma non sarà troppo facile per lei. Certo non starò ferma ad aspettare che lei compia il suo scempio, la mia mente è ancora sana e viva e voglio dimostrarlo agli altri.

Caro Camillo, ho letto con un po'di tristezza la premessa del tuo diario, ti sento troppo pessimista, non tifare travolgere. Ti consiglio di leggere presto quel libro, ti caricherà sicuramente, la casa editrice è la Rizzoli Libri s.p.a.

Venite al più presto a trovarci, trascorreremo una bella giornata insieme. Un abbraccio a te, Maria ed Andrea

Ho così risposto.

Conversano, 28 gennaio 1997

Carissima amica D., mi rallegra l'apprendere dell'esistenza di una tua raccolta di scritti, in particolare diretti al tuoi diletti figlioli. Potremmo dire che questa schifosa malattia ci trasforma almeno in scrittori. Il tema da te proposto: il dialogo epistolare con i figli, altrimenti impossibile, è tenerissimo e delicato, testimonianza di un sovrumano affetto materno che non viene meno e non abdica neppure nelle circostanze più drammatiche. Purtroppo questi comportamenti di quotidiano, direi normale eroismo, che per tanti dovrebbero rappresentare un modello da seguire, poco importano all'indifferente mondo delle persone sane, che solo qualche tempo fa era anche il nostro.

Mi dispiace, invece, che tu ti sia rattristata alla lettura della premessa del mio diario, traendo l'erroneo convincimento di un mio stato d'animo alquanto pessimistico ed arrendevole alla malattia. Fortunatamente non è assolutamente così, anche Maria si è meravigliata di questa tua impressione.

In realtà il mio atteggiamento nei confronti della malattia non è mai cambiato, né può nel tempo mutare, io sto ai fatti e all'inarrestabile evolversi ingravescente del morbo, da cui nessuno si è mai salvato. Vedi, cara D., nei confronti della sla non ha senso essere ottimisti o pessimisti, si può essere tali solo di fronte ad un evento futuro ed incerto, ad esempio, se l'Italia ce la farà o meno ad entrare in Europa, ma non di fronte ad un evento futuro e certo quale, allo stato, l'epilogo del nostro dramma personale, che, parafrasando i latini, è unicamente un evento "certus an incertus quando".

A noi che non possiamo guarire, resta solo la speranza di prolungare la sopravvivenza, periodo di tempo che, essendo abituato a chiamare le cose con il loro vero nome, definisco realisticamente una agonia o un calvario, non sono in grado di indicare altrimenti, senza che ciò mi disturbi più di tanto.

Bene, il raffreddore è passato e ci vedremo presto.

Un abbraccio affettuoso a tutti.

Camillo Colapinto

Una piccola rivincita.

Nell'estate del 1995 denunciavo nella Cronaca che i malati di sla non potevano ottenere in Italia il Riluzolo. Questo farmaco, non sperimentato nel nostro Paese (dove però nessuna ricerca veniva né viene finanziata e svolta), stava per essere immesso sul mercato statunitense, dopo aver ottenuto l'autorizzazione per la vendita al pubblico dalla autorevole ''Food and drug Administration"; perciò, successivamente, si sarebbe potuto acquistare, ma a prezzi proibitivi, anche in Svizzera e a Città del Vaticano. L'impedimento - asserivo - era tanto più inaccettabile e odioso perché il farmaco non era più un medicinale sperimentale e, soprattutto, era il primo ed unico esistente, approntato per i malati di sla.

Nella occasione, lamentavo come questo nostro Stato mostrava il volto feroce contro i deboli e indifesi malati di sla. Non altrettanto, però, era in grado di fare con i potenti, mostrando nei confronti di costoro assoluta arrendevolezza ed umiliante debolezza. Citavo due casi, che giudicavo scandalosi: il millantato "metodo Urod" presentato addirittura come miracoloso! - per liberare definitivamente i drogati dalla dipendenza, praticato, al ragguardevole costo di oltre undici milioni a persona, nell'ospedale San Raffaele di Milano; e l'ignoto medicinale UK 101, proposto e pubblicizzato come farmaco anticancro, la cui sperimentazione fu autorizzata, a mio giudizio, quasi per motivi di mero ordine pubblico, al fine di evitare i tumulti di piazza, fomentati ad arte, degli esasperati parenti degli ammalati, probabilmente inconsapevoli strumenti manovrati dai gruppi economici interessati alla faccenda.

Questi esempi, di cui un Paese civile dovrebbe vergognarsi, ci espongono allo scherno, purtroppo meritato, della comunità scientifica internazionale.

Apprendo ora dal telegiornale e leggo sul quotidiano "la Repubblica" del 4 gennaio che la Commissione unica del farmaco (Cuf) ha bocciato il "metodo Urod", revocando il benestare alla sperimentazione che non dovrà più essere finanziata con denaro pubblico, né tanto meno a spese dei privati, anzi non deve neppure continuare. Sul citato quotidiano, nell'articolo dal titolo "Gli scienziati bocciano l'Urod, pillola antìeroina. Stop alla sperimentazione e niente soldi dallo Stato", leggo la conclusione: "Cade infine la speranza di tanti tossicodipendenti e di tante famiglie ai quali il metodo era stato presentato, con colpevole leggerezza, come facile panacea".

Direi che l'avvilente faccenda - considerata nella sua negatività - non è di poco conto; d'altronde, il San Raffaele, di proprietà del Vaticano, non è un qualsiasi ospedale.

In nome del popolo raggirato.

E'per me una magra consolazione avere avuto il riscontro della fondatezza delle mie doglianze. Così come, con altrettanta amarezza, vado ripetendo di non essere entusiasta di essere legato a questo Stato dal rapporto di cittadinanza. L'ultima occasione che consolida la mia sfiducia nella mediocre classe politica che ci rappresenta e governa è l'approvazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti.

Questa legge è un vero atto di arbitrio e di arroganza consumato dal "Palazzo" contro i cittadini, destinato ad aumentare il distacco tra i politicanti ed il Paese reale. Appena nel 1993, infatti, il cosiddetto popolo sovrano, attraverso lo strumento del referendum abrogativo, democraticamente si era espresso contro il finanziamento pubblico ai partiti, e la legge venne abolita.

Nel frattempo i politicanti della c.d. prima repubblica, prontamente riciclatisi in politicanti della seconda repubblica virtuale, blateravano che i partiti, per come erano organizzati, appartenevano ormai all'archeologia del modo di fare politica, in quanto costituivano un apparato ottocentesco, costosissimo e pletorico; sicché tutte le forze politiche dichiaravano che si sarebbero dotate di strutture più agili, moderne e funzionali, privilegiando l'efficienza ed il risparmio.

Ora tutto torna come prima, sempre e solo gli stessi politicanti occupano il "Palazzo". La più brava di tutti, come sempre, è la Democrazia Cristiana che dopo aver governato incontrastata per oltre quarant'anni, si è nuovamente assicurato il potere per i prossimi quarant'anni. Sembra un paradosso? Niente affatto. La D.C. ora è presente con vari partiti e partitini dalle sigle curiose sia nella maggioranza che nella minoranza, ovvero in entrambi i poli: comunque vada, sarà sempre al potere. Del resto democristiani sono il presidente della Repubblica, il presidente del Senato ed importanti ministri. Ancora, fior di democristiani d.o.c. guidano apparenti e temporanei partiti di opposizione, che talvolta, nella parossistica e dissennata corsa al potere, anche per un solo incarico di sottosegretario, operano salti e "ribaltoni".

In questi giorni, ad esempio, si è svolto a Roma il congresso del Partito Popolare Italiano. Seguendo i resoconti dai telegiornali, si avvertiva netta la sgradevole sensazione di assistere, impotenti testimoni, all'imponente ritorno dei fasti e dei riti della vecchia "Balena Bianca", del passato che avanza a grandi balzi. Ne erano testimonianza lo sfarzo del luogo del congresso, le claques che applaudivano e fischiavano a comando, il presidente perenne Emilio Colombo, il segretario uscente che dichiarava di non volersi più ricandidare, ma che voleva essere rieletto, i due aspiranti nuovi segretari che, fino all'ultimo, dichiaravano di non volersi candidare e naturalmente volevano essere eletti, costantemente sorridenti ed abbracciati sul palco, ma l'uno contro l'altro armati, per accaparrarsi i voti dei delegati nei corridoi della sala dei congressi, l'inesistenza di tesi politiche diverse tra i concorrenti, l'intervento pontificante e benedicente, da padre nobile, di De Mita, redivivo ed impenitente grande protagonista della prima repubblica.

Naturalmente il riferimento a questo partito e al suo congresso è del tutto casuale, ne parlo solo per l'occasionale circostanza della predetta manifestazione politica. 1 prossimi congressi degli altri partiti osserveranno un copione assolutamente identico, che potrà essere arricchito solo nel peggio.

L'unico escluso sembrerebbe Bettino Craxi, il grande ammalato, l'esule di Hammamet (più esattamente un pregiudicato latitante). L'uso del condizionale è d'obbligo, giacché non è detto possa escludersi un ritorno, con i dovuti onori, per il grande perseguitato: i segni ci sono, numerosi ed importanti come, ad esempio, il risalto dato dai mass media ai vari pellegrinaggi ad Hammamet dei fedelissimi compagni superstiti - memori inconsolabili dei fasti da basso impero, solo di pochi anni fa, del partito del garofano -, la ricostituzione del partito da parte di costoro, l'intervista (in realtà, un vero e proprio comizio autorizzato, dal contenuto minaccioso) da parte di un ossequioso mezzobusto televisivo della Rai all'esule tunisino. Ma, soprattutto, incombe il grande "inciucio" di D'Alema e Berlusconi che prevede, tra l'altro, la fine di "tangentopoli". Chissà se alla fine, con il colpo di spugna che metterà in salvo i politici corrotti, gli unici che pagheranno, andando in galera e magari rimanendoci, saranno i magistrati del pool "mani pulite" di Milano, ormai attaccato da tutte le forze politiche, mentre il fenomeno della corruzione tutt'altro che debellato è ampiamente diffuso e praticato.

In questo clima soffocante di ripresa di vecchie abitudini e prassi della mai tramontata prima repubblica, che non mi pare contrastato neppure dall'altezzoso segretario del più importante partito di sinistra, si pone la rapida approvazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Questa legge liberticida di diritti costituzionalmente garantiti al cittadini, quali ad es. la libertà di pensiero e di credo politico, obbliga il cittadino a finanziare con i propri soldi tutti i partiti politici, anche quelli cui si vota contro. A che vale dunque andare a votare, perché battersi per una idea politica, perché ad es. devo finanziare un partito secessionista, antitaliano e razzista? Il presidente della Repubblica, che rappresenta tutti gli italiani ed è il garante della Costituzione, senza battere ciglio, ha firmato e promulgato la legge. Incredibile.

Peraltro, poichè le tasse, per definizione, sono il corrispettivo che i cittadini corrispondono allo Stato per un servizio ad essi reso, sarebbe auspicabile, piuttosto, che si finanziasse direttamente la ricerca scientifica che, senza ombra di dubbio, è l'ultimo dei pensieri dei nostri governanti. Solo

in tal modo i cittadini vedrebbero meglio tutelati i loro diritti e realizzate le loro aspettative. Personalmente sarei ben felice di pagare i tributi, sapendo che una parte di essi sarebbe destinata alla ricerca sulla mia malattia. Ma queste legittime aspirazioni non interessano affatto la stragrande maggioranza dei nostri parlamentari, i più privilegiati d'Europa e al tempo stesso i più disistimati.

La nuova legge ben si presta, inoltre, al poco edificante e praticato fenomeno del mercanteggiamento dei parlamentari. Sul "Corriere della Sera" del 26 gennaio si legge che il redivivo Ugo Intini, per il suo neopartito socialista, avrebbe ribadito a Enrico Boselli, segretario del partito dei Socialisti Italiani, la richiesta di "prestito" di un deputato per poter incassare 630 milioni l'anno dalla legge sul finanziamento dei partiti. "Altrimenti punteremo su un localista amico o su uno balzano, tipo Sgarbì", ha annunciato l'ex microfono di Craxi. Le aste sono in corso, il mercato è aperto.

t dunque in atto, contro i cittadini, la riappropriazione dello Stato da parte dei partiti. Nello specifico, i partiti riprenderanno a presentare bilanci truccati e falsi, come pacificamente avveniva in passato. Nessuno di essi, liquidata "tangentopoli", rinuncerà a finanziamenti illeciti, ma al contrario, a tutela dei riconquistati privilegi, tutti si impegneranno diligentemente a perpetuarli e ad accrescerli, cercando anche dì impedire la formazione di nuovi gruppi politici per non spartire il bottino.

Non resta che la flebile ed evanescente speranza di un ricorso alla Corte Costituzionale, per far dichiarare l'illegittimità della legge.

Certamente i cittadini avvertono sempre più il disagio di vivere in una società immersa in una preoccupante atmosfera di veleni e di degrado: politici che vogliono imbavagliare i giudici, guerre tra giudici, cultura del sospetto, disprezzo del sentimento nazionale, mancanza di solidarietà, crescente razzismo ecc. Qualcuno, ad esempio, ha sostenuto che il Ministero delle Finanze, con l'attivazione del numero telefonico 117, ha ratificato che il popolo italiano si compone di due categorie: quella degli evasori e l'altra dei delatori. La delazione, dunque, favorita ed incoraggiata dallo Stato, è la ennesima prova della sua inefficienza.

 

Persian gulf war syndrome.

Apprendo, navigando in Internet, degli strani e gravi disturbi neuromuscolari di cui sarebbero vittime alcuni marines statunitensi, reduci della guerra del Golfo contro l'Iraq di Saddam Hussein. Il morbo, battezzato con il nome di "sindrome della guerra del Golfo o di Saddam", colpirebbe i militari del corpo di spedizione esposti a vapori di gas nervini, provocando, tra l'altro, anche gravi problemi neurologici. Infatti ad alcuni di questi militari sarebbe stata diagnosticata l'amiotrophic lateral sclerosys or motor neurone disease.

Il Pentagono, invece, non potendo negare più l'evidenza, attribuisce i denunciati disturbi semplicemente a stress da combattimento. E'dunque in corso una lotta tra le organizzazioni dei veterani della guerra del Golfo, che vogliono il riconoscimento della contrazione delle malattie in occasione della guerra, e l'amministrazione U.S.A. che nega qualsiasi collegamento. Entrambe le parti confliggenti si sono rivolte a scienziati e ricercatori per sostenere le proprie tesi. Chissà se a seguito delle indagini non venga fuori qualche notizia interessante sulla malattia. Staremo a vedere.

Successivamente non ho più rinvenuto altre notizie, eccetto quella che di seguito riporto, tratta dalla rivista statunitense "Discover", di agosto 1997 dal titolo: "La sindrome della guerra del golfo". Nell'articolo, però, non si fa più cenno esplicitamente alla sla: "Jerry Phillips, 48 anni, ha dolori al petto, emicranie, nausea, vertigini, vuoti di memoria, confusione mentale. Sottoposto a un test per vedere se ha bevuto risulta positivo, anche se non beve un goccio da anni. A momenti respira a malapena e si sente sempre spossato. E' vittima della cosiddetta sindrome della Guerra del Golfo. Sembra che siano più di centomila i reduci statunitensi a soffrire di disturbi simili, ma per quanto riguarda il Pentagono la sindrome non esiste. Per anni ha negato il legame tra il Golfo e il malessere dei veterani, e solo nella primavera del 1996, cedendo a pressioni su più fronti, ha ammesso che forse quattrocento soldati erano stati esposti a sostanze chimiche dannose, in seguito al bombardamento di un deposito di armi iracheno. A settembre erano diventati più di cinquemila e a ottobre ventimila. Secondo la Cia, centinaia di migliaia dei settecentomila soldati americani nel Golfo possono essere stati esposti a gas tossici. Altri possibili responsabili della sindrome: i pesticidi e gli insetticidi usati in grande quantità, i farmaci e i vaccini distribuiti alle truppe, e i carburanti usati anche per inumidire la sabbia. Le ricerche per capire cosa provoca questa sindrome e come curarla sono tuttora in corso."

 

La lettera di Rosita.

Da un'amica di antica data, Rosita Pascale, insegnante di ragioneria, di Castellana Grotte, ho ricevuto il 14 gennaio il seguente breve scritto che riporto con la mia risposta:

Castellana Grotte, 12 gennaio 1997

Caro Camillo,

Ti ricordo con affetto, ho qui tra le mani la tua lettera del 30.11.1995, in più occasioni avrei voluto inviarti un pensiero, un augurio, un saluto... Lo faccio ora senza porre altro tempo in mezzo, per dirti che come tutte le persone che ti vogliono bene, ti siamo vicino quasi a sostenerti in questa lunga e profondamente provata battaglia, sempre in prima linea per non essere sconfitto, e non sarai sconfitto...

Amico carissimo, grazie, il mio ricordo è forte nella preghiera e nella certezza che tutto lia un senso, tutto ha un valore anche se non ci è chiaro nulla.

Con affetto

Rosita Pascale

Conversano, 15 gennaio 1997

Cara Rosita è inutile dirti il grande piacere provato ricevendo la tua lettera che ha richiamato alla mia memoria i tempi ridenti della scuola.

Ti ringrazio per le parole affettuose dedicatemi e le attestazioni di amicizia e solidarietà, ti ringrazio anche per le tue preghiere, nonostante che, come ricorderai, io non sono credente, né sarà la sfortunata circostanza di essere assediato dalla morte, con un cerchio sempre più stretto, a farmi cambiare idea.

Se dovessi raccontarti le circostanze, gli accadimenti, le traversie e le vicissitudini di cui, con la mia famiglia, sono involontario e malcapitato protagonista da oltre tre anni, sarebbe necessario un libro. E ho fatto proprio così, ho scritto un libro che ora è in corso di stampa e sarà pronto nei prossimi giorni. Sarò molto contento di farti dono di una copia, affinché tu lo possa leggere, ma con l'avvertimento che, per la lettura, ci vorrà stomaco perché la narrazione è cruda e drammatica, come la lotta per la sopravvivenza a cui sono chiamato quotidianamente e alla quale non mi sottraggo.

Un abbraccio affettuoso.

Camillo Colapinto

 

Convegno sulla sla.

Dalla dinamica dott.ssa Anna Di Landro di Bergamo, presidente della sezione regionale dell'A.I.S.L.A. della Lombardia ho ricevuto gli inviti a partecipare al convegno sul tema: "Problematiche psicosociali e sanitarie legate alla sclerosi laterale amiotrofica".

Il convegno si terrà il 15 marzo prossimo, presso l'Istituto di ricerca sulle malattie rare "Mario Negri" di Bergamo, centro diretto dal prof. S. Garattini, a Villa Camozzi in Ranica. Tra i relatori ci saranno anche il prof. Scarlato, il dr. Silani, il dr. Beghi, il dr. Chiò.

Nel pomeriggio dello stesso giorno è stata fissata l'assemblea degli iscritti all'Associazione, con importanti argomenti all'ordine del giorno. Non potrò mancare.

A Marsiglia.

Il 27 gennaio sono stato a Marsiglia, ormai è la decima volta, per il rituale e programmato day hospital. Nella occasione mi ha accompagnato mio cognato Vito, in quanto mio figlio Antonio era impegnato con gli esami all'Università.

Mi reco in quella città dal luglio del 1994, ospite del Centre HospitaloUniversitaire "La Timone", presso la clinica diretta fino a pochi mesi fa dal prof. Georges Serratrice, uno dei maggiori conoscitori della malattia del motoneurone, di fama mondiale. In questa clinica si svolge la ricerca sulla sla da oltre un decennio.

La Francia è un Paese ospitale; dopo la Rivoluzione ha sempre accolto gli esuli politici: giacobini repubblicani, carbonari, antifascisti ecc. Tale tradizione democratica è tuttora praticata, ma in questi anni agli esuli politici si sono aggiunti gli "esuli sanitari"!

E' risultato più o meno stazionario lo stato delle mie forze residue, ma con un peggioramento del tono delle labbra. Con riferimento alla funzione respiratoria, accertata attraverso la spirometria, mi è stato riferito che essa è risultata regolare durante la normale respirazione, mentre sotto sforzo è alquanto insufficiente. La comunicazione mi ha lasciato del tutto indifferente, al punto di non chiedere neppure una meno generica specificazione del deficit.

Avevo interesse a sapere, invece, della prossima sperimentazione di un nuovo farmaco per i malati di sla, approntato dalla casa farmaceutica francoamericana Sanofi Wintrhop.

Il dr. J.P. Azulay ha confermato che il trial, in fase due, partirà tra giugno e settembre prossimi, tuttavia il protocollo non era stato ancora definitivamente stabilito. Egli sarebbe stato più preciso il prossimo 25 aprile, quando dovrò ritornare a Marsiglia. Da quanto ho potuto comprendere non ci sarebbero problemi di numero circoscritto dei malati, per così dire da arruolare; il problema sarà di avere i requisiti fissati dal protocollo per l'accesso alla sperimentazione, in relazione all'età, alla data di esordio della malattia, alla funzione respiratoria ecc., e in particolare la necessità o meno della presenza in loco, per controlli ed esami. Ma al momento ignoro la composizione e le proprietà del farmaco, noto soltanto con la sigla SR 57446A. Da informazioni Internet diffuse dalla californiana ALS Association si tratterebbe di un "anti-degenerative agent that mimics the effects of nerve growth factor ori cell survival and neurite outgrowth". Staremo a vedere.

Infine, in ospedale ho salutato e ringraziato il prof. Serratrice per la sua prefazione alla Cronaca.

Come di consueto, a Marsiglia, siamo stati ospiti dei cari ed impareggiabili amici Cesare e Luisa Achille. La sera di martedì 28 gennaio, dopo undici ore di viaggio, eravamo a casa.

In questo mese sono venuti a trovarmi Innocente Lopriore Carlo De Luca, Diego e Caterina Judice che mi hanno regalato un libro, Vito L'Abbate e Tonio Sciannamblo.

 

FEBBRAIO

Una riunione informale.

Sabato 1 febbraio ho avuto una riunione informale con i dottori Luigi Serlenga e Bruno Maggio, per programmare l'attività dell'Associazione e dibattere alcuni problemi. Resta, infatti, ancora insoluto il problema del Riluzolo. Il farmaco è stato inserito tra quelli di fascia H, ovvero tra quei farmaci distribuiti dagli ospedali solo ai ricoverati, sicché, a rigore, l'ammalato di sla per ricevere le previste due pillole giornaliere dovrebbe essere costantemente ricoverato. Il che è assurdo. Sarebbe invece auspicabile un periodico day hospital, del tipo di quello che faccio a Marsiglia, ma ci sarebbero anche problemi di costi. Al momento, sembra che i medici ospedalieri non sappiano esattamente come debbano comportarsi.

Ho informato i due neurologi di quanto comunicatomi dal dr. Azulay, circa l'avvio del trial con il farmaco sperimentale SR 57446A della multinazionale francese Sanofi, lamentando quanto poco conti il nostro Paese per queste sperimentazioni ed esprimendo il personale convincimento che le mie uniche speranze per una eventuale partecipazione sono riposte, more solito, su Marsiglia. Ho inoltre ricevuto molte telefonate di ammalati desiderosi di notizie a riguardo.

Il dr. Serlenga ha comunicato che dal prossimo 15 febbraio finalmente prenderanno corpo le iniziative volte alla istituzione di un registro su base regionale dei malati di sla. Attesa la rilevanza della iniziativa, si è pensato di organizzare un convegno, per la prossima primavera, sull'argomento.

L'assenza di un registro nazionale e/o regionale (solo la regione Piemonte lo ha istituito) è una vera vergogna per il sistema sanitario nazionale e per tutti quegli operatori sanitari che avrebbero dovuto e potuto provvedere, ma che, verosimilmente, per assenza di immediato tornaconto personale, si sono consapevolmente astenuti dal fare alcunché. Sono di fatto orchestratorì e complici del silenzio nel quale a loro conviene tenere la malattia, semplicemente per personale disinteresse. Quando si chiedono spiegazioni, in genere la giustificazione preconfezionata del non far nulla è una sola: la malattia è rara.

A dimostrare che si tratti di una scusa inaccettabile, è sufficiente la seguente osservazione: è istituito persino il registro nazionale del "morbo di CreutzfeldJacob" (l'encefalite simile a quella bovina spongiforme, conosciuta come "morbo della mucca pazza"). Ne è responsabile il dottor Maurizio Pocchiari dell'Istituto Superiore della Sanità. La malattia, terribile, colpisce in Italia non più di 30-40 persone all'anno, la malattia del motoneurone invece tra 800-1.000 individui; dunque, non è certamente il numero delle vittime che condiziona l'istituzione del registro degli ammalati!

Sono invece certo che se un insperato ed improbabile "zio paperone" destinasse qualche miliardo di lire per lo studio della sla, chissà quanti di questi operatori sanitari, oggi ancora "imboscati", si farebbero avanti, stracciandosi le vesti per accreditare e millantare una loro "annosa esperienza" della malattia e "dedizione professionale" per le vittime.

Il cosiddetto Centro Studi delle malattie del motoneurone, istituito presso l'ospedale di Conversano, dorme sonni tranquilli essendo virtualmente esistente solo nelle pagine della deliberazione istitutiva della A.S.L. Ba 5, nonostante gli sforzi dell'Associazione per renderlo operante. Peraltro, recentemente il direttore generale ing. Modugno, come tutti i suoi colleghi delle AA.SS.LL. pugliesi, è stato all'improvviso, per così dire, bruscamente sollevato dall'incarico. 1 motivi della clamorosa decisione della giunta regionale pugliese non sono risultati molto comprensibili per l'opinione pubblica, si sarà trattato naturalmente dei soliti giochi di potere. Si aggiunga che la magistratura amministrativa è stata interessata della faccenda, per via dei ricorsi presentati dai direttori sostituiti.

Chissà se la salute dei pugliesi trarrà giovamento.

Calcio mercato a Montecitorio.

In questi giorni stiamo assistendo al l'entusiasmante spettacolo dei nostri parlamentari all'assalto delle poltrone della commissione bicamerale per le ventilate riforme costituzionali. Su "la Repubblica" del 4 febbraio leggo un divertente articolo del giornalista S. Messina, che in parte trascrivo per il piacere di conservarne la memoria. Titolo: "E Dini fa campagna acquisti. Ogni deputato porta 170 milioni in dote al suo partito".

"Roma - Agitata chiusura, ieri, del mercato dei deputati. A quattro giorni dall'inizio del campionato 1997, che quest'anno si giocherà nel nuovo stadio "Bicamerale", un emozionante gioco di colpi di scena ha movimentato il Transatlantico - l'hotel Gallia della politica - alle 9,58 la notizia bomba, la squadra di Lamberto Dini, meno nota come "Rinnovamento Italiano", verrà espulsa dal campionato. Motivo: ha solo 19 giocatori, uno in meno dei minimo richiesto per l'iscrizione. C'è scritto nel regolamento. Nel giro di poche ore, dunque, i viola di Dini si ritroveranno senza maglia e dovranno confluire nel Misto, che sarebbe "il Resto del Mondo" di Montecitorio. Prospettiva mortificante, per un freddo e astratto calcolo matematico scomparirebbe il primo partito italiano a gestione familiare, un simbolo popolarissimo, sia in Italia che in Costarica, una formazione le cui radici storiche affondano addirittura nell'anno scorso.

Un brivido percorre la buvette, che farà ora Dini? Non ci sciogliamo tranquillizza il suo portavoce Stajano - abbiamo appena acquistato due stranieri, due che giocavano nell'Opposizione. All'una Stajano fa il conto della campagna acquisti. Alla squadra si aggiungono sette uomini freschi, si fa per dire. Due berlusconiani pentiti un ex anticomunista, due repubblicani, uno del CDU e uno di AN. Con loro siamo 21, conclude Stajano soddisfatto. Passa un quarto d'ora e Fini annuncia che il rappresentante di AN resta con lui. Passano altre tre ore e si apprende che il candidato di AN non va con Dini, ma non resta nemmeno con Fini. Va nel gruppo misto. Dini è furibondo. Fini è furibondo. L'interessato fa il pesce in barile: "Voglio pensarci su".

Nel frattempo Buttiglione, rimasto fuori dalla commissione, chiama i superstiti del suo partito nel gruppo CCD-CDU e li porta con armi e bagagli ad ingrossare le fila del gruppo misto, che a questo punto diventa il sesto partito di Montecitorio. Cos'è successo? Casini si è cambiato un'altra volta il costume in pubblico? No. Semplicemente i due dioscuri del CCD (dagli addetti ai lavori chiamati pure i Cip e Ciop del centro-destra) volevano per loro tutte e due le poltrone numerate a disposizione per la bicamerale. Volevano lasciare fuori "l'amico Buttiglione" Andandosene nel Misto, tra i verdi e i socialisti, il filosofo del Polo si garantisce da solo la sua poltrona e si toglie pure la soddisfazione di lasciare fuori Mastella o Casini, cavoli loro, ormai.

E' la politica, gente che va, gente che viene.

Intanto un effluvio si spande per il Transatlantico, più forte persino di quello del supplì". E' il vecchio inconfondibile odore dei soldi. E' il nuovo finanziamento ai partiti, che stavolta passa per i parlamentari: ognuno di

loro, entro il 23 febbraio, deve indicare il suo partito di riferimento in modo che lo Stato possa distribuire a ragion veduta i 170 miliardi in palio.

Ecco perché, per ogni deputato che se ne va, al dispiacere del segretario si aggiunge il dolore del cassiere. Se poi capiterà ai transfughi e, forse a Sgarbi, di andare a fecondare con le loro dichiarazioni la percentuale sterile dei partiti che sono rimasti fuori dal Parlamento, allora quei partiti faranno Bingo, Pannella potrà incassare tre miliardi del vituperato finanziamento pubblico, e i socialisti di Intini, grazie a Sgarbi, riceveranno una busta stavolta legale - con 700 milioni.

Salvate le apparenze, ognuno farà quel che vorrà. Sono aperte le trattative. Sgarbi ha rivelato al Messaggero di aver proposto ad Intini di fare fifty-fifty, 350.000 milioni a lui e 350 ai post-craxiani, ma ci vuole pensare bene, perché "sa, fare patti con i socialisti...". Intanto le trattative fervono. Mancano ancora 20 giorni all'ora delle decisioni irrevocabili."

Mi pare inutile ogni commento.

L'annuncio di un nuovo ed inatteso fallimento.

Il 5 febbraio mi è pervenuta per fax la notizia dalla dott.ssa M.L. Tosato, addetto scientifico presso l'ambasciata italiana a Washington, dell'annuncio ufficiale della casa farmaceutica statunitense Amgen di interrompere e non continuare più la produzione dei "Brain Derived Neurotrophic Factor" (BDNF). La stessa scoraggiante informazione mi è giunta contestualmente dall'A.I.S.L.A di Novara. Avevo già appreso la notizia, tuttavia, attraverso Internet.

La decisione della casa farmaceutica è stata presa a seguito di risultati deludenti registrati nella terza fase del clinical trial of BDNF, utilizzati per combattere la sla. Nell'annuncio si conclude con l'affermazione che, nonostante l'insuccesso, la ricerca continuerà nell'anno in corso con "possibly four new clinical trials".

Dunque un'altra sconfitta ed un nuovo rinvio alle calende greche della speranza di disporre di un farmaco in qualche modo efficace. Impossibile registrare una nota favorevole o positiva.

Pure, sul BDNF avevo riposto più di una speranza, alimentata dalle notizie dell'estate del 1995: in una riunione di ricercatori a Filadelfia erano stati presentati come incoraggianti i risultati registrati nella seconda fase del trial, e per questo si era deciso di passare subito alla terza fase, che avrebbe coinvolto un vasto numero di pazienti, mille negli U.S.A. e mille in Europa. Le notizie erano dunque alquanto incoraggianti, tant'è che con il prof. Scarlato di Milano avevo deciso di farmi ricevere dal ministro della sanità, al fine di ottenere che anche il nostro poco considerato Paese fosse incluso tra quelli europei ove il trial si sarebbe svolto. Non se ne fece più nulla perché, successivamente, si apprese che l'annunciato trial in Europa non si sarebbe più tenuto.

Si attendevano tuttavia conferme positive sulla efficacia della sperimentazione.

Devo dire, invece, che la notizia negativa non mi ha turbato, anzi mi ha lasciato quasi del tutto indifferente, tanto che io stesso mi sono meravigliato per questa mancanza di reazione. Evidentemente gli anni di malattia, con il loro consistente corredo di crescenti sofferenze fisiche e psichiche, portano generalmente allo scetticismo ed inducono ad un fatalismo che fa sentire meno brucianti le reiterate sconfitte della ricerca. Ma, in realtà, una reazione l'ho avuta: insieme a Maria in meno di cinque minuti abbiamo deciso di andarcene in montagna.

Comunque, preso atto dell'ultimo fallimento, confermo che - come si dice in questi casi - è sempre meglio una battaglia persa piuttosto che una battaglia mai iniziata.

Improvvisamente a Marilleva.

Sabato 8 febbraio, approfittando delle vacanze scolastiche per il carnevale, siamo partiti per la montagna recandoci a Marilleva, nel Trentino, dove ci siamo trattenuti sino a giovedì 13 febbraio. E' stata una decisione improvvisa che con Maria abbiamo preso rapidamente in pochi minuti. In realtà, erano tre anni che Andrea chiedeva di andare a sciare e che trovavamo scuse varie per non portalo; l'ultima volta eravamo stati a Canazeì nel febbraio dei 1994, quando mi resi conto di non essere più in grado di sciare ed ero ancora inconsapevole di cosa mi aveva riservato la sorte. La decisione si è rivelata felice e tutto è andato per il meglio, durante il viaggio nessun problema, il tempo è stato sempre bello, i ragazzi hanno potuto sciare a piacimento, Andrea persino sulle piste rosse, Maria ha potuto riposare. Tutti eravamo un po' euforici e per vari motivi: la vacanza sulla neve non era stata programmata, anzi tranne Andrea, nessuno pensava che fosse più possibile, per via delle mie condizioni. Invece è stato possibile, ed lo ho voluto così irridere e sfidare la schifosa malattia che mi tiene. Penso di poter segnare un punto in mio favore. Dopo tre anni questa è stata la prima volta in cui non ci siamo mossi per andare in un ospedale.

A Marilleva ero stato altre volte, l'ultima nel 1991. Non mi piace, rappresenta uno dei più significativi esempi di affronto alla montagna, dissennatamente sfruttata in favore del turismo di massa. La località è stata devastata da una serie di orribili gradoni in cemento, in maniera allucinante tutti uguali, contenitori di alberghi e residences in multiproprietà. L'ingegnere progettista non resistette alle critiche unanimi e si suicidò. Su queste cosiddette multiproprietà, come del resto è avvenuto in altre località, si sono nel tempo consumate diverse operazioni, diciamo disinvolte, sulla pelle di ìngenui e creduloni multiproprietari. lo stesso, anni fa, me ne sono occupato professionalmente.

Per quanto riguarda lo sci, le piste non hanno nulla di eccezionale, anzi sono pericolose per via dell'esagerato affollamento; l'unico vantaggio è rappresentato dalla possibilità di raggiungere le belle piste di Madonna di Campiglio, più numerose, più larghe e meno affollate. Tuttavia, tra le varie località di montagna da me conosciute, ho preferito Marilleva in quanto la struttura alberghiera che ci ospitava era l'unica che mi consentiva di muovermi agevolmente in carrozzella, senza uscire all'aperto.

Dicevo di essere stato l'ultima volta a Marilleva nel 1991, ed era di estate. Salendo da Marilleva 900 a Marilleva 1400 ho ripercorso con la memoria le scalate dei passi alpini effettuate anni addietro. Ogni anno, quando in estate si andava in montagna, nel Trentino o nel Veneto per lo più, ma anche in Lombardia e Valle d'Aosta, portavo con me due delle mie biciclette da corsa, che alcune volte ho spedito con il treno a Trento e che andavo a ritirare dalla stazione ferroviaria. Ho così scalato più volte diversi passi dolomitici, quelli sui quali i campioni del ciclismo hanno scritto epiche e memorabili pagine di sport vero e autentico. Le ascese sono sempre state dure, ma la fatica è stata sempre ricompensata da emozioni intense e fortissime. In quei momenti sono stato felice. Ricordo esattamente tutte le scalate che ho fatto, le potrei descrivere analiticamente una per una, nonostante gli anni trascorsi: Pordoi, Fedaia, Selva, Blokhause, Stelvio, tuttì oltre i 2000 mt. di altitudine, a parte il fuoriquota Stelvio, oltre mt. 2.700, per definizione la "Cima Coppi''. Mi preparavo tutto l'anno e da solo mi allenavo su percorsi prestabiliti e mirati, quali la strada provinciale Monopoli-Alberobello, la salita di contrada Gorgofreddo in agro di Monopoli e la salita dello Zoo Safari, a Fasano, un muro micidiale di 4 chilometri, il più duro della zona. Nell'occasione della partenza per le Dolomiti preparavo cinque rapporti da applicare alla ruota libera delle biciclette, con denti per lo più da 18 a 28, con due moltipliche anteriori di 39 e 52 denti, ovvero da 19 a 30, con moltiplica di 41 e 52 denti. Disponevo di ben tre biciclette da corsa che avevano per mia scelta caratteristiche diverse: una Alan su misura con telaio in fibra di carbonio, del peso di appena un chilo e quattrocento grammi, un autentico gioiello; una Alan su misura con telaio in alluminio rosso, del peso di un chilo e settecento grammi; una Basso con telaio in acciaio al cromomolibdeno, rossa. Tutte erano dotate dei migliori pezzi (gruppo cambio, freni, rapporti, cerchi ecc.) della Campagnolo. Infine possedevo una mountainbike da competizione in alluminio, equipaggiata con gruppo Shimano, del peso simile ad una bicicletta da corsa su strada, che acquistai a Gardolo da Moser.

A Marilleva provai due volte l'ascesa, da quota 900 a quota 1400. La salita risultò molto più dura di quanto prevedevo. Il motivo era dato dalla circostanza che si saliva di 500 int in altitudine in circa 7 km., mentre ad esempio lo stesso dislivello tra Canazei (mt.1600) e il passo Pordoi (mt.2100) si copre in 12 km. Mi allenavo perché avevo programmato di scalare il vicino passo del Tonale (mt. 1800), ma per alcuni contrattempi ciò non fu più possibile. Resto tuttavia dell'avviso che la salita di Marilleva sia più impegnativa di quella del Tonale.

L'informazione negata, una lettera alla RAI

Conversano, 19 febbraio 1997

Spett.le Redazione di Check-up

RAI-Radiotelevisione Italiana

Via Marconi n.9 80125 Napoli e p.c. Egr. Sig.

Dott. Enzo Siciliano

Presidente della RAI-Radiotelevisione Italiana

Viale Mazzini 00195 Roma e p.c. Egr. Sig.

Dott. Edoardo Ferlito

Presidente dell'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica

ViaA.Costa,2a 28100Novara

Spettabile Redazione, ho cinquant'anni e da oltre tre anni sono vittima della terribile sclerosi laterale amiotrofica, morbo incurabile e mortale, noto anche come malattia del motoneurone, negli U.S.A. come "Lou Gehrig's disease" ed in Francia come "maladie de CharcoC.

Nel gennaio del 1995, ritenendo che la Rai svolgesse un pubblico servizio di informazione, anche medica, Vi indirizzavo, con lettera raccomandata, la richiesta di dedicare una puntata di "Check-up" alla malattia. Mi pervenne una Vostra cortese risposta con cui venivo informato che l'istanza era stata trasmessa al comitato scientifico della trasmissione, a cui spetta di decidere, e che sarei stato successivamente avvisato, anche per partecipare tra il pubblico alla eventuale trasmissione.

Ritenevo legittima e pertinente la richiesta, il cui accoglimento mi pareva quasi un atto dovuto. Fondavo questo mio convincimento sulle considerazioni che ogni giorno due o tre italiani sono colpiti dal morbo, che diverse centinaia di vittime muoiono all'anno, che gli ammalati viventi, nel nostro Paese, sono circa cinque-seimila e, soprattutto, sulla sconcertante constatazione che la Vostra rubrica, pur considerata come la più professionale ed impegnata tra le tante rubriche televisive di medicina, in oltre venti anni non se ne era mai occupata, come se la malattia non esistesse.

Dunque attendevo fiducioso una risposta positiva.

Ma a gennaio del 1996, trascorso un anno, stupito per il Vostro silenzio, Vi indirizzavo altra lettera con cui reiteravo la mia richiesta, annunciando che questa volta non mi sarei accontentato della rituale e burocratica risposta. Infatti invitavo molti altri ammalati di tutta l'Itaha a raccogliere firme per sollecitare, così come in realtà è accaduto, una Vostra trasmissione televisiva sulla sla. Ma non è servito a nulla.Ora siamo a febbraio 1997. Ho finalmente capito, sebbene in ritardo, che i medici componenti il vostro comitato scientifico mai provvederanno ad autorizzare una puntata di "Check-up" sulla sla, non certamente per motivi clinici attinenti alla malattia, bensì, ritengo, per esigenze esclusivamente televisive.

Mi spiego. La TV, con riferimento alla salute, trasmette solo messaggi patinati e rassicuranti, perché diversamente il telespettatore si potrebbe spaventare e cambiare canale, facendo scendere l'audience. Non a caso nelle varie rubriche televisive di medicina, i soliti luminari vengono intervistati con l'immancabile loro ultimo paziente, naturalmente completamente guarito, o quanto meno non più in pericolo di vita. Così il frastornato telespettatore percepisce solo notizie di "buona sanità" e apprende dei successi della medicina. A farla breve, la medicina, per come viene proposta dalla TV, sembra aver sconfitto definitivamente il dolore e la morte da malattia. 1 malati insomma per accedere alla televisione devono essere necessariamente, per così dire, "più sani e più belli".

Che si tratti purtroppo di verità virtuale, propinata per mere esigenze televisive, non può revocarsi in dubbio perché, piaccia o no, ci sono, e numerose, le malattie incurabili per le quali la scienza medica è tuttora impotente e per le quali non ci sono molte notizie positive e tranquillizzanti. Così capita per la sla, malattia sicuramente non telegenica, secondo i vigenti canoni televisivi, e per questo motivo deliberatamente ed accuratamente cancellata.

Come comportarsi in questi casi? Come diffondere l'informazione affannosamente richiesta dagli sprovveduti ed ingenui ammalati telespettatori? E' semplice, basta non parlarne affatto; così, rimossa la malattia si rimuovono le numerose problematiche ad essa connesse. E nessuno si spaventa. 1 malati poi che si rassegnino, senza tante storie, al loro destino di emarginati e condannati.

Infatti, l'unico modo infallibile per un malato di sla affinché la Rai si occupi di lui, è il seguente: a) che sia possibilmente straniero. In tal caso il pubblico televisivo può sempre pensare che la sla sia, ad esempio, una malattia esotica, ovvero che in Italia sia assente; infatti chi mai l'ha sentita nominare? Così il telespettatore si tranquillizza e non protesta; b) che decida di "farsi suicidare" dal suo medico di fiducia; c) che affidi ad una troupe cinematografica, diretta da un esperto regista, la ripresa filmica dello straordinario evento; d) che metta in vendita il filmato per un bel gruzzolo di dollari.

Questo approccio è ritenuto dai responsabili della televisione corretto e conveniente per l'azienda: l'etica, come è noto, è estranea al commercio. Infatti da una parte si offre lo stuzzicante spettacolo della morte in diretta, dall'altra i denari, che nel caso della Rai sono dei contribuenti, compresi gli ignorati malati di sla. Senza dubbio l'operazione commerciale è conveniente per l'azienda. L'eccitato conduttore, pregustando lo scoop, potrà preannunciare la trasmissione in prima tv " ... dell'eccezionale documento", per attirare la morbosa attenzione del pubblico televisivo. L'audience schizzerà in alto e il conduttore con i dirigenti televisivi saranno felici. Come è noto, grande esperto di questo genere di operazioni è il Vostro sig. Minoli.

Orbene questa mia terza ed ultima lettera non ha lo scopo di sollecitare ancora una volta una risposta positiva alla mia richiesta. Sarebbe patetico. Vi scrivo, invece, per comunicare che vorrete considerare le mie due precedenti lettere come mai ricevute e la richiesta in esse contenuta come mai avanzata, sollevandoVi in tal modo dal fastidio che ho arrecato.

Ho preso questa decisione - senza alcuna acredine ~ tenuto conto di quanto ho innanzi rappresentato e per la seguente ulterìore considerazione: da alcunì mesi ho imparato a servirmi di quel meraviglioso strumento di informazione e comunicazione che è Internet. Ho così la possibilità di contattare i centri ospedalieri specializzati per la mia malattia di Cleveland, Boston, Baltimora, Los Angeles, New York, Parigi, Marsiglia, Stoccolma ecc. So tutto ed in tempo reale sulle sperimentazioni ed i trials in corso e con quali farmaci (bdnf, gdnf, cntf, igf 1, riluzolo, gabapentin, sanofi sr 57446a). Posso dialogare con i ricercatori, leggere le relazioni preparate per i congressi, addirittura posso partecipare a conferenze e forum sulla sla restando a casa.

Queste straordinarie possibilità, solo fino a poco tempo fa impensabili, stanno finalmente mutando radicalmente il rapporto medico-paziente. Il medico non è più il sacerdote geloso custode e monopolista di una scienza inconoscibile per il paziente. Ora, invece, il paziente attento ha la possìbilità di verificare, controllare, rendersi conto, contraddire e addirittura, talvolta, di essere più aggiornato di chi lo cura. In breve, il rapporto medicopaziente è diventato più equilibrato e dialettico, come è più giusto che sia.

L'aver preso coscìenza di questa innegabile realtà mi ha dato la possibilità di rendermi conto di come, ormai, il vostro modo di interessarvi dì medicina in televisione sia divenuto alquanto obsoleto e burocratico. Affermo ciò senza l'intenzione di recare offesa ad alcuno, ma semplìcemente prendendo spunto dal nostro incontro mancato, nel quale il malato speranzoso ed ingenuo ha avanzato un'istanza, l'istanza è stata presa in consegna dalla Vostra redazìone che, successivamente, dandone comunicazione al richiedente, ha trasmesso la pratica a chi di competenza, ovvero al comitato scientifico che, chiuso in enclave nella torre d'avorio del sapere, secondo disegni che restano imperscrutabili e misteriosi, insindacabilmente ha il potere di decidere (o non decidere) cosa trasmettere al passivo ed ininfluente pubblico televisivo; nel frattempo il malcapitato richiedente inutilmente scalpita e sollecita, ma in definitiva quel che conta è che, dopo oltre due anni, della richiesta non si ha più notizia alcuna.

Come è dato di vedere, si tratta di un iter procedimentale di tipo ottocentesco, immutato da oltre venti anni, assolutamente simile alle procedure burocratiche ministeriali. Ma queste sono ormai cose di altri tempì, comportarsi ora in questo modo significa semplicemente non fare più cultura, visto che con un facilissimo clik in pochi secondì si ottengono tutte le informazioni che occorrono, servendosi di strumenti di comunicazione interattivi.

In breve ho provato imbarazzo per avervi scritto, mi sono sentito uno sprovveduto, come una delle tante giulive casalinghe che trepidanti ed emozionatissime contattano i fascinosi conduttori di tanti demenziali telequiz, quelle, per intenderci, di "...complimenti per la trasmissione" e

posso un attimino fare un saluto?"

Di qui la decisione di scriverVi per ritirare la mia richiesta, revoca che confermo.

Sono tuttavia consapevole che la gran parte degli ammalati non ha le possibilità culturali e finanziarie per avere accesso alle informazioni, i più vivono nella ignoranza, non certo per loro colpa, e sperano nella televisione, ed è questa loro perdurante condizione di ignoranza che determina, talvolta, il successo di tante rubriche televisive che, per questo motivo, hanno ancora un compito da svolgere. Dopo centinaia di ripetitive puntate dedicate, ad esempio, all'ipertensione, all'infarto, al diabete ecc., dopo ben ventidue anni, il comitato scientifico potrebbe pur compiacersi, senza fare dispetto al buon Dio, di materializzare una trasmissione, la prima sulla sia, malattia sulla quale finalmente qualche primo passo la ricerca inizia a compiere ed ora è molto studiata. Continuare a mantenere un comportamento omissivo ed indifferente, nonostante le avanzate richieste di una trasmissione televisiva, non è professionale, in quanto anche nel nostro Paese si muore di sia; né è un comportamento accettabile sul piano etico, in quanto non si può continuare a disinteressarsi - sottolineo deliberatamente - di questi "inalati di serie b" perché hanno il torto di essere solo cinque-seimila.

Molti distinti saluti. avv. Camillo Colapinto

Ho deciso di inviare questa lettera, alla quale, è certo, non sarà dato alcun riscontro, per una forma di rispetto verso me stesso e per la dignità della mia persona, ferita da tanta discriminazione.

La lettera della signora De Robertis.

Il giorno 28 febbraio ho ricevuto dalla sig.ra Tonia De Robertis di Conversano la seguente lettera, che riporto con la risposta:

 

Conversano, 27febbraio 1997

Gentile signor Colapinto, dopo aver letto la sua "Cronaca", gentilmente prestatami dalla signora Carmela Realmonte, ho sentito forte l'impulso di scriverle per esprimere apprezzamento per questo lavoro, che ha dato voce non solo ai malati di sla, ma a tutti coloro che un giorno x di una vita apparentemente tranquilla vengono scossi da un verdetto di malattia invalidante e con esito incerto. Poiché sono anch'io tra questi, ho molto apprezzato che lei abbia denunciato i mali sia della sanità che della società di fronte a certi tipi di sofferenza, scuotendo (spero) le coscienze dei responsabili.

Mi piacerebbe che la sua "Cronaca" entrasse in tutte le famiglie di Conversano, perché, per mia personale esperienza, ho constatato che in queste circostanze impera una forte curiosità a livello epidermico unita ad un mal celato pietismo, con successivo allontanamento ed indifferenza intel~ lettuale, penso per medìocrità di sentire. Spesso mi dico che noi siamo anche statiprovati nel corpo, ma ne abbiamo guadagnato in capacità riflessiva, mentre i cosiddetti "sani nel corpo", di quanta miseria si nutrono!

Sai-ebbe auspicabile, pertanto, che il libro avesse una diffusione accessibile al pubblico, anche per poterne disporre io stesso nella mia biblioteca.

Le auguro, con tutta la sincerità che mi è concesso esprimere per iscritto, che la sua tenacia e forza di volontà, dimostrata in questi anni, possano raddoppiarsi, per sfidare sempre al meglio il destino avverso.

Un caro pensiero va a sua moglie Maria a cui dico: 'Torza Maria, e nei momenti di particolare stanchezza forse può confortarti ricordare che c'è chi ti è vicino spiritualmente e con la preziosa preghiera ". Su di me la fede di chi ti è vicino spii fede e la preghiera, nel momento in cui i tentacoli della grettezza umana cercavano di soffocarmi, perfino dove la malattia sembrava non lasciasse segni, hanno operato grandi prodigi, aprendo orizzonti prima sconosciuti.

