Guerra d'Olanda
Su Autori Luigi XIV

 

Tale fu la vera causa di quella famosa guerra d'Olanda alla quale il Re si lasciò spingere e che il suo amore per la marchesa di Montespan rese così funesto allo Stato e alla sua gloria. Aveva già conquistato tutto, preso tutto, Amsterdam era pronta a consegnargli le chiavi, quando il Re, cedendo all'impazienza, lasciò l'esercito, volò a Versailles e distrusse in un istante tutto il successo dei suoi eserciti. Pose riparo a quel disastro con una seconda conquista della Franca Contea, compiuta di persona, e questa volta rimase alla Francia.

Nel 1676 il Re tornò in Fiandra con Condé, e Monsieur con Bouchain. Le armate del Re e del principe d'Orange si avvicinarono così dappresso e così improvvisamente che si trovarono di fronte, allo scoperto, presso la fattoria di Urtebise. Si poneva dunque il problema se fosse il caso di dare battaglia, ma bisognava stabilirlo immediatamente. Monsieur non si era ancora unito a Bouchain, ma il Re, anche senza questi, era superiore all'esercito nemico. I marescialli di Schomberg, d'Humières, La Feuillade, Lorge ecc., si riunirono a cavallo intorno al Re con alcuni dei più illustri ufficiali generali e dei principali cortigiani, per tenere una specie di consiglio di guerra. Tutto l'esercito gridava al combattimento e tutti quei signori avevano compreso quello che bisognava fare, ma la presenza del Re li imbarazzava e ancor più Louvois che, conoscendo il suo padrone, complottava da due ore, ossia da quando si era cominciato a intravedere dove la situazione poteva parare. Louvois, per intimidire la compagnia, parlò per primo quale relatore, per dissuadere dalla battaglia. Il maresciallo d'Humières, suo amico intimo, anche se in grande soggezione, e il maresciallo di Shomberg che lo teneva in gran conto, furono del suo parere. Il maresciallo di La Feuillade, senza riguardi per Louvois, ma da favorito che sapeva perfettamente di qual parere si dovesse essere, dopo qualche esitazione, giunse alla loro conclusione. Lorge, inflessibile nei confronti della verità, stimolato dalla gloria del Re, sensibile al bene dello Stato, in cattivi rapporti con Louvois sia per essere il nipote favorito di Turenne ucciso l'anno precedente, sia per essere stato fatto maresciallo di Francia contro la volontà del ministro, e capitano delle guardie del corpo, si mostrò, con tutte le proprie forze, favorevole alla battaglia e ne indicò in modo talmente chiaro le ragioni che lo stesso Louvois e i marescialli rimasero senza replica. I pochi ufficiali di grado inferiore che successivamente parlarono, osarono ancor meno spiacere a Louvois, ma non potendo fiaccare le ragioni del maresciallo di Lorge, riuscirono solo a balbettare. Il Re, che ascoltava tutto, prese nuovamente i pareri, o, piuttosto semplicemente, le votazioni, senza far ripetere quanto ciascuno aveva detto, poi, con poche parole di rincrescimento per vedersi trattenuto da motivi così validi e per il sacrificio dei suoi desideri che faceva nei confronti del vantaggio dello Stato, girò le briglia e non si parlò più di battaglia. Il giorno seguente, ed io l'ho appreso dal maresciallo di Lorge, la verità fatta persona, da cui l'ho inteso raccontare svariate volte, ma sempre senza risentimento, il giorno seguente, ripeto, il Re ebbe occasione di mandare un trombettiere ai nemici che si ritiravano. Questi lo tennero nel loro esercito un giorno o due. Il principe d'Orange volle vederlo e lo interrogò a lungo sul motivo che aveva impedito l'attacco, dato che il Re era il più forte, i due eserciti vicinissimi l'uno all'altro, in aperta campagna e senza nulla che si frapponesse fra i due. Dopo averlo fatto parlare davanti a tutti, gli disse, con un sorriso malizioso, per mostrargli di essere abbastanza informato e per fare dispetto al Re, di non mancare di riferire al maresciallo di Lorge che aveva avuto ragione a sostenere con tenacia di volere battaglia; che lui mai l'aveva scampata così bella, e che mai era stato così felice di avere evitato di battersi, dato che sarebbe stato battuto senza risorsa e senza poterlo evitare se fosse stato attaccato, e in poche parole si mise a spiegare i motivi. Il trombettiere, tutto orgoglioso per aver avuto con il principe d'Orange un così lungo e singolare colloquio, lo riferì non solo al maresciallo di Lorge, ma al Re, che volle vederlo sul momento, quindi ai marescialli, ai generali e a chiunque volesse ascoltarlo, aumentando così la rabbia dell'esercito, mentre rese un grande favore a Louvois. Quello sbaglio, anzi quel tipo di sbaglio, fece anche troppa impressione sulle truppe e dette luogo a crudeli motteggi nel mondo e nelle corti straniere. Il Re non rimase oltre con l'esercito, nonostante fosse soltanto maggio, se ne tornò a trovare la sua amante.

L'anno seguente ritornò in Fiandra e prese Cambray, nel frattempo Monsieur assediava Saint-Omer. Si trovò di fronte il principe d'Orange che veniva in soccorso della piazzaforte, gli diede battaglia vicino a Cassel e riportò una vittoria completa, prese subito Saint-Omer quindi andò a raggiungere il Re. Il contrasto con la propria lentezza fu così evidente che mai in seguito diede il comando di un esercito a Monsieur. Ogni forma esteriore fu perfettamente osservata, ma fin da quel momento la decisione venne presa e sempre poi ben osservata. L'anno seguente il Re in persona assediò Gand, il cui piano di battaglia costituì il capolavoro di Louvois. La pace di Nimega pose fine quell'anno alla guerra contro l'Olanda, la Spagna, ecc. e all'inizio dell'anno successivo contro l'Imperatore e l'Impero. L'America, l'Africa, l'Arcipelago, la Sicilia risentirono molto la potenza della Francia e, nel 1684, il Lussemburgo fu il prezzo degli indugi spagnoli per l'adempimento di tutte le condizioni della pace. Genova bombardata si vide costretta a venire a domandare la pace tramite il doge in persona accompagnato da quattro senatori all'inizio dell'anno seguente. Poi, fino al 1688, il Re occupò il tempo nel gabinetto, meno in feste che in devozione e in obblighi. Qui termina l'apogeo di quel regno e il suo apice di gloria e prosperità. I grandi capitani, i grandi ministri all'interno e all'estero non c'erano più, ma restavano i loro allievi. Vedremo il secondo periodo che non corrispose affatto al primo, ma fu ancora più diverso dall'ultimo.