(c) Prof. Giacomo Anselmi

Comune di Petrosino

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Storia

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Cenni Storici

Il suo nome Petrosino ha le sue radici sia nella storia che nella leggenda.

Di grande fascino e senza dubbio la legenda legata a San Pietro apostolo, il quale in uno dei suoi viaggi tra Roma e Gerusalemme sarebbe approdato, per mettersi, per mettersi a riparo da una brutta tempesta, sul litorale petrosileno scegliendo la comoda baia di Biscione.

Così dal latino PETRI-SINUS, che significa golfo di Pietro, ne deriverebbe il nome moderno.

Secondo l’altra tesi più semplicistica e popolare, Petrosino proviene dal nome di una pianta spontanea che cresceva nella palude omonima, (già di proprietà del vescovo di Mazara (1536), in quanto inclusa nel Canal bizir, ed in parte reincorporata al Comune dopo il 1549, data di ricognizione del territorio, eseguita da Don Cesare Lanza.)

Anche se la fondazione del Comune risale a 18 anni or sono, luglio 1980, il primitivo suo insediamento abitativo si può far risalire al 1660, prima di questo periodo infatti, il territorio non fu oggetto di colonizzazione. Solo nel periodo arabo e lecito pensare a qualche colonizzazione silvo-pastorale, data la presenza di boschi di latifoglie che si estendevano fino al Timpone di Gianinea e non oltre, in quanto il resto era considerato impraticabile per i forti venti provenienti dal mare.

La zona a mare, a parte la Tonnara, era interessante per la possibilità di ancorare qualche brigantino al riparo dei fortissimi venti di scirocco, ancora oggi questo posto e identificabile come "la fossa della nave".

Sin dal XV sec., tramite una serie di 37 torri costiere collegate fra loro, il territorio di Petrosino assolveva alla funzione di avvista mento contro il pericolo esterno di invasioni e soprattutto contro il banditismo interno che, in connessioni con le frequenti crisi economiche, si era sviluppato in tutta l’isola.

Ancora oggi possiamo ammirare le vestigia della torre Sibiliana del sec. XV e quella della torre "MONTENERO" del sec. XVI.

Un vero incremento economico si ebbe intorno al XVIII secolo, quando John Woodhouse, commerciante inglese, venuto a Marsala per comprare soda da inviare in Inghilterra, scopri le buone qualità del vino locale, non inferiore ai prodotti portoghesi e spagnoli e cominvìciò a curare l'esportazione verso il suo paese. A Woodhouse si deve inoltre la costruzione di diversi stabilimenti lungo la costa e di una lussuosa villa signorile in stile inglese.

Nel giorno 8 settembre di ogni anno nel suo stabilimento in Petrosino, si bandiva il prezzo con cui il barone Woodhouse comprava i vini mosti ed era una festa che continuava per tutta la vendemmia e che coinvolgeva non solo i proprietari della campagna petrosilena, ma tutto l’agro marsalese e mazarese. Oggi di quello stabilimento e di quella villa denominata "Baglio Inglese" (il cui stemma e stato assunto a emblema del comune) non rimane che il portale ed un magazzino semi diroccato.

Essendo faticoso e costoso trasportare l’uva in città per la lavorazione e trasformazione, vennero costruiti appositi magazzini con le necessarie attrezzature per la pigiatura dell’uva e la conservazione del mosto. Cominciarono cosi a sorgere case rurali con residenza e magazzini annessi, forniti di attrezzature per la lavorazione e conservazione dei prodotti: i "bagliotti" ad imitazione dei grandi bagli feudali costruiti dai lavoratori terrieri più ricchi di cui notevole rilevanza ed interesse hanno il Baglio Spano del secolo XIX, il Baglio Basile ed il Baglio Don Federico.

A questi primi nuclei bisogna far risalire l’origine dei cosi detti "chiani" in cui i relativi fondatori provvedevano all’insediamento delle proprie famiglie, caratterizzate da un’organizzazione di tipo prettamente patriarcale.