Come inciso, legato al caro ricordo del liceo classico da me frequentato, tengo a dirle che sono stata alunna del suo caro padre, verso cui' esprimo, senza piaggeria, tutta la mia stima non solo come insegnante, ma anche come uomo.

A lui devo il mio primo approccio alla musica classica, avendomi indicato le prime opere da acquistare e le modalità di ascolto per un orecchio allora profano.

Con affetto,

Tonia De Robertis

 

 

Conversano 28 febbraio 1997

Gentilissima Signora,

Le sono molto grato e La ringrazio per le parole di solidarietà e di incoraggiamento per me e la mia famiglia, nonché per il ricordo di mio padre.

Mi rattrista aver appreso che Lei non goda di buona salute e che abbia molto sofferto e non solo per la malattia.

Voglio sperare che il mio lavoro, destinato o meglio dedicato a chi soffre e si sente abbandonato, serva a qualcosa. Non mi faccio però illusioni. Nella nostra società così spietatamente competitiva è vincente il più violento ed il più forte. Noi siamo fragilissimi e dunque sconsolatamente perdenti.

Provvederò a farLe tenere una copia del libro.

Con stima. avv. Camillo Colapinto

In questo mese sono venuti a trovarmi Innocente e Antonio Lopriore, Mario LAbbate, Mario Scisci, Vito L'Abbate, Antonio Scisci Carlo De Luca, Carlo Di Carlo, i coniugi Franco Mellone e Delia D'Ettorre di Taranto che si sono fermati a colazione da noi domenica 16, mentre noi abbiamo passato da loro, a Taranto, la giornata di domenica 23.

 

MARZO

Dramma della disoccupazione.

Lunedì 4 marzo si è impiccato un disoccupato di Conversano, si chiamava Gaetano Gungolo, aveva 53 anni, moglie e tre figli disoccupati; per problemi di inaccettabili ritardi burocratici, non era stato incluso nelle liste della mobilità, perdendo in tal modo la possibilità di percepire dall'INPS qualsiasi sussidio economico. Sconfortato si è ucciso.

Come è strana e contraddittoria la vita. C'è chi si aggrappa disperatamente ad essa, pur sapendo di non avere nessuna speranza dí farcela, anzi più la fine si approssima, più si cerca di sopravvivere comunque; c'è, poi, chi la butta via in un momento di depressione.

Non ritengo di dover esprimere alcun giudizio su una scelta così tragica, su una persona onesta che chiedeva di poter lavorare. Provo solo sentimenti di dolore e di umana compassione. Ho però pensato che, se per caso egli mi avesse incontrato, constatando in quali condizioni mi ha ridotto la sla, ma ciò nondimeno con quanta feroce e disperata determinazione cerco di resistere, forse, mi piace immaginare, non si sarebbe più ucciso. Forse, in questo caso, la sla sarebbe servita a salvare una vita umana.

Del triste fatto di cronaca hanno parlato giornali e televisioni, per le canoniche 24 ore, poi nessuno ne parla più, e tutto resta immutato come prima. A ben vedere poi, di questi tempi, nel nostro Meridione il suicidio di un disoccupato non è di certo una notizia insolita (il 13 marzo, nel napoletano, un altro disoccupato di 38 anni, padre di tre figli, si è ucciso con una fucilata; qualche giorno dopo, un altro disoccupato si è bruciato vivo a Caltagirone) ma, comunque, inidonea a svegliare o a scuotere la coscienza degli uomini.

Si vive nelle emergenze, quella della imponente disoccupazione giovanile, quella della disoccupazione delle donne, quella del licenziamento degli operai come Gungolo e della chiusura delle fabbriche o del loro smantellamento (magari di notte, di nascosto) per il trasferimento altrove.

Poi c'è l'emergenza mafiosa; parte dell'economia meridionale è in mano alla delinquenza organizzata, fatto di enorme gravità per l'insostenibile concorrenza che le imprese controllate dalla mafia esercitano sulle altre. Poi c'è l'emergenza usura, poi l'emergenza albanesi, ed io aggiungo anche la "emergenza Regione Puglia" a causa di una inefficiente classe politica dirigente, in larga parte costituita ancora da politicanti - esteriormente riverniciati" - della prima repubblica. L'attuale maggioranza del Polo occupa la maggior parte del tempo a litigare sulla spartizione del potere, esattamente come avveniva ai tempi del centro-sinistra; le crisi di governo vengono minacciate a settimane alterne. La Regione Puglia primeggia solo nei dati negativi; ne cito a caso tre: un deficit pauroso, non si comprende se di 3.000, 4.000 o 5.000 miliardi; riesce ad utilizzare appena il 5% dei fondi messi a disposizione dalla Comunità Europea; non è istituito il servizio telefonico 118, sicché si muore in itinere mentre l'autombulanza viaggia da un centro di riammazione all'altro alla ricerca del posto letto.

Non c'è da essere molto allegri.

La condanna di un arrogante miliardario.

Il Tribunale di Napoli ha condannato Francesco De Lorenzo, indimenticabile ex ministro della sanità, ad otto anni e quattro mesi di reclusìone e a multe e provvisionali varie per complessivì otto miliardi e cento milioni. De Lorenzo è stato condannato per associazione a delinquere (al momento è il primo ex ministro della Repubblica ad essere condannato per tale reato) e per la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. Era già stato condannato ad un anno di reclusione per tangenti su immobili del Comune di Napoli.

E' imputato in altri otto processi penali in corso. Le imputazioni sono per i reati tipici dei potenti ladroni della c.d. prima repubblica, ovvero mazzette per l'appalto di fustelle di alcuni medicinali, per lavori di parcheggi sotterranei a Napoli, per l'appalto della linea tranviaria rapida, per la ristrutturazione dello stadio San Paolo, per la ricostruzione del dopo-erremoto, per gli appalti della metropolitana, per la privatizzazione del servizio di nettezza urbana; infine, lo vede coinvolto anche il processo sul voto di scambio.

Francesco De Lorenzo, detto "Sua Sanità", è figlio d'arte in tutti i sensi. E' stato iniziato alla professione e alla politica dal padre Ferruccio, storico presidente dell'Ordine dei medici, arrestato a novanta anni per tangenti! A Napoli imperava spartendo "democraticamente" il potere con personaggi del suo calibro, come il democristiano Paolo Cirino Pomicino (allo stato, condannato in primo grado a tre anni di reclusione, per ricettazione) e il socialista Giulio Di Donato (condannato in primo grado a tre anni e sei mesi, per corruzione e finanziamento illecito), formando la c.d. "Trimurti della mazzetta".

Solo a ricordare vengono i brividi.

La gente detesta ed odia De Lorenzo, ben più di Craxi e degli altri politici inquisiti o già condannati, perché lo considera il capo di una cosca di delinquenti che si sono vergognosamente arricchiti sulla pelle di chi soffre, convincimento che ha trovato conferma nella sentenza del tribunale di Napoli. Tale è il disprezzo che egli, ex potente, arrogante e sicuro della impunità, quasi non può mostrarsi in pubblico e per questo motivo pare viva a Londra.

C'è solo da augurarsi che la sentenza del Tribunale di Napoli venga confermata nei successivi gradi di giudizio.

A De Lorenzo e a tutti i potenti della prima repubblica dedico la seguente simpatica ballata interpretata da Giorgio Gaber, quasi impossibile da ascoltare in quanto mai trasmessa dalle reti Rai e Mediaset, per motivi molto comprensibili, dal titolo: "Qualcuno era".

Qualcuno era democristiano perché la DC era il massimo partito di

governo

Qualcuno era democristiano perché Gesù, Giuseppe e Maria siate la

salvezza dell'anima inia

Qualcuno era democristiano perché i comunisti mangiavano ì bambi~

tu

Qualcuno era democristiano perché con una mano si dà e con l'altra

si prende

Qualcuno era democristiano perché si vergognava di essere fascista

Qualcuno era democristiano perché era buono e ubbidiva alla Mamma... Santissima.

Qualcuno era socialista perché il PSI era il più autorevole partito di

governo

Qualcuno era soci . alista perché più a sinistra di così si godeva di

meno

Qualcuno era socialista perché Pertini

Qualcuno era socialista perché ci derubavano come gli altri, ma alle

gramente e senza sensi di colpa

 

Qualcuno era socialista perché tra i due litiganti il terzofa il sindaco Qualcuno era socialista perché è meglio governare dieci anni da leoni che cento anni da coglioni.

Qualcuno era repubblicano perché il PRI era il più serio e preparato partito di governo Qualcuno era repubblicano perché non potendo più incazzarsi coi Savoia era diventato nervoso e non gli andava bene niente Qualcuno era repubblicano perché comunque era sempre lì al governo avvinto come l'edera.

Qualcuno era liberale perché il PLI era il più civile partito di gover

Qualcuno era liberale ... ma pochi ...

Qualcuno era liberale perché per la nostra salute uno basta e avanza.

Qualcuno era socialdemocratico perché il PSDI era il più curioso partito di governo

Qualcuno era socialdemocratico perché... non l'ho mai capito. Qualcuno era ...

Qualcuno ...

L'attività professionale.

Non ho più messo piede nel mio studio legale dallo scorso mese di dicembre. Ma il peggio è passato. Il periodo più critico è stato il quadrimestre settembre-dicembre 1996, allorché, aggredito dalla disartria, ho dovuto prendere radicali decisioni sulla organizzazione del lavoro professionale: ho tentato in quel periodo, vinto dalla emozione, di mollare tutto. Strada in realtà assolutamente impraticabile, perché uno studio legale non si può "chiudere" da un giorno all'altro, come se fosse un punto vendita. Pure, in un primo momento, non vedevo altre soluzioni, anche perché non potevo più contare pienamente sulla collaborazione di Angelo Loiacono, anche lui alle prese con seri problemi di salute.

Pare che la sventura abbia preso di mira il nostro studio per distruggerlo.

Ho impiegato quattro mesi per esaminare tutte le pratiche in corso e provvedere ad una cernita necessaria tra i giudizi pendenti, selezionando quelli per i quali era opportuno rinunciare al mandato professionale, come effettivamente è avvenuto, e quelli che potevano proseguirsi. Da fine anno è iniziata una collaborazione con il collega Tonio Sciannamblo, che svolgerà il lavoro in udienza. Così posso continuare a lavorare a casa, servendomi del computer, mentre nel pomeriggio mi raggiungono a turno le mie segretarie Maria Giovanna e Miriana, con la cartella carica di fascicoli, perennemente transeunti tra studio e casa.

Maria poi, ogni sera, raggiunge lo studio, sicché oltre la moglie, la mamma, l'infermiera, l'insegnante di diritto, le tocca fare anche l'avvocato.

La lettera della signora Lorusso.

Dalla signora Maria Lorusso di Conversano ho ricevuto il 10 marzo la seguente lettera:

Conversano, 7 marzo 1997

Caro Camillo, grazie del libro che mi hai mandato con tuo figlio Antonio. L'ho letto due volte con un certo senso di soggezione e di rispetto, per la sacralità del dolore da cui è nato. Traspare da quelle pagine l'intento di fare del bene a chi lo leggerà: alle persone vittime del tuo stesso male, ai medici ignoranti, ai ricercatori perché s'impegnino a studiare e a scoprire le cause e i rimedi, alle istituzioni varie per scuoterle dalla latitanza e dalla indifferenza ai bisogni di chi soffre.

A un certo punto del tuo libro dici che non credi ai miracoli: ma non sei tu stesso un miracolo di coraggio, di forza d'animo, di altruismo, di fede nel valore della vita, di speranza nella scienza che studia e si adopera per il Bene degli esseri umani?

Il tuo libro dovrebbe essere letto da tutti. L'avrai certamente mandato non solo a quelli che ti vogliono bene e che pregano per te, ma anche, e per pri . mi . , a coloro che rendendosi conto del "calvario dei crocifissi" debbono adoperarsi per combattere i terribili killer delle malattie.

Coraggio, Camillo. Il buon Dio che tu credi tra le nuvole, indifferente al dolore umano, è Padre e come tale non ci abbandona mai. Se nella tua

famiglia non si respira aria da tregenda, se tu resisti alla ferocia del morbo, se i tuoi familiari non crollano è perché Dio vi è vicino e vi sostiene e vi dà la forza per resistere.

Ne so qualcosa io che ho assistito per nove anni mio fratello Francesco, paralizzato, afasico, bisognoso di tutto e io, per giunta, ero anziana. Occorre vivere la vita in pienezza perché essa è un dono ineguagliabile, e viverla per se, per coloro che si amano, per il bene degli altri.

Auguri, prego per te e per i tuoi cari, vi abbraccio tutti.

Maria

Un dramma fortunatamente evitato.

Lunedì 10 marzo, verso le ore 21, mi telefona mio fratello Carlo dall'ospedale di Conversano per dirmi, a bruciapelo, con voce alterata, che nostra madre è stata ricoverata d'urgenza, ha una imponente emorragia in corso, perde sangue dalla bocca, è cosciente, i medici in reperibilità stanno accorrendo. Mi sono sentito disperato, ho pensato che veniva un infarto, certo di averla già persa o che nostra madre era in punto di morte, mentre io paralizzato, immobile, a non poter far nulla.

Nel corso della notte veniva praticata una trasfusione e per fortuna l'emorragia si arrestava. Dalla gastroscopia si evidenziava una gastrite emorragica, molto probabilmente dovuta ad ingestione di aspirina, tenuto conto del quadro clinico per come si è palesato e come evolveva, e alla luce degli esami diagnostici e delle indagini di laboratorio. Mia madre ha la bella età di 83 anni, prima non era mai stata ricoverata in ospedale, era tutto sommato in buono stato di salute, eccetto l'osteoporosi ed alcuni vuoti di memoria, comparsi da qualche mese. Per questo motivo non ha potuto confermare ai sanitari se aveva ingerito aspirina, perché non ricordava. Ma, quel che conta è che mia madre si è immediatamente ripresa, il lunedì successivo era già a casa.

Mia madre, Adelaide Contento, ma da sempre, inspiegabilmente, da parenti ed amici chiamata Adelina, è una persona di spiccata personalità, intraprendente e decisionista, e soprattutto dotata di un incontenibile desiderio di indipendenza e di libertà. Ricorda che quando frequentava il liceo classico, a Conversano, tra la fine degli anni venti ed i primi degli anni trenta, era una delle due uniche studentesse dell'istituto Per poter continuare gli studi e mantenersi a Napoli, per frequentare l'Università (allora a Bari ancora non c'era) e laurearsi in lettere, scelta da lei fortemente voluta, rinunciò alla dote. A Napoli conobbe mio padre, anch'egli studente universitario. Dicono che per il carattere, sarei omologo a mia madre.

La lettera del parroco della chiesa del Carmine.

Don Sandro Ramirez, parroco della Chiesa del Carmine in Conversano, mi ha fatto tenere la seguente lettera:

Conversano, 15 marzo 1997

Caro Avvocato, non so se il mio "grazie" per avermi fatto tenere il suo libro è sincero ... soprattutto perché accompagnato da una richiesta di giudizio.

Ho appena finito di leggerlo. Le dico subito che non è mia abitudine fare esercizi di retorica. Avevo cinque anni quando è morta mia madre,- nel 1983 ho accompagnato alla tomba un mio fratello allora 33enne con tre figli (un tumore al cervello); dal 1969 ho tenuto in casa mio padre emiparalizzato e, negli ultimi tempi, condannato ad una sedia a rotelle per un'amputazione (è morto nel 1985, dopo sedici anni di calvario),- nel 1987 ho perso uno dei miei migliori amici in un banalissimo incidente stradale; insomma... convivo col dolore (degli altri?) da sempre! Questo per sgomberare ogni dubbio. Queste le mie credenziali!

Eppure il suo libro mi ha fatto male. L'ho letto di seguito, quasi tutto d'un fiato. Ho cercato di leggere dietro e dentro. Ho trovato rabbia, voglia di lottare, ricerca, esigenza di chiarezza. Tutte cose che non ho il diritto (oltre a non averne la capacità) di giudicare.

Il suo libro mi ha fatto male perché è "lui" che mi ha giudicato: come cittadino di questo Stato e come prete di questa Chiesa, mi sono sentito lontano da Lei e da tutti i malati di sla, "il male che non c'è". Non mi sento nemmeno di parlarle di fede e di Dio, anche perché non voglio stare in compagnia di quello Scalfari, di cui a pag. 49 del suo testo, e nemmeno fra i suoi amici cardinali.

Il suo libro mi ha fatto male perché se è vero che non sto dalla parte dei preti-star della televisione è anche vero che faccio fatica a condividere ogni giorno le fatiche e i dolori, le gioie e le speranze dei miei parrocchiani. Che diritto ho di discettare sulle sue affermazioni, sui miracoli che"naturalmente" non esistono e sulle distrazioni e sul disinteresse di Dio sugli umani travagli (pag. 44) che "naturalmente" non condivido.

Il suo libro mi ha fatto male ... perché mi ha fatto bene. Ripensandoci, il mio grazie non è solo frutto di educazione curiale: nasce dalla sincerità di un cuore che si permette di esprimerle stima e rispetto.

Un abbraccio fraterno

Don Sandro Ramirez

P.S. Visto che non è credente, nemmeno ateo, ma certamente tollerante (pag.44), le procura fastidio se le assicuro un frammento della mia povera preghiera?

 

Il convegno di Ranica. Alcune riflessioni.

Come programmato, sabato 15 marzo, con mia moglie Maria e mio cognato Vito ero a villa Camozzi in Ranica, presso Bergamo, per partecìpare al convegno sulla sla organizzato dalla dottoressa Di Landro e all'assemblea annuale dell'associazione fissata per il pomeriggio.

Ho salutato il prof. Guglielmo Scarlato, i dottori Vincenzo Silani, Ettore Beghi, Gabriele Mora, Letizia Mazzini, ho conosciuto il prof. Bruno Rossi di Pisa che fino a quel momento non avevo incontrato personalmente ed il dottor Poloni di Milano. Mi premeva attingere notizie certe ed attendibili sulla auspicata sperimentazione per malati di sla, anche in Italia, del farmaco denominato SR 57446A della casa farmaceutica francoamericana Sanofi. E' infatti previsto l'inizio di un trial, dal prossimo mese di giugno, sia in Europa che negli U.S.A. su ben 2.400 pazienti.

Le notizie sono semplicemente sconfortanti, a tutt'oggi la Sanofi non ha neppure ritenuto di presentare la richiesta di autorizzazione per la sperimentazione al Ministero della Sanità italiano, esattamente come alcuni anni fa era avvenuto per il riluzolo. Mi hanno riferito i medici interpellati che ciò è determinato dalla indisponibilità della casa farmaceutica ad attendere i tempi lunghi imposti dalla burocrazia del Ministero, per l'esame della richiesta.

Ma io non credo che i lacci ed i lacciuoli burocratici costituiscano l'unico motivo che determina il disinteresse delle case farmaceutiche a fare sperimentazione in Italia. Penso che ci siano altre cause concomìtanti. Innanzitutto non può sottacersi la generale scarsa considerazione di cui

So gode all'estero il nostro servizio sanitario nazionale. Hanno un bel dire i medici nostrani che gli ammalati italiani soffrono anche di esterofilia, che i c.d. viaggi della speranza non servono a nulla, ma è un fatto certo che nessun paziente francese, inglese o tedesco preferisce farsi curare nel nostro Paese, neppure il cambio favorevole riesce a convincerli.

Inoltre, in un Paese come il nostro, ove la ricerca scientifica è latitante per non dire inesistente, non sono forse numerosi i medici che godono di prestigio internazionale tale da indurre le case farmaceutiche a svolgere la ricerca anche da noi, e da imporre canali preferenziali all'imperante burocrazia, per accelerare i tempi per il rilascio delle autorizzazioni necessarie. Viviamo in un Paese elle importa farmaci dall'estero, siamo tutti condannati alla marginalità, medici e pazienti.

Infine un'ultinia considerazione. La ricerca non viene svolta per la cronica carenza di fondi, come a tutti è noto. Tuttavia in questi ultimi tempi alcuni finanziamenti cominciano ad essere disponibili. E' noto come il comitato promotore di Telethon, ogni anno, bandisce dei concorsi per il finanziamento della ricerca su determinate malattie, tra le quali ora è inclusa la sla. Una commissione scientifica internazionale esamina i progetti, assegnando fondi a quelli selezionati ed ammessi. Ma non risultano presentati progetti sulla sla. Cosa dunque si deve pensare dei medici?

Ho saputo successivamente che la Sanofi ha presentato anche al nostro Ministero della Sanità la richiesta di autorizzazione, come negli altri Paesi europei, ma mentre in questi l'autorizzazione è concessa in quindici giorni, un mese al massimo, da noi la Commissione Unica per il Farmaco esaminerà la pratica non prima del prossimo mese di settembre, quando la sperimentazione sarà da tempo iniziata. L'Italia di fatto fuori. Siamo a giusto titolo, sotto questo profilo, l'Albania dell'Europa.

La lettera del dottor Bonito

Il dottor Virginio Bonito di Bergamo mi ha inviato la lettera, datata 16 marzo, che trascrivo di seguito con la mia risposta:

Bergamo, 16 marzo 1997

Egregio avvocato Colapinto, ho appena terminato di leggere la sua "Cronaca" e devo dirle che ne ho ricavato sensazioni diverse che non riesco a spiegarmi.

Ho avuto il libro ieri a Ranica in una pausa del convegno al quale ho partecipato con una relazione sulle possibilità di cura palliativa della sclerosi laterale amiotrofica: sono un neurologo ospedaliero e mi dedico da qualche anno alla cura di pazienti con questa malattia; questo fatto sembra stia cambiando il mio modo di interpretare la professione, quasì una vocazione tardiva, ho quasi quarant'anni.

E' così che ieri sera, al termine di una intera giornata dedicata aì "motoneuroni", non ho resistito alla tentazione di leggere che cosa pensava della malattia l'avvocato di cui forse avevo sentito parlare qualche anno fa quando, senza chiedere il permesso, si era permesso di organizzare un convegno dalle parti dì Bari...

Le scrivo perché la sensazione di fastidio che ho provato, fino ad un certo punto, leggendo la sua "Cronaca" si è gradualmente modificata in apprezzamento e, se mi permette, in simpatia. Non deve pensare che il fastidio potesse dipendere dal suo modo diretto ed esplicito di denunciare l'inadeguatezza del sistema sanitario, l'impreparazione ed i limiti di alcuni medici, direi anzi di essere istintivamente portato a cri . ticare la categoria cui . appartengo e cerco i . o stesso di affrancarmi dai limiti che lo studio della medicina e le stesse abitudini professionali finiscono per creare alle capacità di comprensione e di relazione di noi medici.

Non saprei dire da cosa dipendesse il mio fastidio né saprei descriverlo, lo ricordo vagamente e non le scrivo certo per questo, ma per proporle un cambiamento di prospettiva di cui ho intravisto i segni nella sua "Cronaca", che è scritta come un diario poiché è possibile cogliere il passaggio del tempo nel cambiamento che chi scrive rivela raccontandosi.

Vorrei dirle che l'opera da lei condotta finora per far uscire la malattia dal cono d'ombra è stata preziosa e merita di essere continuata: lei ha

vincere la battaglia contro la malattia avrebcapito fin dall'inizio che per be dovuto battersi con gli altri malati; per superare il pessimismo e lo sconforto ha ricercato l'aiuto di quei medici e di quei ricercatori che si dedicano alla ricerca che un giorno consentirà di curare e guarire la malattia. Ma quando? e nel frattempo? quanti motoneuroni sono necessari perché l'anima possa continuare a muoversi, a esprimersi, a lottare?

Anche pochi motoneuroni superstiti possono bastare se la loro attività elettrica viene utilizzata per controllare un computer: con pochi motoneuroni ed un computer è possibile muoversi, controllare l'ambiente domestico, scrìvere, comunicare, continuare il proprio lavoro.

La battaglia per ottenere il riluzolo, i viaggì a Marsìglia, dicono il coraggio e la tenacia con cui lei e la sua famiglia avete affrontato la malattia puntando tutto sulla ricerca di una cura che arrestasse la malattia; purtroppo il progredire della malattia le impone di considerare anche altre possibilità, di lotta o se preferisce di resistenza al male: lei sa che al progredire del deficit motorio è possibile opporsi anche cercando di ridurre la disabilità con l'adozione di ausili per il movimento, il controllo ambientale, la comunicazione. Nella sua "Cronaca" ha lasciato troppo poco spazio a questo aspetto sul quale sono sicuro che avrebbe avuto molto da dire e da raccontare, perché?

Purtroppo in Italia l'assistenza ai pazienti con sclerosi laterale amiotrofica è carente e trascurata ancor più della ricerca; è invece più che mai necessario incominciare a muoversi più decisamente proprio in questa direzione, perché è dalla qualità degli interventi assistenziali e dagli ausili che dipenderà la qualità di vita di tante persone, almeno fino a quando non si troverà il modo di prevenire o di curare la malattia.

Circa un anno e mezzo fa, nel tentativo di aiutare la signora Maria che, dopo aver visto Charlie Wedemeyer a Milano, aveva scelto di iniziare la ventilazione meccanica, avevo preso contatti con il gruppo di lavoro che si occupa di ausili presso la fondazione Don Gnocchi a Milano e poi con l'ingegner Davalli, bioingegnere del Centro Protesi dell'INAIL di Vigorso di Budrio vicino Bologna. In entrambi i casi avevo trovato un grande interesse per i problemi così peculiari dei pazienti con SLA; l'ingegner Davalli si era anche dichiarato disponibile a partecipare a progetti finaUzzati a risolvere problemi di comunicazione di singoli pazienti, adattando la tecnologia delle protesi mioelettriche per le quali il Centro è all'avanguardia in Europa. Purtroppo il rapido peggioramento e le condizioni cognitive della signora Maria hanno reso impossibile l'adozione di ausili così sofisticati. A quasi tre anni dalla tracheotomia, la signora Maria è divenuta del tutto incapace di attivare il più piccolo muscolo, continua a ricevere immobile e muta le cure affettuose dei familiari che quotidianamente danno parole ai suoi pensieri, danno un significato alle sue emozioni. E' certo che iniziando precocemente l'addestramento e disponendo di ausili adeguati la signora Maria avrebbe potuto esprimersi più a lungo.

Dopo di lei la signora Francesca ha scelto di iniziare la ventilazione meccanica ed ha dovuto superare mille ostacoli burocratici per ottenere solo un parziale rimborso per l'acquisto di un computer, che spera di imparare ad usare per poter comunicare meglio e più a lungo di quanto le consentirebbe la tavola alfabetica che usa oggi. Nonostante la paziente sia motivata e dotata culturalmente, non sono affatto sicuro che senza l'aiuto di persone specializzate in questo campo possa riuscire ad operare quegli

adattamenti continui che sono indispensabili per adeguare il computer al progredire del deficit motorio.

La mìa impressione è che in Italia ci sia grande bisogno di promuovere competenze e risorse che consentirebbero di fare rapidamente dei progressi nel campo degli ausili. L'AISLA ha fatto troppo poco in questa direzione! come giudicare lo scarso interesse per l'assistenza che caratterizza i centri che in Italia studiano la malattia? Negli Stati Uniti ho avuto modo di verificare che i centri più attivi nella ricerca sono altrettanto attivi nel promuovere l'assistenza dei pazienti e credo che anche in Francia sia così. In quale direzione si sta muovendo il Centro di Studio che si è costituito a Conversano? Perché l'AISLA non lancia segnali significativi in questa direzione?

Sono pienamente consapevole che non basta trovare una soluzione tecnologica per risolvere un problema così delicato e complesso come la disabilità, ed è proprio per questo che ho pensato di scriverle; sono sicuro che la sua esperienza ed il suo esempio potrebbero essere di grande aiuto a tanti che oggi sono troppo facilmente scoraggiati da chi dovrebbe invece aiutarli a considerare che la sedia a rotelle non è il segno della sconfitta ma uno strumento per vivere meglio.

Credo che la sua "Cronaca" contenga un forte messaggio di coraggio, di dignità e di speranza e cercherò di procurarmene altre copie da far.

leggere ai pazienti ed a quanti cercano di aiutarli

Con simpatia e stima.

Virginio Bonito

Conversano, 26 marzo 1997

Egregio Dott. Bonito,

La ringrazio per la lettera che mi ha indirizzato, della quale ho apprezzato la schiettezza. Devo dire, con altrettanta franchezza, che la lettura del contenuto della sua missiva mi ha procurato e lasciato un senso di inquietudine. Mi riferisco alla sensazione di fastidio da Lei avvertita, fino ad un certo punto, nella lettura del mio scritto e, soprattutto, dalla sua dichiarata impossibilità a spiegare le ragioni.

Ho scritto la cronaca della mia disgrazia, ovvero il racconto cronologico di tutto quanto mi è occorso, in un ben definito spazio temporale. Su tali accadimenti esprimo mie personali valutazioni che, naturalmente, in quanto tali, sono opinabilissime e non necessariamente condivisibili in toto o in parte. Del resto, il mio scritto è sicuramente un atto di parte a tutto tondo, una difesa "pro domo sua" e d'ufficio dei malati di sla. Mi attendo dunque consensi e critiche, come è normale che avvenga, ma non avevo per nulla messo in conto la eventualità di poter suscitare sensazioni di fastidio nel lettore. Fastidio, ma perché? Aver dunque riscontrato che ciò può accadere, anche se nel suo caso, per fortuna, la sgradevole sensazione si è tradotta in simpatia, non mi tranquillizza.

Nella sua lettera Lei mi chiede perché non abbia dato il dovuto spazio nella mia "Cronaca" ad informazioni sui recenti ausili ad alta tecnologia, preziosi strumenti capaci di rendere più sopportabile il calvario della sopravvivenza di un malato di sla. L'osservazione è esatta, ma mi è facile dare spiegazioni.

Descrivo la mia esperienza per come evolve la malattia, momento per momento; non avrei potuto descrivere la futura ingravescenza, come l'affronterò e a quali "macchinari" (dei quali, allo stato, non ho precise conoscenze), ricorrerò, né ho inteso scrivere un manuale ad uso dei malati.

Tanto chiarito, concordo perfettamente con Lei che da noi è tempo di muoversi e non solo per la ricerca, che non viene svolta, ma anche per assicurare ai malati in ogni modo possibile una migliore qualità della vita.

Lei è fin troppo indulgente nei riguardi dell'A.I.S.L.A all'interno dell'associazione, tuttora inopinatamente sprovvista di personalità giuridica, è nota la mia posizione fortemente critica nei confronti della dirigenza. Solo ora si incomincia ad approntare una struttura organizzativa; ritengo che la recente costituzione dì sedi regionali, da me fortemente voluta, potrà rappresentare un fattore di notevole discontinuità con un passato non adeguato.

Il Centro di Studio di Conversano è presente solo sulla carta. Esiste solo nella deliberazione istitutiva la trattativa in corso per un protocollo d'intesa con l'Università di Milano si è interrotta perché il direttore generale della A.S.L. è stato rimosso. Tocca ora faticosamente riprendere il discorso con il nuovo direttore, sempre che costui abbia voglia di interessarsene e sempre che resti in carica. Così vuole la prassi burocratica capace di uccidere più della malattia.

Come vede, tutto è molto più complicato per i malati di sla. Si aggiungano gli ostacoli che perlopiù ancora adesso i pazienti incontrano per procurarsi il farmaco, e qui il discorso diventa difficile e delicato perché, questa è la mia impressione, tra Ministero, AA.SS.LL., medici e casa farmaceutica, qualcuno gioca sulla pelle dei malati. Si aggiunga ancora che, mentre sta per iniziare in Europa e negli U.S.A. la sperimentazione del farmaco denominato SR 57446 della Sanofi su 2.400 pazienti, al momento è certo che l'Italia, more solito, ne è esclusa in quanto la multinazionale franco-americana non ha neppure ritenuto di presentare la richiesta di autorizzazione al Ministero, esattamente come avvenne alcuni anni fa per la sperimentazione del riluzolo. Anche su questi fatti che giudico umilianti per il pianeta sanità del nostro Paese avrei molto da dire.

Vede dottor Bonito, sono oltre tre anni che mi adopero e mi impegno, come è scritto nella "Cronaca", talvolta avverto una sensazione di solitudine e di inutilità degli sforzi visto che, a voler essere proprio cinici, perlopiù

raccolgo solo simpatie e attestazioni di solidarietà. Mia moglie mi chiede

perché ancora mi impegno, con tutto lo stress che ne viene, e non me ne

stia invece tranquillo a "godermi" la mia sla.

Il fatto è che mi spinge, incontenibile, un sentimento di grande rabbia che neppure la invincibile sla è capace di affievolire. lo mi sento fortemente in credito verso chi dovrebbe adoperarsi e non si adopera, e vittima, nella sventura, dì una intollerabile ingiustizia per la distrazione e l'indifferenza che generalmente avvolge e soffoca i malati di sla. A tanto non potrò mai rassegnarmi, né presterò acquiescenza.

Concludo. Avrei molto piacere se volesse proseguire il dialogo ora iniziato. Del mio libro posso fornirLe altre copie. In ogni caso chi altri fosse interessato, può farne richiesta a questa sezione pugliese dell'A.I.S.L.A. accludendo francobolli per £4.000=, il costo della spedizione.

Molti cordiali saluti.

Camillo Colapinto

 

Fine mese.

Ho ricevuto dalla signora Maria Pia Pavani di Cormons, da anni vittima della sla e tenuta in vita dalle macchine, la sua raccolta di poesie, contenute in un libro dal titolo: "Volo di farfalla". Inoltre mi ha spedito il racconto altamente drammatico del suo calvario.

Alla signora Pavani ho indirizzato la seguente lettera:

Conversano, 27 marzo 1997

Gentilissima signora Maria Pia, ho letto con autentico rapimento le sue struggenti liriche, raccolte nel libro di cui mi ha fatto dono. Come uomo del Sud legato alle proprie radici, le sono particolarmente grato per l'omaggio che lei ha reso alla mia terra con il componimento "Puglia".

Con altrettanto interesse ho letto il drammatico racconto del suo calvario.

Trovo che il vissuto della sua disgrazia è nel contempo diversissimo ma pure uguale al mio. Ravviso la diversità nella differente reazione che mi sembra cogliere di fronte alla malattia. La mia ribellione ed il non potermi rassegnare alla impotenza e all'indìfferenza che la malattia generalmente suscita, mì ha portato ad esplicitare, come dire, nel pubblico l'enìgma sla, battendomi su più fronti e più livelli, con crescente indignazione. Lei invece si è ripiegata su se stessa, per esplorare, così messa a dura prova, meglio il suo animo, i sentimenti e le interazioni psicologiche con i suoi cari. Ci accomuna, invece, la grande sofferenza psichica e fisica che la sla impone. Per questo motìvo mì sono convìnto che le nostre cronache andrebbero lette dai medici, dai malati e dai loro familiari, più proficuamente insieme, perché sicuramente si completano vicendevolmente. Se mi consente, cara signora Maria Pia, è come se nuovamente il Friuli incontra la Puglia per una comunione, questa volta, nel dolore.

Orbene. ritengo che il suo racconto meriti di essere stampato, affinché abbia diffusione e ne sia possìbile la lettura. Anzi avrei pensato ad una veste tipografica uguale al mio libro, quasi a significare l'inizio di una collana di pubblicazioni sulla sla. lo stesso sto scrivendo un secondo testo che, una volta terminato, sarà stampato. I costi sono poco significativi ed i denari si trovano. Terrei moltissimo che lei accedesse a questa mia idea, dichiarandole anche la mia disponibilità operativa, ad una "condizione": che lei mi consentisse di anteporre al suo racconto una mia premessa. Ne sarei onorato. Naturalmente scherzo; confermo la mia disponibilità incondizionata.

In attesa di conoscere il suo pensiero, saluto affettuosamente lei e la sua famiglia.

avv. Camillo Colapinto

Qualche giorno dopo mi è pervenuta la risposta.

Carissimo Avvocato. mi è giunto graditissimo il suo espresso e le sono oltremodo grata per le gentili parole che ha voluto rivolgermi.

Certo, sono perfettamente d'accordo con lei: le nostre ed altre testimonianze andrebbero non solo pubblicate ma ampiamente divulgate per scuotere l'indifferenza e far conoscere la sla che, mi dicono, è più diffusa della distrofia muscolare. Nel mio scritto ho volutamente evidenziato la parte emotiva e psicologica per sottolineare le difficoltà reali che incontra la famiglia, non sorretta da adeguate strutture, ad assistere un congiunto come me: è stato, in fin dei conti, un inno, se pur amaro e dolcissimo, alla vita che continua e all'amore di tutti coloro che mi aiutano. Sarò onorata se vorra scrivere la premessa a quello scritto che non so se sarà pubblica to, ma se lo sarà vorrei fossero seguite le sue indicazioni. Non mi consideri una donna remissiva, tutt'altro, retta da un carattere molto forte e deciso, combatto per rendere più accettabile la vita dei malati.

Sono apparsa più volte in TV, i giornali parlano di me, ma riesco ad uscire dall'ambito regionale solo con la corrispondenza (50 fissi ed altri 50 saltuari da ogni dove) ma devo escogitare dell'altro.

Per quanto riguarda la Puglia: l'ho amata dal primo momento ed ho insegnato ai miei figli a conoscere la terra dove affondano le loro radici, infatti mio marito è nato a Bisceglie e colà risiedono tutti i suoi parenti.

Ora mi congedo con i più cordiali saluti.

Maria Pia

Rosita Pascale mi ha inviato un'altra lettera. Sono venuti a trovarmi Tonino Meliota e Milena Accolti, Antonietta Barbuscia, Tonio Sciannamblo, Michele Lopriore, l'avvocato Luigi Cippone che mi ha regalato un libro, Innocente Lopriore con i figli Antonio e Piero.

Il mese si è concluso con una notizia tristissima, la scomparsa del caro prof. Mauro Capursi, docente di matematica all'Università di Bari, vittima della sla da circa sette anni. Lascia la moglie, signora Palombella, e cinque figli.

Avevo visto il professore per una sola volta, nell'ottobre del 1995, a Conversano, in occasione del convegno sulla sla. Ricordo che per tale circostanza i colleghi del prof. Capursi concorsero generosamente alla spese di organizzazione. Mantenevo frequenti contatti con la famiglia Capursi, ed ero a conoscenza della decisione, presa da tempo dal professore, di non consegnarsi alle macchine per prolungare un'ardua sopravvivenza. Così è stato. E' spirato martedì 25 marzo serenamente, con dignità.

Ho spedito alla famiglia il seguente biglietto:

Conversano, 29 marzo 1997

Ho impiegato alcuni giorni per assorbire il colpo recatomi dall'angosciante notizia della dipartita del caro prof. Mauro.

Un altro compagno di sventura non è più.

Le parole risultano inadeguate, pertanto desidero rendere omaggio alla memoria del Vostro congiunto dedicandogli il seguente componimento, tratto dalla raccolta di poesie dal titolo: "Volo di Farfalla" di Maria Pia Pavani dí Cormons, malata di sla, la cui sopravvivenza è da tempo affidata alle macchine.

Amo e invidio

la farfalla

che lieve

danza tra ifiori

del mio giardino.

Ma per lei

temo la ragnatela,

dove il ragno impietoso,

come a me

può succhiare la vita.

Esprimo le più sentite condoglianze. avv. Camillo Colapinto

 

APRILE

Ricorrenze.

E' questo il mese delle ricorrenze.

Mancano mille giorni al 2000, cadono i compleanni di mia moglie, di mio fratello, di mio figlio Antonio

Ma è anche il mio compleanno di ammalato, compio quattro anni, e sono già tanti. La mia vita precedente è cessata a 47 anni, quattro anni fa, per l'appunto, quando nella primavera del 1993 mi sono trovato reincarnato in un malato di sla. lo non mi intendo di religioni, ma evidentemente sono stato punito da un qualche Dio che tuttavia non si è rivelato, e la punizione è stata esemplare, quantunque per me incomprensibile, attesa la non comparabilità tra la prima esistenza e la seconda, se così questa può definirsi.

La seconda vita è squallida, dolorosa, priva di dignità, inutile, di intralcio per gli altri, senza alcuna prospettiva se non la morte con sofferenza, che può coglierti in qualunque momento.

Il pensiero della morte accompagna tutta la giornata. E' arduo convivere ed abituarsi; peraltro, la nostra cultura occidentale da tempo ha rimosso la morte dal proprio orizzonte. La morte viene proibita, si cancella e scompare, diventando oggetto di vergogna e di divieto. 1 valori o i disvalori, a seconda di come Il si voglia definire, che la società esprime, orientano la nostra esistenza che viene vissuta come se non dovessimo mai morire, sicché a tale evento, naturale ed ineludibile, siamo sempre impreparati In un simile contesto non appare accettabile, e non ci si rassegna al pensiero che, all'inizio del terzo millennio, con i travolgenti e spettacolari progressi della scienza, ci siano ancora malattie incurabili.

Nessuno, tuttavia, considera che dalla vita non si esce vivi!

Conoscenti ed amici credenti, ritenendo di recarmi conforto, affermano con fede incrollabile e, all'apparenza, mai toccati dal beneficio del dubbio, che questa miserevole esistenza dominata dalla malattia va interpretata come "un dono della Provvidenza". Francamente questa storia del "dono" o del "messaggio" è decisamente irritante; penso che neppure un prete direbbe ad un ammalato così segnato dalla sofferenza cose simili. Se mai esistesse il buon Dio, lo esorterei vivamente a distogliere quanto prima lo sguardo dalla mia povera persona, e a lasciarmi perdere.

Altri mi dicono, apparentemente convinti, che questo genere di malattie colpisce solo chi è in grado di sopportale. Quante sciocchezze mi tocca di ascoltare!

In questa seconda vita senza senso mi resta forse, quale reminiscenza della prima, un animalesco, irrazionale istinto di sopravvivenza, alimentato da un forte sentimento di indignazione e ribellione, di non acquiescenza e non rassegnazione.

Dimenticavo un'altra, per me non insignificante ricorrenza. Le statistiche americane prevedono per la sla, mediamente, la sopravvivenza per una durata tra cinque e quarantanove mesi dall'esordio. Alla fine del corrente mese per me scadono quarantanove mesi da quando ho avvertito i primi sintomi del male, e sono ancora vivo. Ho dunque battuto le statistiche; non so dire, onestamente, se la favorevole circostanza mi debba necessariamente rallegrare, in quanto la piccola "performance" non mi assegna alcun premio effettivo in termini di una qualche aspettativa o speranza di vita per la mia "bravura". Tuttavia ho incassato l'incommensurabile premio di consolazione di aver vissuto ancora con la mia famiglia.

La sperimentazione negata, lettera al ministro della sanità.

La questione della pericolante sperimentazione del farmaco della Sanofi in Italia, per i malati di sla, non poteva lasciarmi indifferente, sicché, dopo un colloquio con l'amico Gabriele Mora, impegnato neurologo di Veruno, sconfortato per la piega che ha preso la faccenda, ho deciso di scrivere al ministro Bindi e di chiedere di intervenire all'onorevole Maria C. Nardini.

Staremo a vedere cosa farà il ministro.

 

Conversano, 11 aprile 1997

On.le Rosy Bindi

Ministero della Sanità - Roma

Al Presidente della Commissione Sanità presso la Camera dei Deputati - Roma

Al Presidente della Commissione Sanità presso il Senato della Repubblica - Roma Al prof. Guglielmo Scarlato

Direttore della Clinica Neurologica dell'Università Policlinico Umberto 1 - Milano

Al dr. Edoardo Ferlito

Presidente dell'A.I.S.L.A via A.Costa, 2 - Novara

Nella qualità di cittadino italiano vittima di una malattia terribile, la sclerosi laterale amiotrofica, certamente una delle malattie più deliberatamente ignorate dal sistema sanitario nazionale, che vergognosamente abbandona al proprio destino gli ammalati e le loro famiglie (non esistono centri di riferimento pubblici, non una lira viene investita nella ricerca ecc.)

denuncio

quanto segue:

nel prossimo mese di giugno negli U.S.A. ed in Europa, su ben 2.400 pazienti, inizierà contemporaneamente la sperimentazione del farmaco denominato SR 57446 A della casa farmaceutica Sanofi. Per il nostro Paese sarebbero stati prescelti due centri, la clinica neurologica dell'Università di Milano e la Fondazione Maugeri di Veruno.

A quanto mi risulta l'Italia, di fatto, è già tagliata fuori, e sarà estromessa dal trial, a beneficio di altri centri europei. Il motivo è il seguente: negli altri Paesi le necessarie autorizzazioni vengono concesse al massimo in un mese, da noi invece è certo che la documentazione della Sanofi giungerà all'esame della CU17 non prima del prossimo mese di settembre, quando, cioè, altrove sarà già cessato il reclutamento dei pazienti ed iniziato il trial. Dunque, siamo già fuori dalla sperimentazione, esattamente come accadde nel 1991 per la mancata sperimentazione del farmaco denominato riluzolo.

Chiedo

pertanto che non si consumi, ancora una volta, a danno dei dimenticati

malati di sia, l'ennesima omissione e si consenta loro almeno la facoltà dì sottoporsi a sperimentazioni nel proprio Paese, ìntervenendo ed adoperandosi affinché l'iter procedimentale per il rilascio dell'autorizzazione venga immediatamente espletato.

Affinché non si radichi la convinzione che nel nostro Paese la burocrazia del pianeta sanità uccide più della malattia.

avv. Camillo Colapinto

 

E'giunto il momento?

Ho inviato a Gabriele Mora una lettera alla quale allegavo gli esiti di recenti esami (spirometria ed emogasanalisi). Ritenendo peggiorate le mie condizioni, intendevo cautelarmi contro eventuali crisi respiratorie che costituiscono l'epilogo per un malato di sia e dalle quali non intendo farmi cogliere di sorpresa.

Pertanto, informavo Gabriele delle mie decisioni (come si usa nei paesi anglosassoni, ove è prevista, in casi del genere, la possibilità di formulare le proprie determinazioni anticipate in appositi living wills, testamenti viventi), chiedendo cosa fosse opportuno fare. A lui, tra l'altro, così mi rivolgevo:

" ... Ora voglio dirti con estrema chiarezza, essendo io abituato a stare con i piedi per terra e a programmare gli obiettivi, che, al momento, sono fermamente intenzionato a prolungare il più possibile la mia esistenza, per quanto si può fare, anche affidandomi alle macchine. Ma a quel momento, di cui ho anche grande paura, voglio arrivare nelle condizioni migliori possibilì, al momento giusto, non anticipando né posticipando, evitando le emergenze. Tanto penso senza neppure sapere se queste cose sono effettivamente programmabili, ovvero costituiscono necessariamente emergenza.

Tu però puoì darmi, con la tua non comune esperienza, le direttive e le giuste istruzioni senza eufemismi, certo che con me non puoi che essere schietto ed impietoso, sai che in questi casi non serve la reticenza o peggio ancora la pietà che trovo intollerabile ed umiliante ......

Preciso che Gabriele è un neurologo ospedaliero, conoscitore della sia come pochi in Italia. Egli, infatti, lavorando a Veruno ed avendo assistìto svarìate decine di ammalati, conosce approfonditamente tutte le fasi della malattia e tutti i molteplici problemi, non solo quelli neurologici, che il

decorso pone, offrendo una prestazione professionale direi globale in favore del malato, difficilmente ottenibile altrove.

Egli mi ha così risposto:

Caro Camillo,

sono felice di avere tue notizie e soprattutto di sapere che hai ancora voglia di combattere

Vengo subito al sodo. Per rispondere adeguatamente a quello che mi chiedi dovrei scrivere un libro in risposta, e non è detto che un giorno non lo faccia. Per ora voi-rei darti poche ma spero chiare informazioni, riservandomi di approfondirle in un colloquio telefonico o, ancora meglio, faccia a faccia. Sono disponibile a ciò in qualunque momento tu ritenga opportuno.

Se un paziente è "fermamente intenzionato a prolungare l'esistenza" e vuole arrivare all'eventuale tracheotomia "nelle migliori condizioni possibili " come giustamente dici, è fondamentale che gli interventi siano PROGRAMMATI, e MAI IN URGENZA. La stessa tracheotomia è molto più sicura se fatta d'elezione e non d'urgenza. Gli interventi che la precedono, come già sai, sono la PEG e la ventilazione non invasiva. Credo che tu necessiti di entrambi fin d'ora, e in breve ti spiego perché.

PEG: fatta adesso è un intervento banale, più tardi poti-ebbero sopravvenire maggiori difficoltà; potrai continuare a mangiare per bocca quando e quanto vuoi; per i primi 3-4 mesi avrai un tubicino di 20 cm arrotolato sotto la maglia, poi potrai farti mettere un "bottone", e con quello stare in costume da bagno senza che nessuno si accorga di nulla. Ricordati che la disfagia partecipa al pari della debolezza dei muscoli respiratori all'insufficienza respiratoria. Posticipare la PEG non ti dà alcun vantaggio; ti fa solo correre rischi inutili, o addirittura, per vari motivi, può in seguito non essere più praticabile. Adesso potresti usarla per introdurre anche solo un po'd'acqua, i farmaci, ed eventualmente cibo quando ti senti particolarmente stanco. Per eseguire la PEG ci appoggiamo all'équipe del dr. Del Piano di Novara, che in questi anni ha praticato la PEG a oltre 100 pazienti con SLA!

Ventilazione non invasiva: anche questa, iniziata ora che la tua capacità respiratoria è ancora discreta, ti permetterebbe un facile adattamento; più avanti ti sarebbe molto più difficile. Riduce cospicuamente l'evenienza

di polmoniti. Potresti usarla anche solo poche ore, durante il sonno, che è il momento più critico perché viene a mancare il controllo volontario sulla respirazione. La ventilazione non invasiva, a differenza della PEG, è una metodica più recente e ancora in fase di perfezionamento. L'efficacia della risposta è piuttosto variabile da paziente a paziente, un tentativo però vale senz'altro la pena di farlo. L'esperienza in pazienti neuromuscolari è assai scarsa; non lo dico per menar vanto, ma credo che la casistica di Veruno sia unica in Europa. Di solito ho bisogno di una settimana per adattare i pazienti al ventilatore.

Ritengo che tu necessiti del ventilatore perché la tua situazione respiratoria dedotta dagli esami non è particolarmente brillante. La spiromeIria evidenzia un valore di capacità vitale forzata (FVC) del 57% rispetto al teorico valore considerato per età e altezza. Tieni presente che nei trial clinici non vengono accettati pazienti con valori inferiori al 60%, e che negli USA, se un paziente vuole la tracheotomia, quando raggiunge il 50% comincia la programmazione dell'intervento.

Non ho esperienza di emogasanalisi capillare (che abbreviamo in EGA), poiché noi pratichiamo sempre il prelievo arterioso, che si fa al polso, nell'arteria radiale perché dà un indice più esatto della situazione. Comunque i valori ottenuti non sono normali; infatti il collega conclude per ipossia e desaturazione dell'emoglobina: in sostanza la quantità di ossigeno nel sangue è ridotta. Ciò non fa altro che indebolire complessiva~ mente tutto l'organismo che, come tu ben sai, viaggia solo grazie all'ossigeno, e di conseguenza accelera il decorso della malattia. Potresti praticare un EGA arteriosa in un qualsiasi pronto soccorso di un qualunque ospedale; in un minuto ti viene consegnato il risultato.

Un altro esame che può dare utili informazioni è l'ossimetria notturna, in sostanza la misurazione della saturazione di ossigeno nel sangue durante il sonno, che come ti ho già detto è il momento più critico.

Tieni anche presente che l'ipertensione arteriosa, specie della diastolica (cioè la minima) è il primo meccanismo messo in atto dall'apparato cardio-vascolare in caso di insufficienza respiratoria. Concordo nel non accanirsi troppo nel volerla abbassare.

Come vedi un po'tutti i dati sembrano confermare la necessità di una ventilazione non invasiva. Altro da fare non c'è, a parte aiutai-si un po' con farmaci, per esempio il Theodur come ti ho detto a Ranica.

L'insufficienza respiratoria ha di solito un decorso costante, non a gradini, per cui è rara l'insorgenza di fatti improvvisi. Le crisi respiratorie acute sono causate da:

1) paralisi bulbare: evenienza rara. E' rapidamente e inesorabilmente fatale come un grave ictus cerebrale o un infarto miocardico esteso.

2) ostruzione delle vie aeree causata da un grosso bolo alimentare: evento abbastanza frequente. In caso di febbre è prudente iniziare subito un antibiotico ad ampio spettro per via parenterale (per esempio Rocefin 2 grammi ev o im/die).

Credo di essere stato sufficientemente franco, come mi hai chiesto; è giunto il momento di prendere alcune decisioni senza perdere più tempo. La mia è l'esortazione di un amico, oltre che il consiglio di un medico. Potresti sfruttare il prossimo appuntamento a Marsiglia per fare qualcosa.

Parlare del trial della Sanofi mi provoca rabbia e sconforto. In breve: la stesura del protocollo internazionale è stata più lunga del dovuto, l'inizio del trial previsto per febbraio è slittato a fine maggio; sono stati contattati circa settanta centri nel Nord America e in Europa; i centri in Italia sono due, Veruno e Milano (Scarlato).

Il protocollo è stato presentato al Minisero due settimane fa, più o meno come negli altri Paesi, ma, considerati i nostri tempi di approvazione (circa sei mesi), otterremo l'autorizzazione quando gli altri avranno già finito l'arruolamento e saremo quindi fuori.

A Parigi hanno già detto che sono pronti a sostituire i centri italiani se non ce la faranno. Siamo l'unico Paese in cui la burocrazia è così lenta, gli altri giustamente non ci aspettano e ci considerano un Paese del Terzo Mondo. Tre giorni fa ho incontrato il prof Paoletti, che conosco Piuttosto bene e che è il sostituto di Garattini al vertice della C. U.F; ha allargato le braccia, dicendomi che non mi può aiutare, poichè la pratica non arriverà sul suo tavolo prima di settembre.

In attesa di chiarirti eventuali altri dubbi di persona, ti saluto con affetto.

Gabriele Mora

Per meglio approfondire l'argomento e conosceme i dettagli, mercoledì 23 incontravo a Milano Gabriele Mora.

Abbiamo parlato di buchi nello stomaco, di necrosi dello stomaco provocata a pazienti Sottoposti a gastrostomia (p.e.g.), ma ricoverati nel reparto di medicina generale invece che in gastroenterologia, per assenza di

posti letto, e pertanto non adeguatamente assistiti, di crisi respiratorie, di soffocamenti, di polmoniti ed altre amenità e varianti sul tema, mentre gustavamo, senza farci tanti scrupoli, un'ottima pizza accompagnata da una dissetante birra tedesca. Abbiamo convenuto di sentirci a maggio, per stabilire la data dell'eventuale ricovero a Veruno, entro i mesi di giugnoluglio.

 

A Marsiglia. Cedendo, crollando e, chissà,…risorgendo.

Giovedi 24 partivo da Milano alla volta di Marsiglia, ove per il giorno successivo era fissato il mio undicesimo day hospital.

Appena giunto in ospedale, sono andato a salutare il prof. Serratrice al quale ho portato alcune copie della "Cronaca". Egli mi ha ringraziato e si è mostrato molto contento di riceverle. Ho pure consegnato altre copie del libro alla équipe medica che mi segue, ovvero i dottori J.P. Azulay, D. Lardillier e D. Robert che erano già informati e che mi hanno confuso con i loro ringraziamenti. Quando poi mia moglie Maria si è recata nella stanza ove ha sede l'Association Lutte et Soutien Maladies du Motoneurone, per consegnarne altre alla presidente M.me G. Chabrières, ha notato con stupore che erano state già distribuite delle copie che alcune infermiere stavano sfogliando; come le hanno poi detto, erano state portate dal prof. Serratrice. M.me Chabrières è venuta a trovarmi nella mia stanza per ringraziare e ha voluto contraccambiare consegnandomi un voluminoso dossier sulla malattia e la gestione del malato, ad uso dei medici.

Circa le mie condizioni fisiche, è risultato quanto segue: la simpatica dr.ssa Robert ha rilevato, tra l'altro, il "cedimento del palato", sicché quello che resta della voce ha una tonalità ancora più nasale; mi ricordava poi che precedentemente, al controllo di gennaio, aveva registrato "la caduta di tono delle labbra". Dal mio canto, non volendo essere da meno a contabilizzare il disastro, informavo la dottoressa che dagli inizi del mese il mio capo aveva preso "a ciondolare" un po' in avanti e lateralmente.

Mentre ero impegnato nel singolare colloquio, io mi immaginavo di stare a parlare, con un ingegnere, di una vecchia costruzione pericolante nella quale aveva ceduto il soffitto, era crollato il tetto, si era inclinato un muro!

La spirometria (durante tale esame è dovuta intervenire una infermiera, per tenermi ben serrate le labbra, divenute altrimenti incapaci, attorno al boccaglio che viene imboccato e trattenuto anche con i denti, per misurare la respirazione) e l'emogasanalisi (il sangue viene preso, in modo assoluta~ mente indolore, dal lobo dell'orecchio, dopo aver applicato una pomata) sono andate meglio del previsto. Infatti, a parere del prof. Serratrice e del dottor Azulay non vi sono, allo stato, condizioni che richiedano la utilizzazione di un respiratore; lo stesso ritenevano per la p.e.g., in quanto non sono calato di peso. Tuttavia, se intendevo seguire i consigli di Gabriele Mora, non sussistevamo controindicazioni.

Non mi è stata più consegnata la confezione trimestrale di riluzolo perché, come già si sapeva, il farmaco in Francia è ora disponibile in farmacia. Dovrò, pertanto, procurarmelo dalla farmacia ospedaliera della A.S.L. Ba 5, secondo le recenti disposizioni.

Con riferimento alla sperimentazione della Sanofi su cui ora poggiano le speranze, mentre noi malati italiani siamo costretti a indirizzare istanze e petizioni al ministro e a far presentare addirittura interrogazioni parlamentari, semplicemente per ottenere il rilascio di un'autorizzazione tempestiva ad un trial che al servizio sanitario nazionale non costa un soldo (né è dato di sapere come finisce la vicenda), a Marsiglia è già tutto pronto, anzi il trial è come fosse già iniziato. Infatti, su alcune decine di volontari sono in corso le prove sulla tossicità del farmaco, con esami e controlli settimanali che si stanno concludendo; successivamente inizierà la sperimentazione. A tal fine mi è stato detto di mettermi in contatto con il reparto dell'ospedale, a metà del prossimo mese di maggio, se intendo sottopormi al trial, per conoscere la data in cui devo presentarmi.

Ancora oggi, dopo tre anni di frequentazione dell'ospedale francese, resto stupito dalla efficiente normalità di quel sistema sanitario, quanto meno rispetto al nostro.

Quando faccio queste affermazioni, so di suscitare antipatia e fastidio in alcuni medici, quelli che definisco "i disfattisti". Mi riferisco a quei neurologi che si sono sempre sbarazzati, alla svelta, dei malati di sla, da loro considerati già cadaveri, per i quali non ci sarebbe nulla che valga la pena di fare; e poi con simili malati non si fanno certamente soldi, mentre c'è sicuramente molto da lavorare.

Un po' c'è da capirli questi medici: non sono abituati a ricevere critiche e ad essere messi in discussione, convinti tuttora, ma erroneamente, di poter esercitare un potere assoluto sul paziente, fino a sbarazzarsene; e

d'altra parte, quale malato di sla sino ad ora li ha mai contestati, o peggio ancora smascherati?

Al loro cinismo oppongo il mio disprezzo. Per fortuna che ci sono anche gli altri neurologi, quelli più coscienziosi e dotati di spirito di sacrificìo che, differentemente dalla maggioranza dei loro colleghi, ritengono che sia necessario impegnarsi, e maggiormente, anche per questi malati.

Ad ogni modo l'accusa, nemmeno tanto velata, che mi si rivolge è di esterofilia inopportuna e, più larvatamente, di velleitarismo e di sostanziale inutilità dei miei tentativi, essendo la sorte segnata.

Rìspondo a queste accuse fuori luogo ed infondate.

A) Innanzi tutto mi piacerebbe vedere tali detrattori al mio posto. Ho avuto modo di osservare il comportamento di medici colpiti da malattie: generalmente si comportano come i più pavìdi tra i pazienti, non si comprende se sono più terrorizzati dalla malattia o dal dover essere costretti ad affidarsi al loro colleghi!

B) Diagnosticata la malattia, sono andato disperatamente alla ricerca di un farmaco che nessuno, in patria, mi ha prescritto. Il consiglio medicospecialistico era di tornarmene a casa.

Sta di fatto che, essendo stato costretto per questi motivi a rivolgermi all'estero, sono stato curato nel 1994 in Francia con il farmaco denominato dextrometorplian, che mi è stato somministrato gratuitamente; nei primi sette mesi del 1995 mi sono curato anche con il farmaco denominato neurontin, prescrittomi da medici statunitensi e che io acquistavo in Svizzera (riuscendo ad ottenerlo dalla mia a.s.l. nel periodo maggio-giugno dopo una dura lotta), e dal mese di agosto '95, sempre in Francia, con il riluzolo, medicinale che solo due anni più tardi sono riuscito ad ottenere dalla farmacia ospedaliera dell'azienda sanitaria locale a cui appartengo. E' inutile sottolineare che due anni per questa malattia valgono quanto un'altra vita, e non va taciuto che, in ogni caso, solo all'estero ho ricevuto cure e medicinali gratis (in Francia) con controlli trimestrali in day hospital, fin dal mese di luglio del 1994.

Come si vede una scelta assolutamente obbligata, e che mi è anche costata diversi milioni di lire per spese di viaggio e di soggiorno, visto che in patria, per quanto riguardava i farmaci, in alternativa mi si offriva il Nulla!

Si può obiettare che tutto ciò non serve? Può anche darsi, ma, visto che la pelle è mia ed in assenza di altro, perché negarsi la possibilità di tentare?

 

Amici, conoscenti, colleghi, estìmatori, clientes.

Conversano è una cittadina di poco più di ventimila abitanti, dove tutti si conoscono e soprattutto si sa tutto di tutti, come è frequente e quasi inevitabile che succeda in questi casi. Mia moglie Maria deve pensare a fare la spesa, sì reca nei varì uffici a seconda delle necessità, dunque va all'edicola, al panificio, in macelleria, all'ufficio postale, alla banca, ecc. Naturalmente durante il disbrigo di tali faccende, le capita di incontrare, occasionalmente, diversi conoscenti.

Descrivo un incontro occasionale "tipo", poniamo dal salumiere, con il conoscente signor X. Costui ha ordinato del formaggio, nel frattempo mia moglie entrata in salumeria, gli si pone accanto, in attesa del suo turno; il signor X la saluta, assume di colpo l'espressione consona e con un occhio alla bilancia, ove il salumiere sta pesando il formaggio, pronuncia la prevedibile frase di circostanza: "Come sta l'avvocato?", provocando l'immediata mal celata irritazione di mia moglie che temeva la domanda di rito, irritazione suscitata dal fatto che lei dovrebbe descrivere le mie condizioni di salute, coram populo, di fronte ad un trionfo di prosciutti, salumi, sottaceti, latticini ecc. e soltanto perché, per caso, si è imbattuta nel menzionato conoscente. Nel frattempo, il salumiere che segue il colloquio, assunta anche lui l'espressione di cìrcostanza, chiede al signor X, scusandosi per l'intromissione, se il formaggio lo deve incartare per intero o lo deve prima grattugiare. A questo punto, come da copione, il signor X sfodera l'excusatio non petita: "Non vengo a trovarlo perché non ho il coraggio". Nuovamente il salumiere è costretto ad interrompere il colloquio perché deve chiedere a mia moglie cosa ordina.

Un episodio è autentico; non è detto che poco dopo la sceneggiata non debba ripetersi dal fruttivendolo.

A farla breve, mia moglie, promossa a vedova ante litteram, dovrebbe muoversi per il paese come la lacrimante Madonna Addolorata, quella vestita di nero e con tre pugnalì conficcati nel petto che a Conversano portano in processione il Venerdì Santo, seguita dalla banda municipale che esegue l'angosciante marcia funebre di Chopin, alla ricerca del Cristo morto.

Ora vorrei poter dire a questi conoscenti che non sono certo obbligati a farmi visita, peraltro la situazione diventa quasi comica se si pensa che costoro sentono di doversi (ma del tutto occasionalmente) giustificare, adducendo una loro presunta debolezza. Dunque, il problema non sarei io in quanto colpito dalla malattia, ma piuttosto il loro stomaco debole, sicché, a ben vedere, dovrei essere io, che invece sono di stomaco forte, che dovrei andare a trovarli per confortarli per la loro debolezza.

Che dire allora degli amici che abitualmente vengono a trovarmi, non avrei mai creduto che fossero un manipolo di audaci e temerari, ai limiti della incoscienza!

La verità è che gran parte delle relazioni sociali si sviluppano, si mantengono e addirittura si fortificano facendo leva sulla ipocrisia.

Sono venuti a trovarci, giovedi 3 aprile, facendo una gradita sorpresa, la nostra amica Clelia Guaragnella Montanini di Roma ed il figlio Francesco, responsabili della sezione del Lazio dell'associazione.

Ho ricevuto le visite di Lino Lorusso, Nicola L'Abbate, Nicola Positano, Carlo De Luca, Antonio Lopriore, Luigi Serlenga, Bruno Maggio, Tonio Sciannamblo.

Domenica 13 aprile sono stati da noi a cena Renato Fiandaca con la moglie Luisa e la sorella Valeria.

 

MAGGIO

Avanti-indietro Savoia!

Oggi 1 maggio, mentre milioni di disoccupati e sottoccupati "festeggiano" la rituale ricorrenza, il governo Prodi, forse alla ricerca di consensi almeno da parte di chi segue la stampa scandalistica e rosa - ha annunciato la presentazione di un disegno di legge per modificare la XIII disposizione transitoria della Costituzione che fa divieto ai Savoia di rientrare In Italia.

La notizia è di quelle che lasciano del tutto indifferenti; certo il governo dovrebbe pensare a risolvere ben altri problemi, e forse l'iniziativa sarebbe dovuta partire dal Parlamento. Tuttavia il signor Savoia Vittorio Emanuele, ricchissimo possidente ma scarso quanto a letture, col suo faccione gonfio e l'espressione che appare stordita, non rappresenta un pericolo per alcuno, dunque che torni pure in Italia, ma senza fanfare.

Senonché il signor Savoia, dando prova che l'impressione che diffonde di essere disorientato è verosimilmente reale, alla prima occasione in cui ha rilasciato una intervista televisiva, si è terribilmente complicato la vita, infilando una serie terrificante di gaffes, tali da far tremare le vene e i polsi - ne sono convinto - anche ad un monarchico irriducibile, se ancora esiste (pare che qualcuno sopravviva dalle parti di Napoli, ma qui si parteggia, perlopiù per il signor Borbone Carlo che al momento pare non abbia pretese da far valere).

Dunque, il Savoia con piglio fermo e deciso, rendendo un favore a chi si oppone al suo rientro, ha dichiarato:

a) che non intende rinunciare alle sue prerogative di pretendente al trono del regno d'Italia. A parte il buon umore che l'altezzosa dichiarazione ha provocato negli ascoltatori, il Savoia non ha colto la inopportunità della controproducente affermazione.

b) che intende battersi perché le spoglie dei suoi avi siano accolte nel Pantheon. La sfrontata richiesta che riguarda principalmente Vittorio Emanuele 111, ha il sapore di una provocazione. Quel re è passato alla storia per la sua viltà. Pur di salvare il trono si affidò a Mussolini, che lo disprezzava, e dunque ai nazisti, infine cercò scampo e protezione presso gli anglo-americani. L'impresa che lo rese più odioso agli italiani fu certamente la ignominiosa fuga a Pescara, di notte, come un ladro, per imbarcarsi per Brindisi e consegnarsi agli alleati e salvare la pelle e il trono. Tale atto di codardia costò la vita a migliaia di ufficiali e soldati dell'esercito italiano (che si sfasciò) inconsapevoli e privi di istruzioni, che furono così deliberatamente abbandonati alla feroce vendetta nazista.

c) con riferimento alle leggi razziali firmate da Vittorio Emanuele 111, dichiarava di non sentirne alcuna responsabilità; in più, dimostrando di non rendersi conto di quanto andava affermando, aggiungeva che in fondo quelle leggi non gli parevano così " ... terribili"! Si tratta delle leggi che permisero la persecuzione e l'avviamento ai campi di sterminio di migliaia di ebrei italiani, dei quali il re firmatario era il sovrano.

Sommerso dalla indignazione generale, il signor Savoia è stato costretto ad una penosa ed avvilente parziale smentita di se stesso, assicurando di essere amico degli ebrei.

Tre lettere.

Il 5 maggio, da Napoli, mi ha scritto la dr.ssa Maria Rosaria Monsurrò medico neurologo:

Napoli, 5 maggio 1997

Carissimo avvocato, ho ricevuto il suo libro con notevole ritardo rispetto alla data di invio, l'ho letto, l'ho fatto circolare tra i miei familiari ed i miei colleghi (che non riuscivano a comprendere la mutata tonalità della mia esistenza da quando mi occupo dei malati di sla), l'ho riletto e meditato. Ne ho ricavato forza.

Cosa dirle? Solo grazie, sinceramente grazie. Ed esprimerle la caparbia speranza che la "Cronaca " continui e che la quotidiana guerra alla malattia conosca almeno una tregua duratura.

Vorrei infine che mi dicesse come e dove posso acquistare e fare acquistare il suo libro, alla cui diffusione vorrei contribuire, certa che esso informi molto più dei pochi servizi giornalistici in circolazione, spesso carichi di inesattezze e di stravolgimenti.

Con affettuosi auguri.

Maria Rosaria Monsurrò

 

Nello stesso giorno ricevevo la lettera di don Nicola Pellegrino, parroco di Castellana Grotte, l'unico sacerdote avuto per amico, e che io scherzosamente chiamavo prete laico.

Castellana Grotte, 5 maggio 1997

Carissimo Camillo, ho letto tutto d'un fiato, quasi fosse un romanzo, il tuo saggio "Cronaca di una malattia". In esso ho trovato la verve e la battuta pronta del combattente che avevo imparato a conoscere e a stimare negli anni di insegnamento presso l'istituto 'T. Pinto " di Castellana Grotte.

Utinam che quello scritto fosse veramente un romanzo, ma purtroppo è la cruda realtà contro la quale ogni giorno ti trovi a combattere e con una eccezionale forza d'animo.

Ti confesso che dopo ogni pagina mi domandavo cosa avrei fatto io al tuo posto. E non ho saputo darmi una risposta precisa. Sicuramente avrei confidato nell'aiuto di Dio e mi sarei chiuso in me stesso. Certamente non avrei avuto la tua forza di combattere contro l'indifferenza della pubblica opinione che considera destino ineluttabile tale malattia. Non sarei stato capace di insorgere contro l'inefficienza del sistema sanitario italiano né contro i mass-media che cercano solo quello che fa spettacolo, livellando, in basso, eticamente e culturalmente i malcapitati italiani.

Caro Camillo, sei ammirevole, perché hai dato voce a chi non osava parlare, hai dato coraggio a chi si era chiuso nel proprio io sofferente. Sei degno di ammirazione perché hai voluto infrangere un tabù, portando in piazza quello che a stento, una volta, si sussurrava, con dolore e rassegnazione, tra parenti e amici fidati, alle spalle del malato.

Ti sono vicino e auspico che Iddio, i cui disegni sono imperscrutabili e, a volte, cozzano contro ogni logica umana, ti conceda forza, serenità, coraggio e speranza. 0, se meglio ti aggrada, che Egli illumini qualche premio Nobel! Non aver paura delle umanissime lacrime che, pur non volute, solcano il tuo volto, esse sono segno non di resa bensì di animo fermo ma sensibile.

Un saluto alla tua famiglia e con sensi di stima e di amicizia ti abbraccio di cuore.

Tuo Nicola Pellegrino

 

Il prof. Salvatore Di Mauro, famoso neurologo della Columbia University, mi ha inviato la seguente lettera:

New York, 8 maggio 1997

Caro avvocato Colapinto, non l'ho ancora ringraziata per il libro che mi ha gentilmente inviato. Ho finalmente cominciato a leggerlo, ed ho ora un ulteriore motivo di ringraziarla, poiché lei ha nei miei riguardi parole molto gentili (fin troppo gentili, considerando quanto poco ho potuto fare per lei).

La cronaca della sua malattia è toccante nella sua prosa semplice e diretta. Tanto più toccante ed efficace, direi, in quanto l'autore non cerca compassione. Come neurologo, poi, la sua storia mi affascina anche professionalmente, poiché è molto comune per il medico (ed anche necessario, entro una certa misura) distaccarsi dalla realtà umana del paziente per concentrarsi -asetticamente" sui sintomi. Avendo vissuto di persona una malattia neurologica sia pur non-progressiva (quindi ben lungi dalla sventura che è toccata a lei), ho sperimentato cosa vuol dire essere "dall'altra parte" e spero che l'esperienza mi abbia insegnato qualcosa.

Grazie di cuore per il suo bel libro: le scriverò nuovamente quando avrò terminato di leggerlo. 0, meglio ancora, cercherò di chiamarla il mese prossimo quando passerò per Bari (devo dare una lezione il 9 giugno)_

Molti cordiali saluti.

Suo

Salvatore Di Mauro

 

La sla colpisce ancora a Conversano.

In questi giorni sono venuto a conoscenza di un altro doloroso caso di sla a Conversano; la vittima questa volta è una signora di 41 anni. Si sono messi in contatto con me i familiari, lasciati soli, nella circostanza, come vuole il copione in questi casi.

La situazione appare drammatica; tutto sarebbe iniziato nel mese di agosto dell'anno passato. In occasione di una visita ginecologica, il medico constatò che c'erano anche altri problemi e mandò la paziente dall'ortopedico, questi, a sua volta, la indirizzò al neurologo. Il terribile verdetto: sla (la sfortunata signora è già in carrozzella), è stato annunciato solo al coniuge.

Ora i problemi sono diversi: l'ammalata, per i problemi ginecologici, avrebbe necessità dí un intervento chirurgico, ma i medici sono indecisi e perplessi; la signora ignora di avere la sla, anzi qualche sconsiderato le avrebbe detto e fatto credere che quando i suoi problemi ginecologici saranno superati massimo in due anni, riprenderà a camminare e tutto tornerà come prima. 1 parenti, come è comprensibile, sono frastornati e confusi, non sanno come comportarsi, appaiono ancora increduli.

Stiamo cercando di convincerli che è necessario cominciarne a parlare quanto prima all'ammalata, magari con l'aiuto di uno psicologo e del medico di famiglia, anche perché, prima o poi, si porranno in modo drammatico problemi il cui tentativo di soluzione comporterà necessariamente l'accettazione e il consenso della paziente.

Il Ministero della Sanità risponde (male) sulla richiesta di sperimentazione delfarmaco SR 57446A.

Ecco il testo della lettera, con la mia risposta.

MINISTERO DELLA SANITÀ' Dipartimento per la valutazione dei medicinali e la farmacovigilanza - Ufficio Sperimentazione clinica

Roma, 13 Maggio 1997

All'Avv. Camillo Colapinto Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica via P M. Accolti Gil 15 70014 Conversano (BA) fax 08014952550

Oggetto: Richiesta dell'avv. Camillo Colapinto dall'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (lettera dell'11 aprile u.s) di valutazione immediata da parte della CUF della sperimentazione del farmaco SR57446A (Ditta Sanofi) per il trattamento di tale patologia.

Si fa riferimento alla richiesta in oggetto, con la quale la S. V evidenzia la necessità di una approvazione tempestiva della sperimentazione di

cui all'oggetto medesimo, alfine di non privare ì malati di sclerosi laterale amiotrofica di un potenziale utile trattamento.

Al riguardo occorre precisare che la normativa italiana non impedisce i . 1 trattamento con farmaci non autorizzati in Italia, purché sotto la responsabilìtà del medico curante o del responsabile del relativo reparto ospedaliero.

Deve essere pertanto distinta la possibilità di utilizzare un medicinale per fini sperimentali, per la quale è necessaria una valutazione ministeriale che avviene secondo l'ordine cronologico di arrivo della richiesta, dalla possibilità di usufruire dì un farmaco non ancora autorizzato al commercio, per fini esclusivamente terapeutici.

Tale uso non necessita di alcuna approvazione mínisterìale, se non per l'eventuale importazione che avviene in tempi piuttosto ristretti.

Lo scrivente si è informato presso la Ditta Sanofi, produttrice del farmaco, sulla disponibilità della Ditta di fornirlo gratuitamente per tale uso terapeutico, ed è stato espresso un orientamento, del tutto informale, favorevole.

Al riguardo si allega la nota tecnica (all.1) della Ditta Sanofi, produttrice del farmaco in oggetto, relativa ai criteri per l'inclusione e l'esclusione del trattamento con il medicinale di cui trattasi.

Tale nota tecnica può consentire al medico specialista (neurologo), che voglia assumersi la responsabilità del trattamento, di procedere alla prescrizione e richiesta alla ditta di consegna del farmaco ai sensi dell'art.25 del D.I.vo n.] 78191, che consente, come già premesso, l'uso di medicinali non autorizzati, per fini terapeutici.

Il dirigente

dr. U. Filibeck

 

 

All'On.le Rosy Bindi Ministro della Sanità - Roma Al Dott. U.Filibeck Ministero della Sanità - Roma Al Presidente della Commissione Sanità

Camera dei Deputati - Roma

Al Presidente della Commissione Sanità Senato della Repubblica - Roma

All'On.le Maria Celeste Nardini Camera dei Deputati - Roma

Al Prof.Guglielmo Scarlato Direttore della Clinica Neurologica Policlinico Umberto 1 - Milano

Al Dott. Edoardo Ferlito Presidente dell'A.I.S.L.A. Novara

Oggetto: Richiesta di valutazione immediata da parte della CUF della sperimentazione del farmaco SR57446A della casa farmaceutica Sanofi, per il trattamento della sia.

Egregio dottor U. Filibeck,

La ringrazio per la sua lettera datata 13 maggio u.s. in risposta alla mia dell'1 1 aprile, nonché per la documentazione inviatami.

Premetto di essere ben a conoscenza della normativa a cui Lei fa riferimento, ma di essere interessato unicamente ad una sperimentazione preventivamente autorizzata dal Ministero, come richiedevo esplicitamente nella mia lettera.

Trovo che solo tale sperimentazione tuteli maggiormente la salute e gli interessi degli ammalati, nonché gli interessi degli stessi medici incentivati ad impegnarsi su un numero congruo di pazienti, in strutture adeguate, e che essa sia più utile alla ricerca soprattutto in questa fase del trial, giacché devono ancora essere meglio verificate la eventuale tossicità e la quantità ottimale del farmaco da somministrare.

Non è dunque accettabile il suggerimento di trovarsi un medico disposto ad assumersi la responsabilità, sempre a voler credere che la casa farmaceutica sia disponibile e possa cedere il farmaco in modo così irrazionale - in quanto dispersivo e sporadico - in questa fase della sperimentazione. Mi chiedo se possa chiamarsi sperimentazione la somministrazione del farmaco ad un solo paziente, perché mai dovrebbe interessare il medico e quali serie garanzie ci sarebbero per la salute del malato. Diverso sarebbe stato se il farmaco, già testato, fosse in attesa di registrazione, o meglio, ad esempio, in commercio all'estero.

Orbene, comunicare agli ammalati di sla, persone che si contano letteralmente le ore drammatiche di sopravvivenza che restano, che la valutazione ministeriale per l'autorizzazione alla sperimentazione "avviene secondo l'ordine cronologico della richiesta", appare a dir poco cinico e contrario a qualsiasi norma etica. Nulla di personale nei confronti della sua persona naturalmente, ma le malattie non sono certamente tutte uguali, come se la sla fosse comparabile con il morbillo!

Sono queste le situazioni che ci caratterizzano in peggio e ci tengono fuori dall'Europa.

La soluzione che codesto Ministero pare proporre è dunque inaccettabile e pilatesca (e a mio avviso, allo stato, anche impraticabile), in quanto spogliandosi del problema, pone tutto sulle spalle degli ammalati e dei medici, se ed in quanto disponibili, trincerandosi dietro il burocratico criterio cronologico. Al contrario ritengo che il Ministro della Sanità abbia gli strumenti normativi e dunque il potere di modificare l'ottuso criterio cronologico, stante la gravità della malattia tuttora incurabile e mortale.

Ricordo che nel nostro Paese i malati di sla si sentono molto creditori nei confronti del sistema sanitario nazionale che, di fatto, fino ad ora, ha negato loro il diritto alla salute, a parole garantito a tutti i cittadini dalla Carta Costituzionale.

Pertanto e con maggiore fermezza, reitero la richiesta di valutazione immediata da parte della CUF della sperimentazione del farmaco SR 57446A della casa farmaceutica Sanofi, per il trattamento della sla.

Molti distinti saluti.

Conversano, 14 maggio 1997 avv. Camillo Colapinto

Per dibattere più direttamente il problema, è stato fissato un incontro (sul quale, purtroppo, non faccio affidamento), presso il Ministero della Sanità, a Roma, per lunedi 26 maggio, con il dottor Luatti della segretaria particolare del ministro. Erano presenti per l'associazione le signore Guaragnella, Pala e Deraco, nonché Gabriele Mora giunto appositamente da Milano. Avrei dovuto intervenire anch'io, ma mi è stato impossibile andare a Roma in quanto, proprio quel giorno, mio figlio Antonio sosteneva l'esame di Diritto Internazionale all'Università, e mia moglie era ìmpegnata a scuola.

Circa il contenuto della conversazione, mi è stato successivamente riferito che il segretario del ministro avrebbe ascoltato con molta attenzione e che avrebbe informato il ministro, per individuare un canale preferenziale che consenta di prendere in esame quanto prima la richiesta autorizzazione alla sperimentazione.

Tutto qui; parole, a mio giudizio, del tutto inconcludenti, nessun impegno preciso. Pertanto, ritengo che l'incontro sia stato inutile; so per certo che quando si tratta, ad esempio, di AIDS, le autorizzazioni arrivano anche in una settimana. Per la sla tutto rimane in sospeso e, soprattutto, non si fa nulla!

Sta di fatto che proprio nella stessa mattinata di lunedì 26 maggio mi è pervenuta, puntuale da Marsiglia, la telefonata che attendevo, così come concordato il 25 aprile scorso con il dottor Azulay. Venivo informato che il prossimo Il giugno dovrò presentarmi in ospedale, per il day hospital che prevede l'inizio del trial con il farmaco SR57446A della Sanaofi.

Dunque la sperimentazione, come previsto, parte in tutta Europa tranne che in Italia; non mi resta che avvisare gli altri ammalati che vogliano sottoporsi al trial, di mettersi in contatto con Marsiglia o con Parigi scappando, more solito, da questo nostro extraeuropeo Bel Paese.

Altro non c'è da fare perché, con riferimento alla sla, pare non ci sia proprio nessuna differenza tra il servizio sanitario italiano e quello albanese! Chi mi accusa di esterofilia è servito.

A conferma della inutilità dell'incontro del 26 maggio, innanzi citato, mi è pervenuta due giorni dopo la lettera datata 21 maggio, del capo della segreteria particolare del ministro, dr. De Nicotera, che trascrivo con la mia risposta.

MINISTERO DELLA SANITÀ' Il Capo della Segreteria Particolare del Ministro

Roma, 21 maggio 1997

GentileAvvocato,

su incarico del Signor Ministro rispondo alla sua lettera dell'11 aprile, con la quale ha chiesto l'esame urgente, da parte della CUF, del farmaco prodotto dalla Ditta farmaceutica Sanofi, affinché venga autorizzata

anhe in Italia la sperimentazione di tale prodotto per la cura della sclerosi laterale amiotrofica.

A tal proposito, Le comunico che il Dirigente Generale del Dipartimento dei farmaci, a cui è stata sottoposta la questione, ha precisato che la normativa italiana non impedisce il trattamento con farmaci non autorizzati in Italia, purché esso avvenga sotto la responsabilità del medico curante o del responsabile del relativo reparto ospedaliero.

Deve essere pertanto distinta la possibilità di utilizzare un medicinale per fini sperimentali, per la quale è necessaria una valutazione ministeriale che avviene secondo l'ordine cronologico di arrivo della richiesta, dalla possibilità di usufruire di un farmaco non ancora autorizzato al commercio, per fini esclusivamente terapeutici.

Tale uso non necessita di alcuna autorizzazione ministeriale, se non per l'eventuale importazione che avviene in tempi piuttosto ristretti.

Il Dipartimento, a tal proposito, si è informato presso la Ditta Sanofi, produttrice del farmaco, sulla disponibilità della ditta di fornirlo gratuitamente per tale uso terapeutico, ed è in attesa di una conferma da parte della citata ditta.

Restando pertanto in attesa di poter fornire ulteriori notizie in proposito, desidero ringraziarla, a nome del Signor Ministro, per l'invio del suo libro "Cronaca di una malattia".

Con i più cordiali saluti.

Michele De Nicotera

Conversano, 2 giugno 1997

Egregio Dottor Michele De Nicotera

Capo della Segreteria Particolare del Ministro

Ministero della Sanità - Roma

Oggetto: Reiterazione della richiesta di valutazione immediata da parte della CUF della sperimentazione del farmaco SR57446A della casa farmaceutica Sanofi, per il trattamento della sla. Vs. rif. 22912

Gentile Dottor De Nicotera,

riscontro la sua lettera del 21 maggio scorso il cui contenuto, tuttavia, mi

era già noto in quanto assolutamente identico al testo dell'altra lettera, datata 13 maggio, precedentemente inviatami dal dott. Filibeck, dirigente del Dipartimento dei farmaci.

Ho contestato duramente la missiva del dott. Filibeck, definendola inaccettabile e pilatesca nel contenuto, indirizzandogli la mia lettera del 14 maggio, inviata anche al ministro a mezzo raccomandata, a cui per brevità faccio rinvio.

Ritengo tuttavia opportuno ribadire brevemente le ragioni per le quali, come malato di sla, mi sento vittima del servizio sanitario nazionale, oppresso da una burocrazia indifferente se non ostile.

Per poter ottenere il farmaco denominato "riluzolo", sono stato costretto a fare l'emigrante. E' noto che tale farmaco, il primo studiato e approntato per la sla, non è stato sperimentato in Italia, per la stessa denunciata lentezza burocratica che, allo stato, impedisce la sperimentazione del farmaco della Sanofi. Solo da questo anno è possibile, infatti, ottenere il riluzolo anche da noi, a seguito del decreto ministeriale del 10 ottobre 1996 pubblicato sulla G.U. del 5 novembre successivo.

Poiché i tempi della malattia non sono coincidenti con quelli ministeriali, ho dovuto arrangiarmi da solo e dal 1994 mi sono recato in Francia, a Marsiglia, in un centro altamente specializzato, all'avanguardia in Europa per la cura e la ricerca sulla sla, ove affluiscono centinaia di ammalati ai quali è fornita la necessaria multiforme assistenza. Adeguatamente seguito, ho potuto assumere il riluzolo con due anni di anticipo, tempo che nella mia malattia equivale ad una seconda vita.

Sono stato, pertanto, undici volte a Marsiglia, viaggiando in auto (unico mezzo che mi è consentito di poter utilizzare), sottoponendomi ai disagi relativi, con il caldo torrido e con la neve, percorrendo ben km.40.700 e sostenendo interamente le ingenti spese di viaggio e di soggiorno, per vari milioni di lire, triplicate in quanto ho necessità dell'assistenza di almeno due persone. Consideri che chi Le scrive è completamente paralizzato, praticamente reso muto, con problemi di deglutizione ed insufficienza respiratoria.

Naturalmente la mia situazione clinica è simile a quella degli altri ammalati di sla; ora che si presenta l'opportunità della nuova sperimentazione, immagini che effetto fa sentirsi opporre, con cortese freddezza, che il Ministero adotta il criterio rigorosamente cronologico nell'esaminare le richieste di autorizzazione. Come dire che la richiesta per un nuovo dentifricio, un nuovo lassativo o un nuovo contraccettivo è considerata sullo stesso piano di un farmaco che possa contrastare la sla.

Il criterio cronologico, che non distingua, è assolutamente aberrante, indegno di un Paese civile!

Pure, mi riferiscono dei medici che, ad esempio, le autorizzazìoni per la sperimentazìone di farmaci per l'aids vengono concesse anche nel giro di una settimana. Attualmente il malato di aids ha una speranza dì vita di circa 10 anni, quella del malato di sla si conta a mesi, dai 5 ai 49! Orbene, poiché non è pensabile che gli esperti del Ministero della Sanità ignorino cosa sia la sla, deve dedursi che non gliene importa più di tanto, evidentemente ciò dipende dalla sfortunata circostanza che i malati di sla sono poche migliaia e non possono minacciare di infettare nessuno!

Ancora più assurda è la sbrigativa ed inattuabile soluzione proposta dal dott. Filibeck, quella di darsì da fare - in perfetta solitudine, ovvero, per dirla tutta, abbandonati a se stessi - per trovare un medico disposto ad assumersi la responsabilità di somministrare un farmaco sperimentale. Ma il dott. Filibeck è perfettamente a conoscenza che chi è colpito dalla sla, appartiene a quella categoria di ammalati dei quali, per lo più, i medici cercano di sbarazzarsi, in quanto incurabili; il dott. Filibeck è a conoscenza che il malato di sla, oltre che dal neurologo ha necessità di essere assistito dallo pneurnologo, dal gastroenterologo, dal fisiatra, dal dìetologo, dallo psicologo e, occorrendo, dal chirurgo e dal rianimatore; il dott. Filibeck è a conoscenza che al malato di sla non serve un medìco, ma necessita di una struttura ospedaliera ìnterdìsciplinare e specializzata, che in Italia non esiste.

Vede dott. De Nicotera, ora, per il motivo che mi accingo ad illustrare potrei anche abbandonare questa mia lotta impari e stressante, su quello che considero il fronte interno, ovvero la burocrazia del pìaneta sanità, non meno micidiale ed invincibile della stessa malattia, lotta che considero di civiltà perché volta a restituire dignità ai malati di sla, ma lo sdegno e la indignazione per queste sostanziali ingiustizie è tale che non abbandonerò il campo finché, ìn qualche modo, mi sarà consentito di respirare.

Lunedi 26 maggio, mentre sto qui a battermi, ho ricevuto da Marsiglia la comunicazione, da me non sollecitata, che per il prossimo Il giugno è fissato il mio day hospital per iniziare il trial della Sanofi. Verrò sottoposto ad indaginì cliniche e, se i valori risulteranno compatibili, come mi auguro, con quelli del protocollo, nello stesso giorno mi verrà consegnato il farmaco (dose intera o mezza dose o placebo). Per i primi quattro mesi dovrò ricoverarmi in day hospital una volta al mese, successivamente, per un anno, una volta a bimestre.

Favoritismi, raccomandazioni, si potrebbe pensare all'itallana. Niente

affatto, normale routine. Lì trovano normale tenere i contatti con i pazienti registrati. Già, perché come malato di sla, da tre anni sono registrato in Francia-Europa, mentre, come ho scritto nella mia "Cronaca", questo privilegio non mi compete in patria, in quanto per la sla, "la malattia che non c'è", non esiste il registro dei malati.

Dunque, grazie al criterio cronologico di valutazione di codesto Ministero, continuerò a fare l'esule; ciò significa che mi attendono altri Km 37.000 di autostrada, l'esborso di altre consistenti somme di danaro che, come le precedenti, nessuno rimborserà, e sperando che il mio fisico, sempre più debole e vulnerabile, regga i disagi e lo strapazzo dei viaggi ricorrenti e ravvicinati.

Ora, dott. De Nicotera, sfido chiunque a trovare un motivo per cui mi possa considerare soddisfatto di essere cittadino di questo Stato che si interessa di me unicamente come soggetto passivo, in quanto obbligato al pagamento dei tributi e segnatamente al pagamento della c.d. tassa sulla salute. Viceversa questo Stato non finanzia la ricerca (è di questi giorni la notizia che il prof. Dulbecco abbandonerà l'Italia, come non dargli ragione?); non assicura l'assistenza domiciliare specialistica; non prevede il day hospital; mi costringe ad emigrare all'estero, facendomi sentire un profugo extracomunitario, malato marginale di un Paese marginale, interamente dipendente dall'estero per i farmaci; non mi corrisponde l'indennità di accompagnamento, pur avendo riconosciuto il diritto a far tempo dall'anno 1994, infischiandosene delle diffide ritualmente notificate; mi impedisce persino di fare da cavia in un struttura adeguata.

Ho deciso di scrivere questa lettera, affinché il ministro possa conoscere anche la chiave di lettura della vicenda, per come è vista dalla parte che non conta, ovvero dalla parte dei malati, in quanto, a questo punto, faccio affidamento unicamente sulla personale sensibilità del ministro. Sono molto lusingato del ringraziamento che, Suo tramite, il ministro mi ha fatto, per aver ricevuto il mio libro. Devo dire, tuttavia, che se tutto resterà immutato, significherà che il mio impegno faticoso di dare voce ai malati di sla, non sarà servito a nulla; vorrei sperare che ciò non accada.

Pertanto ancora una volta, reitero l'istanza di cui all'oggetto.

Cordiali saluti.

Avv. Camillo Colapinto

P.S.: Per sua conoscenza allego copia della lettera del dott. Filibeck del 13/05 u.s. e copia della mia risposta del 14/05 successivo.

 

 

Copia della lettera ho spedito all'onorevole Nardini, al prof. Scarlato, al dr. Ferlito e a Gabriele Mora. Come era prevedibile, la mia lettera non ha avuto alcun riscontro dal Ministero.

Sono venuti a trovarmi Vito LAbbate, Angelo Loiacono, Ciccio Iudice, Antonietta Barbuscia che mi ha portato due libri, Carlo De Luca, Lino Lorusso, Tonio Sciannambio, Mario Scisci, Bruno Maggio, Saverio Creanza con la moglie Dora,Tonino Meliota.

 

 

GIUGNO

Recensioni sui giornali.

Clelia Guaragnella, telefonando da Roma, mi comunica di aver saputo che su un numero del mese di aprile del quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno", in un articolo si recensiva la mia "Cronaca". Poiché non ne sapevo nulla, ho pregato Vito L'Abbate di fare una piccola ricerca.

Effettivamente nell'inserto "Star meglio" del giomale del 18 aprile, si leggeva un articolo, non firmato, dal titolo: "Cronaca di una malattia: un documentodenuncia contro il sistema sanitario".

Mi è stato facile individuare l'identità dell'articolista, il prof. Nicola Simonetti di Bari, noto medico e giornalista, da liceale discepolo di mio padre, che ho ringraziato. Trascrivo la recensione.

La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che si accanisce contro il libero movimento del soggetto il quale, poiché la malattia è progressiva ed ingravescente, è purtroppo destinato alla paralisi degli arti superiori ed inferiori. A più o meno lunga distanza di tempo.

Vi può essere anche interessamento della muscolatura che sovrintende alla parola ed alla respirazione. Le capacità intellettive, però, rimangono lucide, inalterate ed il malcapitato assiste alla progressiva perdita della propria autonomia.

Le cellule nervose, altrettante stelle-tutela delle varie porzioni del nostro corpo, degenerano, si spengono e, per il movimento, è buio.

Le ricerche hanno consentito di cominciare a far luce sulle cause e sull'evolversi della malattia cui fanno riscontro i tentativi di terapia. Alcuni risultati, peraltro brillanti, sono stati già raggiunti. Essi fanno ragionevolmente sperare che, in tempi sperabilmente brevi, la malattia possa essereprevenuta o curata.

Un lucido, obiettivo e non lacrimoso diario della propria malattia è stato scritto e pubblicato dell'avv. Camillo Colapinto di Conversano, "colto di sorpresa all'età di 47 anni " dalla sclerosi laterale amiotrofica.

L'intenzione è - scrive l'avv. Colapinto - di lasciare ai miei congiunti un ricordo del tempo di sopravvivenza che mi resta e del modo di affiontare spero con dignità e con coraggio - le tappe difficili della mia vita odierna e del prossimo futuro".

'T racconto-cronaca (così lo definisce nella prefazione il prof. Scarlato) avvince, commuove; ribalta i sentimenti, crea azioni e reazioni che non possono essere né rimanere epidermici

Il "racconto" coinvolge, trascina, incita.

L'Autore scrive di sé ma chi legge, pur se nota la prima persona, non s'accorge che la penna che scrive è intrisa di personale sofferenza dignitosa e cosciente. E'un avvincente "romanzo" che affascina, che sovverte i canoni del rapporto scrittore-lettore, che ti crea una rivoluzione "dentro". E'un documento-denunzia contro il nostro sistema sanitario, contro quello socio-assistenziale, contro i mezzi di comunicazione scritti, parlati o di immagine.

Nello scritto, nella denunzia, non scopri il livore né, tanto meno, la rassegnazione. Ma la dignità, la qualità della denunzia sì.

Un libro, questo ("Cronaca di una malattia" stamperia grafica Scisci, Conversano), che dovrebbe essere letto, meditato in chiesa come a scuola, nei club-service come in quelli ricreativi. Esso insegnerebbe tante cose e noi impareremmo ad amare, ad operare, ad impegnarci meglio per una società più giusta.

Colapinto (figlio di due docenti nei licei: il padre, prof. Antonio, indimenticato mio maestro di vita, di cultura, esempio di integrità morale) deve trarre benefici dal farmaco ora disponibile (Rilutek-Riluzolo) e specifico per la sua malattia; sicuramente altri se ne aggiungeranno e, soprattutto, ci auguriamo che egli possa scrivere ancora un altro volume di "ero~ naca " dall'interno della malattia e che un ultimo sia scritto "fuori" dalla malattia.

Sullo stesso quotidiano, in data 6 giugno, veniva pubblicato un altro articolo a firma di Raffaele Lorusso, dal titolo: "Pugliese racconta la sua vita con la sclerosi":

Ogni anno due persone su centomila vengono colpite dalla sclerosi laterale amiotrofica. La malattia distrugge i motoneuroni, provocando il progressivo indebolimento di tutti i muscoli volontari, compresi quelli

della gola, della lingua e della respirazione, e, inevitabilmente, la morte. Chi ne è colpito non ha scampo: non esistono cure efficaci - anche se alcuni farmaci potrebbero rallentarne la progressione - e il trapasso avviene generalmente per insufficienza respiratoria, fra i cinque mesi e i cinque anni dal momento in cui si manifesta la malattia. C'è chi tenta di sopravvivere con la ventilazione artificiale, ma con grandi difficoltà.

Dappertutto - dagli Stati Uniti alla Francia - esistono centri specializzati che seguono da vicino i malati di sclerosi laterale amiotrofica, sperimentando farmaci che potrebbero prolungare la sopravvivenza dei malati. L'Italia, invece, è tristemente "assente". Nel nostro Paese la sclerosi laterale amiotrofica è semplicemente la "malattia che non c'è".

La denuncia è contenuta in: "Cronaca di una malattia. La sclerosi laterale amiotrofica raccontata direttamente dalla vittima", testimonianza lucida e spietata di Camillo Colapinto. Avvocato cinquantenne di Conversano, Colapinto fu colpito dalla malattia del motoneurone tre anni fa. Fu lui stesso a denunciare alla "Gazzetta " l'indifferenza dello Stato nei confronti dei malati. Da allora non è cambiato nulla. Lo Stato continua ad essere assente e per i malati non c'è che una strada: quella che porta all'estero. Anche per procurarsi i farmaci. Nel frattempo, le condizioni di Colapinto si sono aggravate: abbandonata la professione forense è costretto sulla sedia a rotelle con braccia e gambe paralizzate. Lo spirito, però, è rimasto quello di sempre: deciso, battagliero, poco incline ai conipromessi. E la sua "Cronaca" ne è lo specchio fedele.

Un racconto drammatico, nel quale l'autore ripercorre tutte le tappe della malattia, descrivendo minuziosamente i mutamenti del corpo cui ha dovuto assistere impotente: prima gamba e mano destra, poi gamba e mano sinistra, quindi difficoltà ad articolare le parole. Ma il suo non è lo sfogo di chi cerca compassione. Anzi, come spiega nella premessa, vuol essere "la testimonianza di come si può organizzare, consapevoli di avere ormai il futuro alle spalle, il vivere quotidiano, con l'ulteriore difficoltà di dover lottare non solo contro una malattia mortale, ma anche, per sovrapprezzo, contro un male poco diffuso e in conseguenza negletto dal sei-vizio sanitario nazionale". Insomma, un atto di accusa preci . so al . responsabili della salute pubblica, da parte di chi è consapevole di dover finire i suoi giorni con un buco allo stomaco per nutrirsi e uno in gola per respirare: "Non solo non fanno nulla per i malati di sclerosi laterale amiotrofica (come pure per le malattie poco diffuse), ma negano mezzi e strutture a quei medici che vogliono impegnarsi nella ricerca e assistenza di questi malati di serie B

I medici italiani che seguono questa malattia sono ancor oggi un manipolo di coraggiosi. A cominciar dal prof. Guglielmo Scarlato di Milano, che ha curato la prefazione del libro, per finire ad alcuni medici pugliesi. Ma a Colapinto è bastato attraversare l'arco alpino per scoprire una realtà distante anni luce dalla nostra: il centro specializzato di Marsiglia, diretto dalprof. Georges Serratrice, autore dell'altra prefazione del libro, che lo segue costantemente, inviandogli farmaci non in vendita in Italia. In Francia Colapinto è stato registrato come ammalato, vedendosi riconosciuto un "diritto di cittadinanza " che il sistema sanitario del Belpaese sembra ignorare. Per non parlare dei consigli e delle informazioni che continuano ad inviargli i massimi studiosi americani della malattia, con i quali è costantemente in contatto telefonico ed epistolare.

E'per questo che qualche tempo fa, con una lettera alla "Gazzetta", chiese provocatoriamente di pagare le tasse in Francia. Sempre per questo motivo è diventato uno degli elementi più rappresentativi dell'Aisla, l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, promuovendo la nascita delle sezionì di Puglia, Basilicata, Lazio e Lombardia. E ancora: crociate contro l'indifferenza dei mezzi dì informazione e lotta contro Usl e Ministero della Sanità per la vendita in Italia del Riluzole, medicinale che pare rallentare la progressione della malattia, per il rimborso delle spese dei medicinali acquistati all'estero quasi fossero merce di contrabbando (perché sconosciuti in Italia), per ottenere reparti ospedalieri attrezzati per l'assistenza ai malati e fondi per la ricerca (inesistente).

Nel novembre scorso un primo risultato: il Mìnistero della Sanità ha autorizzato la vendita in Italia del Riluzole, fissando i parametri di rimbor~ sabilità. Ma per i malati e per i loro familiari il nostro Paese è ancora Terzo Mondo.

Per questo articolo il giornalista veniva ringraziato da un lettore, con una lettera pubblicata sul giornale del 21 giugno che trascrivo:

Ho letto con grande interesse e dolente partecipazione l'articolo "Un pugliese racconta la sua vita con la sclerosi ", pubblicato sull'inserto "Star meglio" del 6 giugno. So, per personale esperienza, quanto purtroppo poco noto sia tale morbo e quanto poco ancora si faccia se non per debellarlo, almeno per ritardarne il decorso. Il parlarne è già un passo avanti, è tacito invito alle pubbliche autorità ad uscire da una deprecabile indifferenza e a muoversi sul piano dello stanziamento dei fondi per la ricerca.

Per dirla con Quintiliano "si homines nihil, nisi quod iam cognovissent, faciendum sibi aut cogitandum putassent, nempe nihil fuisset inventum ". Quindi un bravo di cuore al signor Raffaele Lorusso che con sensibilità e competenza per la prima volta ha sottoposto all'attenzione dei lettori un così tragico quanto negletto problema.

Unico mio disappunto (lungi da me l'intenzione di farne un appunto al sig. Lorusso), trattandosi di un quotidiano pugliese, il trovare in detto articolo solo un generico cenno ai medici pugliesi che si occupano di sla. Facciamoli invece i nomi, facciamone conoscere l'alta professionalità, la profonda umanità, la generosa solidarietà con il malato, perché si sappia che anche da noi, nonostante tutto, ci sono medici che non hanno tradito la loro vocazione. Basterebbe navigare su Internet per sapere chi sono o interrogare i familiari dei malati.

Francesco Soli

Bari

 

Un incontro imprevisto.

Preceduti da una telefonata, sono venuti a trovarmi due funzionari della casa farmaceutica Rhone Poulenc Rorer. Avevano saputo del mio libro e mi chiedevano di potere avere alcune copie, inoltre mi comunicavano che la loro casa farmaceutica avrebbe concorso alle spese per organizzare uno congresso sulla sla, da tenersi nel prossimo mese di ottobre; in quella occasione poteva essere presentato ufficialmente il mio libro e da ultimo manifestavano la disponibilità ad accollarsi le spese per la ristampa di altre mille copie.

Per definire i dettagli, ci risentiremo nei prossimi giorni. Infine mi hanno fatto dono di un volume su alcuni lavori di restauro eseguiti a cura della Rhone Poulenc Rorer, in Roma, dal titolo: "Il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo Nuovo in Campidoglio".

Mercoledi Il giugno.

Sono a Marsiglia per la dodicesima volta, sereno e fiducioso. Si è concluso un ciclo, quello per ottenere il riluzolo, iniziato il 26 luglio 1994 e terminato il 25 aprile 1997, ora se ne apre un altro per ricevere il farmaco

della Sanofi. Infatti sono stato convocato per il reclutamento, al fine di accedere alla sperimentazione: un'altra possibilità, dunque, per resistere e continuare a sperare.

Sono contento di essere riuscito, in questa terribile lotta contro il tempo, sfruttando al meglio le mie risorse, a conoscere e precedere gli eventi, sempre informato e pronto al momento giusto, per approfittare di ogni opportunità; non solo, ma le mie preziose informazioni ho sempre messo a disposizione degli altri sventurati, infatti, da venerdì 13 e nei giorni successivi altri ammalati italiani, da me indirizzati a Marsiglia, si sottoporranno alla visita di screening.

Certo, la vita è molto imprevedibile: come avrei mai potuto immaginare che mi sarebbe toccato di fare da cavia, in un Paese straniero che mi offre tale possibilità altrimenti negata, non solo, ma di esserne anche ben contento?

Alle ore 8,30, con mia moglie Maria ero in clinica; dopo i saluti e i convenevoli di rito, sono iniziati gli esami: l'infermiera addetta al prelievo del sangue, presentatasi con un consistente numero di fiaconi da riempire, alla ricerca di una vena, osservava perplessa le mie braccia scosse da perenni fascicolazioni, in realtà più simili a due moncherini penduli di pelle ed ossa, alle estremità con due improbabili mani scarnificate, di aspetto vagamente scimmìesco, con le dita rattrappite, ad artiglio, ma inoffensive ed incapaci. Optava per la mano sinistra dove, dopo qualche tentativo, finalmente centrava una vena; nel corso del prelievo, per accelerare la fuoriuscita del sangue, esercitava una pressione intermittente sulla mano, era come se la mungesse. In rapida successione sono stati eseguiti gli altri esami: misurazione della pressione sanguigna, del peso corporeo, prove di forza, esame radiologico del torace, elettrocardiogramma ecc.

Dunque tutto filava per il verso giusto. "Al diavolo - pensavo - il Ministero della Sanità, la CUF e le loro mostruose regole burocratiche! Per fortuna c'era Marslglìa". Ad un certo punto, la dottoressa Lardillier mi ha consegnato della documentazione contenente alcuni test da compilare, nonché il documento da sottoscrivere per il consenso informato alla sperimentazione. Mi ha stupito constatare che detto documento fosse redatto in italiano, evidentemente è universalmente noto che in Italia, Paese che deve ancora entrare in Europa a tutti gli effetti, le sperimentazioni non si fanno neppure quando sono a costo zero per il servizio sanitario nazionale, sicché in Francia si sono attrezzati anche per i pazienti italiani.

Poiché documenti simili, da noi, i malati di sla non ne hanno mai visti, ho ritenuto interessante riportarne il testo.

 

 

Consenso per la partecipazione ad uno studio clinico

Titolo dello studio/numero di protocollo: Studio di efficacia, sicurezza e tollerabilità di SR57746A in pazienti con Sclerosi Laterale Amiotrofica (ALS) che ricevono trattamento standard (Riluzolo). Protocollo N' EFC 1923.

Introduzione

Le seguenti informazioni descrivono lo studio clinico e il suo ruolo in esso, qualora decidesse di parteciparvi. Per favore legga attentamente e non esiti a chiedere chiarimenti ora, o in qualunque momento durante lo studio. La sua partecipazione allo studio è completamente volontaria.

Le verrà consegnata, per sua documentazione, una copia firmata del presente consenso.

Natura e scopo dello studio

Lo scopo di questo studio è di valutare l'efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di due dosi (1 e 2 mg) di un farmaco sperimentale, SR57746A, confi-ontato con il placebo (sostanza priva di attività terapeutica) in pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (ALS) e che ricevono anche una terapia standard ed approvata per questa specifica malattia (riluzolo). L'uso del SR57746A in questo studio è sperimentale; il farmaco non è stato ancora approvato nè in Europa nè negli Stati Uniti, tuttavia studi precedenti hanno dato indicazioni sulla sua efficacia nel i-allentare la progressione della ALS per cui è iniziato un programma di sviluppo nel trattamento di pazienti con sintomi di ALS.

I partecipanti a questo studio verranno assegnati in modo randomizzato (in modo del tutto casuale, come se si lanciasse in aria una monetina) a ricevere l'una o l'altra dose di SR57746A o il placebo: Lei avrà due pro~ babilità su tre di ricevere SR57746A e una su tre di ricevere il placebo. Nè Lei nè il medico sperimentatore saprete se il farmaco assunto è SR57746A oppure placebo; tuttavia il medico può avere accesso a questa informazione in caso di emergenza. Durante lo studio tutti i pazienti riceveranno Riluzolo e dovranno essere pazienti trattati con tale farmaco da almeno 3 mesi prima della randomizzazione ed alla dose stabilizzata di 100 mgldíe (50 mg x 2die).

Durata prevista dello studio e numero dei pazienti partecipanti

La sua partecipazione allo studio durerà 18-20 mesi e consisterà di 13-18 visite. Questo studio sarà condotto in 40-50 centri di ricerca in tutto il mondo, e vi parteciperanno un totale di 1200 pazienti. Al termine dello studio, lei avrà la possibilità di partecipare ad un successivo studio in aperto a lunga durata per la valutazione della tollerabilità.

Procedure dello studio

Farmaci diversi dalfarmaco in studio (Terapia concomitante)

Prima di assumere farmaci, oltre a quello in studio, Lei ne deve parlare con il medico sperimentatore, poiché molti farmaci possono inteiferire con il farmaco in studio. Ci riferiamo sia a farmaci prescritti che a farmaci da banco, come quelli per la tosse o per il raffreddore o antiacidi o antidolorifici; l'uso di questi farmaci può interferire con il risultato dei test medici e provocare la sua uscita dallo studio. Il suo dottore Le indicherà quali sono i farmaci permessi e quali sono proibiti durante la partecipazione allo studio. L'uso di droghe durante lo studio è assolutamente proibito e provocherà la sua uscita dallo studio. E'consentito l'uso di farmaci sintomatici per la ALS.

Se Lei ha partecipato in precedenza ad uno studio clinico con fattori di crescita o farmaci simili, non potrà partecipare a questo studio.

Prima visita (Screening)

Durante la prima visita (visita di screening) il medico sperimentatore Le chiederà informazioni sulla sua storia medica e sulle medicine che ha assunto negli ultimi 3 mesi. Inoltre Lei verrà sottoposto ad una visita medica completa, comprendente valutazioni neurologiche, misurazione delpeso ed altezza, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria. Le saranno fatti anche un elettrocardiogramma (ECG) ed una radiografia del torace. Nel caso Lei non avesse maifatto in precedenza una elettromiografa (misurazione della contrattilità muscolare), Le verrà effettuata in questa occasione. Le verrà inoltre effettuato il prelievo di una piccola quantità di sangue e Le sarà chiesto un campione di urine, per le analisi di laboratorio. Se non effettuato in precedenza, Le verrà fatta anche una immunoelettroforesi del sangue, per la quale sarà necessario un ulteriore piccolo prelievo.

Per classificare il grado della malattia, Le sarà richiesto di rispondere ad alcuni questionari, e dovrà sottoporsi a test speciali, che valuteranno la

primi quattro mesi dello studio e poi una volta ogni due mesi fino al conipletamento del 18° mese di trattamento. Le visite dureranno dalle 4 alle 6 ore; durante queste visite Le verranno effettuati i seguenti esami: esame fisico e neurologico, misura del peso e dei parametri vitali (frequenza cardiaca, pressione arteriosa, frequenza respiratoria), elettrocardiogramma, prelievo del sangue (piccola quantità) e raccolta delle urine per analisi di laboratorio. Ogni 6 mesi sarà sottoposto a ulteriori piccoli prelievi di sangue per la valutazione del livello ematico del farmaco in studio e del riluzolo. Verranno inoltre eseguiti testper la valutazione dei sintomi dell'ALS. Le verrà chiesto se dalla visita precedente ha avuto qualche sintomo fisico diverso dal solito, il medico sperimentatore esaminerà i contenitori del farmaco resi e la scheda-diario per assicurai-si che Lei assuma correttamente il farmaco ed infine verranno annotate tutte le medicine assunte in quelperiodo e le loro eventuali variazioni di dose.

Oltre alle visite previste presso il centro clinico, Lei verrà anche contattato per telefono dal medico sperìmentatore due settimane dopo la prima assunzione del farmaco, ed in seguito anche dopo 6 settimane, 5, 7, 9, 11, 13, 15, e 17 mesi dalla dose iniziale. In questi contatti telefonici Le verranno chieste informazioni sulla stia salute e se ci sono stati cambiamenti nei farmaci che sta assumendo.

Qualora Lei fosse entro i primi 100 pazienti arruolati nello studio, Le verrà richiesto di ritornare per altre 4 visite aggiuntive, dopo 1, 2, 3, e 6 settimane dall'assunzione della prima capsula. Durante queste visite extra verrà effettuata la maggior parte degli esami della visita di screenìng, in particolare esame fisico e neurologìco, rilievo del peso e parametri vitali, elettrocardiogramma e raccolta di sangue ed urine per le analisi di laboratorio.

Dal paziente numero 101 tali visite verranno sostituite da contatti telefonici. Le veri-anno chieste informazioni sulla sua salute e se ci sono stati cambiamenti nei farmaci che sta assumendo.

Il numero totale delle visite richieste per questo studio sarà quindi 13 oppure 18.

Se Lei dovesse interrompere prematuramente l'assunzione del farmaco, Le verrà richiesto di ritornare comunque per le visite previste per tutta la durata dello studio, anche se non sta più prendendo il farmaco in studio.

 

Donne in età fertile

Se Lei è una donna, potrà partecipare allo studio solo se è in post-menopausa (da almeno 2 anni) oppure in condizioni di non avere figli (es. sterilizzata chirurgicamente). Se lei è una donna in età fertile, potrà partecipare allo studio solo se non è in stato di gravidanza o se non sta allattando al seno, e se acconsente ad evitare gravidanze per tutta la durata dello studio.

Durante le visite di screening e basale (prima di assumere la prima dose delfarmaco), verrà eseguito un test di gravidanza a tutte le donne incluse nelle seguenti categorie: 1) post-menopausa inferiore a 2 anni; 2) donne con legatura delle tube; 3) donne in contraccezione. Il test di gravidanza deve essere negativo per poter essere arruolate nello studio.

Dal momento che non è ancora noto l'effetto dei SR57746A sul sistema riproduttivo e sullo sviluppo fetale, le donne in età fertile devono usare un metodo contraccettivo efficace (pillola anticoncezionale, dispositivi intrauterini o iniezioni di Depo-provera) durante tutto il tempo dello studio. Qualora si instaurasse una gravidanza, bisogna immediatamente interrompere l'assunzione del farmaco ed informare lo sperimentatore, il quale sarà in grado di fornirle ulteriori informazioni sui rischi per il feto, e sulle eventuali opzioni che si prospettano.

Rischi e disagi

Gli eventi avversi più comunemente riportati negli studi precedenti con SR57746A sono stati: vertigini, affaticamento, nausea, torpore, cefàlea e vomito e si sono osservati durante i primi giorni di trattamento; gli eventi avversi osservati alla dose di 2 mg di SR57746A somministrato per 8 mesi, erano praticamente indistinguibili da quelli osservati dopo placebo.

L'assunzione di SR57746A può comportare altri rischi che non sono ancora noti al momento attuale, specialmente se Lei sarà tra i primi 100 pazienti a ricevere questo farmaco. Lei ed il medico sperimentatore verrete tempestivamente informati di qualsiasi nuova e significativa informazione su SR57746A che potrebbe influenzare la sua partecipazione allo studio.

Poiché capogiri e vertigini possono verificarsi con questo tipo di farmaci, è importante che Lei non guidi l'automobile o non usi macchinari complessi, qualora avvertisse una sensazione di vertigine o confusione. Come per molti altri farmaci è possibile che si manifesti anche per questo farma~ co una reazione allergica. L'assunzione di SR57746A può comportare altri

rischi che non sono ancora noti al momento attuale delle conoscenze. Due degli esami aggiuntivi che misurano la forza muscolare coinvolgono i muscoli del respiro. Questi test richiedono da parte sua di esercitare un notevole sforzo e possono comportare una sensazione di fatica o di sposa satezza per un certo periodo successivo al test.

Lei potrà provare una sensazione di disagio più o meno accentuata dopo i test richiesti, per esempio dolore alla puntura o lividi nella sede del prelievo del sangue; a volte, anche se molto raramente, può anche sopraggiungere una sensazione di svenimento in occasione del prelievo di sangue, o una infezione locale.

Lei potrebbe anche non trarre alcun beneficio dal trattamento in studio, e a volte la malattia potrebbe peggiorare, in questi casi il medico sperimentatore sarà in grado di spiegarLe cosa significhi il suo peggioramento.

Alternative alla partecipazione allo studio

Prima che Lei prenda la decisione di partecipare allo studio, il medico sperimentatore discuterà con Lei tutti i trattamenti alternativi per la sua malattia. Il riluzolo è al momento l'unico farmaco approvato per la ALS, e non è necessario che Lei partecipi a questo studio per ricevere il trattamentoper la sua malattia.,

Benefici potenziali

La progressione della sua malattia può essere ritardata dall'assunzione del SR57746A, ma è anche possibile che Lei non tragga alcun beneficio terapeutico dallo studio. Tuttavia l'intera società può trarre vantaggi da questa ricerca sperimentale, nel senso che questo studio sviluppa la possibilità di sperimentare una nuova terapia per pazienti affetti da ALS.

Compensi per la partecipazione allo studio

Tutte le analisi, i tesi, le visite mediche e i farmaci in studio ritenuti parte della sperimentazione non saranno a carico suo.

Copertura assicurativa

La Ditta produttrice del farmaco ha provveduto a stipulare una polizza assicurativa per responsabilità civile a garanzia di eventuali danni derivanti dalla somministrazione del farmaco in studio; non sono previste altre forme di risarcimento per i danni fisici che siano comunque imputabili ad una colpa, incuria o negligenza del medico incaricato della conduzione dello studio.

Partecipazione volontaria / diritto di revoca dallo studio

La sua partecipazione allo studio è completamente volontaria; un suo rifiuto alla partecipazione non implicherà penalizzazioni o perdita di benefici già acquisiti. Lei può interrompere la partecipazione allo studio in qualsiasi momento senza incorrere in penalizzazioni o perdita di benefici già acquisiti altrimenti.

Sia che Lei scelga di abbandonare lo studio di sua spontanea volontà, oppure ciò le venga richiesto dal suo medico personale o da un altro medico, Lei dovrà informare immediatamente lo sperimentatore. In tal caso dovrà continuare ad effettuare le visite di controllo previste per tutta la durata dello studio, ed inoltre dovrà restituire tutto il farmaco che le è stato consegnalo, sia le scatole piene che vuote.

Rimozione dallo studio

Lo sperimentatore può rimuoverla dallo studio anche senza il suo consenso nei seguenti casi: 1) a suo giudizio per migliorare la sua terapia medica; 2) se la contabilità del suo farmaco è notevolmente inaccurata o non si può fare un conto accurato per il farmaco perso; 3) se Lei non segue lo schema terapeutico; 4) se lo studio è terminato oppure 5) se lo richiede lo sponsor

Confidenzialità

In ottemperanza con le leggi e le direttive locali, sia i Rappresentanti di Sanofi Recherche, di Quintiles s.r.l (l'organizzazione incaricata dallo sponsor per il monitoraggio dello studio) o delle agenzie governative incaricate (FDA americana o sua equivalente europea) devono avere accesso alle sue note cliniche personali relative allo studio. Le informazioni relative alla sua partecipazione allo studio potrebbero essere usate per la richiesta di registi-azione in altre nazioni, per cui non ci è possibile garantire l'assoluta confidenzialità delle informazioni. I risultati di questo stu dio potranno essere oggetto di relazioni presentate a congressi o di lavori pubblicati su riviste specializzate: la sua identità non verrà mai resa pubblica in queste occasioni. Le informazioni contenute nelle sue note cliniche personali saranno mantenute confidenziali, a meno di specifiche richieste legali.

Con la firma del presente documento Lei approva questi controlli e permette l'accesso ai Suoi dati personali come sopra descritto. Tranne che per le sopracitate circostanze la Sua identità resterà confidenziale secondo le leggi vigenti.

Nuove informazioni

Lei ed il suo medico verrete tenuti al corrente di ogni nuova informazione significativa su SR57746A che potrebbe avere Influenza sulla sua partecipazione allo studio.

Domande

Lei ha diritto di formulare in qualsiasi momento ogni domanda sui rischi

potenziali e/o conosciuti di questo studio. Se Lei ha domande sulla condu

zione dello studio, o se le capita di avvertire qualche evento avverso o

potenziale lesione durante lo studio, o immediatamente successiva alla sua

partecipazione ad esso, o che richieda un trattamento medico, la preghia

mo di contattare il Dr. -al numero- Questa per

sona può essere contattata 24 ore su 24 anche al numero

Se Lei ha domande a proposito dei suoi diritti nella partecipazione ad uno

studio clinico, chiami: al

Con la firma di questo consenso informato non intendiamo forzarLa a rinunciare ad alcuno dei suoi diritti legali.

Disillusione per una imprevista sconfitta (in cauda est venenum).

Poco dopo le ore tredici, restava da sostenere la prova sulla funzionalità respiratoria; con la dottoressa Lardillier e accompagnato da Maria, ci siamo diretti nella sala attrezzata per la spirometria. La dottoressa ha spiegato che per cinque volte, ad intervalli, imboccato lo spirometro, avrei dovuto fare una profonda inspirazione ed espirazione. Con un po'di batticuore ho iniziato l'esperimento, consapevole che questa era la prova decisiva, ma tuttavia fiducioso.

E' stato, invece, un fallimento! Doveva risultare una capacità respiratoria non inferiore al 60%, mi ero invece fermato al 49%. Ero dunque fuori dal trial. Non potevo accedere alla sperimentazione. Escluso!

E stato un duro colpo perché assolutamente inaspettato e che io, impreparato come ero, ho avvertito per intero. Mi era stato, infatti, precedentemente comunicato durante il day hospital di aprile, che per partecipare alla sperimentazione, era sufficiente possedere una capacità respiratoria pari al 40%, inoltre nell'ultima accurata spirometria, quella tradizionale e

più complessa che dura circa una trentina di minuti, era risultato un valore del 57%. Dunque ero abbastanza sicuro di partecipare.

In quel momento sono stato preso da sbigottimento, incredulità, costemazione. Pur restando muto, l'espressione del mio volto non riusciva, verosimilmente, a nascondere l'improvviso turbamento. La dottoressa Lardillier, per darmi un po'di conforto, inginocchiatasi a lato della carrozzella e tenendomi le mani, prese a parlarmi, quasi a volersi scusare, come se il fallimento della prova fosse dipeso da lei; aggiungeva, forse per rincuorarmi, che a settembre il protocollo sarebbe stato meno rigido, per consentire un maggiore accesso di pazienti.

Siamo andati subito via dall'ospedale, quasi di corsa, come due ladri, quasi vergognandoci, come umiliati dalla nostra accertata inefficienza, in silenzio, nessuno aveva voglia di parlare. Poco dopo siamo ripartiti, nelle undici ore del viaggio di ritorno ho avuto modo e tempo per riflettere e riprendermi.

Dapprima i pensieri più neri mi attraversavano la mente. Era la prima volta che tornavo da Marsiglia a mani vuote e chissà se vi sarei più ritornato, perdendo così un sicuro punto di riferimento. Evidentemente le mie condizioni di salute si stavano aggravando in modo preoccupante, visto che non ero più buono nemmeno per fare da cavia, e quel che è peggio senza che me ne rendessi conto esattamente. Per correre dietro la nuova sperimentazione, forse stavo perdendo del tempo prezioso, trascurando le raccomandazioni di Gabriele Mora.

In verità - pensavo - per accedere al nuovo farmaco c'è sempre tempo e certamente, in ogni caso, saprò come venirne in possesso, mentre ora devo occuparmi dei problemi collegati alla insufficienza respiratoria ed affrontare il capitolo terribile delle c.d. decisioni anticipate.

Ho immaginato il ghigno sardonico di soddisfazione del mio feroce avversario, l'orribile cavaliere dall'ampio mantello nero, armato di falce, contro il quale ho intrapreso il duello finale. Non perde occasione, incamerando punti a suo favore, per ricordami che è lui il più forte, è lui che resterà vincitore. In questi anni ho imparato a convivere e a conoscere il mio nemico implacabile, pur non potendo liberarmi della sua nefasta presenza. So che ha fretta di portare a termine il suo lavoro, so che vuole deprimere l'unica forza che posso opporre, la volontà di resistere.

Ma io non sono stanco di battermi. Non ho smesso di lottare!

 

La lettera della dottoressa Tosato.

Mi è pervenuta dall'Ambasciata italiana di Washington la lettera della dott.ssa Maria Livia Tosato, datata 29 maggio 1997:

Gentilissimo Avvocato, desidero ringraziarla vivamente per avermi inviato due copie del suo libro "Cronaca di una malattia".

Il suo libro è un'opera molto importante che contribuirà senz'altro a far conoscere al grande pubblico la SLA e le difficoltà di chi ne è afflitto. Sono certa che il suo libro contribuirà a incoraggiare la comunità scientifica nel suo sforzo di ricerca e sperimentazione per una terapia SLA efficace e sicura.

Ma il suo libro è soprattutto testimonianza del suo coraggio e della sua grande forza d'animo. E'stato per me un privilegio, avvocato Colapinto, lavorare con Lei e con la Associazione Italiana SLA nel raccogliere informazioni sullo stato della ricerca ALS negli USA.

Con i migliori auguri e cordiali saluti.

Maria Livia Tosato

La drammatica lettera di I. C.

Alberobello, 17106197

Caro Camillo, ho letto il tuo libro di un sol fiato e voglio comunicarti il beneficio che ne ho tratto.

Faccio parte anch'io della grande comunità degli ammalati e per la prima volta non mi sono sentita una "esclusa"; leggendoti ho capito che, al di là del male fisico (sono affetta da tumore polmonare), soffro il male dell'esclusione.

Mi sono gettata sulla tua "Cronaca", che una collega e amica comune, Rosita, mi ha gentilmente passata, e l'ho setacciata, sforzandomi di cogliere ogni piega o sfumatura che mi consegnassero alla memoria il col~ lega delpassato, ma soprattutto ho cercato l'uomo che oggi sei diventato.

A me hanno interessato, al di là della tua chiaroveggenza, i risvolti psicologici della cronaca, che ti fanno acuto e dolorante interprete di sensazioni e stati d'animo altamente umani, comuni a te e a milioni di esseri.

Tutto vero, tutto autenticamente sofferto e partecipato; hai dato veramente voce al dolore "muto " di tanti di noi.

L'inclinazione alla riflessione e l'angoscioso ripiegamento su me stessa che caratterizzano i miei giorni mi richiamano continuamente alla mente il tuo dramma e ti sento vicino e compagno. Le tue pagine mi hanno intimamente colpita e toccata quanto quelle di don Tonino Bello, che entrambi ho avuto la fortuna di incontrare. La lezione che traggo è di stimolo, di forza, di apprezzamento e valorizzazione della vita.

Mi sento accomunata a te dalla sorpresa per il comune implacabile nemico, anche se ritengo che nulla di ciò che ci accade sia casuale.

Io mi sono sentita come Saulo sulla via di Damasco, messa con le spalle al muro, impotente di fronte allo sguardo indagatore di Dio, dal quale prima forse volevo sottrarmi, impegnata com'ero a portare avanti i miei progetti di vita. Un lungo faticoso percorso mi conduce alla persona che oggi sto diventando grazie al mio male e credo che anche tu, sembra un assurdo affermarlo, devi molto al tuo male, gli devi in sostanza quello che oggi sei.

Non ti dimenticherò, fratello mio, insieme con le creature che hai fatto vivere nella mia immaginazione, soprattutto l'insostituibile e preziosa compagna. Ti ricordo nelle preghiere al buon Dio con la parola di Charles de Foucauld:

Padre mio, io mi abbandono a te, fa'di me ciò che ti piace.

Qualsiasi cosa tu faccia di me io ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto purché la tua volontà sia fatta in me e in tutte le tue creature. Non desidero altro, mio Dio.

Rimetto la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio,

con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo,

ed è per me una necessità d'amore il donarmi e rimettermi nelle tue mani

senza misura e con infinita fiducia, perché tu mi sei PADRE.

Con affetto L C.

 

I. C. è una valente insegnante di lettere. Le ho così risposto:

Conversano, 20 giugno 1997

Cara I., ho letto la tua lettera, tanto inaspettata, quanto gradita, con sentimenti contrastanti.

Sono rimasto molto addolorato per aver appreso che anche tu combatti contro una malattia mortale. Nel contempo è stato consolatorio sapere che il mio scritto abbia potuto recarti un qualche conforto.

Le mie capacità di resistenza derivano dalla indignazione che suscita in me l'indifferenza delle strutture sanitarie, di molti medici e di molta parte delle persone sane.

Non sono d'accordo con te quando dici che dovrei ringraziare la mia malattia per essere diventato quello che sarei ora. Non credo sia così, io non devo nulla alla mia malattia, il cui compito è unicamente quello di uccidermi; ma essa pur disfacendo il mio corpo, nulla può sulla mia personalità e sul mio intelletto. lo sono adesso così perché ero così anche dapprima, tant'è che, come ho scritto ad un certo punto della mia "Cronaca", ho affidato il mio io ammalato al mio io persona libera di pensare, valutare, battersi. Ho in pratica solo spostato l'obiettivo, perorando la mia causa della vita, senza dimenticare gli altri sfortunati. Infatti, ancorché paralizzato e quasi reso muto, vivo intensamente le mie giornate, continuando a scrivere, a lavorare e a battermi su più fronti, come si conviene ad un avvocato impegnato e diligente, per cui mi ha molto turbato leggere che le tue giornate sono caratterizzate da un angoscioso ripiegamento su te stessa. Penso che non dovremmo trascorrere il tempo che resta da vivere in angoscia, piuttosto, per quanto possibile, in una operosa serenità. Ritengo che siamo venuti ad esistenza per vivere, ed intensamente, non già per morire.

Io non sono credente e non so pregare, quindi ricambio la cortesia dedicandoti una poesia composta da Maria Pia Pavani, malata di sla paralizzata ed intubata da anni, dal titolo: "Mani mie"

I colori giacciono

in fondo al cassetto,

rimìro ben curate

immobili mani di fata;

ricordi di mille lavori

scivolano tra le dita,

brulicare di idee complete

e per dar loro vita

uso mani altrui.

Ma la parola

non riesce mai

a comunicare l'estro.

Vorrei mani ruvide e sporche.

Sarò felice se vorrai indirizzarmi altre lettere e, se ti sarà possibile, venirmi a trovare.

Saluti affettuosi.

Camillo Colapinto

 

Fine del primo semestre dell'anno.

Direi che il bilancio, per quanto riguarda le condizioni di salute, è alquanto disastroso. Registro, quali uniche note positive, l'essere ancora in vita e l'aver potuto mantenere invariato il peso corporeo. Positivo è anche, in generale, l'avvio della nuova sperimentazione della Sanofi.

Le note dolenti sono invece numerose: non sono più in grado di camminare neppure in casa; riesco a malapena a stare in piedi per pochi secondi, dopodiché incomincio a chinarmi in avanti senza essere più capace di riaddrizzarmi; il capo ha preso a ripiegarsi in avanti e a sinistra; la voce è ormai un rantolo; la capacità respiratoria si è ridotta del 50% per cui sono stato escluso dalla sperimentazione della Sanofi; non riesco a scrivere più al computer perché la mano sinistra non ha la forza di sollevarsi sulla tastiera. Anche dormire è diventato problematico in quanto devo spesso cambiare posizione, e non riuscendovi da solo, sono costretto a svegliare mia moglie.

In generale poi si devono registrare il fallimento della sperimentazione dei BDNF e la mancata autorizzazione da parte della FDA americana ad immettere sul mercato la Myotrophin, mentre nulla si sa dei GDNE La schermaglia epistolare con il Ministero della Sanità per la sperimentazione del farmaco della Sanofi non ha prodotto alcun effetto, come era prevedibile. Nel frattempo, in Francia sono operanti ben cinque centri ospedalieri: a Parigi, a Marsiglia, a Nizza, a Limoges, a Montpelier, dove si recano molti ammalati in fuga dall'Italia. Immagino che costoro saranno molto grati al ministro della Sanità, per la straordinaria occasione che viene loro offerta di fare turismo sanitario, ancorché a proprie spese.

Il principio del criterio cronologico per esaminare le richieste di autorizzazione per la sperimentazione di nuovi farmaci, da parte del Ministero della Sanità, nella fattispecie così ottusamente immodificabile (prova incontrovertibile che i malati di sla non contano assolutamente nulla), fa proprio ridere in questo Paese governato da duecentomila leggi, ma dove tutto è aggiustabile e accomodabile. Non so perché, ma a me viene alla memoria il famigerato programma "Aktion T4", adoperato nella Germania nazista, per eliminare alcune centinaia di migliaia di malati di mente e di disabili, in quanto tarati ed inutili.

Come dire, è più buio che a mezzanotte. Da profano, per quanto riguarda la malattia, mi sono fatta l'idea che solo la biogenetica e la conseguente terapia genica risolveranno l'enigma sla. A mio modo di vedere, penso che ciò avverrà non prima dell'anno 2020 (epoca in cui, se non mi fossi ammalato, in assenza di altri guai, avrei avuto ancora l'accettabile età di 74 anni). Ciò significa che gli attuali centomila malati di sla (tra America ed Europa, secondo stime statunitensi) non hanno alcuna possibilità di farcela, non solo, ma lo stesso destino toccherà a coloro che non sono stati ancora colpiti dalla malattia, almeno fino all'anno 2015.

Non si creda che la mia previsione sia pessimistica, anzi al contrario, forse è anche un po' troppo ottimistica. Il lettore non si lasci ingannare dalle notizie spesso trionfalistiche dei mass media; invito caldamente a diffidare dei giornalisti quando si occupano di questi argomenti. Nella migliore delle ipotesi, sono degli ignoranti che non hanno idea di cosa scrivono, altrimenti sono solo "velinari" prezzolati.

Nel caso fortunato che - per puro accidente - venga individuato il gene responsabile della malattia, non è affatto vero che sia già bella e pronta la terapia genica; purtroppo possono anche passare degli anni prima che ci si arrivi, e poi non è detto che a quel momento sia stato messo a punto il meccanismo che consenta di riparare o sostituire il gene difettoso con quello "sano".

Sicché, prevedere la sconfitta della malattia, di questa malattia, tra poco più di venti anni, vuol dire avere abbastanza fiducia nel futuro.

A voler sorridere, una soluzione ci sarebbe: l'ibernazione. Ma se mai tale via fosse percorribile, dovrei convincere anche i miei familiari a farsi ibemare, perché diversamente l'espediente, soltanto per me, non avrebbe alcun senso.

Tuttavia, poiché uno straccio di speranza bisogna pure averla, è probabile che, prima o poi, qualche nuovo farmaco rallenti la progressione della malattia.

Sono venuti a trovarmi Lino Lorusso (è il nostro medico di famiglia, ma lui tiene a dire che viene a trovarmi come amico, in quanto, bontà sua, non vuole considerarmi un ammalato), Tonino Realmonte, Vito L'Abbate, Antonio Lopriore, Bruno Maggio, Renato Fiandaca con la moglie Luisa e la sorella Valeria che m'i hanno portato in regalo un libro. I funzionari della Rhone-Poulenc Rorer mi hanno comunicato che la casa farmaceutica provvederà a far stampare, a proprie spese, altre millecinquecento copie del mio libro.

LUGLIO

Viva la partitocrazia.

Il 30 giugno si sono chiusi i lavori della Commissione Bicamerale per la riforma della Costituzione. La tv di Stato e le reti Mediaset hanno diffuso il resoconto dell'accordo sottoscritto dai componenti del Polo e dell'Ulivo, con toni trionfalistici. L'evento viene presentato come la prima vera e seria iniziativa per girare pagina e affrontare l'argomento delle indispensabili riforme dello Stato.

A me pare che le cose stiano diversamente, anche se chi non la pensa come Berlusconi e D'Alema viene ora considerato un deficiente o un sovversivo. Dell'accordo raggiunto io ho capito quanto segue: il Pds ed il Polo sono ormai due compagini politiche governative; due novelle Dc, senza l'ipocrita copertura della religione cattolica. D'Alema e Berlusconi hanno compreso che in Italia un vero sistema maggioritario o dell'alternanza non è mai esistito e non ha mai funzionato. Si è sempre proceduto con gli accordi sottobanco tra maggioranza e minoranza, alleanze trasversali, ribaltoni, inciuci, spartizioni ecc., rimanendo arbitri assoluti le segreterie dei partiti che certamente non tenevano in alcun conto la volontà degli elettori.

Dunque, i due responsabili dei due massimi raggruppamenti hanno pensato bene di approvare un nuovo sistema costituzionale per perpetuare il potere dei loro partiti e dei partitini loro alleati, vendendo fumo agli elettori i quali, in realtà, avrebbero la facoltà di eleggere direttamente il Presidente della Repubblica. Lapparente novità sarebbe il sistema semipresidenziale, ma all'italiana, perché probabilmente il nuovo Presidente conterebbe, sotto il profilo politico, meno dell'attuale. Mentre il vero potere verrà esercitato dai partiti, sia nella individuazione dei candidati al Parlamento, sia nella formazione del Governo. Mi pare di assistere alla restaurazione del potere ai partiti. Il federalismo, poi, è ridotto ad una mera esercitazione verbale, priva di qualunque valenza sostanziale.

in ogni caso, con buona pace dei millantato spirito costituente, avverso l'accordo sottoscritto, in Parlamento sono stati presentati ben quarantaduemila emendamenti. Tuttavia, ferma restando la necessità di darsi un nuovo sistema costituzionale, mi pare che alla soglia del terzo millennio la politica abbia perso definitivamente il primato rispetto all'economia. Ormai, con l'incalzante mondializzazione che coinvolge tutto e tutti, il discorso politico sembra ridursi alla mera possibilità economica di stare dentro o fuori i parametri di Maastricht. A questo punto, l'unica differenza possibile tra maggioranza e opposizione può consistere sulle diverse modalità da osservare per stare nei parametri.

Tempo di vacanze.

Chi ha mai detto che i malati di sia, anche in forma avanzata, non vanno in vacanza? Essi, tuttavia, scelgono particolari villaggi turistici dove gli animatori che intrattengono gli ospiti dovrebbero però, più opportunamente, chiamarsi "rianimatori".

Lunedì 14 luglio, festa nazionale dei Francesi e giorno in cui la Chiesa festeggia San Camillo, protettore degli ... ammalati (!), mi sono ricovcrato nel Centro Medico di Veruno per sottopormi a gastrostomia per via percutanea con posizionamento di sonda gastrica (RE.G.), e per imparare ad utilizzare un ventilatore di tipo pressometrico non invasivo. La decisione è stata presa da me in via anticipata, in altre parole potevo ancora farne a meno, ma poiché la malattia progredisce e, per carattere, sono sempre stato un programmatore delle mie azioni, ho deciso di sottopormi all'intervento allo stomaco e di adattarmi all'uso del ventilatore, sotto la accorta regia di Gabriele Mora, prima che questi interventi divenissero strettamente necessari. Ho voluto così evitare di farmi sorprendere da una qualche emergenza e, per altro verso, mi preparo ad affrontare le esigenze future con sufficiente tranquillità. Non credo siano numerosi i malati di sia che prendano simili decisioni. Il mio comportamento, però, non è frutto di coraggio, quanto piuttosto di accortezza dettata da consapevolezza e da senso pratico, ma anche - mi si perdoni l'autocelebrazione - dí abilità ad essere correttamente informato e a rivolgermi a centri ospedalieri e medici giusti; già, perché io l'informazione me la sono andata a cercare.

Del perdurante problema della disinformazione che affligge i malati dì sia, accuso senza esitazioni la classe medica che generalmente resta silente, in parte per ignoranza, in parte per convenienza. Ad essere ancora più

esplicito, ritengo responsabile di tale omissione la maggioranza dei neurologi. Dare una esaustiva informazione agli ammalati e ai loro familiari è faticoso, impegnativo, richiede troppo tempo, implica l'insorgere di problemi psicologici; poi ogni ammalato reagisce a suo modo, i familiari assillano con le loro domande insistenti... Meglio non dire, è più comodo, anche perché quando si porranno i problemi di alimentazione e di respirazione, il neurologo disimpegnato e reticente potrà sempre affermare che non è compito suo, dirottando i malcapitati dal gastroenterologo e dallo pneurnologo, specialisti questi ultimi che ignorano, naturalmente, le peculiarità della malattia. L'ammalato fa prima ad andarsene all'altro mondo.

Ma sta di fatto che è sacrosanto diritto del paziente chiedere informazioni e chiarimenti al medico, così come è preciso dovere del medico rispondere in modo puntuale. E, si badi bene, si ha diritto alla comunicazione personale, atteso che, come recentemente ha affermato la Cassazione (aprile 1997), i dati che riguardano il paziente sono di proprietà di quest'ultimo, sicché il medico che informi solo i familiari non adempie correttamente al proprio dovere.

Tali tutele sono approntate per rendere concreto il principio della autodeterminazione, e dunque per garantire il c.d. "consenso inforinato" e la partecipazione consapevole alle decisioni da parte del paziente.

Dette considerazioni non mutano nel caso di diagnosi "infausta". Anche il codice deontologico, su questo punto, parla chiaro: la verità deve essere detta. Le persone devono essere informate, certo con le cautele necessarie e tenuto conto della personalità del paziente, del grado di cultura, dell'ambiente familiare e di quant'altro occorra, ma fino in fondo.

Ogni uomo ha la responsabilità della propria salute e deve essere in grado di programmare consapevolmente la sua vita.

La PEG. è forse cosa spaventevole a dirsi, ma fortunatamente non a farsi al momento opportuno.

Mercoledì 16 luglio, in autoambulanza accompagnato da Maria e preceduto da Gabriele, ho raggiunto l'ospedale di Novara dove presso il Servizio di Gastroenterologia mi è stata praticata dall'esperto dott. Del Piano la gastrostomia. Lintervento è durato appena 10 minuti, in anestesia locale; subito dopo in autoambulanza venivo ricondotto a Veruno. Anche dopo l'intervento non ho avvertito alcun fastidio di sorta. Tutto è andato per il meglio. L'approccio con il ventilatore è stato più allarmante per il timore di non farcela: la sensazione di soffocamento che dà la maschera schiacciata contro il volto e l'aria che viene immessa dalla macchina mi hanno creato momenti di difficoltà.

Quando si è presentato Gabriele nella mia stanza con tutto l'armamentario occorrente, io stavo seguendo in televisione il tour de France, e proprio il ciclismo, lo sport a me più caro, anche più del tennis, mi è servito per imparare ad usare la macchina. Pantani in quel momento produceva uno scatto micidiale in salita che gli consentiva di vincere la tappa alpina di Morzine; nel frattempo, con poco successo, cercavo di adeguarmi al ventilatore. Fortunatamente mi è venuto in mente il metodo che usavo quando, praticando il ciclismo, dovevo affrontare le salite. Le salite erano il mìo terreno preferito e osservavo una tecnica particolare di respirazione durante le lunghe ascese, in modo da non andare in sovrafiato e di conseguenza non "scoppiare", come si dice nel gergo ciclistico. Ho preso così a respirare come se avessi dovuto scalare una montagna, e mi sono subito ritrovato in sintonia con il ventilatore. Era fatta! Quando mi hanno tolto i lacci e la maschera, ho avuto una crisi di pianto, ma perché ero riuscito; resta ora soltanto di abituarsi.

In ospedale ho salutato il dott. Pasetti e la dott.ssa Mazzini, nonché la dott.ssa Cerruti, psicologa con cui ho avuto due stimolanti colloqui. Venerdì 18 luglio sono venuti a farmi visita gli amici Edoardo Ferlito e Mauro Codini, rispettivamente presidente e segretario dell'A.I.S.L.A..

Mia moglie Maria è stata, come al solito, impareggiabile, pur avendo preso alloggio in un residence poco distante dall'ospedale, non mi ha lasciato un minuto, nutrendosi con panini e yogurt e passando dieci nottate su una sedia a sdraio.

Sorvolo sulla descrizìone della vita del malato in un ospedale, luogo di spersonalizzazione, deputato al dolore e alla sofferenza, cadrei in luoghi comuni abbastanza scontati ancorché verissimi. Non posso, tuttavia, sottacere la spettacolare drammaticità di un reparto di neurologia che non teme, a questo riguardo, alcun confronto con altri reparti di medicina. Forse il mondo andrebbe diversamente se la gente visitasse almeno una volta all'anno un reparto di neurologia. Trovo inoltre interessante riferire, sebbene telegraficamente, di alcuni incontri con altri ricoverati, avvenuti nell'arco dei dieci giorni di degenza.

Il mio compagno di camera, Andrea, di 70 anni, è stato colpito da un ictus cerebrale a gennaio scorso, giace nel letto in attesa della morte, mentre i suoi familiari non possono prendersi cura di lui. In questi mesi la sua situazione clinica è decisamente peggiorata, infatti, oltre le paralisi conseguenti la malattia e i vaneggiamenti mentali, soffre di ipertensione arteriosa, di incontinenza, di piaghe da decubito, flebiti, infezioni alle vie urinarie

per via dei cateteri. E'tenuto in vita da flebo ed iniezioni che non sanno più dove fargli, perché non trovano le vene. Tutto il giorno soffre come un cane e nei momenti di lucidità afferma che uscirà dall'ospedale solo da morto. La notte tra sabato e domenica 20 luglio ha preso a rantolare, abbiamo immediatamente chiamato i medici che, solo dopo oltre un'ora, sono riusciti a rianimarlo e a farlo riprendere. Quando hanno finito di volteggiargli attorno e hanno ritenuto che il peggio fosse passato, rivolgendosi a me e a mia moglie che semiterrorizzati assistevamo, nostro malgrado, all'insolito spettacolo, educatamente hanno spento le luci augurandoci ... la buona notte! Sul povero Andrea, vedovo e con i figli lontani, registro, a mio parere, un accanimento terapeutico fine a se stesso, con l'unica prospettiva di maggiori e inutili sofferenze.

Ho conosciuto il giovane Gianluca di 19 anni, che da altrettanti anni gira per gli ospedali alla ricerca di un nome certo per la sua terribile e rarissima malattia genetica che pare affligga solo 20 persone in tutto il mondo (sembrerebbe affetto da osteolisi multicentrica associata a distrofia diffusa in tutti i distretti muscolari). Gianluca, malato incurabile, è ridotto su una carrozzella, quasi completamente paralizzato, soffre di attacchi di epilessia, disartria, disfagia, di ridotte capacità respiratorie ma, nonostante i gravissimi problemi di salute che lo sovrastano, ha recentemente conseguito il diploma di scuola media superiore. Ho promesso di aiutarlo, per quanto poco posso fare, e pertanto ho scritto al prof. Salvatore Di Mauro di New York, nella speranza che possa dare una qualche risposta alle tante domande che Gianluca pone.

Ho conosciuto Luca, assistente universitario di 30 anni, malato di sla da due anni, malfermo sulle gambe e con evidenti problemi di disartria, e la sua fidanzata di 27 anni che lo assiste. Luca ha già perso la borsa di studio all'Università a causa della malattia, mi chiedo quale futuro è riservato a questi due giovani sfortunati.

Il caso ha voluto che incontrassi e conoscessi la signora Caterina di Conversano, ammalata di sla, che io stesso avevo indirizzato a Veruno. Adesso è edotta sulla malattia e sta subendo i contraccolpi psicologici conseguenti. Al dramma personale si aggiunge il dramma familiare, che nella sla è una costante. Il marito per accudirla ha dovuto lasciare il lavoro in Liguria, ed ora è disoccupato. Ma di questi problemi, nessuno si cura.

Sono stato dimesso giovedì 24 luglio.

I malati di sla fanno i miracoli: due splendide "dame senza corpo".

Rientrato da Veruno, ho trovato un fax speditomi da Maria Pia Pavani che mi metteva a parte del recente viaggio fatto da lei a Lourdes, con una équipe guidata dal dott. Busato, in treno; viaggio che lei ha affrontato dopo cinque anni di segregazione in casa. Questo è il suo toccante e poetico racconto:

',... oh dulcis Virgo Maria", si diffondevano nell'imbrunire ì canti, mentre la fiaccolata si dipanava per il percorso stabilito in un susseguirsi di ondeggianti fiammelle, ed entravano col vento in camera mia portandomi una gioia indescrivibile.

Ero là e solo le limpide acque del fiume mì dividevano dalla grotta, avevo vinto la mia scommessa contro le perplessità di tutti perché fin dal primo momento mi ero affidata alla Provvidenza e avevo la certezza che avrebbe guidato tutto e tutti e così è stato, anche se il bacio preoccupato dei miei figli alla partenza era una lama nel cuore, ma mi accompagnava il pupazzetto che Carla, sgusciando tra la folla e senza proferir parola, mi aveva posto accanto.

Il pensiero ripercorreva le uscite della giornata, guidata dai miei l'angeli custodi", fedeli cavalieri di una dama senza corpo, dalla vivacità e curiosità innate, che pretendeva d'infondere gioia, coraggio, speranza agli altri. Rivivevo e rivivo intense, stupende, indescrivibili emozioni spirituali: partecipare alla messa e alla mensa eucaristica. "Un frammento piccolis~ simo" raccomandava il dott. Busato. Così Gesù cadde tra le mie labbra e ... la felicità fu mia! Poi la cresima di Elia, piccolo, grandioso emblema delle nostre sofferenze, accompagnato dalla mamma Elisabetta che, nonostante tutto, conserva la spontaneità e la semplicità di una bimba, che ho vissuto come quella di un figlio.

Un ultimo accenno alla grotta e alla solenne processione del Corpus Domini in cui, chiusi gli occhi, non più prigioniera delle macchine sensazione dolcissima mi libravo alta nel cielo in mezzo alle rondini.

Non di minore importanza le sensazioni fisiche che mi hanno estrema~ mente coinvolta reclamando un pianto liberatorìo: dopo tanti anni di prigionia, gocce di pioggia su di me, il caldo abbraccio del sole, la frizzante carezza del vento di montagna, lo scorrere dell'acqua tra le dita, il freddo contatto con la roccia levigata della grotta, il bagno di fQlla e la moltitudine di baci e carezze posati sul mio viso da persone di ogni razza e naziona~ lità, le sortile nel traffico della città per compere o un caffè al bar nella gioiosa familiarità subito instauratasi tra il dott. Busato, Osanna e Sergio, il mio Pino, il Pino Il in veste di press-agent e me.

Ora mi rallegra quella rosa nata in Francia, splendida nel suo candore, che oltre a ricordarmi la tenerezza di chi me l'ha donata diviene simbolo di fratellanza, carità, disponibile solidarietà e amore che tutti ci ha legati, dall'arcivescovo coni sacerdoti, i presidenti dell'Unitalsi, i medici, le sorelle, i barellieri, i baschi verdi dalla prorompente vitalità e tutti i pellegrini, che mai potrà appassire nel mio cuore...

Ho chiesto pace, null'altro alla Vergine, perché già tanto mi è stato dato, ma vorrei farmi portatrice della speranza di tutti coloro che per qualsiasi ragione non sono potuti giungere fin qui, offrendo in tutta umiltà la mia sofferenza. Come vedi sono andata a Lourdes perché non è l'aspettofisico che conta, ma ciò che hai nel cuore e sai comunicare agli altri.

Un affettuoso abbraccio.

Maria Pia

La sig. ra Maria Pia Pavani in pellegrinaggio a Lourdes

Dunque la signora Maria Pia ha compiuto il miracolo, ma non è l'unica, perché nel mese di giugno anche la signora Rosanna Facciani Canestrini, che versa nelle stesse condizioni di salute, in maniera ancora più avventurosa, mettendo "alla frusta" il figlio Simone, ha organizzato in proprio un pellegrinaggio in Yugoslavia alla Madonna di Medjugorje, superando difficoltà di ogni genere. Ora, immobile ed intubata com'è, minaccia" di venirmi a trovare a Conversano.

Anche la signora Rosanna ha voluto farmi tenere un suo scritto, nel quale rappresenta le motivazioni che l'hanno spinta e le emozioni provate nell'impensabile pellegrinaggio, che trascrivo:

Fino a poco tempo fa non avrei potuto neppure immaginare di poter realizzare uno deì miei innumerevolì sogni da malata di S.L.A. Infatti sono affetta da questa atroce malattia da circa 6 anni, di cui da 3 anni sono tracheostomizzata e respiro e vivo grazie ad un respiratore che è diventato la mia anima gemella che mi veglia 24 ore su 24. Quindi, come si può immaginare, per le mie gravi condìzioni fisiche ed una sorta di problemi pratici dei macchinari che quotidianamente sono presenti al mio seguito, era inimmaginabile che io potessi realizzare uno dei miei sogni più cari: recarmi dalla Madonna di Medjugorje in Bosnia-Herzegovina.

Il viaggio a Medjugorje era per me una necessità, dovevo farlo per dimostrare il mio coraggio, non importava a quale prezzo, dovevo farlo per dimostrare la mia fede ìn Maria, per consegnare nelle sue mani le mie preoccupazioni e l'ansìa che ho per la mia famiglia e i suoi numerosi problemi, dovevo farlo per affidare a Maria i "miei bambini del Brasile" e infine dovevo farlo per dare una speranza e coraggio a tutti gli ammalati ed in particolare a quelli affetti da S.L.A.

Durante questi lunghi anni di malattia la sofferenza mi ha insegnato quanto sia preziosa la vita dell'uomo e tutto quello che lo circonda. Solo grazie alla sofferenza sono riuscita a vedere ed apprezzare la reale bellezza delle piccole cose e l'umiltà dell'amore dell'uomo e di Gesù. E'per questo che sono serena e felice di vivere nonostante le mie condizioni fisiche, ed è bello constatare dì poter essere ancora utile agli altri.

E così ho potuto realizzare il mio sogno grazie all'incontro con persone generose e molto umane che mi hanno aiutato e consentito di vivere questa meravigliosa esperienza. I cari amici di Cesena mi hanno messo a disposizione un pulmino adattandolo amorevolmente alle mie necessità. Non scorderò mai il giorno in cui sono venuti a trovarmi per conoscermi e per prendere con tanta cura le misure del mio letto e vedere gli apparecchi da me usati allo scopo di adattare al meglio e nella sicurezza il pulmino. Sarà indimenticabile l'umanità ed il rispetto che emanavano nei miei confronti mentre svolgevano questo nobile gesto.

E così nella notte fra venerdì e sabato del 29 maggio 1997 alle ore 2 è iniziata l'avventura. Come una piccola carovana di viaggiatori eravamo in tre unità: guidava la carovana una macchina con sopra i carissimi amici Carmelo, sua moglie Mirella e la cara Marna; seguiva il pulmino con me, il caro Moreno, il dott. Francesco e mio figlio Simone; chiudeva il gruppo su un furgone mio marito ed il caro Alvino Nonostante il lungo ed imprevedibile viaggio ero ottimista ed avevo ragione di esserlo, poiché tutto è andato a meraviglia senza intralci di nessun genere, come se qualcuno ci conducesse per mano. Infatti dopo aver attraversato mezza Italia ed ex Yugoslavia, percorrendo paesaggi martoriati dalla guerra e dall'odio, siamo arrivati a Medjugorje alle ore 16.30 del sabato; siamo stati ospitati in una casa messa a disposizione di tutti noi da Padre Slavko, guida spirituale dei veggenti e grande amico. Ad aspettarci c'erano anche i cari amici di Cesena che erano partiti la sera prima affrontando il viaggio con la nave salpata da Ancona.

Appena arrivata mi ha invaso subito una pace profonda, forse mai sentita prima, ho sentito di essere "guarita dentro". e poi le emozioni si sono susseguite intense, profonde per tutto il tempo che ho vissuto laggiù.

Ricorderò l'incontro con Miriana, una delle veggenti, la sua dolcezza, le sue parole e conserverò sempre il Rosario che mi ha donato e il ricordo della sua luminosa bellezza.

La sig.ra Rosanna Facciani Canestrini

Ricorderò la grande commozione che ho provato in chiesa durante la S. Messa. Mi avevano sistemato proprio ai piedi della Madonna, potevo fissarla negli occhi in un dialogo muto e appassionato. Ho pianto per me, per tutti, ina non di disperazione, erano solo lacrime liberatorie

L'ultima forte emozione infine è stato poter assistere l'apparizione della Madonna ad Ivan, che molto gentilmente ha accettato di farci vivere quell'esperienza indimenticabile.

Circondata dai miei amici di S. Pietro e Cesena e dai nuovi di MilanoPerugia, uniti nella recitazione del S. Rosario, e da Ivan così semplice e

ispirato, mi sono sentita amata da tutti e quindi felice ho ringraziato la Madonna per questo grande dono e per il messaggio personale che mi ha rivolto tramite il veggente.

Alle ore 9.30 del martedì 3 giugno, dopo che il caro amico Padre Slavko aveva celebrato la S. Messa e circondata da tutti i cari amici di pellegrinaggio, siamo ripartiti per il viaggio di ritorno a casa. A circa mezzanotte dello stesso giorno siamo arrivati a casa dove mi attendevano il resto della mia famiglia e gli amici di S. Piero.

Questo viaggio è stato molto importante non solo per rafforzare la mia fede religiosa, ma anche per dimostrare a me stessa, ed agli altri, che nonostante le mie condizioni fisiche posso ancora realizzare una parte dei miei desideri di persona che vive e ama la vita!

Grazie.

Rosanna Facciani

Mi è pure giunta un'altra lettera di I. C.:

Alberobello, 8 luglio 1997

Caro Camillo, sapessi l'emozione che mi ha provocato il tuo scritto!

L'altra volta, nel dubbio di farti cosa gradita, ho dovuto compiere non pochi sforzi per vincere la mia naturale ritrosia e scriverti.

Oggi, mentre mi rattristo per le tue condizioni di salute, gioisco all'ìdea che tu possa e voglia farmi posto fra i tuoì pensieri. Ti ringrazio anche del testo, che rileggerò con cura e affiderò all'attenzione di persone sensibili, se tu me lo consentirai.

Nel leggerti mi sono vergognata un po'delle mie querimonie, dal momento che a me non è tolta la possibilità di fare una vita quasi normale. Da un po'di tempo mi mescolo alla folla degli esseri umani indaffarati, spesso sono distratti e non "vedono", laddove io vedo, ascolto e avverto con forte intensità le carezze e la ruvidezza della vita.

Combatto, come so e posso, la mia malattia, che lascia apparentemente inalterate le mie capacità fisiche, dalla quale a volte mi sento fuori, affidandomi ottimisticamente al mio naturale senso di fiducia nella vita;

altre volte sono meno positiva, soprattutto perché si avvicina l'epoca (metà luglio) delprimo controllo totale.

Cosa vuoi, si deve imparare a convivere col male qualunque identità esso abbia. Ogni evento ci lascia allo scoperto, dalla quotidiana fatica per la sopravvivenza che implica uno stato continuo di belligeranza, all'ansia, per esempio, per la sorte delle persone care, soprattutto dei figli.

Camillo Colapinto e Mauro Codini a Villa Camozzi in Ranica

Ti ringrazio della lezione di vita che mi dai e dell'incitamento a vivere in operosa serenità; in effetti io cerco di essere fattiva e di tuffarmi nella mia realtà di sempre e avviene così che casa e libri, giardino e cibi riempiono le mie giomate, anche se non possono assorbire totalmente i miei pensieri.

Non siamo più sicuramente quelli di prima per il semplice fatto che siamo vivi e soggetti a continuo divenire. Sei molto duro con te stesso, se non ammetti, ad esempio, che il tuo universo umano si è arricchito delle realtà dei tuoi compagni di sventura, per i quali, oltre che per te stesso, combatti e i cui vissuti, che avresti potuto non conoscere, danno uno spessore nuovo al tuo io: questo credo sia innegabile oltre che evidente.

Mi dispiace apprendere che non puoi usufruire del conforto della fede i . n Dio, che avrebbe addolcito e dato un altro senso al tuo umano patire, ma ritengo la tua indignazione e la tua sollecitudine esse stesse una grande testimonianza di fede nella nuova causa, come tu la definisci, per la quale vivi ed operi.

Questo è credere, come sono preghiera universale i meravigliosi versi che sottoponi alla mia lettura.

Mi sta molto a cuore ricevere tue notizie, ti ringrazio dell'attenzione accordatami e ti saluto con affetto.

L c.

Giovedi 31 luglio sono venuti a trovarci Clelia e Francesco Montagnini.

Finalmente mi è pervenuta l'indennità di accompagnamento, grazie all'interessamento di un amico influente.

 

AGOSTO

Ultime notizie dal pianeta sanità.

Come è noto, le flebili speranze dei malati di sla, come di tutti gli incurabili, sono risposte unicamente nella ricerca scientifica e nell'uso di farmaci innovativi. Non sperino e non si illudano, però, questi sfortunati di ricevere un aiuto o di trovare qualche interessamento da parte del Ministero della Sanità, la massima istituzione preposta alla tutela della salute dei cittadini. L'amara realtà è purtroppo che in quel Ministero agiscono i loro più tenaci avversari, affossatori di ogni speranza.

Le ragioni dell'apparente paradosso non sono difficili da illustrare: nel caso di malattie rare (dette pure orfane), le case farmaceutiche non sono interessate ad investire nella ricerca per via dei costi altissimi, tenuto conto del numero scarso dei malati, delle probabilità di insuccesso ecc. In questi casi uno Stato che persegua il bene dei cittadini, di tutti i cittadini, avrebbe il compito di intervenire finanziando direttamente la ricerca o prevedendo agevolazioni ed incentivi per le case farmaceutiche, come avviene negli U.S.A. e in Giappone.

Non si può certo dire che tal genere di problemi abbia mai sfiorato la mente di un qualche ministro della sanità della Repubblica. Peraltro a testimoniare che la tematica semplicemente non sussiste, soccorre la considerazione che da noi non esiste neppure una definizione ufficiale di malattia rara. Quando è tale una malattia? Se gli ammalati sono meno di cinquantamila? 0 ventimila? 0 cinquemila? E poi, diciamolo pure, quale ministro si prenderebbe il fastidio di interessarsi di quattro-cinquemila disgraziate vittime della sla, che hanno anche il vantaggio (per il ministro) di non essere infettive e di non poter protestare in quanto mute ed invisibili per la forzata cattività in casa?

Ora il lettore potrebbe, comprensibilmente, pensare a mie esagerazioni dettate dalla condizione di malato incurabile e dunque le accuse potrebbero apparire pretestuose e mosse per acredine e rancore. Infatti, non nascondo

assolutamente di ritenere quel Ministero come la mia "naturale" controparte, l'avversario contro cui battersi per la tutela di diritti normalmente disconosciuti, non nascondo di desiderare molto che un salutare referendum popolare elimini quella istituzione, inutile ai malati come me, per non dire altro, ma il lettore si tranquillizzi, i suoi timori non hanno fondamento.

Intanto, egli una idea su come si comporti il Ministero se l'è già fatta leggendo della mancata sperimentazione del farmaco Sanofi. Peraltro, a questo punto, penso sia utile fornire al lettore le seguenti informazioni: allo stato, oltre alla citata sperimentazione della Sanofi, sono in corso o sono appena terminate numerose altre sperimentazioni di vari farmaci per combattere la malattia, e cioè: a) myotrophin della casa farmaceutica Ceplialon; b) bdnf delle case farmaceutiche Amgen-Regeneron Partners; c) gdnf della casa farmaceutica Aingen; d) gdnf e ggf della casa farmaceutica Cambridge Neuroscience Inc.; e) nt 4/5 e ct-1 della casa farmaceutica Cytotherapeutics; f) farmaco antigiutammato della casa farmaceutica Eli Lilly; g) gabapentin (neurontin) della casa farmaceutica Parke-Davis; h) sperimentazione di terapia genetica su cavia della casa farmaceutica Rhone-Poulenc Rorer- i) procysteine della casa farmaceutica Transcend Therapeutics Ine. (fonte: www.alsa.org.). Di tutte queste sperimentazioni, nessuna è stata svolta o è in corso nel nostro Paese, ad eccezione del trial con la myotrophin (Policlinico di Milano, clinica neurologica dei prof. Scarlato), come si vede, troppo poco, per poter affermare di un qualche interessamento per la sperimentazione in Italia. Ma per rassicurare definitivamente il lettore, basterà riportare un autorevole articolo a firma di Bruno Pieroni, presidente dell'UNAMSI (Unione Nazionale Medici Stampa Informazione), apparso sul "Corriere della Sera" del 14 luglio, dal titolo inequivocabile: "Ma al ministro sta a cuore la salute degli italianiT'. Ne trascrivo integralmente il testo:

Ci si può chiedere perché i Verdi in possesso di patente automobilistica non la restituiscano e decidano di andare a piedi o in bicicletta oppure in tram o in treno anziché continuare a servirsi dell'auto che inquina e a percorrere le autostrade che hanno deturpato il paesaggio e violentato la natura. Così c'è da domandarsi perché gli anti-vivisezionisti non siano tutti vegetariani, mentre molti di loro mangiano con gusto bistecche e filetti. Allo stesso modo, le nostre autorità sanitarie esortano a investire nella ricerca e intanto puniscono chi ha scoperto medicinali nuovi. Un giorno, il ministro Bindi, in risposta a un mio quesito sull'ostinazione con cui da noi si negano ai malati farmaci innovativi, già passati al vaglio di censori sanitari in Germania, negli Stati Uniti e in molti altri Stati all'avanguardia in campo scientifico, mi rispose con una domanda: "Si è mai chiesto se sia giusto fare profitto sulla salute?". Secondo questa filosofia è inutile auspicare nuovi vaccini e farmaci salvavita o più semplicemente sostanze che attenuino dolori, prevengano complicanze o blocchino, quantomeno riducano, le conseguenze di certe patologie. Tempo fa un alto responsabile della Sanità mi disse: "Se approviamo quel nuovo prodotto, la spesa per i farmaci sale, il tetto previsto per gli investimenti pubblici in medicinali viene sfondato e per noi sono guai al Consiglio dei ministri". Sorge il dubbio che le esortazioni a investire in ricerca facciano parte di un copione da recitare per esigenze dí scena piuttosto che per convincimento sincero.

Se si fa ricerca occorre spendere e chi lo fa - rischiando, perché non sempre arrivano i risultati sperati - vuol rientrare degli investimenti e ovviamente guadagnare. E'la regola del libero mercato. Nei Paesi a totale regime statale, a partire dalla vecchia Unione Sovietica, non si sono mai scoperti farmaci di rilievo. Peraltro, i farmaci innovativi vanno messi a disposizione dei cittadini. E se ciò rischia di "sfondare" il tetto delle spese previste, occorre elevare quel tetto. Decisione comunque inevitabile per la sempre maggiore attesa di vita e il continuo incremento di anziani e vecchi che richiedono cure per più patologie e più a lungo. Più si trascurano e più costeranno, nel tempo, alla società. Per boicottare la prescrivibilità di un medicinale poco gradito a questo o a quello ci sono poi trucchi ministeriali sui quali conviene tacere per amore di patria. Resta il fatto che se si insiste nel mantenere intatto l'ammontare destinato alle medicine, le terapie innovative non saranno mai tempestivamente a disposizione dei medici e dei malati. Il ministro continuerà a fare bella figura con colleghi di governo, ma avrà sulla coscienza tanti cittadini penalizzati da criteri di gestione ingiustificati.

Se non bastasse, consiglio la lettura dell'altro articolo pubblicato sul numero 32 del settimanale "L'Espresso" del 14 agosto, a firma di G. Gaudenzi, dal titolo: 1 risparmi di Rosy Bindi", che provo a riassumere brevemente: dopo la Grecia, siamo il paese che meno spende per la sanità in Europa. Solo il 5,4 per cento del prodotto interno lordo.

Quali i motivi? Siamo parsimoniosi, o più semplicemente poveri, o molto probabilmente incoscienti? Non mancano segnali perché la terza possibilità sia da valutare con attenzione. Forse è già stata superata la soglia al di sotto della quale si è costretti a rinunciare a servizi indíspensabili.

Infine, risulta accertato che al sud la sanità spende meno: se un veneto o un emiliano costa al servizio sanitario circa due milioni all'anno, un calabrese "vale" meno di un milione e mezzo.

Sempre sullo stesso numero del citato settimanale, nella rubrica economica si legge un articolo interessante, a firma di M. Lillo, dal titolo: "Com'è amara la mia pillola", che riporto interamente:

In Italia le aziende farmaceutiche faticano a curare le profonde ferite lasciate dall'era Poggiolini. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove prendono il nome di drug companies, le industrie della salute eccitano invece il mercato borsistico con rialzi da capogiro. Le cifre parlano chiaro. Dal primo gennaio del 1997 l'indice Ftse del settore elaborato dal 'Financial Times " per la Borsa di Londra è salito quasi del 40 per cento. Anche negli Stati Uniti le azioni dei produttori di pillole si sono rivelate l'investimento dell'anno. In Svizzera, il terzo grande mercato internazionale dell'industria farmaceutica, hanno fatto segnare un rialzo record del 50 per cento.

In Italia un confronto non è possibile, perché grandi aziende come la Menarini e la Sigma Tau non sono quotate a Milano (l'unica società nazionale presente in Borsa, la Recordati, ha messo a segno un più 20 per cento dall'inizio dell'anno). Secondo gli analisti, a spingere verso l'alto i titoli farmaceutici sui mercati esteri è stata una serie di fattori concomitanti, molti dei quali assenti nel contesto italiano.

In un momento in cui tutti puntano al rialzo ma temono il crollo, le azioni più richieste sono quelle che possono essere vendute con facilità e quelle farmaceutiche sicuramente rispondono a questa esigenza. Spesso si tratta di grandi società solide sotto il profilo patrimoniale, il tipo di azienda adatta a un pubblico di investitori che entra in Borsa con diffidenza. I titoli farmaceutici sono inoltre economici. Il rapporto medio tra prezzi e guadagni (price-earning), nonostante i rialzi, resta maggiore di quello di altri settori. Ma, accanto ai fattori puramente finanziari, alla base del successo borsistico delle azioni farmaceutiche straniere c'è anche la crescita dell'industria della salute.

L'aumento della domanda americana di medicine, costante negli ultimi anni, non accenna a rallentare. C'è da aggiungere che i massicci investimenti nella ricerca clinica e la pressione esercitata dalle associazioni dei malati spesso concorrono a una più rapida immissione in commercio dei farmaci e anticipano i tempi del ritorno commerciale. Se l'arco di tempo medio tra la scoperta e la commercializzazione del farmaco negli anni Ottanta superava i dieci anni, negli Stati Uniti è ora sceso di un buon 30 per cento.

In Italia le cose vanno diversamente. Secondo la Farmindustria, dopo dieci anni di sperimentazione, per vendere un nuovo medicinale bisogna attendere altri due anni. E non è solo una questione di burocrazia. L'Italia è al quinto posto nel mondo per il fatturato complessivo del settore. Ma le nostre aziende sono rimaste fuori dall'ondata di fusioni e acquisizioni che ha rafforzato i grandi gruppi stranieri. Così, nonostante un fatturato superiore a quello del settore farmaceutico del Regno Unito, da noi la spesa per la ricerca è meno della metà di quella britannica. Anche le vicende di Tangentopoli hanno inferto un duro colpo alle aziende del settore e non a caso l'Italia è l'unico paese occidentale che ha visto diminuire il fatturato complessivo al netto dell'inflazione nel 1996 (meno 0,4 per cento).

La lettera del dott. Bomprezzi e la mia risposta.

Roma, 15 agosto 1997

Caro avv. Camillo Colapinto,

Le rivolgo questa breve lettera dopo aver avuto modo di conoscerLa, anche solo indirettamente attraverso il suo "scritto", che ho ricevuto dall'ing. Ciacchella e che conservo volentieri.

Sento doveroso esprimerLe un sincero ringraziamento unito ad un sentimento di ammirazione. Mi spiego meglio. L'attività di neurologo mi porta i . n contatto con pazienti affetti da malattie così spesso inesorabili e molte sono le occasioni di osservare dolore e afflizione affrontati con uma~ nità e devozione. Più i-ari sono poi gli esempi del tipo della famiglia Ciacchella dove dedizione e amore danno risultati straordinari.

La medicina progredisce e la spinta alla scoperta di sempre nuove acquisizioni è forte e continua, anche se applicazioni pratiche non sono così immediate. Io ritengo che un contributo a questo progresso scientifico derivi dagli sforzi di tante persone coinvolte a vari livelli, spesso dotate di grande forza di volontà e mosse da uno spirito immortale. Mi riferisco alla capacità di alcuni, e Lei è tra quelli, sia di denunziare le distorsioni e le brutture di un mondo demagogico (quale Lei descrive così bene), che di coinvolgere chiamando a raccolta quanti siano più remissivi.

Credo di ìnterpretare correttamente il suo messaggio, che condivido in pieno: per aver ragione di un male è necessaria innanzitutto la consapevolezza (leggasi informazione), quindi la cooperazione del mondo scientifico e delle associazioni di malati. I suoi sforzi, comunicativo, esortativo, partecipativo, non sono affatto vani e Le sono grati quanti già oggi, e quanti altri in futuro, si gioveranno di quanto da Lei fatto.

La mia vuole essere una modesta testimonianza di apprezzamento, un

riconoscimento a chi avendone la capacità, l'intelligenza, lo spirito, li

metta a frutto per una causa comune senza arrendersi all'indolenza, alla

burocrazia e quanto altro ... forse così si potrà sperare di vedere quel gior

no in cui un cittadino italiano si rivolgerà al Servizio Sanitario Nazionale

per avere quello che oggi ottiene andando in Francia.

Con auguri

Roberto Bomprezzi

Conversano, lì 28/08/1997

Caro dottor Bomprezzi,

La ringrazio per gli apprezzamenti che Lei ha voluto rivolgermi nella sua lettera del 15 agosto scorso. Devo confessarle che in tutta questa storia singolare, che mi vede involontario e malcapitato protagonista, ciò che più mi ha stupito è l'aver constatato come altri, prima di me, non mi pare si siano mossi a gridare la loro indignazione, per come le problematiche della malattia vengono ignorate. Non sono di sicuro la prima vittima della sla. A me è parso quasi un dovere di cittadino insorgere e protestare contro palesi ingiustizie che si traducono in comportamenti omissivi continuati da parte di chi ha il compito istituzionale di provvedere, al limite del codice penale.

L'esercizio della professione mi ha insegnato che in questo nostro benedetto Bel Paese, il compito più difficile è proprio quello di ottenere il rispetto e gli effetti di diritti garantiti, viceversa sempre più spesso disattesi, se non anche violati, dagli stessi governanti, mentre è molto più facile (ed impunemente) ottenere vantaggi non dovuti.

Comunque, finché mi sarà possibile, intendo continuare a battermi, solo che avrei bisogno di sentirmi più sostenuto, nel difficile ed ingrato compito di "apripista" che mi sono trovato a svolgere. Infine, se Le può

interessare, sto scrivendo un altro libro che terminerò a dicembre prossimo, sempre che la sla non mi giochi scherzi di ... dubbio gusto!

Ancora ringraziandola, porgo molti cordiali saluti.

Camillo Colapinto

La lettera del signor Sorino:

Monopoli, 18 agosto 1997

Caro Avvocato,

ho appena finito di leggere d'un fiato il suo libro "Cronaca di una malattia " che mio cognato Angelo Loiacono mi ha procurato. E, pur non conoscendola di persona, sento il bisogno di esprimerle il mio sconvolgimento e la mia ammirazione. Sconvolgimento, per la lucida e drammatica testimonianza della lotta che Lei conduce col suo male; ammirazione, per la dignitosa forza d'animo con cui la sta affrontando, per la tenacia con cui si è proposto e si propone di tendere una mano, Lei così colpito, a quanti si trovano nelle sue stesse condizioni e, soprattutto, per la denuncia esplicita contro l'insensibilità, la latitanza e la colpevolezza di quanti, investiti di pubblici poteri e funzioni, nulla fanno per favorire la creazione di centri sanitari adeguati, come avviene per altre gravi malattie.

Cosa dirle di più avvocato? La sua coraggiosa lotta con l'avverso destino eleva la sua persona al di sopra di tanta umanità folleggiante in questa società disumana e dà un corposo rilievo agli autentici valori della vita che sono la dignità, la condivisione, la solidarietà verso il prossimo sofferente.

E condivisione e solidarietà sento di esprimere a Lei, alla sua signora, ai suoi figlioli, insieme all'auspicio che la battaglia da Lei intrapresa riesca a rimuovere il torpore di certe coscienze.

Altro non so dirle. L'abbraccio affettuosamente.

Suo Luca Sorino

 

Agosto: mese deputato alle ferie e al riposo.

Così pensavo che agosto sarebbe trascorso; naturalmente mi sbagliavo. Apro qui una breve parentesi: la sla è una malattia che non dà tregua, mai, né alla vittima, né alla famiglia che presta l'assistenza; è un continuo divenire, in peggio, non si fa in tempo a fronteggiare una o più situazioni che già si apre un altro fronte da tenere. E' quasi impossibile trovare e mantenere una posizione di equilibrio, di stabilità. In questi casi gli ammalati con i familiari commettono molti errori, frutto perlopiù della loro incolpevole disinformazione. Gli sbagli (costosi) più ricorrenti sono di solito i seguenti: modificazioni strutturali nell'abitazione, acquisto di auto dotate di sistemi di guida per disabili, o di sofisticate carrozzine semoventi azionate dall'ammalato, ingombranti e costosissime ecc.

Sono queste decisioni che, se in astratto sono valide, nello specifico possono rivelarsi presto inutili perché presuppongono una stabilità delle condizioni dell'ammalato, che invece nella realtà si rivela il più delle volte effimera. Succede purtroppo molto spesso che, fino a quando le opere commissionate saranno terminate o non molto tempo dopo che i beni acquistati verranno consegnati, l'ammalato avrà contratto ulteriore disabilità che renderà inutilizzabile la scelta. E' invece opportuno, per evitare questi errori di valutazione, che si abbia la piena conoscenza dell'evoluzione della malattia e che le scelte per eventuali opere edilizie da eseguire e gli acquisti di beni costosi non vengano da decisioni prese affrettatamente.

Il mese è stato, dunque, tutt'altro che tranquillo e riposante, almeno per tre ragioni:

a) Inaspettata chiamata a Marsiglia.

Poco dopo ferragosto, la nostra amica marsigliese Luisa che, fin dal lontano anno 1994, con il marito Cesare, tiene per me i contatti con i medici della clinica neurologica che mi hanno curato (équipe formata da una quindicina di persone tra medici, fisioterapisti, dietologi, infermieri ecc., gruppo che stabilmente si occupa di sla, ora diretto dal dottor J.P. Azulay), mi ha comunicato di essere stata avvisata dalla dottoressa Lardillier che ha rifissato, inaudita altera parte, dunque di sua iniziativa, la data del 25 settembre prossimo per il nuovo day hospital, al fine del mio eventuale reclutamento per la sperimentazione del farmaco della Sanofi, essendo stato approntato un nuovo protocollo; chiedeva, infine, la conferma della mia presenza per quella data.

La notizia è di quelle che mandano in fibrillazione anche un ammalato navigato e disincantato quale io mi considero. Mi spiego: si ricorderà che l'undici giugno scorso, in occasione dell'ultimo viaggio a Marsiglia, a seguito dell'inaspettato fallimento della prova per accedere al trial della Sanofi, quasi scappammo via da Marsiglia per quella che, con Maria, avevamo avvertito come una bruciante sconfitta, convinti che ormai era così terminata, e male, l'avventura francese. E' pur vero che la dottoressa Lardillier mi aveva accennato alla possibilità di un nuovo protocollo a settembre, ma avevo ritenuto l'affermazione di mera circostanza, per sollevarmi dalla costernazione in cui mi aveva gettato la esclusione dal trial.

Invece era proprio così, e la dottoressa Lardillier, alla quale non avevo più dato notizie di me, ha ritenuto di rifissarmi la prova per l'accesso alla sperimentazione, dimostrando di non aver dimenticato un disgraziato di ammalato, per giunta straniero, come me.

Perché queste cose, sicuramente inconsuete da noi, accadono a Marsiglia? La dottoressa Lardillier non ha di certo il problema di reperire i pazienti. Marsiglia è uno dei più importanti centri in Europa ove si fanno sperimentazioni e si svolgono ricerche sulla sla fin dagli anni ottanta, e che assiste e segue diverse centinaia di pazienti all'anno. E' peraltro noto che solo nei centri ove si svolge la ricerca, gli ammalati ricevono un trattamento particolarmente adeguato e sono seguiti al meglio. Tanto ribadisco affinché il lettore possa, ancora una volta, valutare e farsi un'idea più precisa di quanto si deve ancora fare nel settore della sanità, affinché il nostro Paese entri effettivamente in Europa. Non va poi dimenticato il senso di frustrazione e l'avvilimento che avvertono quei medici italiani desiderosi di impegnarsi nella ricerca e nella sperimentazione, ma che, puntualmente, vedono disattese dalla burocrazia ministeriale le loro legittime aspettative.

In ogni caso, la comunicazione ci ha molto rallegrato; il filo che ci lega a Marsiglia non è dunque ancora reciso. Abbiamo, pertanto, di buon grado confermato la presenza per la data indicata. E'come se la bocciatura di giugno, per bontà degli esaminatori, si sia convertita in rimandatura a settembre! Solo che ora sono più forte (non mi si fraintenda, per carità, solo psicologicamente), e dunque anche preparato a mettere in conto una definitiva bocciatura.

b) Diamo un calcio all'indifferenza.

Diversamente da quanto possa ritenere l'improbabile celtico senatur Bossi, noi pugliesi della Magna Grecia o, se si vuole, del Regno delle Due Sicilie, siamo bravi e spesso diamo mano a importanti e meritevoli iniziative, per primi.

L'Associazione Calcio Bari, militante nella serie A, intendendo caratterizzare fortemente la propria attività a sostegno dì chi si dedica all'assistenza degli ammalati e di quanti in difficoltà abbiano bisogno di aiuto, in collaborazione con il quotidiano "La Gazzetta del Mezzogiorno" ha deciso di devolvere il 3% degli incassi netti della vendita di biglietti delle partite casalinghe nel campionato di calcio 1997-98, ad alcune associazioni di volontariato operanti sul territorio, tra le quali la sezione pugliese dell'A.I.S.L.A. La meritorìa iniziativa, denominata "Diamo un calcio alla indifferenza", la prima in Italia, prevede l'abbinamento tramite sorteggio, ad una partita di calcio, di due associazioni per volta, che riceveranno la quota stabifita con un minimo garantito di dieci milioni. La nostra associazione è stata abbinata alla partita Bari-Bologna che si disputerà nel prossimo settembre.

Abbiamo dovuto impegnarci a provvedere, in tutta fretta, a far approntare degli striscioni di notevoli dimensioni (un metro per sei), come ci è stato richiesto, da esporre allo stadio "San Nicola" di Bari, durante tutte le partite di campìonato e di coppa Italia. Sarebbe molto bello che altri mostrassero uguale sensibilità, imitando la benemerita iniziativa, e poter così vedere gli striscioni dell'A.I.S.L.A. esposti anche negli stadi di Torino, Milano, Roma.

Negli incontri con i dirigenti del Bari e con i giornalisti, mi hanno sostituito Angelo Loiacono, nonostante le sue non buone condizioni di salute, e Carlo De Luca essendo stato io assolutamente impedito, per i motivi che mi accingo ad illustrare.

c) Scacco al re.

E'noto come sia pericolosa, nel gioco degli scacchi, questa mossa per il giocatore che la subisce. Se egli non ha previsto l'attacco, proteggendo adeguatamente il suo re, rischia nella mossa successiva lo scacco matto, che significa l'epilogo della partita e dunque la sconfitta. Sicché, il mio lugubre avversario, forse infastidito per la durata della partita, ha sferrato un attacco importante, per accelerare i tempi e porre fine alla schermaglia. lo tuttavia ero vigile e non mi sono fatto sorprendere.

Fuori metafora: negli ultimi dieci giorni del mese sono stato colpito da una infezione virale alle vie respiratorie, con il sinistro corredo di mal di gola e raffreddore inarrestabile, imponente intasamento di muchi consi

stenti, collosi ed insradicabili dalle vie respiratorie, piantati nel naso ed in gola, con conseguente difficoltà a respirare, tosse squassante, impossibilità di riposare a letto ecc. E'quanto di più insidioso possa capitare all'ammalato di sla (si fa per dire: ricorderò in proposito il detto popolare, verosimilmente fondato, secondo cui mentre la fortuna è cieca, la sfortuna conosce esattamente i suoi prescelti). Se non si adottano immediatamente soluzioni radicali, sempre che funzionino, si rischia di porre fine alla sopravvivenza.

Assicuro di non esagerare per quanto affermo e che descrivo non per una opinabile preferenza verso un "bricolage" narrativo di gusto non certo esaltante, ma a beneficio degli ammalati che non sanno. Chi non è informato tende a sottovalutare, banalizzando la situazione, curandosi in genere con semplici antinfiammatori o aspirina, mucolitici e qualche sciroppo, spesso senza neppure consultare il medico di famiglia, o tuttalpiù semplicemente telefonandogli. Se in genere questi antidoti possono risultare sufficienti per una persona sana, che in due settimane, al massimo, e senza altri danni supererà il malanno, essi viceversa sono assolutamente insufficienti per l'ammalato di sla.

Questi i motivi: la vittima della sla pone fine alla vita "normalmente" per insufficienza respiratoria; la via canonica per l'exitus è proprio una broncopolmonite, magari conseguenza del mal di gola o di raffreddore non curati a dovere. Succede, infatti, che l'ammalato, già debilitato e con ridotte capacità respiratorie, non è in grado di espellere il muco che diviene sempre più denso e più scuro, fonte di gravi infezioni batteriche; facilmente compare la febbre, la situazione si aggrava, il medico, chiamato tardivamente, diagnostica la broncopolmonite disponendo l'immediato ricovero in ospedale. Spesso neppure lì si viene a capo della situazione, ormai andata molto avanti e compromessa, e risultano inutili le terapie intensive praticate. Sopraggiunge infine l'irreparabile.

Come dunque curarsi per evitare le complicazioni? Si deve allora, piuttosto che occuparsi del mal di gola, impedire la formazione dei batteri responsabili della broncopolmonite. L'unico modo è quello di assumere in via preventiva, senza alcun indugio, massicce dosi di potenti antibiotici, incrociare le dita e sperare che la cura funzioni. E' bene che l'ammalato tenga informato il neurologo di riferimento, anzi che lo metta in contatto con il medico di base, in genere restio e dubbioso ad accedere a una terapia di tal genere, avendo dalla sua la circostanza (sfavorevole) di non avere alcuna esperienza della malattia, come quasi sempre capita anche al pneumologo. Ma i pericoli ed i problemi sono tutt'altro che finiti. E' opportuno che l'ammalato ed i familiari sappiano che il farmaco assunto per via intramuscolare potrebbe anche non dispiegare gli effetti voluti, non perché non sia quello appropriato, bensì perché l'atrofia muscolare non consente l'assorbimento del medicinale. Sì deve allora andare per vene, anche se questo in effetti risulterà assai più facile a dirsi che a farsi. Sembra infatti che la malattia dìvori muscoli e vene, sicché è un vero problema individuarle.

Come si vede, la situazione è tutt'altro che facile e gestibile dalla famiglia.

Devo dire che nel mio caso, già al terzo giorno di mal di gola (ed accessori come sopra indicati), dopo essermi sentito telefonicamente con Gabriele Mora ed essere stato visitato dal mio amico otorinolaringoiatra Angelo Coppola, mi sono "sparato" due grammi al giomo di potente antibiotico, con iniezioni ogni dodici ore per cinque giorni.

Poiché sto qui a raccontare, pare che, per questa volta, la manovra difensiva sia riuscita. L'implacabile avversario dovrà studiare un altro piano di attacco. lo ho guadagnato tempo. E sono già pronto, in trincea, a tentare di respingere, con la baionetta tra i denti, l'immancabile prossimo assalto.

d) Un normale" attacco di tosse.

Posso aggiungere che in questi giorni la cosa più atroce è stata la tosse (come di consueto, in questi casi), un vero supplizio, non ancora cessato. Gli attacchi di tosse dovuti aì muchi che ristagnano in gola e che non sono capace di espellere, mi travolgono letteralmente, scuotendomi come fossi un burattino senza fili, e lasciandomi veramente come tramortito. Già dai primi colpi mì ricopro immediatamente di abbondante sudore, le braccia scosse si agitano scompostamente, senza che le possa controllare, le gambe scattano in avanti divenute di colpo, a causa della spasticità, come durissime ferraglie, mentre i polpacci vengono crudelmente aggrediti da crampi dolorosissimi che si placano solo se qualcuno afferra entrambi i piedi, pure irrigiditi e come pietrificati, spingendo con forza indietro le punte. E' così violento ed ingovernabile lo scatto delle gambe, da trovarmì perìcolosamente allungato sulla carrozzina, tanto da temere di scivolare sul pavimento. Contemporaneamente la tosse mi procura altri dolori ai muscoli indolenziti (quelli che restano) dai precedenti attacchi, del costato e del torace, anch'essi non immuni da crampi ancora più difficili da controllare. Anche la lingua non viene risparmiata dalla tosse, perché presa da crampi e puntualmente morsa dai denti che sbattono a loro discrezione.

In tutto questo disastro, la tosse neppure assolve al compito a cui dovrebbe provvedere: il muco resta nella gola, nel frattempo essendo il naso ostruito ed intasato, si avverte netta la sensazione di soffocare, bisognerebbe poter riuscire a bere in quei momenti, cosa per niente facile, per spingere giù i muchi, liberare la gola e respirare almeno con la bocca. Quando finalmente l'attacco si sarà placato, si resta stremati ed avviliti, per qualche minuto senza un filo di ... rantolo!

Che dire ancora? Meglio ricordare una irresistibile battuta di Woody Allen: "Dio è morto, Marx è morto, ed io nemmeno mi sento molto bene!"

Sono venuti a trovarmi: Oronzo Giordano, Antonietta Barbuscia, Angelo Loiacono, Carlo De Luca, Tonio Sciannamblo. Antonio Scisci, l'amico editore, mi ha comunicato di aver terminato la ristampa di altre millecinquecento copie della mia "Cronaca", a lui commissionate dalla casa farmaceutica Rhone Poulenc Rorer.

 

SETTEMBRE

Iter dolorosum e beatificazione.

Il mese trascorre lentamente, mentre la tosse non mi dà tregua, particolarmente la notte che passo tra la poltrona ed il letto, impedendo a Maria di riposare, in quanto mi deve trasbordare. In realtà non riesco a stare a letto più di due ore, poiché non posso mantenere più di tanto la posizione sul fianco sinistro (l'unica che sono in grado di assumere), dopo di che mi sveglio per cambiare posizione; non essendo ciò possibile, perché se mi metto supino non riesco a respirare, devo necessariamente passare alla poltrona. Anche in questo caso, dopo circa due ore mi risveglio perché sento il bisogno di ricambiare posizione, ritornando a letto. Quando va bene, questa transumanza notturna si verifica per due volte, diversamente anche quattro volte a notte. Naturalmente le operazioni di trasferimento vengono eseguite da mia moglie che, per tale ragione, ormai da tempo donne poco e male.

Il cammino doloroso della sla prevede delle tappe obbligatorie che non possono essere evitate. E' giunto il momento di Milena, giovane e volenterosa infermiera recentemente diplomatasi, alla quale mi affido nella mattinata. La decisione è stata presa per sollevare, almeno in parte, mia moglie dal dovermi assistere per 24 ore di seguito.

Anche in questo mese siamo assediati dai mass media che, coalizzati e mondializzati, tutti i giorni ci propinano la telenovela planetaria della "Santa Peccatrice" Lady Diana Spencer, principessa del Galles, ormai in corso di beatificazione televisiva in mondovisione.

Tale assedio ha procurato una isteria e follia di masse, senza precedenti. Quali i meriti e i miracoli della sfortunata Lady Diana? Innanzi tutto essere principessa bella e piacente, sposa di un marito a dir poco imbambolato, tradita ma al tempo stesso fedifraga confessa e contenta. Altri meriti che imporrebbero la santificazione televisiva deriverebbero dal fatto che presiedeva alcune decine di associazioni di volontarìato; attività, invero, tipica di tutte le regine e le principesse, altrimenti sfaccendate, e che amano essere riprese dalle televisioni quando si recano in visita negli ospedali, l'impegno più gravoso che le loro Altezze svolgono. Ma il miracolo decisivo, ovviamente trasmesso da tutte le televisioni del mondo, è che una volta ha toccato la mano ad un malato di AIDS!

Come si vede, la potenza dei mass media è tale che possono finanche uccidere per eccesso di interesse o di disinteresse, non solo, ma possono addirittura far diventare santi i vip. Cosa deve, dunque, pensare un malato di sla, malattia verso la quale i mass media osservano il più assoluto disinteresse? Potrebbe forse ritenere che se il buon Dio aveva deciso (crudel mente, per chi non crede) di porre fine alla giovane vita della principessa (per i credenti, invece, i disegni divini sarebbero imperscrutabili), poteva far morire Lady Diana di sla. Tale morte sarebbe almeno servita a squarciare il velo del silenzio che avvolge questa malattia. Ma neppure ciò ha voluto decidere la suddetta divinità, sicché, a ben vedere, pare che la morte della principessa rechi giovamento unicamente alla casa regnante inglese alla quale stava antipatica,

Lady Diana ha cessato di vivere a Parigi nell'ospedale: "Pitiè Salpetrière", dove il prof. Meininger ha sperimentato il riluzolo sui malati di sla e attualmente sta sperimentando il nuovo farmaco della Sanofi.

"Bonne anniversaire".

Giovedi 25 settembre, come stabilito, sono a Marsiglia per la tredicesima volta. Il day hospital è fissato per ricevere il nuovo farmaco della Sanofi.

Al mio ingresso in reparto, le infermiere mi accolgono sorridenti, con un corale: "bonne anniversaire"; nel compilare la mia scheda si erano accorte che quello era il giorno del mio compleanno. Ho diviso la stanza che mi era stata assegnata con il mio amico Umberto Amodeo di Potenza, anche lui fuoriuscito dall'Italia e che mi aveva seguito a Marsiglia sin dal 1995.

Fortunatamente ho superato tutti gli esami, ricevendo in tal modo il farmaco, mentre è stato fissato il giorno del nuovo day hospital il prossimo 27 ottobre. L'unico problema è sorto per il prelievo del sangue: non riuscivano a trovare le vene; ad un certo punto in tre esploravano le mie braccia e le mie mani; mi hanno bucato inutilmente sette, otto volte. La cosa è andata avanti per un buon quarto d'ora, nel frattempo io mi ero interamente ricoperto di sudore e temevo di svenire. Finalmente hanno individuato una vena della mano destra e la tortura è terminata, dopodiché mi hanno fasciato le mani e le braccia che stavano diventando livide per le punture, tant'è che sembravo un reduce del Viet Nam

La necessità di dovermi recare, da tempo, a Marsiglia, alla ricerca di farmaci altrimenti non reperibili, che mi fa sentire un fuoriuscito o un esule, mi ha ricordato i tempi del liceo, quando si era costretti a studiare le difficili orazioni di Cicerone. Mi sono ricordato, in particolare, dell'orazione "pro Milone tanto da essere tentato di scrivere un breve apologo il cui titolo potrebbe essere: "Milone, Cicerone, l'ammalato di sla e Rosy Bindi".

Come è noto, Cicerone era un grande avvocato, oratore e retore; a testimonianza del suo ingegno e della sua opera sono rimaste alcune famose orazioni, ovvero le difese o arringhe dei più importanti processi. Naturalmente, le orazioni non erano propriamente conformi alle difese pronunciate in tribunale, perché Cicerone le scriveva successivamente alla celebrazione del processo.

Intorno al 50 a.C. a Roma erano frequenti gli scontri armati tra bande politico-criminali. In uno di questi scontri venne ucciso il tribuno Clodio e dell'ornicidio fu accusato il tribuno Milone. Nel processo il tribuno venne difeso da Cicerone, ma ciò nonostante egli subì la condanna all'esilio. In realtà sembra che, in quella occasione, la difesa di Cicerone non sia stata particolarmente brillante; si dice che lo stesso Cicerone fosse intimidito dai tumulti e temesse per la sua vita.

Successivamente, in tempi più tranquilli, Cicerone scrisse l'orazione a favore di Milone ed ebbe cura di inviarla al suo cliente, in esilio a Marsiglia; l'orazione, bellissima, era tutt'altro che la difesa pronunciata al processo, sicché Milone dopo averla letta pare abbia pronunciato la seguente frase: "Se Cicerone avesse detto nel processo quello che ha scritto, io non starei qui a mangiare le splendide triglie di Marsiglia".

Negli anni '90 del XX secolo d.C., a Roma coloro che erano deputati alla tutela della salute dei cittadini, per indifferenza, impedivano la sperimentazione di farmaci per combattere la sla, sicché l'ammalato era costretto a recarsi in esilio a Marsiglia.

In ogni caso, immaginando che il ministro Bindi abbia molto interesse a conoscere la mia sorte e quella di coloro che si trovano nella mia condizione, ho ritenuto doveroso informarla con una lettera che trascrivo.

 

Conversano, lì 29/09/1997

Egr. Sig. Dott. Michele De Nicotera

Capo della Segreteria Particolare del

Ministro

Ministero della Sanità - Roma

e p.c. Egr. Sig. Prof. Guglielmo Scarlato Direttore della Clinica Neurologica presso il Polichnico Umberto 1 - Milano

Egr. Sig. Dott. Edoardo Ferlito

Presidente dell'A.I.S.L.A. - Novara

Oggetto: Mancata sperimentazione del farmaco SR57446A della Casa Farmaceutica SANOFI, per il trattamento della sla - Vs. rif. 22912.

Gentile dottor De Nicotera, per quanto poco o, più verosimilmente, nulla possa interessare il ministro Bindi, credo valga la pena dare il seguito della mia lettera del 2 giugno scorso, in quanto il mio caso è comune ad alcune decine di connazionali "desaparesidos" o "sans papier" per il nostro sistema sanitario nazionale, in fuga dall'Italia e accolti nei centri di reclutamento di Parigi, Marsiglia, Nizza, Montpelier, Limoges, grazie al passaparola tra noi malati di sla.

Sono stato incluso nel trial del farmaco della Sanofi a Marsiglia, dove fin dal 1994 mi sono ricoverato per ben 12 volte, per ricevere il farmaco denominato Riluzolo; ho fatto appena in tempo, perché, com'è già avvenuto ìn alcuni centri francesi, il reclutamento dei pazienti si è completato, mentre da noi nulla accade.

Si è facilmente avverato quanto previsto nella mia citata lettera, pertanto per un periodo di 18 mesi dovrò recarmi a Marsiglia; per i primi quattro mesi, una volta al mese (sono già stato il 25 settembre scorso, per la seconda volta il day hospital è fissato per il 27 ottobre prossimo), successivamente, una volta ogni due mesi. Mi tocca dunque andare in Francia almeno per altre undici volte, cìoé dovrò percorrere oltre km 30.000 d'autostrada, con qualunque clima, nelle mie condizioni di paralizzato, con gravi problemi di dìsartria, disfagia ed insufficienza respiratoria (dico questo non per suscìtare compassione che a me non serve, ma perché il ministro non possa dire di non conoscere i disagi che ha gratuitamente dispensato a questi malati costretti a fare i profughi). Queste trasferte, oltre i disagi a me e a quanti sono costretti ad accompagnarmi, mi costeranno vari milioni di lire, pur contenendo le spese all'osso, il che vuoi dire riducendo ogni trasferta ad un solo pernottamento e due giorni di viaggio.

Tutto ciò in omaggio al famigerato criterio dell'esame cronologico delle domande di sperimentazione di nuovi farmaci, senza alcuna valutazione della gravità della malattia, criterio che ci rende unici in Europa e che il ministro Bindi, con riferimento alla sia, non ha inteso modificare.

Non mi resta, dunque, che ringraziare il ministro della Sanità, augurando a tutti i burocrati del suddetto Ministero di non restare vittime della mia malattia.

Molti distinti saluti.

Avv. Camillo Colapinto

 

Sono venuti a trovarmi Mario Scisci, Gianni Manco, Giulio Gigante, Bruno Maggio, Carlo De Luca, Renato Fiandaca con Luisa e Valeria.

Il mio amico Giulio Gigante, dopo aver letto la "Cronaca" mi ha spedito il seguente biglietto:

22 settembre 1997

Alla fine della lettura, uno strano sentimento, di invidia per te.

Paradossale, ma non tanto.

Per la eccezionalità della tua energia morale e intellettiva, per la forza del tuo coraggio, per la generosità del tuo altruismo, paradossalmente credo che davvero "Dio non toglie se non per dare di più".

Dal tuo esempio egoisticamente mi sento confortato.

Mi hai reso migliore. E anche santamente ingelosito.

Grazie Camillo. Ti abbraccio e nell'abbraccio comprendi Maria, mirabile per la serena compostezza del suo sorridente dolore.

Giulio

 

 

OTTOBRE

2° giornata di studio in tema di sclerosi laterale amiotrofica.

Sabato 4 ottobre si è svolta nella sala convegni dell'Ospedale "E Iaia" di Conversano la 22 giornata di studio sulla sla, organizzata dall'A.I.S.L.A. sezione della Puglia e dalla divisione di Neurologia del presidio ospedaliero di Conversano, ASI, BA 5.

Questa seconda giornata di studio segue a due anni dal primo convegno sulla sia. Mi auguro che il seme gettato sia servito a dare continuità nel tempo a tali iniziative, prima inesistenti. Viene da fare il confronto tra il primo convegno e il secondo: quello di due anni fa fu certamente più spettacolare, il personale medico e paramedico intervenne in massa più che altro per la curiosità, poiché verosimilmente nessuno aveva mai sentito parlare della malattia. Poi tra i relatori c'erano luminari anche stranieri, ma non ci fu alcun dibattito dopo le relazioni, probabilmente per la mancanza di conoscenze da parte del pubblico. Questa volta, invece, il pubblico era più selezionato e partecipavano molti neurologi che sono intervenuti con domande e richieste di chiarimenti ai vari relatori che si sono avvicendati. Si può pertanto dire che il convegno, sotto questo profilo, sia più riuscito.

Il mio apporto operativo non ha potuto essere pari a quello di due anni fa, per via delle mie peggiorate condizioni, sicché per l'aspetto organizzativo, mi ha egregiamente sostituito Carlo De Luca che si è interessato di tutto quanto competeva all'Associazione. Peraltro, neanche Angelo Loiacono ha potuto dare un contributo per le sue non buone condizioni di salute. Dal mio canto è come se avessi in qualche modo passato il testimone al dott. Renato Fiandaca, che mi ha magistralmente sostituito all'inizio dei lavori, nel saluto rivolto ai relatori ed al pubblico. Egli non si è limitato a darmi voce, ma ha avuto parole commosse di apprezzamento nei miei confronti ed appariva visibilmente emozionato, in quanto personalmente coinvolto.

Sono intervenuti alla manifestazione, come l'altra volta, il presidente

dell'Assemblea Regionale della Puglia, Giovanni Copertino, il preside della facoltà di medicina dell'Università di Bari, prof. Livrea, il direttore generale dell'AsI BA 5 ing. Domenico Modugno, appena reinsediato nella carica, Edoardo Ferlito presidente dell'A.I.S.L.A., inoltre per la sezione del Lazio dell'Associazione hanno partecipato Clelia e Francesco Montanini. Tra i relatori erano presenti il prof. Caruso, il dott. Demaio, il dott. Chiò, il dott. Serlenga, il dott. Carrieri, il dott. Mora e la dott.ssa Cassano. Il dott. Serlenga ha illustrato una proposta per un registro pugliese dei pazienti sla; poiché l'Associazione ha il massimo interesse a vedere realizzata detta proposta, ci adopereremo per raggiungere tale obiettivo.

Il mio pensiero è andato a quei malati di sla che conoscevo ed erano viventi due anni fa, in particolare a quelli che parteciparono ai lavori del primo convegno, e che ora non ci sono più.

La lettera della signora Daniela Giacchella.

Clelia Montanini mi ha consegnato una cartella preparata dall'ing. Ciacchella di Roma contenente due libri di sue poesie, nonché un programma di scrittura a video per disabili, da lui utilizzato. La cartella conteneva anche una lettera della signora Daniela Ciacchella che in parte trascrivo:

Gentilissima famiglia Colapinto, vorrei innanzitutto chiedere scusa per il tempo che ho impiegato a farvi giungere le informazioni in mio possesso, che spero possano aiutarvi in qualche modo.

Allego a questa lettera una copia del programma di scrittura a video che ho ordinato per mio padre e naturalmente una copia del manuale che purtroppo è in inglese (e non esiste una versione italiana) ....

Ho terminato le dovute spiegazioni e finalmente posso dedicare qualche parola meno formale a lei signora Colapinto e a suo marito: grazie per tutto quello che avete fatto, un grazie specialissimo all'Avvocato che ha saputo scrivere un libro che oltre ad essere un immenso atto di coraggio è misurato, armonioso e capace di trattare con estremo tatto un argomento tanto difficile.

Grazie per aver permesso a chiunque di entrare nel suo intimo per aiutare a comprendere. In effetti mi ha insegnato molto più di un qualsiasi freddo trattato di medicina, mi ha aiutato ad essere più vicino a mio

padre, mi ha fatto spegnere quelle fiammelle di egoismo che a volte spuntano in attimi di dolore. Le sue parole spesso accompagnano i miei pensieri e mi ricordano che bisogna lottare e farsi sentire da questo mondo fatto sì di tante persone oneste, ma anche di tante persone sorde e non molto in buona fede.

Con sincero affetto.

Daniela Ciacchella

Oggi 9 ottobre è caduto il governo Prodi, messo in minoranza dal partito della Rifondazione Comunista, al momento di approvare la legge finanziaria. Penso che questa volta il pur simpatico Bertinotti l'abbia fatta grossa, proprio mentre si era ad un passo dall'ingresso in Europa e con tutti i sacrifici economici già sopportati. Ora nessuno può dire cosa succederà. Di certo permane la caratteristica consueta della instabilità dei governi della prima repubblica e della prima repubblica bis; i governi continuano ad essere impallinati dai propri alleati. Sotto questo profilo noto un'assoluta similitudine tra la fine del governo Berlusconi e la fine del governo Prodi. Il primo fatto fuori dall'alleato Bossi, il secondo dall'alleato Bertinotti.

Chissà chi sarà il prossimo ministro della Sanità con il quale dovremo scontrarci.

Come per Guzzanti, nessun rimpianto per Rosy Bindi.

La lettera del dott. Silani.

Vincenzo Silani, valente neurologo milanese che mi onora della sua amicizia, impegnato a tutto campo sul fronte della sla, avrebbe dovuto partecipare, come atteso relatore, al convegno di Conversano dello scorso 4 ottobre. All'ultimo momento, però, per motivi familiari era stato costretto a rinunciare. Egli mi ha indirizzato la seguente lettera che costituisce un'interessante testimonianza delle frustrazioni di quei valorosi medici italiani che si vogliono impegnare nella ricerca, ma che si vedono tarpate le ali dalla burocrazia del Ministero della Sanità. Si consideri che Gabriele Mora e Vincenzo Silani sono i neurologi italiani che saranno relatori nell'ottavo International Symposium ori ALS/MND che si terrà nel prossimo mese di novembre in Scozia, organizzato dall'Alleanza Internazionale delle associazioni che combattono la malattia.

 

Milano, 6 ottobre 1997

Caro Camillo, non puoi immaginare con quanto dispiacere non ho potuto essere a Conversano per essere con Voi a parlare di SLA. Mi è spiaciuto anche non rivedere i vecchi amici e, primo tra tutti, l'avvocato Camillo!

Purtroppo la storia di mia madre si è presentata drammatica e non mi ha lasciato scelta, anche se ora sembra stabilizzata.

Mi è molto doloroso non poterti vedere per sapere come stai e cosa ti gira nella testa. Per quanto mi riguarda, la lotta contro questa malattia c'è ed è sempre violenta, anche se preferisco, in questa Italia che ama il chiasso e la polemìca, rimanere in disparte silenziosamente. Ho solo paura di non essere aiutato ma di dover disperdere le mie energie nel fare capire agli altri quello che ho capito da un pezzo.

La vita è veloce e il tempo necessario per risolvere la SLA è contato.

Oggi sono impegnato in una lotta contro il tempo a garantire l'accesso dell'Italia nel trial della Sanofi. Il ritardo ministeriale ci fa competere con l'arruolamento dei pazienti in due continenti (America ed Europa) e abbiamo pochi mesi. Se non riusciamo a sederci al tavolo dell'Europa e dell'America, oltre a perdere l'opportunità per i pazienti, perdiamo informazioni scientifiche riservate e ci poniamo alla periferia di quanto succede nel mondo!

Abbiamo molte spontanee donazioni e, devo dirlo, anche tessuti da pazienti che così hanno deciso di aiutarci in questa lotta contro la SLA, dandoci loro stessi per comprendere la patogenesi della malattia.

A presto ed un abbraccio. Un caro saluto anche a tua moglie.

Vincenzo Silani

 

Questa la mia lettera di risposta.

Conversano, 13 ottobre 1997

Caro Vincenzo, a tutti è dispiaciuta la tua assenza, tuttavia l'importante è che per tua madre il peggio sia passato.

Immagino che il prof. Scarlato ti abbia informato della schermaglia epistolare da me ingaggiata, sin dal mese di aprile, con il Ministero della Sanità, per la sperimentazione in Italia del farmaco della Sanofi. Come ti risulta, a tutt'oggi non esiste alcuna autorizzazione, pertanto, chi ha potuto, dei pazienti, è scappato in Francia, come avvenne per il riluzolo.

Anch'io, dapprima, la pensavo come te, preferendo al chiasso il silenzio, poi mi sono accorto che è proprio sbagliato. Qui di silenzio ce n'è fin troppo, tacciono i malati perché non possono parlare, non si muovono i parenti, l'Associazione non brilla per iniziative e protagonismo, i medici interessati restano silenti. Dunque l'insuccesso è assicurato. Penso, invece, che è proprio il tempo di fare molto chiasso, l'unica via che potrebbe modificare le cose; non è detto che chi fa chiasso, essendo questo l'unico modo per farsi notare, debba necessariamente essere un imbecille.

Per la mia testa girano molte idee, nonostante le mie peggiorate condizioni, per cui mi piacerebbe incontrarti per avere un colloquio. Se può servire, sabato 25 ottobre p.v. dal pomeriggio sarò a Forte Crest Hotel di San Donato Milanese per una riunione dell'A.i.s.I.a. Il giorno dopo partirò per Marsiglia.

Molti cordiali saluti.

Camillo Colapinto

Oggi 14 ottobre si è risolta la crisi di governo; Bertinotti voterà la legge finanziaria, mentre il governo appronterà un disegno di legge per ridurre la settimana lavorativa a 35 ore. La crisi più incomprensibile si è chiusa in cento ore. Bertinotti è riuscito a mettere d'accordo Confindustria e sindacato dei lavoratori; entrambe le organizzazioni sono contrarie a tale accordo di governo che considerano una indebita ingerenza statuale nella libera contrattazione.

Rosy Bindi resta al suo posto.

Fine mese.

Sabato 25 ottobre sono a Milano ove è convocato il Consiglio Direttivo del l'Associazione. Si è discusso dei programmi futuri. Nella serata è venuto a trovarmi Vincenzo Silani; con lui, Gabríele Mora, mia moglie e mio figlio Antonio, siamo andati in pizzeria, gli argomenti di conversazione sono stati i soliti: i problemi dall'Associazione e la questione della sperimentazione della Sanofi in Italia.

La domenica mattina partivo alla volta di Marsiglia per il mio quattordicesimo day hospital (il secondo targato Sanofi). Nessun problema, dovrò ritornare il prossimo 24 novembre; ho nuovamente incontrato Umberto Amodeo ed i suoi familiari, poiché abbiamo richiesto ed ottenuto una uguale tumazione.

Mercoledì 29 ottobre mi è stato notificato, da parte della Polizia Stradale di Arezzo, il verbale di contestazione per la violazione dell'articolo 142 dei codice della strada. Lautovelox avrebbe accertato la velocità della mia auto a km 154 orari. Di qui la sanzione del pagamento di lire 244.600. Uinfrazione è stata accertata il giomo 10 giugno 1997, mentre mi recavo a Marsiglia.

Riporto le seguenti arruffate osservazioni, frutto della irritazione durata per cinque minuti dopo la notificazione: dunque faccio da cavia, in altre parole, sostituisco l'animale da laboratorio. In fondo il mio, oltre che un bisogno per la mia salute, è anche un gesto di generosità in favore di tutti gli altri ammalati di sla: il farmaco sperimentale che assumo potrebbe essere utile - ciò che naturalmente mi auguro - ma potrebbe anche essere dannoso. Nessuno può escludere, ad esempio, l'insorgere di una forma tumorale o di qualche altro accidente, ciò non di meno ho scelto liberamente di correre il rischio. Ma questo mio comportamento non viene apprezzato in patria, tant'è che per far la cavia devo espatriare e a mie spese.

Qualcuno ha detto che le leggi ingiuste o irrazionali costringono i cittadini a violarle. Per recarmi a Marsiglia non potrò mai rispettare i limiti di velocità, non per una particolare tendenza a delinquere, ma per la più banale ragione che altrimenti impiegherei due giorni per arrivare e altrettanti per tornare, oltre il soggiorno a Marsiglia. Ciò comporterebbe un incremento notevole delle spese alberghiere, ma anche l'impossibilità per i miei accompagnatori di poter disporre di tante giornate lavorative, che invece non possono perdere. Dunque, non mi resta che continuare a violare la legge, sperando di farla franca.

Naturalmente questi problemi non interessano affatto al Ministero della Sanità, ed io pagherò la sanzione, benché il desiderio di girarla al ministro sia molto forte!

Sono venuti a trovarmi Oronzo Giordano, Vito L'Abbate, Carlo De Luca, Giovanni Ramunni, Clelia e Francesco Montanini, Renato, Luisa e Valeria Fiandaca, Gabriele Mora, Edoardo Ferlito, Mauro Codini, Tonino Realmonte, Caterina Locaputo con suo marito Giovanni.

 

 

 

NOVEMBRE

Condannata a morire per denegata sanità.

Lunedì 3 novembre, i mass media (televisione e carta stampata) hanno diffuso la tragica e allucinante notizia della morte di una donna napoletana, deceduta per epatite fulminante causata dalla ingestione di funghi velenosi. 1 medici dell'ospedale Cardarelli di Napoli, per tentare di salvarla, avevano pensato di impiantare un fegato bioartificiale con cellule epatiche di maiale, come terapia ponte di sopravvivenza, in attesa di un fegato da trapiantare, unica possibilità che avrebbe consentito alla donna di riprendersi dal coma. Avanzata, in tutta fretta, la domanda di autorizzazione al Ministero della Sanità per l'impiego del fegato bioartificiale esistente proprio nello stesso ospedale, la richiesta veniva rigettata in quanto il Ministero negava il permesso, perché la macchina non era mai stata sperimentata in Italia. Riporto dal quotidiano "La Repubblica" del 3 novembre: "Rivolgetevi alla Magistratura, ha suggerito il Ministero ai chirurghi. Ma la Procura con il pm Salvatore Sbrizzi si è dichiarata non competente, perché non esistono leggi su casi così specifici".

Dunque, tutto appare regolare: il Ministero giustamente ha negato l'autorizzazione, il magistrato al quale pilatescamente il Ministero ha girato la patata bollente si è giustamente dichiarato non competente, la donna giustamente è deceduta. Come dire: sanità è fatta!

Come commentare l'evento? "E' una sconfitta umana e professionale", si rammarica Emesto Di Florio, uno dei medici dell'équipe. "E'assurdo che il Ministero non abbia rilasciato l'autorizzazione immediatamente, trattandosi di un caso urgente non si poteva certamente pensare di arenarsi per fatti burocratici e amministrativi", accusa l'assessore campano alla sanità, Marco Cicala. Radicale anche la condanna del Tribunale dei diritti dei malato, a proposito del mancato ricorso al fegato bioartificiale. "Mi domando perché i medici non si sono assunti la responsabilità, in scienza e coscienza e in presenza di un consenso dei familiari, di utilizzare tutti i mezzi a loro disposizione per salvare la vita di una persona", commenta Teresa Petrangolini. "Se questo strumento rappresentava l'unica possìbilità dì prolungare la vita dell'ammalata in attesa di un organo compatibile sostiene Sirchia, presidente del Nord Italia Trapianti - ci sarebbe bastato un parere positivo del comitato etico".

Mi astengo dal commentare, poiché ritengo che il lettore conosca ormai la mia opinìone su quel Ministero. Non sappiamo se quella donna avrebbe potuto salvarsi con il fegato bioartificiale, certo è morta mentre era stato trovato il fegato da impiantare e che è giunto tardivamente. Faccio notare la furbizia burocratica del Ministero che da un lato nega l'autorizzazione e dall'altro scarica alla Magistratura la faccenda, assolutamente consapevole che il giudice, nella fattispecie, c'entra come il cavolo a merenda.

Con la stessa motivazione il Ministero, nel 1995, negò l'autorizzazione all'uso del riluzolo nella sla, ed è probabile che nel futuro neghi 1 autorizzazione per il farmaco della Sanofi, sempre perché, al momento, non sperimentato in Italia. Immagino che i cittadini dovranno abituarsi a questa risposta del Ministero, in quanto con i taglì alla spesa pubblica e alla sanità, c'è poco da sperare nella sperimentazione e nella ricerca,

La mia ìdea sulla opportunità che il Ministero della sanità debba essere soppresso con un referendum popolare, sembra che prenda più piede e si rafforzi.

Domenica 9 novembre.

Si è votato nel Mugello, per assegnare un seggio senatoriale. Come ampiamente previsto, ha stravinto Antonio Di Pietro. La novità è data, invece, dall'alto numero di chi non è andato a votare (il 26% dei votanti) e dalla sonora batosta del candidato del Polo.

Dì Pietro, politicamente, non mi ispira fiducia; a me sembra un poliziotto con un diploma preso alle scuole serali, perennemente in lotta con ì congiuntivi. In realtà non è questo il motivo delle perplessità, quanto piuttosto la sua aria di salvatore della patria, inguaribile inquisitore e fustigato~ re di costumi. Mi sbaglierò, ma sembra un secondo Masaniello, un furbo capopopolo. Ciò non toglie che qualunque raggruppamento politico avrebbe fatto carte false per averlo nelle proprie fila; non a caso, un moderato di centro-destra, come egli appare, è stato sponsorizzato da D'Alema.

La vicenda delle votazioni nel Mugello pare abbia appassionato i telespettatori di telegiornali RAI e Mediaset più che gli elettori, atteso l'alto numero di chi non è andato a votare.

Ma ciò che ha fatto più piacere è stata la meritata grande sconfitta di Giuliano Ferrara, maestro di telerisse e personaggio amico dei potenti del momento, ex PCI, ex PSI, ora Polo. Con il suo leader Berlusconi, aveva voluto organizzare una "malandrinata" (così lui l'ha definita) a Di Pietro, candidandosi nel Mugello. Il disegno rientrava in quello più vasto di delegittimazione del pool "Mani Pulite" di Milano che indaga su Berlusconi, sputando veleni su Di Pietro, e per tutta la campagna elettorale provocandolo in ogni modo, in maniera vergognosa, puntellato dalle telecamere di Mediaset. Ma gli elettori sono più intelligenti dei Soloni della televisione e hanno giustamente punito la pagliacciata di Ferrata.

In questi giorni l'opinione pubblica è scossa dalla terribile vicenda della strage di undici pazienti arsi vivi in una camera iperbarica di una clinica privata di Milano. Come capita in questi casi, i morti (soltanto loro) fanno scattare i controlli in tutta Italia, mentre è in corso un'accesa polemica tra il ministro della sanità e il presidente della regione Lombardia. Apprendo dal telegiomale di Telenorba che a Bari ci sono due camere iperbariche, una funzionante presso la clinica privata "Santa Maria" e l'altra presso l'ospedale pubblico "Centro Traumatologico Ortopedico". E' certo che la camera iperbarica dell'ospedale pubblico non ha potuto mai costituire un pericolo per nessuno, in quanto, da cinque anni, è depositata nei sotterranei dell'ospedale, bella e impacchettata, mai utilizzata. Non è una novità, i depositi degli ospedali pubblici spesso sono pieni di attrezzature impacchettate e mai messe in funzione, mentre vengono utilizzate a pieno ritmo quelle delle cliniche private.

In serata mi ha telefonato Clelia Montanini, che tra le altre notizie ha comunicato che purtroppo l'ingegner Ciacchella, vittima della sla, è venuto a mancare. Ma nella stessa giornata avevamo avuto altre terribili notizie. Il mio amico Tonino Meliota è ricoverato in gravi condizioni nell'ospedale "Sant'Eugenio" di Roma, la sua vita è appesa alla speranza di avere quanto prima un fegato da trapiantare. Tonino soffre di epatite contratta da una trasfusione. L'ultima volta che è venuto a trovarmi, nello scorso mese di maggio, era sereno perché agli ultimi controlli i valori ematici erano notevolmente migliorati. Non basta, ci hanno telefonato da Bari per comunicare la morte della signora Selvaggi, malata di sla che è venuta a mancare alla prima crisi respiratoria.

Mi sono venuti i brividi, la signora Selvaggi era seduta dietro di me al convegno di Conversano del 4 ottobre scorso e ricordo di averla sentita

conversare tranquilla, senza difficoltà. Spesso dimentico di poter morire da un momento all'altro.

Questo è proprio il mese dei morti, spero che passi quanto prima.

Successivamente, il 24 dicembre, abbiamo ricevuto la temuta notizia della scomparsa di Tonìno Meliota, purtroppo non ce l'ha fatta ad arrivare al trapianto. E' terribile, in poco più di un anno, ho perso tre amici veri, portati via da cancro ed infarto; ricordo, infatti, Filippo Barbuscia e Michele Basso. Quando non ero ancora vittima della malattia, quelle rare volte che si pensava alla morte, immaginavo che gli amici (me compreso), potevano venir meno, non prima dei settant'anni, ora invece tutto si compie con oltre venti anni di anticipo.

Per restare in tema: incredibile morte e resurrezione del primo della lista.

Mercoledì 12 novembre, verso le ore 19, sono morto!

Si era sparsa la notizia del mio decesso! Si è precipitata a casa una conoscente, la signora Locaputo alla quale per telefono avevano riferìto la notizia; si è rasserenata solo quando mi ha visto, ignaro e tranquillo, seduto in poltrona che guardavo il telegiornale. Ha dovuto rapidamente fare delle telefonate per avvertire altri conoscenti che, a suo dire, stavano per giungere a casa. Successivamente ho saputo di varie telefonate al mio studio di persone che chiedevano in merito.

Spero di non aver deluso nessuno, ma lo spiacevole (per me) avvenimento è rinviato a data da destinarsi!

In queste infrequenti e molto singolari occasioni, spesso la situazione diventa tragicomica, infatti la notizia era solo "parzialmente" vera. Non nel senso che io fossi parzialmente ... deceduto, ma che effettivamente era venuto a mancare un avvocato di Conversano, il povero Simone Manchisi, anziano e da tempo sofferente. Di qui spiegato l'equivoco imbarazzante.

La circostanza, al'inizio alquanto irritante, mi ha in fondo divertito, dicono che faccia aumentare gli anni di vita.

Evidentemente, nel mio paese, tra gli avvocati, per così dire "morituri", mi considerano, probabilmente con fondamento, il primo della lista, nonostante sia preceduto per età da diversi colleghi molto più anziani.

La sia non finisce mai di meravigliare per le incredibili emozioni che dispensa alle sue vittime. Nulla viene risparmiato.

Ancora per non smentire la fama funerea di questo mese, mi è giunta l'ulteriore notizia della morte per sia di un funzionario della Polizia di

Stato di Bari, il signor Costantino del quale da più di un anno non avevo notizie.

Poiché non è possibile parlare di altro argomento, voglio ricordare Camilla Cederna anch'essa recentemente scomparsa. La bella, colta, raffinata giornalista, protagonista di epiche battaglie civili. Ricordo di quando fin dagli anni sessanta leggevo avidamente il settimanale "L'Espresso", inviso ai benpensanti e vietato dalla Chiesa. Per il settimanale scrivevano Moravia, Scalfari, Bocca, la Cederna che aveva anche una rubrica: "Il lato debole", e numerosi altri valenti giornalisti. Erano i tempi della strage di Piazza Fontana, del mostro Valpreda, dell'anarchico Pinelli, del commissario Calabresi, vennero poi gli scandali della Lockeed, i processi avanti la Corte Costituzionale dei ministri corrotti, ecc. La lettura di quel settimanale ha contribuito a formare la mia coscienza civica. Della Cederna conservo due libri: 1l mondo di Camilla" ed il famosissimo "Giovanni Leone, carriera di un Presidente", il libro che determinò le dimissioni del Presidente della Repubblica e che costò alla Cederna diverse vertenze giudiziarie.

Ho avuto la fortuna di incontrare Camilla Cedema e di poter con lei conversare nell'estate del 1990, quando mi recai in vacanza in Alto Adige a Fiè allo Sciliar: qui la Cederna aveva, con una sorella, preso alloggio nel mio stesso albergo. Nonostante l'età avanzata aveva un fascino straordinario, uno sguardo vivacissimo ed una molto amabile conversazione.

P.S. Natale '97. Anche ad Angelo Loiacono (che ora sta proprio male) è toccata la stessa sorte. E'stato dato per morto il 25 dicembre, ma la notizia non era vera, né si è capito come si sia diffusa. Maria ha dovuto strenuamente impegnarsi al telefono, per convincere gli amici comuni che ci comunicavano l'evento, che per fortuna la cattiva notizia non era vera.

Letargia cronica e perniciosa della burocrazia italiana.

Sul quotidiano 'Il Sole 24 ore" del 19 novembre è stato pubblicato un interessante articolo del corrispondente di quel giornale da Bruxelles, dal titolo: 'Trocedure più rapide nella sperimentazione clinica, farmaceutica, meno burocrazia". Credo valga la pena riportarlo per intero.

Industria farmaceutica e ricercatori italiani attendono con impazienza l'approvazione di una nuova direttiva europea sulla sperimentazione clinica dei medicinali, che dovrebbe imporre uno snellimento dell'iter burocratico. La lentezza e la macchinosità delle procedure attualmente in vigore in Italia hanno di fatto escluso il nostro Paese dal circuito delle sperimentazioni multicentro, le indagini su un nuovo farmaco eseguite da più ricercatori in diverse sedi. Le autorità italiane impiegano, infatti, anche più di 12 mesi per rilasciare i permessì, mentre negli altri Paesi le autorizzazioni sì ottengono in 1-2 mesi. Sono oltre mille le richieste ancora ferme al Ministero della Sanità che risalgono al novembre '96. Una situazione che ha provocato l'abbandono dei centri di ricerca italiani da parte di varie aziende multinazionali e la fuga delle stesse dal nostro Paese per sperimentare sempre più spesso i propri prodotti all'estero.

Ricadute? L'esodo ha conseguenze negative sia per i ricercatori italiani, esclusi da indaginì su nuovi prodotti, sia per i pazienti, che spesso si trovano a disporre più tardi di un nuovo farmaco, per la tendenza delle aziende a registrare e immettere sul mercato il medicinale prima dove è stato sperimentato. Un segnale di cambiamento si è avuto in luglio con l'emanazìone da parte del Ministero della Sanità di un decreto ministeriale del 15107197 con nuove disposizioni per l'attivazione degli studi clinici. Ma un punto di svolta per le "cattive abitudini" della burocrazia italiana viene considerata la proposta di direttiva presentata dalla Commissione Ue e ora all'esame del Parlamento europeo.

Obiettivi della nuova normativa sulla "buona pratica clinica" sono l'armonizzazione delle leggi dei Quindici (che si ritiene tutelino già sufficientemente i soggetti umani sperimentanti), lo snellimento delle procedure, l'adozione di principi affermati nella ricerca internazionale e l'alleggerimento degli oneri imposti alle piccole e medie imprese. Un punto chiave è l'introduzione di un termine preciso di 30 giorni per il parere del Comitato etico, l'organismo indipendente che garantisce la tutela dei diritti dei soggetti umani sottoposti a sperimentazione. La scadenza è eventualmente prorogabile di altri 30 giorni se il Comitato ritenga necessarie ulteriori informazioni. Per quanto riguarda la procedura di notifica, è prevista la possibilità di iniziare una sperimentazione entro 30 giorni dal ricevimento della domanda da parte dello Stato, a condizione che entro tale periodo non siano state comunicate ragioni motivate di rifiuto. Stabiliti anche un unico parere del Comitato etico per sperimentazioni cliniche multicentriche e l'adozione di principi di buona pratica nella fabbricazione ed etichettatura anche di prodotti da sottoporre a sperimentazione. Resterà invece agli ispettori nazionali il compito di verificare la corretta applicazione delle procedure. E.Br.

Sembra, dunque, che le mie critiche al Ministero della Sanità siano non solo fondate, ma sacrosante. Per i motivi sopra illustrati, il riluzolo, sperimentato negli U.S.A. e in Europa, non fu sperimentato in Italia. Per tornare alla sperimentazione del farmaco della Sanofi, avendo detta casa farmaceutica nello scorso mese di marzo presentato la richiesta di autorizzazione negli U.S.A. e in Europa, dappertutto ha ottenuto il permesso, tant'è che i trials sono iniziati a giugno, ma non in Italia ove ancora oggi, 19 novembre, la pratica Sanofi non è stata ancora presa in esame. In altre parole, la Sanofi per poter sperimentare nel nostro Paese avrebbe dovuto assurdamente presentare la richiesta a marzo del '96! Non credo che alla Sanofi e a tutte le altre case farmaceutiche interessi correre dietro l'anomalia italiana. 1 danni per la collettività e per i ricercatori italiani sono evidenti, ma pare che questa problematica non appassioni i nostri burocrati, dai quali forse ci potrà liberare soltanto l'Europa.

E' lecito, tuttavia, sospettare che la proverbiale lentezza della burocrazia ministeriale sia in qualche modo sapientemente pilotata; favorire la sperimentazione significa introdurre farmaci innovativi, circostanza che comporta ulteriori costi per il servizio sanitario nazionale. Poiché, con i tempi che corrono, sembra che i responsabili della nostra salute siano tanto più bravi quanto meno riescono a spendere, perché mai dovrebbero favorire la ricerca?

Tenuto conto che l'attuale governo è di centro-sinistra, è sempre più difficile oggi essere di sinistra, e sempre meno chiaro è capire quando una scelta politica sia di destra o di sinistra.

Lunedì 24 novembre.

Sono a Marsiglia, per la quindicesima volta. Le indagini cliniche sono consistite nell'esame del sangue (per fortuna, questa volta non ci sono stati problemi al prelievo, solo due buchi alla mano sinistra), elettrocardiogramma e misurazione della pressione arteriosa, misurazione del peso corporeo, spirometria, emogasanalisi (con prelievo del sangue da un lobo dell'orecchio, in modo indolore), misurazione della forza muscolare degli arti, del collo, ecc., visita dalla dottoressa Robert, otorinolaringoiatra (mi ha spiegato che la difficoltà a respirare, stando supini a letto, dipende dalla circostanza che il palato è, come dire, "franato", sicché la sua parte molle poggia sulla parte retrostante della lingua, impedendo in tal modo una normale respirazione; l'unìca soluzione consiste nello stare con il tronco sollevato). Gli esami sono risultati, tutto sommato, nella norma ad eccezione della capacità respiratoria, in calo rispetto ai dati di aprile; è stata inoltre accertata la maggiore difficoltà nell'articolare le parole. La malattia inarrestabile procede, spero lentamente, nel suo corso ed io vedo il mio tenebroso nemico sogghignare perché può segnare un punto a suo favore.

A Madame Chabrières, presidente della "Association Lutte et Soutien Maladies du Motoneurone'' di Marsiglia, ho consegnato il gagliardetto dell'A.I.S.L.A. che ora fa bella mostra di sé nella sede di quella Associazione.

Come al solito, ho incontrato il buon Umberto Amodeo, al quale ho consegnato cinquanta copie della mia "Cronaca" che mi aveva richiesto per una manifestazione che ha organizzato sulla sla, presso il Teatro "E Stabile" di Potenza, per il giorno 10 dicembre prossimo. Inoltre ha voluto alcune pagine di questo "diario" che verranno lette nell'occasione.

La dottoressa Lardillier ci ha risparmiato il day hospital di Natale, sarà sufficiente inviare una relazione dei medico di riferimento, sullo stato di salute del paziente, ed una breve conversazione telefonica. li prossimo day hospital è fissato per il giorno 26 gennaio 1998.

Lavventura continua.

Possiamo fare un breve resoconto dell'anno 1997. Il turismo sanitario da me praticato (per la qualcosa, come è ormai chiaro, sarò sempre riconoscente al nostro Ministero della Sanità), ha imposto di andare a Marsiglia per sei volte: a gennaio, aprile, giugno, settembre, ottobre e novembre, e a Veruno per un ricovero di dieci giorni a luglio; ho percorso circa 20.000 km di autostrada in tutte le condizioni climatiche, è probabile che l'anno venturo migliori il record di quest'anno!

Sono venuti a trovarmi Angelo Sciannamblo, Vito L'Abbate, Lino Lorusso, Bruno Maggio, Pasquale Loiacono, Tonio Sciannambo, Vito Lorusso, Carlo De Luca, Giulio Gigante, Vito D'Ambruoso.

 

DICEMBRE

"Ma vie avec la sla ".

La giomata di un ammalato di sla varia notevolmente, in ragione dello stadio della malattia e della rapidità della sua progressione. Capita, talvolta, che l'ammalato neppure faccia a tempo a conoscere il nome del suo morbo, che già cessa di vivere, mentre in altri casi si sopravvive per anni, attraversando più o meno lentamente tutti gli stadi della malattia fino alla fase terminale.

Descrivo, in breve, il trascorrere delle mie attuali giornate che passano via, molto velocemente, tanto che non posso dire di annoiarmi.

Mi sveglio tra le ore 6,30 e 7,00 del mattino, celebrando immediatamente il rito del caffè di cui sono, da sempre, un accanito consumatore unitamente a mia moglie Maria; ne beviamo non meno di sei o sette tazze al giorno, bollenti e senza zucchero. lo sostengo che sia l'unica cura efficace per contrastare la sla! Poco dopo le ore 8,00 arriva l'infermiera Milena, che mi lava e mi veste preparandomi alla fisioterapia che mi pratica Antonella dalle 9,15 alle 10,00. Successivamente, tra una pillola del farniaco sperimentale della Sanofi, vitamina C, vitamina E ed una pillola di rilutek, tiro avanti al computer per un paio di ore, lavorando al presente diario, sbrigando la corrispondenza, ecc. Intorno alle ore 13,00 rientra mia moglie da scuola; dopo pranzo, riposo in poltrona avanti al televisore, fino alle 16,30 circa. Dopo le ore 17,00 mi raggiungono, alternandosi durante la settimana, le mie segretarie Miriana e Maria Giovanna con le quali lavoro fino alle ore 19,30 circa. Dopodiché ricevo gli amici che mi vengono a trovare.

Non mi resta molto tempo da dedicare alla lettura; peraltro, è diventato faticoso leggere un giornale perché devo tenere il capo inclinato in avanti, posizione che non riesco a reggere per la debolezza dei muscoli del collo, forse occorrerebbe un leggio. Sopperisco utilizzando il computer; leggo i maggiori quotidiani nazionali attraverso Internet, in quanto non ho difficoltà a mantenermi innanzi allo schermo con il capo eretto, che al massimo reclina un po' verso sinistra. Devo dire, tuttavia, che la lettura diretta del giornale è molto più appagante.

In pratica la giornata è divisa in parti ben distinte: la mattina faccio l'ammalato di sla, assistito dall'infermiera e dalla fisioterapista assumo tutti i medicinali che devo prendere, si fa la manutenzione della p.e.g., ecc.; nel pomeriggio dismetto i panni dell'ammalato, e svolgo il mio lavoro di avvocato. Si può dire, pertanto, che la mia abitazione di mattina funziona come una clinica privata, nel pomeriggio come studio legale.

Chi ha problemi d'identità è mia moglie, che non riesce più a raccapezzarsi in una casa simile! In effetti ho trasferito tutte le pratiche professionali, racchiuse in due schedari, nella mia abitazione, occupando una intera stanza. Il lavoro professionale attualmente consiste nel portare a termine le vertenze in corso, sicché preparo i verbali di udienza, le richieste e deduzioni istruttorie, le comparse conclusionali ecc. Infatti, per pensare, riflettere, studiare e dunque lavorare, non occorrono i motoneuroni, mentre per le udienze chi collabora con il mio studio mi presta le sue gambe e la sua voce.

Poiché dallo scorso mese di giugno non sono più in grado di utilizzare la tastiera del computer, sono costretto a dettare il testo dei diversi interventi professionali, anche se ciò mi affatica, perché chi mi ascolta deve essere abituato a sentirmi. In ogni caso, ci sono obiettive difficoltà per una immediata comprensione.

In realtà, durante l'estate, avevo adattato al mio computer un sistema di videoscrittura che eliminava la tastiera, utilizzando unicamente il mouse (che sono tuttora in grado di usare), cliccando su una tastiera virtuale che occupava una parte dello schermo. Senonché questo programma americano era stato elaborato per Windows 93.1, non già per Windows 95, e per questo un bel giorno è andato completamente in avaria il mio computer, tanto da farmi temere che fosse stata cancellata anche la memoria centrale. Dopo aver provveduto a fare ripristinare la funzionalità del computer, mi sono guardato bene da reinstallare quel programma di videoscrittura e sono tuttora alla ricerca di un programma simile che vada bene per Windows 95.

In serata infine, come già detto, ricevo gli amici che abitualmente vengono a trovarmi. Non vado a dormire prima di mezzanotte e, fino al mattino, riesco a riposare senza interruzione, salvo a cambiare posizione un paio di volte aiutato da Maria. In realtà quest'anno il periodo peggiore l'ho passato per una quarantina di giorni (e di notti), tra i mesi di agosto e

di settembre, quando sono stato colpito da una infezione alle vie respiratorie che mi ha provocato una tosse terribile.

Non esco da casa, non ne sento il bisogno. Peraltro, i weekends ormai mensili a Marsiglia soddisfano ampiamente il desiderio di uscire. Inoltre, come si è visto, le mie giornate scorrono veloci ed intense.

Lo studio professionale, mio e di Angelo Loiacono, è ormai un guscio vuoto, per un incredibile accanimento del destino. Anche Angelo sta male e manca dallo studio dall'estate scorsa; lo studio appare immerso in un'atmosfera inquietante, silenzioso e deserto. In altri tempi, mai avremmo potuto immaginare una fine simile: poi, quasi contemporaneamente, entrambi siamo stati colpiti da malattie incurabili.

Meglio non pensare.

Con Angelo, abbiamo lavorato insieme da metà degli anni settanta; nel 1979 acquistammo l'appartamento che abbiamo adibito a studio legale. Per tutti questi anni non abbiamo mai avuto uno screzio, un dissapore; circostanza veramente singolare se non unica. Probabilmente l'assenza di contrasti, neppure occasionali, è dipesa dall'avere due caratteri talmente diversi da rendere paradossalmente impossibile un litigio, ma certo la ragione più plausibile è che l'uno aveva la più assoluta fiducia nell'altro.

In tanti anni di frequentazione assidua del Palazzo di Giustizia di Bari e delle Preture di Rutigliano, Putignano, Monopoli, com'è normale, ho avuto modo di conoscere alcune decine di colleghi, con i quali si sono stabiliti rapporti molto più intensi di una semplice conoscenza, e con alcuni una vera e solida amicizia. Con loro ci si incontrava tutte le mattine nelle aule di udienza; con ciascuno si scambiavano due parole, con il collega tennista, con quello sempre elegante, con l'altro sempre circondato da segretarie con minigonna da mozzare il fiato, con il collega dall'espressione perennemente triste, con il collega con il quale si faceva a gara a chi sapeva l'ultima barzelletta, ecc. Insomma, si sapeva tutto di tutti, i fatti lieti e tristi della vita di ciascuno di noi.

Poi, dopo un giorno di settembre del 1995, l'ultimo in cui sono stato in Tribunale per sostenere una discussione orale in tema di sequestro cautelare, tutto ciò è di colpo finito. Sono stato cancellato, rimosso, come se non esistessi più. Mi aspettavo visite, lettere, telefonate. Non sono arrivate, tranne rarissime eccezioni, due forse tre. Ho cercato una spiegazione ma non l'ho trovata, mi sembravano tutte non sostenibili.. Possibile che i miei colleghi siano tutti pavidi, o indifferenti, o cinici? E' impossibile... Avrei voluto, tempo fa, ora non più, indirizzare loro una lettera perché mi spiegassero le ragioni di questa loro immediata e definitiva dimenticanza. Ma

ho rinunciato, perché pare che questo comportamento sia la regola in queste situazioni, ovvero quando sei gettato via dalla giostra della vita pulsante, è come se fossi già morto.

Ma io non mi considero affatto fuori dal gioco!

Ammetto, tuttavia, di preferire di gran lunga la dimenticanza all'ipocrisia. Cresce, infatti, il numero di conoscenti, di taluni amici e parenti che incontrando occasionalmente mia moglie, mio figlio, mio fratello, con la faccia di circostanza si affrettano, apparentemente interessati, premurosi e trepidanti a chiedere del mio stato di salute, immediatamente aggiungendo, non richiesti, di non avere il coraggio di venire a trovarmi. Confesso che questa intollerabile ed ìpocrita scusa di circostanza mi fa letteralmente "incazzare". Che abbiano il pudore di tacere. Ipocriti. Mi manda fuori dai gangheri la presa in giro. lo, tuttora, ricevo a casa anche deì clientì dei quali seguo le vertenze giudiziarie; in questi giorni, come dirò tra breve, mi sono adoperato per costituire a Conversano un punto di raccolta di fondì per Telethon, incontrando diverse persone; nessuna di queste ha dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso, dopo avermi visto e aver dialogato con me.

Ho così scoperto che la frase preconfezionata: " ... non ho il coraggio di

Venire nei mentitori, pare dia la certezza di una sorta di comoda e taumaturgica autoassoluzione; basta pronunciarla che si ha diritto alla dispensa, alla giustificazione, finanche alla comprensione per la rimozione. La

frase funzionerebbe come una indulgenza che, nella teologia cattolica,

rimette la pena temporale dei peccati. A voler dare retta a costoro, se, ad

esempio, inopinatamente dovessero essere spettatori di un incidente strada

le che coinvolga un loro congiunto, dovrebbero, a rigore, girarsi sui tacchi

ed allontanarsi velocemente, perché non avrebbero il coraggio di interveni

re per recare soccorso, restando, sì badi bene, in pace con se stessi!

Telethon 1997.

Anche quest'anno è partita la benemerita iniziativa, nata negli Stati Uniti e successivamente diffusasi in Europa; sopperisce l'assenza dello Stato raccogliendo fondi da destinare alla ricerca, per particolari malattie.

Da quando sono rimasto vittima della sla, le manifestazioni di Telethon, come le altre organizzate da potenti Associazioni per la lotta contro il cancro, l'aids, la leucemia, o la sclerosi multipla, ecc., mi hanno procurato infelicità al limite dell'angoscia, tanto da non sopportare la

visione della trasmissione televisiva. Sembrerà paradossale, ma è così.

Immagino che sentimenti simili, per quello che dirò, avranno provato

anche gli altri ammalati di sla.

Consideri il lettore che solo lo scorso anno la sla, "1a malattia che non

c'è", è stata inserita nell'elenco delle malattie per le quali Telethon si attiva per il reperimento dei fondi. Sicché, l'ammalato di sla avvertiva netta la sensazione, che sconfinava nella certezza, della esclusione e dell'abbando

no totale e definitivo, non solo da parte dello Stato, ovvero delle strutture

pubbliche sanitarie, ma anche si vedeva tagliato fuori da importanti inizia

tive private. In pratica, privato del diritto alla salute ed espropriato persino

della speranza.

Per l'ammalato di sla non è istituita una giornata nazionale per la lotta

alla malattia, non esistono manifestazioni del tipo: in cento piazze d'Italia

domenica X si venderanno bonsai per la raccolta di fondi da destinare alla

ricerca, manifestazione ma ari pubblicizzata dai mass media. Non è mai

apparso uno spot televisivo, né tantomeno sulla carta stampata, non esiste

un personaggio famoso che faccia da testimonial. Persino i cani ricevono

un trattamento migliore: ricorderà il lettore l'aggressiva pubblicità televisi

va in difesa dei cani abbandonati nella quale, addirittura, si gratificava chi

abbandona un cane con l'epiteto di: "bastardo".

Perché tutte queste manifestazioni non riguardano le vittime delle

malattie del motoneurone? La risposta è facile: si tratta di poche migliaia

di persone disperse per l'Italia, prive di collegamenti e contatti. Inoltre,

alle stesse viene quasi rimproverato di morire troppo presto. Mi è capitato,

incontrando responsabili di associazioni che raccolgono un gran numero di

ammalati, dí sentirmi dire che la malattia, nel suo decorso, è troppo veloce,

ciò impedirebbe la costituzione di un'associazione ben organizzata, senza

contare il numero limitato di ammalati. Non so se questi appunti siano pro

prio fondati, certo è che molto spesso l'ammalato di sla impiega il maggior

tempo della sua malattia alla ricerca di un medico specialista e di una dia

gnosi; fa prima a diventare terminale e a morire, mentre i familiari sono

impegnati a cercare di capire cosa stia succedendo.

Sembrerebbe ora, che la situazione abbia preso a mutare in meglio.

Infatti, come già detto, dal 1996 finalmente la sla è stata promossa al rango

di malattia esistente, ed è stata inserita tra quelle per le quali Telethon si

attiva. Ricordo che lo scorso anno, con ben altro spirito mi accinsi a segui

re la manifestazione televisiva, in quanto per la prima volta si sarebbe par

lato dí sla. Non è stato, di certo, un ingresso trionfale in televisione: la sla, come è noto, non è una malattia telegenica. Provi ad immaginare il lettore

se mai questa malattia possa trovare spazio in una trasmissione televisiva come "Elisir", la salottiera trasmissione sulla salute, sempre affollata dai vip televisivi che si invitano tra di loro, condotta dal forbito maestro di eloquenza, professor Mírabella, affabulatore elegante, sempre così soddìsfatto di mostrare quanto sia colto.

Avevo saputo di una intervista preregistrata alla dottoressa Anna Di Landro, che io conosco, responsabile della regione Lombardia della nostra associazione. Sta di fatto che l'intervista, della durata complessiva, a voler essere generosi, di due minuti, fu mandata in onda all'una e venti del mattino, quando i quindici telespettatori superstiti e semi-addormentati non hanno neppure fatto a tempo a capire dí quale curiosa malattia si stava parlando. Quest'anno, è andata pure peggio. Infatti, è stato intervistato Simone Canestrini, ma l'intervista è stata mandata in onda all'una e cinquanta del mattino, e nella manciata di secondi dedicati ha parlato quasi esclusivamente l'intervistatore.

In realtà, non riesco a comprendere l'utilità di queste telegrafiche e pilotate interviste. Mì pare di capire che le cose in televisione vadano nel seguente modo: se vengono intervistati i malati, essi devono rispondere a precisi canoni di telegenia, tali da apparire, secondo questi criteri, quasi delle persone sane, diversamente sono ritenuti impresentabili. In questo caso, vengono intervistati i parenti; di solito le domande e le risposte sono già preparate, e spesso l'intervista viene tagliata per esigenze di tempo; succede allora che l'intervistatore decide le domande e le risposte. Se poi si considera l'orario assurdo della messa in onda, si fa fatica a comprendere a che serve l'intervista. Forse, sarebbe più utile far dire ad un medico specialista di quella malattia in cosa essa consista e quali siano le eventuali cure.

Ad ogni buon conto, l'importante è che la sia ormai è inserita tra le malattie degne di attenzione.

Ora si pongono altri problemi: com'è noto, i fondi raccolti da Telethon sono destinati alla ricerca; perché siano assegnati ai ricercatori, è necessario che questi presentino un dettagliato programma, destinato ad essere esaminato da una prestigiosa commissione internazionale che valuta il progetto e, se dà un esito.positivo, finanzia la ricerca e controlla le varie fasi del programma. Il fatto è che attualmente non risultano finanziati importanti programmi di ricerca sulla sia, mentre sarebbero disponibili i finanziamenti, anzi addirittura per l'anno in corso non risulta approvato alcun progetto di ricerca. Sarebbe allora avvilente riscontrare che tra i ricercatori non circolino idee sulle possibili cause della malattia. Sono della opinione, lo dico con rammarico, che non sarà certo nel nostro Paese che la sla verrà sconfitta; ciò avverrà negli Stati Uniti o in Francia, per merito, magari, di un ricercatore italiano emigrato.

Quest'anno, raccogliendo l'invito dell'avvocato Emma Leone, coordinatrice delle manifestazioni di Telethon a Barí, mi sono impegnato come responsabile della sezione Puglia dell'A.I.S.L.A. per reperire fondi. Purtroppo, l'invito dell'avvocato Leone è giunto troppo tardi, non si è avuto il tempo di organizzarsi. Ho però registrato l'immediata disponibilità del sindaco di Conversano dott. Bonasora e dell'assessore ai Servizi sociali dott. D'Ambruoso che hanno dato il patrocinio alla manifestazione, nonché dell'Associazione Arma Aeronautica, sezione di Conversano, che ha messo a disposizione la propria sede ed i suoi soci. In pratica, si è realizzata una "Casa Telethon", come se operasse un'agenzia della Banca Nazionale del Lavoro. Come associazione, abbiamo messo a disposizione un certo numero di copie della "Cronaca di una malattia" e le videocassette del Congresso sulla sla tenutosi a Conversano nell'ottobre del 1995.

Recensione sul mensile L'informatore".

Sul numero di dicembre del mensile locale 'T: Inforinatore" è stata pubblicata una recensione della mia "Cronaca", che trascrivo, a firma di Antonio Lorusso, dal titolo: "lo, l'avvocato della vita", con il sottotitolo: "La sclerosi laterale amiotrofica raccontata direttamente da Camillo Colapinto. Con dignità e rabbia. Dal diario di un malato che non si arrende

Nella controcopertina spunta sfumata la Pietà Rondanini. Ma nessuna pietà chiede ai lettori Camillo Colapinto, 51 anni, ex avvocato, ex ciclista, ex tennista. E disperato appassionato cronista della sua terribile malattia, la SLA, la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia che uccide due volte, perché progressivamente paralizza il corpo e lascia indenni le capacità intellettive. Pur costretto su una sedia a rotelle, Colapinto ha tirato fuori la sua grinta e ha consegnato - come racconta nel suo librotestimonianza - il suo "io ammalato al suo "io avvocato", per affrontare la causa più difficile che potesse perorare, quella della sua vita. Contro il mondo dei sani, che non comprende il dramma di chi non è sano, contro i medici impreparati e superficiali, contro il sistema sanitario corrotto e inconcludente, contro i politici e la stampa, che spettacolarizza il dolore e bada solo all'audience.

Si levano messaggi di grande umanità per ammalati, parenti, medici e gente qualunque da questa "Cronaca di una malattia - La sclerosi laterale amiotrofica direttamente raccontata dalla vittima ", arrivata in libreria a fine ottobre e pubblicata a cura dall'Aisla, l'associazione costituita a Conversano proprio da Colapinto.

Non c'è rassegnazione, ma - spiega l'autore nella premessa - "esasperazione, senso di solitudine, impotenza, bisogno di aiuto, grido di rabbia e di sofferenza. E la dura speranza di vita, quella che ancora mi ostino a non mollare. "

E'proprio questa vitalità ad animare il racconto, che passa senza retorica dai primi sintomi del male alla diagnosi certa, alla corsa all'estero per acqùistare medicinali e per sottoporsi ai controlli, ai rapporti con gli scienziati di mezzo mondo e alle corrispondenze con gli ammalati italiani uniti da uno stesso destino. Ma che cos'è esattamente la SIA? E'una malattia neurologica, forse una delle più gravi, che terrorizza gli stessi medici. L'origine è ancora sconosciuta. Colpisce ogni anno due persone ogni centomila abitanti, ma non è così rara come si pensa: negli Stati Uniti - ad esempio - gli ammalati sono migliaia. E proprio in America è conosciuta anche come morbo di Lou Gehrig, dal nome di un campione di baseball colpito dal male negli anni Quaranta.

La malattia distrugge i motoneuroni, cioè le cellule nervose situate nel cervello e nel midollo spinale che comandano i muscoli. Vengono colpiti e indeboliti i muscoli delle gambe e delle braccia e quelli della gola e della lingua, per cui si finisce per non articolare bene le parole e non si riesce più ad inghiottire il cibo. La SLA non tocca però il miocardio, la muscolatura liscia, gli organi del senso, la funzione sessuale e lascia intatte le facoltà dell'intelletto. 'Il malato, insomma", scrive Colapinto, "è testimone della sua fine, con piena lucidità. "

Fatta questa premessa, Colapinto ribattezza la SLA come "la malattia che non c'è". Sconosciuta alle nostre strutture sanitarie, considerata di serie B, confusa - quando andava bene - con la sclerosi multipla. E qui scatta 'Tio avvocato", quella parte di sé abituata a muoversi tra mille insidie, a guardarsi dai nemici-colleghi e a non arrendersi mai. Colapinto, sempre più sfibrato nel corpo ma non nello spirito, inizia la sua grande battaglia contro la burocrazia, fonda la sezione pugliese dell'Aisla e trascina col suo entusiasmo 800 nuovi iscritti, organizza nel '95 sempre a Conversano un convegno internazionale sulla SLA, con la benedizione dell'allora ministro degli Esteri Susanna Agnelli. E riesce a spuntarla nel braccio di ferro con la AsI Ba/5, minacciando anche il ricorso d'urgenza al pretore e riuscendo, grazie alla spinta delle TV locali, ad ottenere dalla Svizzera il neurotin, un farmaco testato negli States. Ai viaggi a Marsiglia, dove Colapinto è stato seguito sin dal '94 dal professor Georges Serratrice, uno dei luminari in fatto di SLA, il cronistaammalato dedica appassionati capitoli del suo libro. Lì, in Francia, in questa città multietnica piena di nordafrícaní e italiani, Colapinto scopre di non essere un anonimo ammalato. Nell'ospedale universitario "La Timone" c'è infatti un'ala del reparto dí neuro riservata agli ammalati di SLA.

"Ci sono perfino le carrozzelle con dietro scritto "reparto SLA roba da non credere. Alle 7,30 la megastruttura è già perfettamente funzionante e gli uffici sono aperti al pubblico. Il day-hospital inizia alle 8, 00 e finisce alle 16,00. Non ho mai fatto code" confessa Colapinto, "anzi si ha la sensazione che il personale ti stia proprio aspettando. Sono convinto che in un nostro Policlinico, per sottopormi a tutti gli accertamenti che a Marsiglia faccio in una mattinata, dovrei essere ricoverato per almeno sette/otto giorni. E per poter essere ricoverato dovrei verosimilmente attendere mesi".

Per questo Colapinto ha scelto Marsiglia, ma Dio solo sa quanto avrebbe voluto trovare quest'assistenza in Italia. E così scivola il racconto verso la conclusione. Che poi è un capitolo sempre aperto. La battaglia di Camillo Colapinto continua, giorno dopo giorno. Anche se al computer ormai scrive solo con un dito della mano sinistra, al quale ha legato lo stecco di un gelato. Uno dei tanti stratagemmi adottati da questi ammalati che, solo per scambiarsi i saluti al telefono, sbattono le palpebre in un certo modo o agitano un campanello legato al ginocchio. Non è credente, Camillo, ma nemmeno ateo. E se proprio si deve chiedere un miracolo scrive - "non è più opportuno chiedere che il buon Dio, sempre così distratto e disinteressato degli umani travagli, illumini la mente del dottor Mitsumoto o di qualche altro ricercatore?"

Ora Camillo Colapinto prende regolarmente il riluzolo, il primo farmaco specifico per i malati di sclerosi laterale amiotrofica venduto in Italia e rimborsabile dalle Asl. Questo grande traguardo, che restituisce dignità agli italiani affetti da questo morbo, è in parte dovuto anche a lui.

Molte cose sono cambiate dal 1993 ad oggi. Le percentuali di sopravvivenza sono aumentate, grazie anche alla ventilazione artificiale e alla gastrostomia. Camillo ora si alimenta in parte con il sondino, il suo futuro

dipende dalle macchine. E dalle persone che gli vogliono bene: "Per poter resistere è assolutamente necessario sentirsi circondati innanzitutto dall'affetto della moglie e dei figli, come pure è importante la presenza degli amici. Io ho avuto questa fortuna, dunque è stato più facile ". Portate questo libro nelle scuole, come suggerisce un'amica di Camillo Colapinto, aiuterà i ragazzi a dare il giusto valore alle cose, ai sentimenti e alla sofferenza degli uomini.

Sul numero successivo dello stesso periodico, in edicola negli ultimì giorni di dicembre, è stata pubblicata la mia lettera di commento sull'arti~ colo ìnnanzi riportato, che veniva introdotta dal seguente titolo: "Rìcerca scientifica, questa sconosciuta".

Egregio Direttore,

Le scrivo in riferimento all'articolo apparso sul numero di dicembre del Suo mensile, dal titolo: 1o, l'avvocato della vita", a firma dì Antonio Lorusso, con invito a pubblicare questa mia.

Innanzitutto, voglio ringrazìare Antonio Lorusso per la recensione del mio libro: "Cronaca di una malattia"; egli ha saputo esattamente evidenziare le motivazioni che mi hanno indotto a scrivere. Devo tuttavìa fare due precisazioni, la prima, direi importante, la seconda meno.

Ad un certo punto, Lorusso sostiene che: "Molte cose sono cambiate

dal 1993 ad oggi. Le percentuali di sopravvivenza sono aumentate.Non

so come il giornalista possa fare affermazioni simili; fosse vero che le cose

stiano in questo modo! La realtà è invece molto più amara e drammatica.

E' universalmente noto che, per i malati incurabili, l'unica speranza è riposta nella ricerca scientifica. Per la sla, attualmente, sono in corso una decina di sperimentazioni, negli Stati Uniti ed in Europa. Nessuna di queste si svolge in Italia. La data del 1993, nel nostro Paese, con riferimento alla sla, non ha rappresentato assolutamente nulla, e fino a quando avremo ì ministri della sanità come quelli che ci troviamo, con il loro codazzo di burocrati, neppure l'anno 2003 avrà nulla da dire, atteso che la ricerca in Italia non si fa neanche se è a costo zero per il Servizìo Sanitario Nazionale.

Mi spiego: quando le case farmaceutiche fanno domanda per la sperimentazione dì nuovi farmaci, negli Stati Uniti e nei Paesi europei, ottengono le risposte in quindici giorni, o al massimo un mese; in Italia può passare anche l'anno senza che pervenga una qualsivoglia risposta.

Tanto si deve unicamente alla letargia cronica e perniciosa della burocrazia del Ministero della Sanità; ciò significa che le case farmaceutiche non potendo seguire l'anomalia italiana, che ci pone fuori dall'Europa, talvolta nemmeno presentano domande di autorizzazione, stante l'inutilità. Le conseguenze per la collettività sono disastrose, in quanto i medici ricercatori italiani restano esclusi dai circuiti internazionali, come fossero extracomunitari, mentre gli ammalati riceveranno i farmaci con anni di ritardo rispetto a quelli degli altri paesi. Ma questi sono problemi che non turbano assolutamente il sonno del ministro della sanità.

Per questi motivi, i malati che possono sono costretti ad andare a proprie spese all'estero per fare da cavia, e sui viaggi all'estero avrei molto da dire diversamente da quanto sostiene il dott. Gennaro Palmiotti in altra pagina del suo mensile, ma questo è un altro discorso.

La seconda precisazione è la seguente: non è propriamente vero che io sia "un ex avvocato". Per pensare, studiare, riflettere e dunque lavorare, non servono i motoneuroni, mentre chi collabora nel mio studio mi presta le sue gambe e la sua voce per il lavoro in udienza. Del resto, non vi è ragione di disperdere un patrimonio di cognizioni professionali accumulate in anni di lavoro, solo perché non mi funzionano gambe e braccia; quindi, continuo a svolgere il mio lavoro di avvocato. Senza volere fare paragoni inopportuni, ma il più grande scienziato astrofisico vivente, l'inglese Stephen W Hawking, come è a tutti noto, è malato di sla.

Vive cordialità.

Avv. Camillo Colapinto

Il convegno di Bisceglie.

La cattedra di malattie dell'Apparato Respiratorio ed il Centro Universitario Disturbi Respiratori nel sonno, in collaborazione con l'A.I.S.A. (Associazione Italiana Studi Asmatici), ha organizzato a Bisceglie, per il 19 dicembre 1997, un convegno dal titolo: "Aspetti gestionali, organizzativi e medico - legali nel trattamento ventilatorio non invasivo

Il convegno persegue il fine di approfondire le problematiche relative alla ventilazione meccanica non invasiva nei pazienti con malattie polmonari, malattie neuromuscolari (dunque anche la sla), malattie respiratorie nel sonno, in particolare la sleep apnea e le broncopneumopatie croniche

ostruttive (BPCO), che rappresentano una delle principali cause di morte per malattie respiratorie nel mondo. L'insufficienza respiratoria cronica, evento terminale di queste malattie, se non adeguatamente seguita, porta a morte cìrca il 75% dei pazienti, nell'arco dì pochi anni.

Negli ultimi anni si è andata sempre più affermando l'applicazione della ventilazione meccanica non invasiva, come ausilio alla terapia dell'insufficienza respiratoria, riducendo il ricorso alla terapia intensiva, nonché a metodiche invasive come la tracheotomìa. La ventilazione meccanica non invasiva migliora la sopravvivenza dei pazienti con BPCO, malattie neuromuscolari e sleep apnea, riducendone sia i tempi di degenza, sia la frequenza delle riacutizzazioni e le conseguenti ospedalizzazioni, contribuendo alla riduzione della spesa pubblica sanitaria.

Una problematica importante è la gestione del paziente in ventilazione meccanica non invasiva a domicilio che, oltre a coinvolgere più figure professionali (il medico ospedaliero prescrittore, il medico generico, il funzionario dell'ASL addetto alle protesi), comporta implicazioni medicolegali sottostimate e misconosciute.

Un esempio di tradizione nell'assistenza domiciliare ci viene dalla Francia, dove l'associazione Lantadir segue un numero elevato di pazienti con insufficienza respiratoria cronica, di cui un'alta percentuale è rappresentata da pazienti in ventilazione meccanica non invasiva gestiti a domicilio da fisiatri.

Il convegno rivolto a medici di base, pneumologi, fisiatri, fisioterapisti, funzionari ASL e della regione Puglia addetti alle protesi, aziende medicali, ha approfondito gli aspetti gestionali, organizzativi e medicolegali della ventilazione meccanica non invasiva, con la partecipazione di studiosi provenienti da vari centrì nazionali, allo scopo di confrontare le attuali conoscenze sul problema e di sensibilizzare le varie istituzioni coinvolte del territorio pugliese, per formulare una più chiara normativa regionale in questo settore.

Conclusione: En attendant Godot?

Quando ho iniziato a porte mano a questo diario, ho per prima scritto la premessa, ignorando, naturalmente, quanto mi sarebbe accaduto durante l'anno. Non so se è corretto anteporre ad uno scritto non ancora elaborato una premessa, in realtà più simile ad una previsione; in ogni caso mi è sembrato giusto lasciare la premessa così come formulata all'inizio del

l'anno, anche se il contenuto in essa prefigurato non corrisponde interamente alla narrazione del diario.

E' ora il tempo di tirare le somme di un altro anno di sofferta sopravvivenza. Vediamone le flebili luci e le ombre.

Sono ancora in vita, certamente mal messo per la paralisi degli arti inferiori e superiori, la disartria, l'insufficienza respiratoria ecc., ma ancora con molta volontà di resistere. Mi è stata praticata la p.e.g., ma continuo ad alimentarmi anche normalmente; utilizzo il ventilatore, ma più che altro per ginnastica respiratoria. Di solito, durante gli anni di malattia l'ammalato ed i suoi familiari, per farsi coraggio e sperare, si dicono che sarebbero contenti se la malattia si arrestasse a quel momento, a quelle disabilità; naturalmente il male progredisce, sicché si giunge al punto di affermare di essere contento solo per essere ancora in vita.

Di positivo c'è da registrare l'inizio della sperimentazione del farmaco della Sanofi, nonché l'occasione offertami di poter partecipare al trial, sperando che il nuovo prodotto, in qualche modo, rallenti la progressione della malattia, e che non provochi effetti collaterali dannosi. Infine, certamente positiva è la circostanza di poter continuare a lavorare. La sia, per quanto sia una malattia fatale, fortunatamente non dispensa dolori fisici insopportabili alle sue vittime, sicché conservando immutate le mie capacità intellettive e cognitive professionali, non c'è motivo di disperderle atteso che seguo, tuttora, numerose vertenze giudiziarie.

Non vedo altri elementi di positività. Dovrei includere il notevole interesse che ha suscitato il mio libro "Cronaca di una malattia", testimoniato dalle tante richieste, recensioni, telefonate, lettere di apprezzamento. Non provo, tuttavia, compiacimento; probabilmente avrei potuto definire il lavoro un successo, se avesse avuto un contenuto, per così dire, "normale". Ma nella sia nulla è normale o tipico. Non ho elementi per affermare di essere soddisfatto, se è stato un successo, non era certamente questo lo scopo che io inseguivo.

Scrivere la "Cronaca" è stato per me un'autentica sofferenza e mi è molto costato. Non è semplice decidere di affrontare un tema così drammatico e personale, decidere di offrire i propri sentimenti agli altri. Se può servire il paragone, è stato come presentarsi in una piazza gremita di gente, ignudo, reso deforme e storpio dal male, e nel contempo parlare alla folla come potrebbe fare un presentatore che illustri con oggettività e distacco apparente la malattia che gli è estranea. Perché l'ho fatto? L'ho detto e scritto più volte: mi ha spinto un sentimento insopprimibile di indignazione per la indifferenza di chi potrebbe e dovrebbe adoperarsi ed intervenire.

Le note negative sono le solite: non risulta che la ricerca scientifica abbìa fatto progressi per individuare le cause della malattia che rimangono avvolte nel mistero; sono fallite importanti sperimentazioni negli Stati Uniti; permane l'indifferenza del Ministero della Sanità e dei mezzi d'informazione (vedi la mancata trasmissione televisiva di Check-up).

Ora, in conclusione, vorrei poter chiamare a raccolta gli ammalati, i loro familiari ed amici per chiedere se è proprio il caso di attendere ancora che si ammali di sla un papa, un governante, un personaggio famoso, per sperare che succeda qualcosa. E' invece il tempo di organizzarsi e di attivarsi. lo capisco e rispetto le scelte personali di recarsi in pellegrinaggio ai vari e numerosi santuari, va bene ricevere lettere di solidarietà e ammirazione, ma tutto ciò è troppo poco e non è sufficiente; sembra che per la sla anche la Provvidenza abbia bisogno di una mano, visto che fino ad ora non risulta che un ammalato di sla sia mai stato miracolato.

C'è tantissimo da lavorare perché finora poco o nulla è stato fatto.

E' giunto il tempo di scrivere le regole, di stendere una carta dei diritti di questi malati. Cresce, infatti, nella gente il convincimento che, per vedere realizzato il diritto alla salute, è necessario rivolgersi alla Magistratura, piuttosto che al Ministero della Sanità. E' di questi giorni la notizia che il pretore di Maglie ha accolto il ricorso dei genitori di un bambino di due anni, affetto da tumore al cervello, i quali hanno chiesto e ottenuto che la AsI Lecce 2 fornisca loro il farmaco prescritto dal prof. Dì Bella.

Certo, difficilmente Rosy Bindi dimenticherà questo agitato scorcio di anno, attesa l'abbondanza di vicende che la coinvolgono quale ministro della sanità: lo scandalo delle camere iperbariche, lo scandalo del seme infetto, la rivolta dei medici specializzandi (ventiseimila poveri cristi la cui specializzazione consiste nel loro sfruttamento sotto costo, in quanto pagati come studenti, utilizzati a tempo pieno nelle cliniche universitarie e con la prospettiva della disoccupazione), infine, la bomba della cura anticancro del prof. Di Bella. E' successo il finimondo, per la prima volta i detentori del monopolio assoluto ed incontestabile di decidere ciò che fa bene o fa male alla salute degli Italiani, si sono visti rapinati del loro potere da una ordinanza pretorile, e sono diventati furiosi.

Le due fazioni si sono scatenate l'una contro l'altra, senza esclusioni di colpi: la cosiddetta medicina ufficiale, ovvero le truppe scelte della burocrazia ministeriale ed i sostenitori del prof. Di Bella. Lo spettacolo offerto non è stato edificante per nessuno. Il Parlamento per pochi voti ha bocciato la sperimentazione della cura di Di Bella, questi ha sostenuto che non c'è bisogno di alcuna sperimentazione perché i suoi farmacì, impiegati

da anni, si trovano in farmacia, i burocrati ministeriali hanno dato al Di Bella del cialtrone, il professore ha risposto per le rime, definendoli imbroglioni ed assolutamente inaffidabili, il Consiglio Superiore della Sanità ha chiesto al ministro di sospendere ed inibire la cura anticancro di Di Bella, le persone che sarebbero state guarite dalle cure del professore hanno dichiarato di essere state interrogate dai carabinieri del N.A.S., i carabinieri hanno smentito, I`Osservatore Romano" ha censurato il comportamento del Ministero, Rosy Bindi infine ha dichiarato di non poter inibire la cura Di Bella, perché se non c'è la prova della sua efficacia, non c'è la prova che sia dannosa. La rissa continua, con querele e ricorsi alla Magistratura.

C'è da chiedersi se il nostro Paese sarà mai un Paese normale. In questa confusione, l'unico che sembra restare imperturbabile è il pretore di Maglie, il quale ha dichiarato che del Ministero della Sanità non gliene importa nulla; che ognuno faccia il proprio mestiere, a lui compete, quale magistrato, di assicurare ai cittadini il diritto alla salute e alla sopravvivenza.

Provo, tomando alla sla, ad indicare le più urgenti necessità, a mio modo di vedere: farsi promotori di un disegno di legge che individui e definisca le malattie rare, stabilendo i compiti dello Stato per questi casi; impegnarsi per l'istituzione di un registro nazionale e/o regionale degli ammalati; ottenere l'assistenza specialistica domiciliare; ottenere un efficiente day hospital (alcuni ammalati, sparsi in tutta Italia, mi riferiscono di essere costretti a ricoverarsi per un'intera giornata, senza essere sottoposti ad alcun esame o accertamento, solo per ricevere il rilutek, una volta al mese); ove occorra, adoperarsi per proporre un referendum popolare abrogativo del Ministero della Sanità che - sie stantibus rebus - non serve a chi è vittima di malattie poco diffuse. Impegnarsi per far modificare l'assurdo criterio dell'esame cronologico, per la sperimentazione di nuovi farmaci.

Su questo punto registro che tuttora il Ministero della Sanità non si è compiaciuto di prendere in esame la domanda della Sanofi, presentata a marzo scorso. Se e quando tale domanda sarà esaminata, potrà succedere che il reclutamento di pazienti, in Europa, sia già terminato; in tal caso, agli sconsolati ricercatori italiani, di questa eventuale, tardiva ed inutile autorizzazione, non resterà che farne l'uso (poco decoroso) che Ferdinando IV di Borbone, re delle Due Sicilie, dichiarò ai suoi ministri che avrebbe fatto della lettera inviatagli da Gioacchino Murat che, rinchiuso nel castello di Pizzo Calabro, chiedeva, inutilmente, di non essere giustiziato!

Naturalmente l'elenco delle priorità non si esaurisce qui, ma ora è inutile passarle tutte in rassegna, servirebbe solo a deprimere il lettore, tanto sono numerose.

I contraddittori (e talvolta gli avversari) sono il Ministero della Sanità, gli assessorati regionali della sanità, i direttori generali dell'A.S.L. e taluni medici.

Infine rivolgo un appello ai responsabili dell'Associazione degli ammalati di ALS/MND. Essi hanno una grande e pesante responsabilità: rendere finalmente concreta la soddisfazione dei molteplici bisogni degli ammalati, perennemente ignorati. Consentire ancora o soltanto tollerare, ad esempio, che per questa malattia debba applicarsi il criterio dell'ordine cronologico per l'esame della richiesta di sperimentazione dei nuovi farmaci, da autorizzarsi da parte del Ministero - criterio che appare barbaro e degno della migliore tradizione nazista, ma che pure è stato ribadito per iscritto dal ministro della sanità - significa semplicemente che l'Associazione non avrebbe ragione di esistere e qualunque responsabile della stessa perderebbe il suo onore.

Se questo diario che, per così dire, si è sviluppato giorno per giorno nello spazio dell'intero anno, potrà essere utile, ciò sarà dovuto probabilmente alla circostanza di aver favorito un dialogo, forse per la prima volta, a più voci, tra ammalati, medici e persone sensibili che ancora si indignano.

Per conseguenza il lettore avrà potuto scorrere le pagine del mio libro come un osservatore può guardare un affresco policromo ove si rappresenta il tema dell`umano dolore".

Ed ora, sono pronto ad affrontare l'anno 1998.

Sono venuti a trovarmi Vito IJAbbate, Vito D'Ambruoso, Nicola Mancino, i coniugi Lamontanara Locaputo, Saverio e Dora Creanza, Mario Scìsci, Carlo De Luca, Domenico Giannini, Pasquale Loiacono, Lino Lorusso, Oronzo Giordano, Angelo Coppola.

 

GENNAIO 1998

Domenica 4 gennaio.

Nella mattinata sono venuti a farmi visita Carlo De Luca, Ciccio Iudice e suo fratello Alfonso. Carlo era dolorante ad una coscia che portava fasciata. Il giorno prima, mentre andava in bicicletta, era stato assalito da un cane che lo aveva azzannato; aveva dovuto, pertanto, ricorrere alle cure del pronto soccorso, per le medicazioni necessarie. "Per rincuorarlo" gli ho detto che, evidentemente, ora va così piano in bicicletta, da essere raggiunto persino da un cane bastardo!

Ciccio mi ha informato che da domani Angelo Loiacono, anch'egli ora in carrozzella, inizierà la cura anticancro del prof. Di Bella. Speriamo che funzioni. Non vedevo Alfonso, neurologo e professore all'Università di Pisa, dall'11 maggio del 1994, data per me memorabile. Per quel giorno avevo prenotato una visita privata dal prof. Corni, famoso neurologo dell'ospedale "San Raffaele" di Milano. Da alcune settimane conoscevo la diagnosi della mia malattia, ma mi recavo a Milano con la speranza di avere un responso diverso, o quanto meno più favorevole. Pensavo anche che avrei potuto essere ricoverato, per essere sottoposto ad esami più approfonditi. Poiché Alfonso viveva a Milano ci demmo un appuntamento presso lo studio dei prof. Corni, in pratica di fronte al Tribunale, per incontrarci e trascorrere insieme la serata. In breve, come ho già raccontato nella mia "Cronaca", il prof. Corni con glaciale professionalità e con toni bruschi mi comunicò che non mi prescriveva alcun farmaco, perché la malattia era incurabile; aggiunse che in un tempo che non poteva precisare sarei deceduto per la paralisi dei muscoli respiratori, che non occorreva alcun ricovero essendo certa la diagnosi, che potevo tornare a casa.

La visita si concluse in questo modo, non avevo più alcuna domanda da porgere di fronte ad un verdetto così chiaro e spietato; la reazione consistette, in quel momento, nel ritrovarmi interamente coperto da sudore. Uscito dalla stanza del professore, nella sala d'attesa mi aspettavano Alfonso e mio figlio Antonio allora ventenne che mi aveva accompagnato.

Ad entrambi riferii l'esito della visita. Alfonso ricordava tutto esattamente, perché, come mi ha detto, ciò che lo impressionò non fu tanto il responso del prof. Corni che temeva per certo, ma la freddezza ed il distacco con cui a lui parve che io comunicassi l'esito. Comportamento che io mantenni ed osservai per tutta la serata, perché subito dopo ci recammo, come se nulla fosse, in un ristorante a Milano Due. Infatti, durante la cena si parlò di tutto tranne che di sla. Ancora oggi, ricordando l'episodio, Alfonso appariva incredulo.

Non ho mai detto a nessuno che quella per me fu una notte molto agitata, in albergo non riuscii a chìudere occhio. Mia moglie Maria mi ha ricordato, sempre in occasione della visita da Corni, che appena ritomato da Milano, a lei che con apprensione mi chiedeva cosa potessimo fare, le dissi che poiché la medicina non era in grado di far nulla, mi sarei curato con la filosofia!

Dalla Pretura di Maglie al Palazzo.

Lo scontro tra Rosy Bindi e Di Bella, come era facile prevedere, è diventato anche politico. Pertanto, l'Ulivo ed i mezzi d'informazione filogovernativi sembrano far quadrato intorno alle tesi mìnisteriali, mentre il Polo difenderebbe la cura Di Bella, con la stampa fiancheggiatrice.

Chissà se il diritto alla salute, tutelato dalla Costituzione, è di centro sinistra o dì centro-destra!

Dì solito il Potere o il Palazzo non dialogano con il Paese reale. Il Palazzo, oltre che impegnato a perpetuare se stesso, è occupato ad interessarsi dei massimi sisternì, quali attualmente: il presìdenzialismo, il semipresidenzialismo, il premierato, il sistema elettorale ecc., non ha il tempo né la voglia di occuparsi dei problemi che la gente affronta quotidianamente. Quando la sordità del Palazzo diventa insopportabile, al cittadini non rimane, per cercare di farsi sentire, che la piazza o le aule del Tribunale.

Dunque il dialogo tra il Ministero della Sanità e gli ammalati di cancro si svolge nella sede "giusta", ovvero la Pretura di Maglie.

Mercoledì 7 gennaio è iniziata l'udienza di discussione per la convalida dei provvedimenti del pretore di Maglie, che ha imposto alla AsI di dispensare gratuitamente i farmaci previsti dalla cura Di Bella. Il Ministero ha dato incarico all'Avvocatura dello Stato di intervenire volontariamente nel giudìzio, per sostenere le proprie avverse ragioni. Senonché sono stati accertati fatti che hanno messo in crisi la linea difensiva del Ministero, e che hanno reso furente Rosy Bindi. In breve: è risultato che ben due AsI pugliesi già da mesi somministravano ai malati terminali i farmaci prescritti da Di Bella, non solo, ma anche con comunicazione scritta al Ministero della Sanità (che ha smentito) ottanta medici in Italia prescrivono la cura Di Bella e altri cinquecento hanno dichiarato di essere pronti a prescriverla; numerosi altri pretori hanno seguito l'orientamento del pretore di Maglie, ordinando alle AsI di distribuire il farmaco. Ma ciò che ha dato il colpo di grazia è stata la decisione della Regione Puglia di autorizzare tutte le AsI a somministrare i farmaci in questione ai malati terminali, facendo sorgere un conflitto tra la Regione e il Ministero, che la stampa fedele al Palazzo, a parole federalista ma di fatto centralista, ha definito di "secessione sanitaria". Sta di fatto che anche la Regione Lombardia seguirà la decisione della Puglia, mentre altre regioni si stanno attrezzando.

Ora l'unica cosa certa che si può dire è che la confusione è totale e la situazione è sempre meno govemabile. La guerra continua. Ad esempio: leggo su "La Stampa" di domenica 11 gennaio un'intervista alla Bindi, nella quale il ministro dichiara di non voler incontrare Di Bella, perché significherebbe dargli una legittimazione. Lo stesso giorno il ministro si fa intervistare in una trasmissione di Rai Uno, mentre fuori dagli studi televisivi si svolge una manifestazione dei malati di cancro che contestano l'impedimento a partecipare a detta trasmissione di un portavoce di Di Bella. Il ministro ha successivamente dichiarato che problematiche così importanti non si possono dibattere in televisione (affermazione sicuramente fondata), ma la Bindi non ha disdegnato di partecipare ad una trasmissione televisiva "nazionalpopolare" molto seguita dalle massaie, di intrattenimento con canzonette e telequiz, per far sapere quanto è brava e buona come ministro della sanità.

Per meglio descrivere la tumultuosa giornata, significativa del contrasto al calor bianco, riporto un articolo comparso su 'Ta Repubblica" di lunedì 12 gennaio a firma di A. Rota, dal titolo: 'Ta Rai censura Di Bella".

Roma - La Rai accusata di censura e il ministro che tende una mano all'inventore del cocktail anticancro. Tra proteste e polemiche ieri il caso Di Bella ha scosso l'indolenza tradizionale del pomeriggio di "Domenica in " ' a causa del mancato collegamento con Giuseppe, figlio del professore. In onda è andata solo l'intervista alla Bindi senza possibilità di replica.

Scatta la protesta del popolo di Di Bella. E così dalle 15 un migliaio di sostenitori dell'Associazione malati neoplastici "assediano" già gli studi romani della Dear, i grandi capannoni sulla via Nomentana da dove va in onda la trasmissione. Vogliono partecipare al programma; venti minuti soltanto, tanti quanti ne ha avuti il ministro. La risposta però è secca: tecnicamente impossibile. "Stavolta la par condicio non è previ . sta", commenta Giovanni Tantillo, direttore di Rai Uno. Il ministro della sanità interrogata in diretta da Fabrizio Frizzi dice: "Siamo pronti a sperimentare la cura nei tempi più brevi, se il professor Di Bella e i suoi collaboratori ritengano che sia una beffa, allora vengano a vedere". Apre uno spiraglio il ministro, e aggiunge: "Anche se non arriveranno le cento cartelle richieste dall'ordinanza, Di Bella ci dia comunque gli elementi per poter valutare i presupposti per la sperimentazione ".

E'più morbida la Bindi, almeno sembra così, seduta sulle scomode poltroncine del salotto di Frizzi. Nel corso dell'intervista contestata interviene telefonicamente l'assessore alla sanità della Regione Puglia, Michele Saccomanno, e il ministro non risponde.

E mentre le agenzie battono la richiesta di Maretta Scoca (Ccd) per un intervento chiaro di Scalfaro sul diritto alla salute, davanti alla Rai continua ad arrivare gente: il tam tam è iniziato verso le 13, RadioRadio che da anni sostiene il professore, racconta una storia. E' il retroscena sulla scelta degli ospiti. Il caso è delicato; c'è il ministro. Ci sarebbe dovuto anche essere un collegamento telefonico con il figlio di Di Bella, Giuseppe, che era stato contattato da funzionari della Rai. Spiega Ivano Camponeschi, collaboratore dello scienziato e leader dell'emittente privata: "Ho chiamato per caso la redazione di "Domenica in ". Una voce femminile mi ha risposto, concitata: "Per fortuna che ha telefonato, mi dispiace ma è saltato tutto. Sa, la signora Bindi non era d'accordo ... ...

Via etere la voce si diffonde facilmente, la delusione e la rabbia pure. Alla spicciolata cominciano ad arrivare davanti ai grigi cancelli della Dear, ragazzi, signore con bambini, tanti bambini. I responsabili di RadioRadio girano con i . microfoni, chiunque può dire la sua. Gli striscioni spuntano dietro i pini: Winistro Bindi la vita è bella con Di Bella ".

Francesco Storace, presidente della Commissione parlamentare di vigilanza della Rai, attacca duro: 'T servilismo di quest'azienda nei confronti dell'Ulivo non si ferma nemmeno davanti ai malati di tumore. Il Ministro dalla faccia feroce di un governo fintamente buonista non ha tollerato che gli si contrapponesse la voce di chi chiede di poter ancora sperare. E'una delle vergogne più mostruose della storia della Rai dell'Ulivo.

E'un episodio gravissimo, ho discusso con il direttore generale Franco Iseppe. I toni sono stati accesi. Molto accesi".

A "Domenica in" la preoccupazione c'è ma non si vede: il programma va avanti come il solito. Arriva la dichiarazione ufficiale del responsabile di Rai Uno, Tantillo: "Abbiamo già invitato il professor Di Bella per le prossime puntate, la linea della rete è di dare la massima informazione su un tema che sta a cuore all'opinione pubblica".

"Io non sapevo nulla di chi ci doveva essere in collegamento", avrebbe sostenuto il ministro Bindi, una volta fuori dallo studio, ma il popolo di RadioRadio e lo staff del professor Di Bella affermano il contrario: "Non è vero, non ha accettato il contraddittorio", continua Camponeschi mentre gli altoparlanti sulla Nomentana trasmettono pareri, commenti. E pure lacrime, senza nome: "I medici mi hanno tolto perfino la speranza. Ho un figlio di tredici anni al quale ho tenuto sempre nascosto il mio male. Ancora non sono riuscita a parlare con Di Bella. Aiutatemi ".

"Ho avuto giorni e notti difficili, spero che non siano mesi". confessa Rosy Bindi dietro le quinte. Al microfono di Frizzi aveva dichiarato di ritenere Di Bella "una persona seria e per bene ".

Sei ore dura la manifestazione pacifica fuori degli stabilimenti Rai; quando cala l'umidità, spuntano i . passamontagna e i guanti per i piccoletti che girano sull'asfalto bagnato: "Almeno Frizzi potrebbe uscire, parlarci. Anche noi siamo elettori della Bindi e paghiamo il canone", strilla qualcuno. Ancora qualche slogan, poi vanno in onda i titoli di testa del Tg, del Tg5. E la prima notizia è proprio la protesta e la nuova disponibilità del ministro Bindi.

"Abbiamo voluto evitare la telerissa, privilegiare il pacato approfondimento dei temi dai risvolti drammatici per centinaia di migliaia di persone ", Frizzi si affida ad un comunicato di agenzia mentre i manifestanti se ne vanno. Delusi.

Ciò che è stato accuratamente evitato dalla televisione di Stato, avviene a Mediaset meno di quarantotto ore dopo. L"uomo più potente d'Italia, il pontefice massimo della televisione, l'ecumenico signor Maurizio Costanzo Show ha potuto far incontrare personalmente i duellanti in una sua trasmissione.

Sembra avviato il disgelo tra le parti. Per il professore un bel successo, tenuto conto che solo qualche giorno fa quelli del Ministero lo sbeffeg

giavano senza ritegno, dandogli dei cialtrone!

Mi auguro che dalla vicenda Di Bella escano sconfitti, per la prima volta, i parrucconi di Roma titolari del diritto insindacabile di vita e di morte sui cittadini italiani, quei burocrati, per intenderci, che sostengono il criterio cronologico per l'esame delle richieste di autorizzazione alla sperimentazione di nuovi farmaci.

Sicuramente da questa storia esce sconfitta Rosy Bindi, responsabile politicamente di questa grande confusione non certamente terminata, conseguenza dell'arroganza dei suoi consiglieri. E'evidente che la sua tardiva disponibilità è frutto unicamente del furor di popolo. Ora, la Bindi deve solo augurarsi che la cura Di Bella funzioni, perché in tal caso il professore diventerà un eroe e la gente dimenticherà la precedente ostilità del ministro; se, invece, la sperimentazione Di Bella fallisse, Rosy Bindi - a mio modo di vedere - chiuderà ingloriosamente la sua carriera politica, perché apparirà come un ministro incapace che ha ceduto alla piazza.

Nel frattempo, delle molte centinaia di migliaia di ammalati di cancro, non ce n'è uno che in questo momento non voglia sottoporsi alla cura Di Bella, abbandonando le cure della medicina ufficiale, ma di questa moltitudine di ammalatì nella sperimentazione saranno reclutati appena alcune centinaia. E' facile immaginare che gli esclusi (ovvero la stragrande maggioranza degli ammalati) faranno di tutto per procurarsi, in qualunque modo, i farmaci di Di Bella, comunque in commercio; ciò vuoi dìre anche mercato nero, medici improvvisati e approfittatori. Immagino un percorso molto travagliato della sperimentazione. Posso portare una testimonianza: negli Stati Uniti non ha sortito effetto la sperimentazione, per la sia, del farmaco denominato Neurontin, perché tutti gli ammalati, compresi quelli che non erano stati arruolati nella sperimentazione, andavano in farmacia ad acquistare il farmaco.

In generale, si ha la sensazione (lo dico come persona che si considera di sinistra) che il governo dell'Ulivo mostri segni di autoritarismo inopportuno: il ministro della pubblica istruzione manda la polizia a liberare le scuole occupate, i produttori del latte vengono manganellati a sangue, la Bindi ha mandato i carabinieri a perquisire gli ospedali; se a capo del governo ci fosse un uomo del centro-destra, sicuramente saremmo tutti ìn piazza a manifestare.

Infine, annoto che la Magistratura barese ha aperto un'inchiesta penale a proposito della camera iperbarica abbandonata negli scantinati e mai utilizzata dall'ospedale CTO di Bari che l'aveva acquistata circa cinque anni fa, al prezzo di lire seicento milioni. La denuncia è stata presentata da un cittadino barese costretto a recarsi a Lecce per la terapia.

 

Il sogno e la realtà.

Il lettore potrebbe chiedersi perché mai mi soffermo sull'affare Di Bella; il motivo è duplice. Il primo: seguo questa storia come un sogno. Il sogno dí un malato di sla.

Innanzi tutto, stiamo assistendo all'insolito spettacolo del Potere, arrogante, ma costretto a dare spiegazioni, a giustificarsi, a dover ascoltare, a mostrarsi disponibile al dialogo, a scendere a patti, a cedere. Di fronte a simili comportamenti, fuori dal comune, si prova quasi un godimento fisico; tuttavia, lo scontro fra il Ministero e Di Bella mi riconduce alla dimensione onirica propria del malato di sla. Questi non ha un professor Di Bella nel quale sperare, non ha una forza politica che lo appoggi, non ha il sostegno di una parte dei mass media, non ha la possibilità di far scendere in piazza centinaia di persone, non ha l'occasione di far intervenire la Magistratura, non ha un farmaco nel quale sperare, fornito dalla medicina ufficiale, né un farmaco proposto dalla medicina non ufficiale. Addirittura, come più volte denunciato, al malato di sla viene impedito perfino di poter fare da cavia. Non esistono istituti di ricerca, non si registrano guarigioni inspiegabili che i credenti chiamano miracoli e i non credenti shock carismatico.

Cosa resta, dunque, se non il sogno? Sogno, pertanto, che gli ammalati di sla possano ricevere lo stesso trattamento dei malati di cancro.

Nella battaglia epistolare da me iniziata (l'unica che sono in grado di sostenere) con il Ministero della Sanità, fin dal mese dí aprile dell'anno scorso, per la sperimentazione del farmaco della Sanofi e per far modificare l'assurdo criterio cronologico per l'esame delle domande di nuove sperimentazioni, sono rimasto completamente solo, non ho ricevuto il sostegno di alcuno (ad eccezione delle signore Guaragnella, Pala, Deraco e del dott. Mora che nel mese dí maggio dello scorso anno inutilmente si recarono presso il Ministero), nemmeno dai personaggi influenti ai quali, per conoscenza, ho inviato le varie lettere indirizzate al Ministero; non mi è pervenuto neppure un formale attestato di solidarietà!

Quello che più mi stupisce è il comportamento dei medici e delle loro potenti organizzazioni. Francamente non capisco perché non si adoperano per far ridurre gli intollerabili ritardi burocratici per l'esame delle citate domande e per la modifica del criterio cronologico, in particolare per alcune gravi malattie. In fondo queste deficienze ministeriali si ritorcono anche sulla loro professionalità.

Così stando le cose, in questa battaglia solitaria mi sento, nella migliore delle ipotesi, un "Brancaleone alle Crociate", per giunta pure mezzo

vivo e mezzo morto (lo dico nel vero senso della parola). Dì qui il secondo motivo: un sentimento di invidia-ammirazione ed un'esile speranza.

Invidia ed ammirazione per le associazioni degli ammalati di cancro sostenìtrici di Di Bella, per i risultati che hanno raggiunto battendo l'arroganza ministeriale. Lo spettacolo - mi piace ripeterlo - è stato veramente strabiliante: il ministro dapprima ha snobbato il professore, rifiutando qualsiasi contatto, poi si è infuriato e ha sguinzagliato i carabinieri, poi ha imposto la censura alla televisione di Stato, vietando la partecipazione all'altra parte. Senonchè, scavalcato da pretori, A.S.L., assessori regionali e con tutta l'opinione pubblica contro, il ministro ha dovuto precipitosamente capìtolare, offrendosi ad un ìncontro in televisione, per giunta quella commerciale, interpretando il poco credibile ruolo della sirena che chiede, addolcita, collaborazione al professore.

Difficilmente dimenticheremo Rosy Bìndi, ministro della sanità.

Un esile speranza è data dalla occasione che l'affare Di Bella possa determinare l'inizio della fine dell'incrostata burocrazia ministeriale. Ed è per questa speranza che ho deciso di inoltrare al mìnistro il seguente esposto, rivendicando l'uguaglianza di trattamento per gli ammalati incurabili.

All'On.le Rosy Bindi Ministro della Sanità - Roma Al Consiglio Superiore della Sanità - Roma Al Presidente della Commissione Sanità presso la Camera dei Deputati - Roma Al Presidente della Commissione Sanità presso il Senato della Repubblica - Roma Alla Redazione del Telegiornale di Telenorba Conversano Al Dr. Edoardo Ferlito Presidente dell'A.I.S.L.A. - Novara Alle Sedi Regionali dell'A.I.S.L.A.

Oggetto: Sperimentazione del farmaco Sanofi SR57746 A per il trattamento della sclerosi laterale amiotrofica. Sperimentazione della c.d. "Cura Di Bella" per il trattamento di alcune forme tumorali. Criterio cronologico della C.U.F. dell'esame delle domande di autorizzazione.

PREMESSO

- che la casa farmaceutica Sanofi, nel mese di marzo dei 1997, richiedeva al Ministero della Sanità l'autorizzazione per la sperimentazione in Italia

del farmaco denominato SR57746 A per il trattamento della sla;

- che il sottoscritto, con lettera raccomandata dell'11/04/1997, richiedeva l'esame immediato da parte della C.U.E. della suddetta domanda, motivando con l'osservazione che la sperimentazione sarebbe iniziata contemporaneamente negli altri Paesi europei e negli Stati Uniti, nel mese di giugno. L'eventuale ritardo dell'esame della richiesta comportava il pericolo di una probabile esclusione dell'Italia, a beneficio degli altri Paesi ove si sarebbe svolta la sperimentazione. Inoltre, evidenziava la drammaticità della malattia, tuttora incurabile e mortale;

- che a tale istanza veniva data risposta dal Ministero della Sanità con due lettere rispettivamente: quella del 13/05/1997 con numero di protocollo F.800/Sper/S.11.9/1413 a firma del dr. U. Filibeck, Dirigente del Dipartimento per la Valutazione dei medicinali e la Farmacovigilanza Ufficio Sperimentazione clinica, nonché la lettera del 21/05/1997 a firma del dr. Michele De Nicotera, Capo della Segreteria Particolare del Ministro, con protocollo numero 22912;

- che con le suddette lettere veniva, di fatto, rigettata l'istanza del sottoscritto in quanto " ... la valutazione ministeriale - sulla sperimentazione dei farmaci - avviene secondo l'ordine cronologico di arrivo della richiesta..."; - che inutilmente il sottoscritto, con successive lettere, ha reiterato la richiesta sottolineando l'assurda ottusità e il cinismo della burocrazia ministerìale che non fa nessuna distinzione tra le malattie, come se fossero tutte uguali;

- che allo stato, la sperimentazione della Sanofi è in corso dal mese di giugno del 1997 in tutti i Paesi nei quali la suddetta casa farmaceutica aveva presentato la domanda, tranne che in Italia, ove a quasi undici mesi dalla richiesta la pratica relativa dorme dimenticata in qualche polveroso cassetto del Ministero;

- che nel frattempo è esploso'Taffare Di Bella", la cui conclusione ha portato in questi giorni alla formulazione di un protocollo per procedere ad una immediata sperimentazione;

- che, per quale è stato il comportamento del Ministero della Sanità ne "l'affare Di Bella" stigmatizzato dai mass media di ogni colore politico, è difficile immaginare che alla cura Di Bella verrà opposto il criterio cronologico dell'esame delle domande, imposto alle altre sperimentazioni;

tanto premesso CHIEDE

di sapere se:

A) il criterio cronologico di valutazione adottato dalla C.U.E per l'esame delle domande di sperimentazione di nuovi farmaci è tuttora vigente.

B) Se il predetto criterio è stato abrogato con "l'affare Di Bella".

C) Se il predetto criterio è tuttora vigente ma è stato derogato da "l'affare Di Bella".

Versandosi eventualmente in questa ultima ipotesi, si chiede di conoscere quali siano le motivazioni che consentono la violazione della norma.

Attesa la evidente disparità di trattamento tra ammalati incurabili, sicché per alcuni appare riconosciuto il diritto alla salute, mentre, per altri, tale diritto viene retrocesso a semplice aspettativa, sì chiede di conoscere qual è la scriminante che giustifichi il comportamento del Ministero.

Se la scriminante attiene alla incurabilità, per questo profilo l'ammalato di sla, per sua sfortuna, non teme alcun confronto. Se la scriminante è data dalla scarsezza delle risorse finanziarie, sarà noto al Ministro che la sperimentazione Sanofi è a costo zero per il Servizio Sanitario Nazionale. Non si prende nemmeno in considerazione il numero degli ammalati incurabili che faccia da scriminante (urimilioneduecentomila contro cinquemila), in quanto il criterio sarebbe semplicemente aberrante e mostruoso.

Se si assume a giustificazione l'emergenza del momento, tale giustificazione lungì dall'essere un'attenuante, costituisce vìceversa un aggravante in quanto è opinione comune e diffusa che l'attuale innegabile confusione è ricònducibile unicamente al comportamento del Ministero nella gestione de "l'affare Di Bella".

Pertanto, nuovamente

SI INSISTE

nella richiesta dì immediata autorizzazione alla sperimentazione del farmaco della Sanofi, per il trattamento della sla, anche se chiedere l'immediata riunione della C.U.E dopo undici mesi di letargia fa semplicemente sorridere. D'accordo, siamo gli ultimi in Europa, non è la prima volta né sarà l'ultima, tuttavia, meglio tardi che mai, anche perché c'è il rischio che la sperimentazione termini nei tempi previsti, senza che il Ministero si sia compiaciuto di prendere in esame la richiesta.

A meno che non venga ratificato per norma che solo se la sperimentazione si traduca in uno scontro politico (il diritto alla salute è di destra o di

sinistra?) e si fomenti la piazza, solo in questo caso l'autorizzazione verrà concessa d'urgenza, a furor di popolo

Conversano, 21 gennaio 1998

Avv. Camillo Colapinto

Ora staremo a vedere cosa succede*.

Lunedì 26 gennaio.

Sono a Marsiglia per la sedicesíma volta. In ospedale, come di consueto, incontro Umberto Amodeo al quale faccio gli auguri perchè compie 44 anni, a lui la sla si è presentata quando aveva solo 39 anni. Velocemente ho fatto tutti gli esami previsti e alle ore 13.00 il day-hospital era già terminato; sarò prossimamente a Marsiglia il 30 marzo. Uscito dall'ospedale, prima di intraprendere il viaggio di ritorno, mi sono recato come al solito a salutare i miei amici marsigliesi, i signori Aschille, giusto in tempo perché è pervenuta un'inaspettata telefonata di un giornalista di Telenorba che chiedeva urgentemente di fare una intervista telefonica per il telegiornale di quel giorno.

Non sono ancora riuscito a sapere come il giornalista si sia procurato il numero telefonico dei miei amici marsigliesi; sta di fatto che mi cercavano da due giorni per un servizio da mandare in onda nel telegiomale, con riferimento al mio esposto al Ministero della Sanità del 21 gennaio scorso. Ho fatto sapere che l'intervista telefonica non mi sembrava particolarmente appropriata, e poiché stavo rientrando in Italia, ci siamo dati appuntamento per il giorno dopo, presso la mia abitazione. Ed infatti, il giorno dopo si è presentato il giornalista sig. Campanella accompagnato dal cineoperatore; al giornalista ho spiegato più dettagliatamente le ragioni che mi hanno indotto ad inoltrare l'esposto al Ministero, ovvero la pesante discriminazione e l'evidente disparità di trattamento tra malati incurabili.

Al momento in cui si consegna alle stampe questo testo abbiamo appreso la notizia che l'Itaha è definitivamente esclusa dalla sperimentazione del farmaco della Sanofi, in quanto non è intervenuta alcuna tempestiva autorizzazione ministeriale, come il lettore potrà apprendere dalla lettura dei mio comunicato del 14 aprile, riportato nell'Appendice a pag. 206.

Il servizio è andato in onda il giorno 28 gennaio in tutte le edizioni del telegiornale di Telenorba e di Teledue, che hanno un bacino di utenza di quattro regioni meridionali. Il servizio ha avuto vasta risonanza, in quanto conteneva le ultime notizie sul c.d. "affare Di Bella" al quale il direttore del telegiornale Vincenzo Magistà contrapponeva "l'affare Sanofi". Ma ciò che conta è stata, su questo argomento, l'intervista in diretta all'assessore alla sanità della Regione Puglia, dott. Saccomanno, che si è impegnato ad intervenire per risolvere nel migliore dei modi le questioni da me sollevate nel citato esposto. Per tutta la giornata e l'altra ancora sono pervenute numerose telefonate di ammalati che chiedevano informazioni sulla sperimentazione del farmaco della Sanofi. Senonché, proprio quel giorno l'imprevedibile prof. Di Bella annunciava ai giornalisti delle televisioni e della carta stampata che con il suo metodo era in grado di curare, oltre che il cancro anche l'Alzheimer, la sclerosi multipla e perfino la sclerosi laterale amiotrofica.

A questo punto il telefono di casa è diventato incandescente, perché gli ammalati di sla mi chiedevano di avere copia del protocollo Di Bella per la cura della sla, di conoscere il nominativo dei neurologi che curavano la malattia in tal modo e in quali ospedali. Sono certo che quasi nessuno ha creduto che io non ne so assolutamente nulla. Addirittura alcuni conoscenti mi hanno telefonato per consigliarmi di mettermi subito in contatto con il prof. Di Bella, per essere da lui curato.

Ora, sono dell'avviso che le dichiarazioni dell'ormai famosissimo professore sono a dir poco sconcertanti. Non so se è normale dichiarare con tale sicurezza ai mass media che si possano curare le tre gravi malattie neurologiche innanzi indicate. Delle due l'una: o il prof. Di Bella è il più grande genio incompreso della medicina, in quanto in grado di curare con successo tutte le malattie incurabili, ovvero è stato colpito da un attacco micidiale di delirio di potenza. Di sicuro ha messo in agitazione altre migliaia di ammalati che, come è facile prevedere, nella confusione generale che tali affermazioni - a mio parere incaute - producono, si andranno a sommare agli altri che assediano l'abitazìone del professore.

Il mese si chiude con una lettera tristissima che ho ricevuto da una giovane ammalata di sla, mia amica. Questa è la prima volta che dopo le tante lettere ricevute ho molta difficoltà a rispondere; mi dice di essere stata abbandonata dal marito che è andato a vivere con un'altra donna, perché essendo giovane, dopo aver assistito la moglie per quattro lunghi anni, aveva diritto a rifarsi un'altra vita. La mia amica, in quanto ammalata di sla, non è in grado di badare a sé stessa, e fra i tanti problemi (oltre alla paralisi degli arti, non ha la possibilità di parlare) si aggiungano due bambini da accudire. Non ho idea di come faccia ad andare avanti, mentre io non so come posso rispondere a questo grido disperato di aiuto. Sabato 31 gennaio, sul settimanale locale ''FAX'' diretto da Vincenzo Magístà, in prima pagina è stato pubblicato un ampio articolo sul mio esposto al ministro della sanità, dal titolo: "Colapinto contro Bindi. Esposto a Rosy Bindi: c'è un farmaco che può allungargli la vita, ma la Cuf se ne frega. Colapinto: sono un malato di serie W.

Ma i malati incurabili non sono tutti uguali. Amara, drammatica con~ statazione, che non fa onore ad uno Stato democratico e progredito come l'Italia. Anche alle soglie della morte non si arriva, come invece sosteneva Totò, "1ivellati". E così, mentre i malati di cancro stanno vincendo la loro battaglia per ottenere una speranza in più, la somatostatina, i malati di sclerosi laterale amiotrofìca, la sla, attendono da un anno, ìnutilmente, che un farmaco che potrebbe allungare loro la vita venga ammesso alla sperimentazione dalla Cuf, la stessa commissione minísteriale che invece, sotto l'incalzare dei mass media, ha dato il via libera in pochi giorni al metodo Di Bella.

A denunciare questa mostruosa disparità di trattamento è Camillo Colapinto, avvocato conversanese, da anni costretto a convivere con la sla, alla quale la sua fibra forte sta resistendo su ogni umana e scientifica previsione. Perché Colapinto non si è dato mai per vinto, né nei confronti della malattia, né della burocrazia, che talvolta è ancor più letale. Ma stavolta ha perso veramente le staffe. Il medicinale che potrebbe allungargli la vita (denominato SR 57746 A) attende da marzo dell'anno scorso il via libera della Cuf. Lo si sta sperimentando in tutto il mondo, tranne-che in Italia. E l'unica giustificazione che il Ministero è riuscito a dargli sul ritardo è che "1a sperimentazione avviene secondo l'ordine cronologico della domanda". E il metodo Di Bella - si chiede Colapinto - quale ordine cronologico ha seguito? Siamo di fronte ad una evidente disparità di trattamento fra malati incurabili, sicché per alcuni appare riconosciuto il diritto alla salute, mentre per altri tale diritto viene retrocesso a semplice aspettativa. Perché? Qual è la discriminante? si chiede Colapinto in una lettera-esposto inviata al Ministro Bindi, in qualità dí segretario regionale dell'Aisla.

"Se la discriminante attiene alla incurabilità - scrive Colapinto l'ammalato di sla, per sua sfortuna, non teme alcun confronto. Se la discriminante è data dalla scarsezza delle risorse finanziarie, la sperimentazione richiesta è a costo zero". E allora? Non sarà perché i malati di cancro sono più di un milione e quelli di sla appena cinquemila? "Se fosse così ~ sostiene Colapinto, e non gli si può che dar ragione - la cosa sarebbe semplicemente aberrante e mostruosa ".

La sla è una malattia progressiva, invalidante, che lasciando inalterate le funzioni cerebrali, distrugge le cellule nervose che muovono i muscoli. Una malattia spietata, che uccide in un periodo compreso fra i 5 e i 49 mesi per arresto respiratorio. L'avvocato Colapinto si ritiene fortunato perché con la sua malattia va avanti da 4 anni, ma solo perché ha scoperto l'esistenza di un farmaco che rallenta il processo degenerativo, il Rilutek, a Marsiglia, dove esìste il centro di ricerca più avanzato del mondo sulla sla. Ora però ì francesi hanno deciso di chiudere le frontiere della speranza, e il Rilutek se lo riservano per loro (la notizia è errata, seguirà una nota diprecisazione, n.d.r). Per questo la necessità che l'altro farmaco venga sperimentato al più presto.

Si può trattare questo medicinale alla stregua di un lassativo o di uno spray nasale? Speriamo che Rosy Bindi lo capisca. Intervistato da Telenorba sull'argomento, l'assessore regionale alla sanità, Saccomanno, si è impegnato a sollecitare la Cuf. a derogare dall'ordine cronologico, esattamente come è stato fatto per il metodo Di Bella. Ma non sarebbe male che anche i cittadini scrìvessero alla Bindi per manifestarle il loro disappunto per questo disgustoso e disumano comportamento.

Sul numero successivo dello stesso settimanale, nella rubrica: "Lettere al Direttore", è stata pubblicata la seguente lettera, con il titolo: "Colapinto, qualcuno si mobilita".

Caro Direttore, in riferimento all'articolo apparso su Fax del 31 gennaio '98: "Colapinto, sono un malato di serie B - Esposto a Rosy Bindi: c >è un farmaco che può allungargli la vita ma la CUF.. ", il Tribunale per i Diritti del Malato di Conversano, sezione "Dott. Ninuccio Grattagliano", assicura il suo interessamento per impegnare la Segreteria Nazionale del Tribunale dei Diritti del Malato ad intervenire con urgenza presso il Ministero della Sanità per sbloccare la situazione ed ottenere che il farmaco SR57746A (Sclerosi Laterale Amiotrofica) venga ammesso quanto prima alla sperimentazione della CUF, derogando dall'ordine cronologico, così come è stato fatto per il metodo Di Bella.

Giovanni A. Ramunni

Presidente del Tribunale per i Diritti del Malato

Conversano

 

 

In altra pagina dello stesso settimanale veniva pubblicata una mia lettera di precisazioni, sotto il titolo: "Colapinto, nemo propheta in patria".

Caro Direttore, l'unico farmaco attualmente disponibile, per la cura della Sclerosi Laterale Amiotrofica, è il Rilutek, commercializzato anche in Italia dal 1997, al prezzo di circa un milione di lire, per la dose di un mese. Detto farmaco è incluso nella fascia H, sicché gli ammalatí lo ritírano dalle farmacie ospedaliere, ed il costo è a carico del S.S.N.

Non corrisponde al vero, dunque, quanto si legge nell'articolo pubblicato sul numero 4 di Fax che i francesi avrebbero riservato per loro il Rilutek, chiudendo agli stranieri. In realtà, è la sperimentazione dell'altro farmaco denominato SR 57746 A della casa farmaceutíca Sanofi, che si svolge in Francia dallo scorso mese di giugno, che è chiusa agli stranieri. La motivazione è la seguente: è stato previsto per l'Europa il numero di 1.200 pazienti da reclutare; tale numero è stato suddiviso tra i Paesi nei quali la sperimentazione deve svolgersi. Naturalmente ai francesi nulla interessa se Rosy Bindi dorme, almeno fino a quando non la svegliano i clamori della piazza, come è avvenuto per la cura Di Bella.

Io, tuttavia, ho potuto accedere alla sperimentazione francese, perché ormai è come se fossi, mio malgrado, diventato francese dí adozione; mi reco a Marsíglia da luglio 1994, in media ogni due mesi, e lì sono registrato come ammalato; pertanto, la mia posizione è assolutamente simile a quella di un ammalato francese, ricevendo uguale trattamento. L'onore della registrazione, invece, non mi spetta in Patria perché da noi non esiste un registro degli ammalati.

La battaglia che sto sostenendo con la Bindi è a favore degli ammalati italiani che non hanno i mezzi e la possibilità di "scapparsene" da questo nostro Bel Paese, ma anche a favore dei medici italiani ai quali viene impedito dal Ministero della Sanità di fare sperimentazioni, restando, in tal modo, privi dí qualsivoglia voce in capitolo rispetto ai loro colleghi europei.

Avv. Camillo Colapinto

Siamo venuti a conoscenza di uno terzo caso di sla a Conversano; questa volta è toccato ad una signora molto anziana, ultraottantenne. Su una popolazione di circa ventiduemila abitanti, mi sembra che tre ammalati siano troppi e che pertanto le statistiche note siano alquanto inattendibili.

In Puglia girano tra gli ammalati di sla falsi protocolli di Di Bella, per il trattamento della malattia, purtroppo con timbri e firme di medici che si propongono come "dibellìani", approfittando della confusione del momento e della disperazione della gente. Ho provveduto a far diffondere un comunicato stampa per mettere in guardia gli ammalati ed i loro familiari.

Sono venuti a trovarmi Ciccio e Alfonso Iudice, Carlo De Luca, Vito L'Abbate, Angelo Sciannamblo, Antonio Realmonte, Tano Pinto, Milena Accolti, Oronzo Giordano, Renato e Luisa Fiandaca, Mario Scisci, Pasquale Loiacono, Luigi Serlenga, Anna Cassano, Carlo Di Carlo.

 

 

APPENDICE

La lettera della dott.ssa Anna Di Landro.

La dottoressa Anna Di Landro di Bergamo, presidente della sezione Lombardia dell'A.I.S.L.A., mi ha inviato una lettera datata 11 febbraio 1998, in merito alla sperimentazione della Sanofi e a quella presunta del prof. Di Bella:

Caro Avvocato,

ho ricevuto ieri la sua lettera del 4~02, e mi sento in dovere di risponderle, in quanto effettivamente il "problema" Di Bella e sperimentazione Sanofi non vanno di certo trascurati. Da parte mia ho scritto una lettera al "Corriere della Sera". indirizzata alla rubrica di Indro Montanelli, nella quale invitavo Di Bella a rendere noti i risultati da lui ottenuti nella terapia della Sla (ma ce ne saranno? Da medico ho dei grossi dubbi) e il ministro Rosy Bindi a non bloccare la sperimentazione, come sta avvenendo, ma a favorirla. Purtroppo la lettera non è stata ancora pubblicata e sto perdendo le speranze che lo possa essere. Tramite una nostra associata abbiamo interessato il senatore Pettinato, che era già a conoscenza del problema, e che ci ha promesso un'interrogazione parlamentare sui due problemi; allo stesso ho anche spedito il testo del suo esposto. Abbiamo anche convenuto con Ferlito di far interessare l'avv. Ferrari, che vive a Modena, perché possa contattare Di Bella o il suo entourage. Abbiamo anche allertato i nostri neurologi ad informarci sulle possibilità terapeutiche della somatostatina, ìn modo da dare una risposta ai pazienti durante il prossimo congresso.

Pare che Silani abbia visto una prescrizione di Di Bella e si sia stupito per le dosi da "cavallo" dí alcuni farmaci, come la DOPA. Secondo il mio parere, è meglio non spingere gli ammalati verso questa terapia, ma premere per una sperimentazione seria, proprio per non illudere nessuno.

In attesa di risentirla, Le invio cordiali saluti.

Anna Di Landro

 

Un comunicato stampa.

Il 12 febbraio provvedevo a far diffondere il seguente comunicato stampa:

Nella qualità di consigliere nazionale dell'A.I.S.L.A. e di presidente della sezione della Puglia, Vi invito a dare la seguente comunicazione, per evitare che persone disperate restino vittime di approfittatori:

In attesa che il ministro della sanità si compiaccia di rispondere all'esposto del 21 gennaio u.s. con il quale, denunciando una intollerabile disparità di trattamento tra ammalati incurabili, si chiedeva la riunione immediata della C.U.E per l'approvazione della sperimentazione del farmaco denominato SR 57746 A della casa farmaceutica Sanofi, per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica, si comunica che, a seguito delle dichiarazioni del prof. Di Bella di poter curare con il suo metodo oltre che il cancro, talune altre malattie, tra le quali anche la Sclerosi Laterale Amiotrofica, dichiarazioni che hanno suscitato allarme ed aspettative negli ammalati vittime oltre che della malattia, anche dello stato confusionale nel quale, attualmente, versa il pianeta sanità, si è venuti a conoscenza che in Puglia circolano dei presunti protocolli Di Bella, firmati da medici, per la cura della S.L.A.

Senza entrare nel merito dell'efficacia del metodo Di Bella per la cura della S.L.A. che al sottoscritto non compete, si è appurato che tali protocolli sono falsi, nel senso che riguardano la cura di alcune forme tumorali, ma non della S.L.A.

Pertanto, poiché, allo stato, non risulta come esistente un protocollo ufficiale Di Bella per la cura della S.L.A., si invitano gli ammalati ed i loro familiari a diffidare di simili protocolli, o quanto meno a richiedere direttamente al prof. Di Bella la certificazione della paternità di tali presunti protocolli per il trattamento della S.L.A.

Avv. Camilln Colaninto

 

 

Da "il Sole 24 ore"

Affinché il lettore possa meglio verificare l'enorme difficoltà di battersi contro i ritardi della burocrazia ministeriale, trovo utile riportare il seguente articolo pubblicato sul quotidiano 1l Sole 24 ore" del 16 febbraio 1998, dal titolo: "Sperimentazioni: l'Italia alla prova sulla ricerca clinica".

Il Parlamento europeo propone una direttiva che fissi modalità e tempi certi. La sperimentazione necessaria per rispondere alle attese che la vicenda Di Bella ha sollevato in Italia e soprattutto le ragioni oggettive, di carattere sociale ed economico, richiedono di porre al centro del dibattito nazionale l'esigenza di rilanciare la ricerca clinica nazionale. Un aiuto a questa irrinunciabile esigenza viene dalla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente "il ríavvicínamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione della buona pratica clinica nell'esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali a uso umano

Una premessa, per meglio inquadrare l'argomento. Nessuno si è mai chiesto: perché le industrie farmaceutiche operanti in Italia hanno da tempo scelto quale terreno preferenziale, se non esclusivo, per la sperimentazione dei farmaci la ricerca clinica dei Paesi nord-europei e hanno praticamente abbandonato la ricerca clinica del nostro Paese? Perché un fiume di denaro, che potrebbe sostenere strutture nazionali e attivare occupazione ad alta professionalità presso ospedali e istituti a carattere scientifico, varca invece le Alpi?

In Italia una legislazione falsamente garantista e un'applícazione "interessata " della stessa hanno posto da tempo fuori mercato e fuori "tempo massimo" la ricerca clinica nazionale. E'ormai prassi consolidata che negli studi multicentrici internazionali, quando nei Paesi del Nord Europa si inizia la valutazione dei risultati, in Italia è prossimo il tempo dell'autorizzazione alla sperimentazione.

Negli anni passati non sono certo mancate dichiarazioni di buona volontà "riparatrice " da parte di politici e amministratori, tuttavia la situazione è sempre peggiorata, ponendo ormai ai margini del progresso scientifico la nostra ricerca clinica. A questo danno può ovviare l'Europa con la sua proposta di direttiva. In essa si armonizzano a livello europeo corrette procedure regolamentari, fissando tempi certi per l'accesso alle autorizzazioni. La futura competitività fra siti di ricerca sarà affidata,

basandosi su un'unica legislazione di riferimento, alla capacità dei singoli centri di proporsi sul piano scientifico e funzionale.

L'iter del cammino legislativo della proposta comunitaria non sarà facile, né scorrevole. Molti saranno gli ostacoli, anche creati ad arte, per arrestare il suo avanzamento da chi ha tutto l'interesse a mantenere lo "status quo ". Ma un primo gradino è stato superato. Il Comitato economico e sociale, l'istituzione rappresentativa degli interessi sociali in Europa, ha approvato ilparere di cui sono stato relatore.

In esso si persegue il raggiungimento del delicato equilibrio fra: l'esigenza di semplificazione delle procedure burocratiche; la garanzia dei tempi necessari all'autorizzazione della sperimentazione; la massima garanzia e sicurezza dei soggetti che si sottopongono alla sperimentazione.

Tali presupposti, rafforzati da una prassi procedurale consolidata a livello internazionale, consentiranno tempi certi nella disponibilità di un corretto numero di casi necessari per la validazione statistica dei risultati raggiunti. Questa è la strada obbligata per una rigorosa valutazione dell'efficacia e della sicurezza di una specialità medicinale, prima della sua eventuale messa in commercio.

Tutto ciò costituisce un anello essenziale per garantire in Europa la presenza di un'industria farmaceutica competitiva e innovativa. E per l'Italia questo recupero di competitività potrà costituire un momento decisivo per rilanciare la ricerca clinica.

Sergio Colombo

Consigliere Comitato economico e sociale europeo

 

 

La lettera del prof. Silvio Carattini.

MINISTERO DELLA SANITA'

Consiglio Superiore di Sanità

Roma, 19 febbraio 1998

N. 100. CSS/01.01.05/310

Avv. Camillo Colapinto

A.I.S.L.A.

Sezione Puglia

Via P.M Accolti Gil, 15

70014 CON-VERSANO (BA)

ep.c. Dirigente Generale del

Dipartimento per la valutazione dei medicinali e farmacovigilanza Ministero della Sanità

Sede

Egregio avvocato Colapinto,

La ringraziamo vivamente per aver portato alla nostra attenzione gli argomenti contenuti nella Sua lettera del 2111198.

La Sezione V del Consiglio Superiore di Sanità condivide pienamente le Sue osservazioni e ritiene che l'utilizzo di un doppio standard non possa far parte delle regole per la sperimentazione clinica, le quali rappresentano una difesa del diritto alla salute di tutti gli ammalati.

Le facciamo presente che questa Sezione ha dato precisi indirizzi sulla semplificazione delle procedure relative alla sperimentazione clinica, come potrà osservare dal parere espresso in data 21 maggio 1997, che si allega in copia.

Inviamo copia in questa lettera al Dipartimento per la Valutazione dei Medicinali e la Farmacovigilanza, per le opportune decisioni che riteniamo debbano essere sollecite.

Con viva cordialità.

Il Presidente della Sezione

(prof. Silvio Garattini)

 

 

 

MINISTERO DELLA SANITA'

Consiglio Superiore di Sanità

Sessione XLIII

SezioneV

Seduta del 21 Maggio 1997

Il Consiglio Superiore di Sanità - Sezione V

Vista la legge 7 agosto 1973 n. 519; Visto il D.M. 28 luglio 1977; Visto il D.M. 4 dicembre 1990; Visto il D.M. 2 7 aprile 1992;

Tenuto conto della elaborazione, in corso da parte del Dipartimento per la Valutazione dei Medicinali e la Farmacovigilanza, della Circolare relativa alla "Sperimentazione clinica dei medicinali";

Preso atto che il succitato documento ha, tra gli obiettivi, quello di evitare la trasmissione al Ministero della Sanità, con relativa valutazione, di tutte le documentazioni inerenti le richieste di sperimentazione che sono di competenza dei Comitati Etici, prevedendo per l'Ente proponente, se il farmaco è noto, l'invio diretto al Comitato Etico o, se è nuovo, direttamente alll'Istituto Superiore di Sanità;

Considerato che gli attuali ritardi nelle approvazioni delle sperimentazioni cliniche eliminano l'Italia dal circuito della sperimentazione clinica internazionale, incidendo profondamente sulla conoscenza e sull'uso dei nuovi farmaci

ESPRIME PARERE

FAVOREVOLE ai suddetti orientamenti del Dipartimento competente finalizzati ad uno snellimento delle procedure in tema di sperimentazione clinica dei medicinali.

 

Qualora il proponendo iter autorizzativo semplificato non sia, per motivi legislativi percorribile in tempi brevi

RITIENE

che l'autocertificazione di Notorietà da parte dell'Ente proponente, accompagnata dal parere favorevole del Comitato Etico regionale o istituzionale, sia considerata l'equivalente di una autorizzazione alla sperimentazione;

che, nel caso in cui l'Ente proponente non sia in grado di fornire l'autocerti/icazìone, questìpossa ìnviare tutta la documentazione direttamente alll'Istituto Superiore di Sanità;

che, nel caso in cui il Comitato Etico competente abbia dato parere sfavorevole, la documentazione possa essere inviata al Ministero della Sanità;

che una norma transitoria preveda la possibilità, per tutti gli Istituti pubblici e privati che abbiano già acquisito precedentemente autorizzazioni alla sperimentazione, di poter continuare ad effettuare le sperimentazioni con le medesime modalità;

che sia disponibile presso il Dipartimento un registro consultabile che riporti tutti gli studi clinici in corso di realizzazione in Italia. AUSPICA

di ricevere, entro 60 giorni, informazioni aggiornate circa gli sviluppi di una così urgente problematica.

Il Segretario della Sezione Il Presidente della Sezione

f to Maria Grazia Lefosse f to Silvio Garattini

Il Segretaio Generale f to Marta Di Gennaro

 

 

Una simpatica lettera.

Il dr. Renato Fiandaca, magistrato presso il T.A.R. per la Puglia, mi ha scritto una simpatica e preziosa lettera, risolvendo, bontà sua, un problema che mi impediva di scrivere con il computer, usando solo il mouse, dalla scorsa estate.

Bari, 26 febbraio 1998

Caro Camillo,

il metano ti dà una mano. Io cerco di dartene un'altra.

Scherzi a parte, il software Mano I.] del sig. Mimmo Saggese (ed elaborato per la installazione dal sig. Bruno Esposito) è davvero utile e fun- ziona alla perfezione sia su Windows 3. Il che su Windows 95 e si installa automaticamente cliccando sulla icona delfile da "Risorse del computer".

L'installazione è automatica e richiede pochi secondi. Nella cartella "programmi" si installerà il programma Mano, con un file di esecuzione (Mano 1.1), un file "leggimi " e un programma per disinstallare il software.

Ti consiglio di farne una copia di backup oppure di copiarlo sul disco rigido e poi di installarlo.

Attesa la gratuità del software, di libero utilizzo da parte di chiunque ne abbia (suo malgrado) bisogno, potrai duplicarlo e pubblicizzarlo a piacimento nell'ambito dell'Associazione.

Gli indirizzi di email internet di Mimmo Saggese e di Bruno Esposito puoi trovarli all'interno del file "leggimi" che potrai consultare dopo l'installazione. Potrai direttamente contattare l'ideatore del software o del programma di installazione per chiarimenti e consigli ovvero anche per complimentarti con loro.

Adesso non hai scuse e puoi procedere avanti tutta la prosecuzione del Diario 1998!

Un abbraccio, anzi due ... se non sei geloso!!!

Tuo Renato

 

La lettera dí mio fratello Carlo.

Sul quotidiano Il Sole 24 ore" di lunedì 2 marzo è stata pubblicata una lettera di mio fratello Carlo, che trascrivo:

Egregio Direttore, ho molto apprezzato l'articolo di Sergio Colombo, Consigliere del Comitato economico e sociale europeo, pubblicato dal "Sole 24 ore" di lunedì 16 febbraio con il titolo L'Italia alla prova sulla ricerca clinica" ' sullo stato attuale della sperimentazione clinica del nostro Bel Paese, dopo la recente approvazione di una direttiva europea che fissa modalità e tempi certi per l'accesso alle autorizzazioni delle sperimentazioni cliniche con nuovi farmaci, constatato che, come scrive l'Autore, "In Italia una legislazione falsamente garantista e un'applicazione "ìnteressata " della stessa hanno posto da tempo fuori mercato e fuori tempo massimo la ricerca clinica nazionale, ridotta ormai ai margini del progresso scientifico, nonostante le dichiarazioni di buona volontà "riparatrice" da parte dei politici e amministratori negli anni passati ".

A conferma di questa paradossale situazione per i malati desiderosi di sottoporsi a terapie sperimentali, assumendosene consapevolmente i rischi, ma impossibilitati in pratica ad essere arruolati nelle sperimentazioni cliniche in Italia per le lungaggini burocratiche, rendo noto che nel 1997 gli ammalati italiani di Sclerosi Laterale Amiotrofica - infrequente malattia neuromuscolare che provoca inevitabilmente la paralisi progressiva dí tutti i muscoli senza menomare le capacità intellettive - sono stati definitivamente privati della possibilità di sottoporsi alla sperimentazione con un farmaco denominato SR57746 A che almeno rallenta la progressione della paralisi. Infatti, interpellato tempestivamente al riguardo, il dirigente di turno del Ministero della Sanità rispondeva che "1a sperimentazione avviene secondo l'ordine cronologico della domanda ", quindi indipendentemente dalla gravità della malattia, escludendo di fatto i pazienti italiani dalla sperimentazione che invece avviene negli altri Paesi europei, salvo poi a concedere una deroga a questo assurdo principio cronologico, autorizzando con lodevole sollecitudine la sperimentazione del "metodo Di Bella ".

In -questo modo si finisce per sancire una palese disuguaglianza tra malati incurabili, concedendo ad alcuni, ben più numerosi, una possibilità ulteriore di cura e negandola ad altri, colpevoli di essere affetti da una malattia piuttosto infrequente (un caso ogni centomila abitanti per anno),ma non per questo meno grave e, per di più, senza valide alternative terapeutiche.

Ora, superato il disappunto, subentra una certa inquietudine quando Sergio Colombo scrive che 'Titer del cammino legislativo della proposta comunitaria non sarà facile, né scorrevole. Molti saranno gli ostacoli, anche creati ad arte, per arrestare il suo avanzamento da chi ha tutto l'interesse a mantenere lo status quo ".

Carlo Colapinto

 

 

La lettera al ministro della Sanità.

Conversano, lì 03/03/1998

All'On.le Rosy Bindi - Ministro della Sanità - Roma

All'On.le Luciano Violante - Presidente della Camera dei Deputati Roma

Al Senatore Nicola Mancino - Presidente del Senato della Repubblica - Roma

Al Dott. Michele Saccomanno -Assessore alla Sanità della Regione Puglia - Bari

Al Prof. Silvio Garattini - Presidente della V Sezione Consiglio Superiore di Sanità - Roma

Al Prof. Guglielmo Scarlato - Policlinico Umberto 1 - Milano Al Dott. Vincenzo Silani - Policlinico Umberto 1 - Milano

Al Dott. Gabriele Mora - Fondazione Maugeri - Veruno

Al Sig. Vincenzo Magistà - Direttore del Telegiornale Telenorba Conversano

Al Dott. Edoardo Ferlito - Presidente A.I.S.L.A. - Novara

Ai Presidenti delle Sezioni Regionali dell'A.I.S.L.A. - Loro sedi

Egregio Ministro della Sanità,

è trascorso un anno da quando la casa farmaceutica Sanofi ha presentato secondo le regole - la domanda di autorizzazione per la sperimentazione del farmaco SR 57746 A, per il trattamento della terribile sclerosi laterale amiotrofica.

In questo periodo di tempo ho spedito lettere, inviti, diffide, esposti ecc. affinché Lei provvedesse a fare esaminare tempestivamente la domanda. Tutto è stato inutile perché non è successo nulla, anzi, più esattamente, è stato opposto il criterio cronologico dell'esame delle domande, con una ostinata determinazione, degna di una causa più onorevole.

Ora dovrei citarla avanti ad un tribunale, ricorrendone i presupposti, per ottenere un provvedimento che La costringa a fare qualcosa. Ma, pur volendo, non sceglierò questa strada, in quanto, in ogni caso, una eventuale sentenza sarebbe "inutiliter data", perchè la sperimentazione di che trattasi, ormai, sono certo che in Italia, a Milano e a Veruno non si farà più. Le conseguenze saranno che, nel caso di augurabile successo della sperimentazione, da tempo in corso in Europa, gli ammalati italiani riceveranno il farmaco innovativo con anni di ritardo, ed i medici italiani, ai quali è stata impedita la sperimentazione, resteranno ancora più indietro rispetto ai loro colleghi europei ed americani. Non è la prima volta che ciò succede.

Sembra certo che nel nostro Paese "anormale", non è seguendo le regole che si ottiene la tutela dei diritti, come insegna 'Taffare Di Bella". Personalmente, ho maturato il convincimento che l'infame criterio cronologico da Lei opposto agli indifesi malati di Sia, verrà finalmente modificato non certo da un ministro della Repubblica, ma da una direttiva europea che obbligherà la burocrazia del Ministero della Sanità a provvedere entro termini certi e brevi dalla richiesta, secondo principi e modalità trasparenti.

Facendomi furbo, sarei potuto andare dal prof. Di Bella che ora, converrà, politicamente conta moltissimo; certamente avrebbe approntato un protocollo Sia che la C.U.E, in quattro e quattr'otto, avrebbe approvato sollecitamente.

Ma neanche tale soluzione ho deciso di prendere. E mi spiego: ricorderà un articolo giornalistico di Alberto Moravia di tanti anni fa e che fece molto clamore, dal titolo: "Né con lo Stato, né con le Brigate Rosse"; parafrasando detto titolo, io non sto né con il Ministero, né con Di Bella. Infatti, l'apparato che Lei dirige mi è ostile e mi maltratta gratuitamente da anni, e per questo motivo mi piacerebbe molto che il Ministero della Sanità fosse soppresso con un referendum popolare; ma non sono neanche per Di Bella che pur mi suscita simpatia, in quanto a mio modo di vedere, l'affare Di Bella" e la conseguente ulteriore grave confusione portata nel pianeta sanità attengono alla politica, ovvero all'irrazionale, alle aspettative miracolistìche, al furor di popolo.

Penso sia chiaro a più di uno che la c.d. "sperimentazione Di Bella", in realtà non è una vera sperimentazione, come, peraltro, hanno già espressamente dichiarato suoi autorevoli e molto ascoltati consiglieri. In realtà, siamo in presenza di una scelta di opportunità politica, tant'è che la c.d. sperimentazione è permessa a qualunque ammalato di cancro che si trovi ad un certo stadio della malattia, la voglia fare; dunque è una cura.

Infatti, la sperimentazione non è stata richiesta né dalla casa farmaceutica che produce la somatostatina, né dal prof Di Bella che la considera inutile, in quanto la sua cura è praticata - con successo, egli afferma - da oltre vent'anni. Dunque, la sperimentazione è stata proposta da Lei, quale Ministro della Sanità, per cui mi pare non possa dubitarsi che sia una sperimentazione politica, dovuta al furor di popolo. E per gli incurabili ammalati di Sia che, privi di altemative, aspirano ad una "sperimentazione scientifica"?

A chi, come me, non ha santi protettori che La possano contrastare e condizionare, resterebbe il gesto clamoroso: la protesta solitaria contro i ritardi e l'indifferenza della burocrazia e dei politici; in breve, il gesto inconsulto: incendiarsi davanti al Ministero. La cosa non sarebbe propriamente impossibile, atteso che al capolinea mi attende una crisi respiratoria, sicché ammetterà che tra il morire soffocato o arso, non c'è grande differenza. Ma, neanche tale soluzione adotterò, e per varie ragioni. Infatti, spento l'incendio e spente le telecamere, tempo ventiquattro ore, nessuno ne parlerebbe più, inoltre, a Lei non gliene importerebbe più di tanto; infine, mi perdoni la presunzione, ma lo scarso tempo che resta della mia vita vale di più di un Ministro della Sanità.

Le dico finalmente ciò che farò.

Non Le scriverò più. Sarebbe tempo sprecato, da Lei gli ammalati di Sia non si attendono nulla, e peraltro in questo momento Lei è troppo impegnata a non farsi travolgere da 'Taffare Di Bella". Sappia, tuttavia, che, unitamente ai suoi predecessori, La considero politicamente responsabile di aver ridotto la ricerca clinica nazionale ai margini dei progresso scientifico. Riporto dal quotidiano 'T Sole 24 ore" del 16 febbraio scorso: "Nessuno si è mai chiesto: perchè le industrie farmaceutiche operanti in Italia hanno da tempo scelto quale terreno preferenziale, se non esclusivo, per la sperimentazione dei farmaci la ricerca clinica dei Paesi nord-europei e hanno praticamente abbandonato la ricerca clinica del nostro Paese? Perchè un fiume di denaro, che potrebbe sostenere strutture nazionali e attivare occupazioni ad alta professionalità presso ospedali e istituti a carattere scientifico, varca invece la Alpi?

In Italia una legislazione falsamente garantista e un'applicazione "interessata" della stessa hanno posto da tempo fuori mercato e fuori "tempo massimo" la ricerca clinica nazionale".

Tali amare e non smentibili constatazioni trovano il crisma della ufficialità, presso il suo stesso Ministero: "Considerato che gli attuali ritardi nelle approvazioni delle sperimentazioni cliniche eliminano l'Italia dal circuito della sperimentazione clinica internazionale, incidendo profondamente sulla conoscenza e sull'uso dei nuovi farmacì..." (dal Parere del Consiglio Superiore di Sanità - Sezione V, espresso nella Seduta dei 21 maggio 1997).

Come non bastasse, Lei con la "impropria sperimentazione Di Bella" ha sancito una vergognosa disparità di trattamento tra malatì incurabili, in quanto le regole che non si vogliono mutare non valgono più evìdentemente quando la piazza si muove e la sperimentazione diventa oggetto di scontro politico. E' molto significativo il suo silenzio sul mio ultimo esposto del 21 gennaio u.s. al quale, invece, ha ritenuto di rispondere il Consiglio Superiore di Sanità, per comunicarmi, da parte del prof. Silvio Garattini che: "La Sezione V del Consiglio Superiore di Sanità condivide pienamente le Sue osservazioni e ritiene che l'utilizzo di un doppio standard non possa far parte delle regole per la sperimentazione clinica, le quali rappresentano una difesa del diritto alla salute di tutti gli ammalati".

Se i nostri Parlamentari fossero più vicini ai veri problemi dei cittadini, e dunque più attenti e meno distratti, a mio modo di vedere, sui fatti da me denunciati, ce n'è abbastanza per promuovere un'inchiesta parlamentare, e chiedere le Sue dimissioni.

Infine, metaforicamente, mi metterò sulla riva del fiume e attenderò, sperando di fare ìn tempo a vedere che mi passi davanti il cadavere della burocrazia del Ministero della Sanità, giustiziata finalmente dalla normativa del Parlamento Europeo, l'unica istituzione nella quale fondatamente sperare. Nel frattempo, si conteranno le croci degli ammalati uccisi dalla Sla.

Buon lavoro, signor ministro.

Avv. Camillo Colapinto

 

 

Una e-mail per ridare una voce.

Dal sig. Alessandro Dominici ho ricevuto l'1l marzo il seguente messaggio:

Egregio dr. Camillo Colapinto,

Le scrivo su consiglio del dr Bonito, neurologo degli Ospedali Riuniti dí Bergamo, per farle conoscere la mia iniziativa soprannominata "Un aiuto a chi non ha più una voce " che penso potrebbe essere molto interessante e soprattutto molto utile. L'idea deriva purtroppo dalla malattia di mia mamma, la Sla. Poichè infatti la voce di mia mamma, da qualche tempo ha cominciato a modificarsi, tendendo ad essere meno chiara, ho cominciato le ricerche per un sistema o un software per computer in grado di permettere a una persona immobilizzata e senza voce, la possibilità di comporre delle frasi e di farle pronunciare al computer tramite la sintesi vocale computerizzata.Le riporto dí seguito un mio messaggio che spiega in maniera dettagliata le evoluzioni della mia ricerca."Questo messaggio è diretto a tutte le persone italiane affette da Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica) e a tutti i parenti di queste persone che sono interessate a un sistema in grado di far parlare il paziente tramite un computer e un software che utilizza la lingua italiana. Se non siete italiani leggete comunque il messaggio e scoprirete che potrà essere interessante anche per voi. Il messaggio è diretto anche a tutti coloro che fortunatamente non sono coinvolti da questo problema ma vogliono darci un granaiuto con un piccolissimo contributo.Mia mamma è affetta da Sla da circa 2 anni. Ha perso la mobilitàgambe e anche le braccia hanno perso molta forza. Da qualche mese ciato ad accusare problemi bulbari con disturbi alla voce e alla ne Conosco anche una signora amica di mia mamma che è affetta da Sla ma in uno stadio più avanzato. Tutto il suo corpo to, ha problemi di deglutizione e ha perso la parola. E così messo alla ricerca di un software che fosse in grado di aiutare il iacquistare, in un certo senso, di nuovo la parola, anche se un computer delle cose terribili di questa malattia è il fatto che la persona è minima capacità di esprimersi, anche in minima parte con il mondo che la circonda. Penso dunque che fornire a tale persona un ausilio che le permetta, anche se in maniera lenta, dì riprendere a comporre delle frasi e addirittura a farle pronunciare a un computer, possa darle una gioia immensa anche se non comparabile naturalmente con quella che deriverebbe da una guarigione.urtroppo non credo che esista attualmente un software in grado di far parlare un computer in italiano, ma soprattutto da associare a un programma per la composizione di frasi, senza l'ausilio della tastiera ma semplicemente tramite pochi attuatori adattì al tipo di movimento che il malato riesce a fare.Con le mie ricerche sono venuto a conoscenza di un'associazione, la CPU (Computer per l'uomo) di Como, il cui nobile lavoro è quello di studiare sistemi e ausili che utilizzano il computer per aiutare i disabili a riacquistare determinate funzioni perse. Questa associazione ha sviluppato un bellissimo programma che permette a una persona di comporre delle firasì lettera per lettera o frasi già fatte semplicemente controllando da una a sei griglie, precedentemente preparate, contenenti lettere e simboli. Il controllo di tali griglie avviene tramite degli interruttori, leve o attuatori che vanno collegati alla porta parallela o alla porta game del PC. I controlli possibili vanno da 3 a 1 a seconda di quanti movimenti riesce a fare la persona disabile. Naturalmente, più movimenti si riescono a fare e più velocemente verranno composte le frasi.Il programma è provvisto anche di un meccanismo di predizione delle parole che permette, tramite un vocabolario che si costruisce durante l'utilizzo del programma, di anticipare le parole più usate senza doverle scrivere completamente. Ma la cosa più bella che hanno fatto i ragazzì della CPU è che questo programma lo regalano ai disabili che ne hanno davvero bisogno. Il programma purtroppo non dispone però di un sistema per far pronunciare le frasi al computerIo e il presidente dell'associazione abbiamo fatto qualche ricerca di mercato per trovare un sistema che permette di far parlare il computer nella, lingua italiana e abbiamo trovato un valido software della firstbyte, chiamato ProVoice, che associato al programma della CPU realizzerebbe un prodotto molto valido. Potete trovare tutti i dettagli dí tale prodotto al sito della FirstByte (http://www.firstbyte.davd.com/).Purtroppo, tale software ha un costo non trascurabile. Abbiamo chiesto informazioni alla First Byte e tutto il delevoper kit con il font in italiano costa circa 995 dollari. La First Byte fornisce font per tutte le principali lingue al prezzo di 199 dollari ciascuno; quindi, adottando l'opportuno font, il programma può essere utilizzato da qualsiasi persona indipendentemente dalla lingua. L'idea che mi è venuta allora è questa e ve la illustro.Purtroppo in Italia e anche altrove esistono tante persone affette da questa terribile malattia che gradirebbero poter utilizzare un programma che dia loro la possibilità di parlare ancora. Pensavo dunque che se tutti noi ci proponiamo di comprare tale software e le eventuali licenze d'uso insieme, il costo si riduce notevolmente. Anche voi che avete la fortuna dì non essere coinvolti, nè direttamente, nè sui vostri cari da questa terribile malattia, potete darci una mano se lo desiderate. Più siamo e meno è il costo per un prodotto molto valido e soprattutto utilissimo. Pensavo di raccogliere personalmente, tramite il mio indirizzo di e-mail, delle adesioni senza impegno a questa proposta. Man mano che arrivano vi informerò sul numero di adesioni raggiunte e sulla spesa unitaria. Alla fine deciderete voi stessi se intendete partecipare a questa spesa o meno. Penso che la proposta sia molto interessante e soprattutto utile ai nostri cari afflitti da questa brutta malattia.Spero di avervi dato un chiaro quadro dell'utilità del programma della CPU e della possibilità di fornire una voce a questo programma. Per ulteriori dettagli consultate la pagina del 'Trogramma Bernardo " che potrete trovare all'indirizzo:

http://www.geocities.com/SiliconVa/ley/H`aven/3424.

Se avete ancora dei dubbi, posso mandarvi, su concessione della CPU, una copia di questo programma che potrete provare e così rendervi conto della sua utilità.Confido nel vostro interessamento e spero che mi risponderete in tanti Aspetto con ansìa una vostra maìl e vi saluto tutti con affetto.Il messaggio che ha appena letto è stato pubblicato su un bollettino che viene preparato e diffuso tramite la rete Internet e che tratta esclusivamente della SLA. Inoltre può essere tuttora consultato presso un sito Internet con il seguente indirizzo:

Attp://www.geocities.com/SiliconValley/H`aven/3424/monol.html

Lo stesso sito dà ulteriori informazioni sul Programma BernardoPurtroppo non ho ricevuto alcuna adesione alla mia richiesta, probabilmente perchè il bollettino sul quale è stato pubblicato il messaggio ha un audience internazionale ma prettamente amerìcano. Comunque sia, penso che pochissimi Italiani hanno avuto modo di venire a conoscenza del mio messaggio E così ho deciso di scriverle, intanto per informarla di questa mia iniziativa nell'intento di avere un parere a riguardo, qualche informazione o buon consiglio, e chissà, magari pure qualche aiutino economico. Spero di non essere stato troppo invadente con questo mio messaggio, spero anzi (e in verità sono confidente) di realizzare un qualcosa che risulti di grande valore per delle care persone che hanno avuto la sfortuna di incontrare nella propria vita un nemico purtroppo attualmente imbattibile.Nella speranza di poter raccogliere i presupposti per la realizzazione del mio sogno, Le porgo i miei più cordiali saluti.

Alessandro Dominici

Alessandro Dominici Software Engineering Italtel/Siemens S.p.a. Tel. uff. 2 4388 7297; Fax. uff. 2 4388 8431; Tel. casa: 2 9356 0621; mailto: Alessandro.Dominici@italtel.it

 

 

La lettera dell'assessore Saccomanno.

REGIONE PUGLIA -ASSESSORATO ALLA SANITA'

Settore Sanità - Ufficio Farmaceutico

Prot. n. 24126471524115

Bari, 12 marzo 1998

A1Presidente della Commissione Unica delFarmaco c/o Ministero della Sanità - Via Civiltà Romana, 7 Roma

Al Presidente dell'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica Sez. Puglia

Avv. Camillo Colapinto ~ Via P.M. Accolti Gil, 15 - Conversano (BA)

Oggetto: Richiesta sperimentazione farmaco SR 57746 A.

Con nota raccomandata del 28.01.98, l'avv. Camillo Colapinto, in qualità di Presidente dell'AISLA Sez. Puglia, ha rappresentato a questo Assessorato le difficoltà in cui si dibattono gli ammalati di Sclerosi Laterale Amiotrofica in attesa dell'autorizzazione delparere del Ministero della Sanità, per il tramite della CUF, alla sperimentazione del farmaco SR57746A, per la quale è stata avanzata richiesta nel mese di aprile '97 dalla ditta produttrice.Questo Assessorato regionale alla Sanità, valutato che il succitato farmaco è già in sperimentazione in altri paesi della Comunità Europea e degli Stati Uniti, come sostiene inoltre il Presidente dell'AISLA, con la presente chiede, a codesto On. le Ministero della Sanità, per il tramiteCUF, che venga autorizzata - in tempi brevi - la sperimentazione del già citato farmaco SR 57746A, affinchè non vengano vanificate le aspettadei pazienti ammalati di Sla.

L'assessore alla Sanità

(Dr. Michele Saccomanno)

205

 

Lettera al Direttore.

Conversano, lì 14/04/1998

Al Sig. Vincenzo Magistà

Direttore del Telegiomale di Telenorba - Conversano

e, p.c. al Consiglio Superiore della Sanità - Roma e, p.c. al Dott. Michele Saccomanno

Assessore alla Sanità della Regione Puglia - Bari

Oggetto: Definitiva esclusione dell'Italia dalla sperimentazione del farmaco SR 57746 A della casa farmaceutica Sanofi, per il trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica.

Egregio Direttore,

La invito a dare notizia del seguente grave, inquietante e preannunciato caso di malasanità.Il primo aprile di quest'anno si è concluso il reclutamento di 2.000 pazienti per la sperimentazione di cui all'oggetto. Detta sperimentazione è in corso, da giugno dello scorso anno, in tutti i Paesi europei ai quali la casa farmaceutica Sanofi aveva avanzato richiesta di autorizzazione, tranne che in Italia, perchè non è stata rilasciata alcuna autorizzazione, nonostante sia trascorso addirittura più di un anno dalla domanda. A nulla sono valsi i numerosi appelli a provvedere, avanzati da più parti. Dunque in Italia la sperimentazione non si svolgerà più.Denuncio come responsabile di questa grave omissione Rosaria Bindi, detta Rosy, per i malati di sia, ministro della Indifferenza e della Disparità di Trattamento. A lei riconosco il merito di aver negato gratuitamente una speranza a malati incurabili e di aver ulteriormente confinato i ricercatori italiani nella ignoranza, per quanto riguarda l'utilizzo di farmaci innovativi. Il danno che ne viene alla collettività si commenta da solo. A lei riconosco il merito di aver ratificato che il nostro Paese è volutamente tenuto ai margini della comunità scientifica internazionale, una sorta di colonia africana dell'Europa, e di rappresentare la prova vivente del perchè le case farmaceutiche generalmente evitano di chiedere di svolgere sperimentazioni in Italia.Mi chiedo a cosa serva codesto Ministero. Ritengo che, in un Paese normale, un ministro simile dovrebbe essere costretto a dimettersi e a tornarsene a casa. Noi invece ci dibattiamo costantemente in situazioni anomale, all'italiana, per le quali per far valere diritti costituzionalmente garantiti, proprio da parte di chi ha il compito istituzionale di provvedervi, si è costretti a ricorrere all'autorità gíudiziaria, come dimostrano casi recenti.Personalmente, come ammalato di sla, da anni costretto ad emigrare all'estero alla ricerca di farmaci che nel proprio Paese non si trovano, mi auguro che l'affare Di Bella" comporti la fine della carriera politica di Rosaria Bindi, affinchè possa più proficuamente godersi la pingue pensione di parlamentare.

Avv. Camillo Colapinto

 

Una speranza di mutamento.

E stato presentato al Senato il disegno di legge n. 2044 del senatore Antonio Tomassini, in tema di: "Autorizzazioni - Sperimentazione clinica Medicinali", che, tra l'altro, stabilisce in 45 giorni il termine massimo entro il quale le richieste di sperimentazione di farmaci innovativi devono essere autorizzate dal Ministero della Sanità.Il predetto disegno, alla data del 18 febbraio, era in corso di esame da parte della Commissione Igiene e Sanità, in sede referente.

Riporto il testo della relazione introduttiva.

Onorevoli senatori. - I decreti del ministro della sanità del 28 luglio 1977 e del 25 agosto 1977, pubblicati, rispettivamente, nella Gazzetta Ufficiale n. 216 del 9 agosto 1977 e n. 238 del 1 'settembre 1977, definirono il regolamento per l'esecuzione degli accertamenti della composizione e dell'innocuità dei prodotti farmaceutici di nuova istituzione prima della sperimentazione clinica sull'uomo.Dopo ben 15 anni è stato emanato il decreto del ministro della sanità 27 aprile 1992, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 15 giugno 1992, con il quale è stata recepita la diretti~ va 9115071CEE della Commissione, del 19 luglio 1991, in materia di sperimentazione clinica.Con tale normativa sono state introdotte in Italia anche le norme di buona pratica clinica per gli studi clinici sui farmaci, regole precise da seguire per tutti coloro che effettuano sperimentazioni cliniche, alfine di confermare la correttezza nella conduzione degli studi clinici volti a dimostrare l'efficacia e la sicurezza dei farmaci.Pertanto, onorevoli senatori, tale decreto è stato ed è la dimostrazione di quanto sia importante la tutela della salute dei cittadini, anche nel caso particolare di coloro che partecipano come soggetti attivì ed infor~ mati alla ricerca in campo farmacologico.Ma per condurle correttamente, queste sperimentazioni cliniche, ovviamente bisogna prima dar loro inizio.E proprio qui, nella prima delicata fase autorizzativa per l'avvio degli studi clinici, si trova il nodo che stringe e rischia di strozzare la ricerca clinica in Italia.L'eccessiva burocrafizzazione dell'iter che devono percorrere le richieste per avviare le sperimentazioni cliniche, il numero esagerato di autorizzazioni necessarie e la funzionalità non ancora a regime di alcune delle istituzioni preposte al loro rilascio (ad esempio i comitati etici) comportano una lentezza nelle approvazioni che si può non a torto assimiliare ad una vera e propria paralisi.E questa paralisi chi penalizza?Forse le aziende farmaceutiche che sponsorizzano gli studi clinici?Certamente sì.E forse gli sperimentatori italiani, che si trovano ultimi, rispetto ai colleghi degli altri Paesi europei con procedure più snelle e razionali, a poter impiegarefarmaci innovativi? Ancora la risposta è sì.Sperimentare nuovi farmaci significa infatti usufiuire di preziosi strumenti terapeutici quanto prima possibile, mettendo a disposizione dei cittadini, soprattutto quelli più bisognosi, terapie più efficaci e mirate.Ciò significa anche recuperare efficienza, non rimanere più indietro a causa di inutili pastoie burocratiche che costringono le aziende farmaceutiche nazionali ad andare a sperimentare i loro farmaci all'estero e allontanano dai centri di ricerca italiani, pur universalmente riconosciuti valídi e di ottimo livello, le aziende farmaceutiche multinazionali.I cittadini italiani, che proprio di questi tempi sono chiamati a fare degli ulteriori sacrifici per entrare a testa alta in Europa, hanno il diritto di entrarvi in tutti i sensi, usufruendo perciò dei farmaci innovativi così come avviene nei Paesi tecnologicamente più avanzati cui l'Italia ritiene di appartenere.I cittadini italiani hanno il diritto di avere le stesse opportunità dei cittadini degli altri Paesi europei e di ricevere, in tempi ragionevoli, le risorse terapeutiche innovative in grado di curarli e di aiutarli nel salva~ guardare la propria salute, ed è nostro dovere, onorevoli senatori, dovere morale, di legiferare in modo tale da garantire questo diritto.E necessario pertanto un cambiamento radicale, attraverso nuove 4potesi operative che prevedono lo snellimento delle procedure autorizzative delle sperimentazioni cliniche.Et questo l'obiettivo del disegno di legge che mi onoro di presentare.

(fonte: Senato della Repubblica, Testi dei disegni di legge, URL: ktp://www.senato.it/att/ddl/r2044p.htm)

Si avverte la speranza che il citato disegno di legge si traduca quanto prima in legge, senza intoppi e stravolgimenti.

Una sola osservazione: la benemerita ed opportuna iniziativa si appartiene ad un parlamentare che fa parte di una compagine politica di opposizione a quella governativa; è lecito dunque supporre che l'attuale ministro della sanità ha interesse a mantenere l'indecoroso status quo.