Sindacato F.A.S.E./R.d.B.-P.I.

 

RASSEGNA STAMPA STORY

 

Scala mobile “sabbie mobili”

 

Come riuscire ad ottenere quello che si desidera senza incappare nelle proteste dei dipendenti, semplicemente adottando un sistema complicato in un modo tale che gli stessi sindacalisti alla fine praticano il famoso “carachiri”.

Ecco cosa siamo riusciti a combinare in un tragico venerdì di caldo afoso, probabilmente i rappresentanti dei Sindacati Confederali hanno pensato bene di eliminare tutte le nostre sofferenze apportando una firma con una stilografica che per l’evento era fornita d’inchiostro nero quel nero che comunemente è usato in segno di una grave perdita “scala mobile”.

Giunti a tal punto non rimane che augurarci per gli anni futuri di avere la possibilità’ economica di acquistare una stilografica colore verde speranza e, con la stessa, di riuscire a sbarcare il così detto “lunario”.

Anche se obbiettivamente non si comprende come mai in crisi economica agli Amministratori Delegati, d’alcuni Enti Statali con Decreto Ministeriale, sono concessi degli aumenti salariali di circa il 30% annui, facendolo in barba alla crisi economica.

Savigliano, 15 agosto 1992                             Longobardi G.

 

SINDACALISTI CHE PASTURANO

 

Sono a conoscenza che alcuni sindacalisti provetti come dei pescatori buttano la pastura; tentando di fare abboccare i “pesci”, nel caso specifico mandano una lettera ai dipendenti dell’USSL 61, comunicando che il loro sindacato e’ riuscito a far ottenere il plus orario.

Ricordo ai provetti sindacalisti; chiunque può adoperare i sistemi che ritiene più opportuni, ma sicuramente non ci si può appropriare dei meriti di una trattativa comune ad altre sigle sindacali. Per l’occasione cito una frase di Primo Levi “bisogna essere diffidenti con i capi carismatici, ossia con chi cerca di convincere con strumenti diversi; dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri la propria volontà.

Poiché è difficile distinguere i profeti veri dai falsi, e’ bene avere in sospetto tutti i profeti. E’ meglio rinunciare a verità rilevate, anche se le troviamo comode perché si acquistano gratis. E’ meglio accontentarsi d’altre verità più modeste e meno entusiasmanti, quelle che si conquistano faticosamente, a poco a poco con lo studio, la discussione e il ragionamento, e che possono essere verificate e dimostrate”.

Savigliano, 15 settembre 1992                        Longobardi G.

 

La riforma della riforma sanitaria decreto leg. 502/92

 

Un primo interrogativo che mi sono posto è stato il Decreto Legislativo 502 del 30.12.1992 ha la consistenza per migliorare in misura efficace l’efficienza e la qualità della sanità italiana? Ho analizzato tre parole chiave del Decreto. Azienda; Competitività; Autonomia. Azienda il decreto rileva che le aziende sanitarie sono Enti Pubblici non economici: è bastata quest’affermazione per capire che non sono vere aziende. Basta citare che le entrate sono definite; il personale è fisso; i collaboratori vengono selezionati attraverso rigidi concorsi; tutti gli acquisti devono seguire la prassi degli appalti; le spese sono vincolate per legge. Competitività dov’è?

I prezzi dei farmaci sono fissati dallo Stato e le Regioni non possono fare acquisti diretti; per i problemi di salute quali, il pronto soccorso, le trasfusioni, i trapianti, la rianimazione, le terapie intensive, dove esiste la competizione?

Tutto cio’ che è complicato, complesso, costoso e poco redditizio avviene solo nelle strutture pubbliche e perciò non ha, almeno per il momento alternativa.

Autonomia che significato può avere questo termine, se persino la ristrutturazione delle USSL, lo stipendio del direttore generale, i bollini per i farmaci, il modo con cui eseguire i versamenti sono definiti per legge o per decreto del Consiglio dei Ministri?

Questo decreto legislativo abolisce, ciocche era la vera innovazione della legge 833/78: “La fondamentale uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alle malattie”.

Infatti, non si è avuto il coraggio di intervenire sugli sprechi ma si è scelta la strada di smantellare il S.S.N. 

Dal 1995, ci sarà anche l‘assistenza  indiretta e riappariranno le mutue alternative e solo chi possederà soldi riuscirà a garantirsi una minima o sufficiente assistenza per gli altri andrà in vigore il solito motto “Dio provveda”. A parere mio, era necessario per dare efficienza ad Ospedali e USL, inserire elementi di managerialità nell’ambito del SSN. Per una buona gestione servono non solo bravi medici ma medici dirigenti e dirigenti d’altri ruoli capaci di organizzare e programmare il lavoro.

Era necessario, quindi un’intensa attività formativa, al fine di formare dirigenti capaci di presiedere con efficacia la responsabilità a loro affidata, di identificare, con l’ausilio di tecniche di gestione avanzate e nel frattempo adeguate alle specialità del settore socio assistenziale.

Una formazione permanente di tutto il personale infermieristico e tecnico ed una formazione del restante personale in funzione delle nuove tecnologie per infondere una nuova cultura della Sanità. Ma a parte le considerazioni di politica sanitaria quello che mi preme evidenziare è quale obiettivo dà raggiungere è la trasformazione di Savigliano in Azienda autonoma regionale.

L’Ospedale di Savigliano ha tutti i requisiti per diventare Azienda. E’ evidente che la trasformazione dell’Ospedale in Azienda non è un problema di lustro per la città di Savigliano, ma sicuramente si pone come centro propulsore di un nuovo concetto di cultura della salute.

E’ importante evidenziare come tale momento di passaggio al gradino superiore, Savigliano sia arrivato soprattutto grazie alla volontà degli operatori, dagli amministratori ai medici, agli operai, ausiliari, infermieri e impiegati, che hanno lavorato sempre con abnegazione affinché questo ospedale non perdesse mai quel contatto con l’utenza che da sempre lo distingue e soprattutto non ha mai temuto il confronto con chi ha in ogni modo avuto la vita più facile.

Savigliano, 24 giugno 1993                            Longobardi G.

 

Accordo capestro

 

Dopo due anni di trattative la CONFINDUSTRIA e i sindacati tradizionali hanno siglato l’intesa sul costo del lavoro, che verrà sottoposto al voto della base dei lavoratori e dovrà essere ratificata il 22 luglio prossimo.

E’ ovvio che noi, ci auguriamo che i lavoratori rispondono con un secco “NO” accordo capestro.

Ci chiediamo, inoltre, se è proprio destino che nel mese di luglio si arrivi a degli accordi che guarda caso è lo stesso mese in cui fu siglato l’abolizione della contingenza.

Si vede che solo in questo mese si riesce a farla in barba ai lavoratori, chissà perché? Ci siamo posti una domanda a cui non siamo riusciti a dare una risposta, probabilmente perché facciamo parte di una Confederazione la quale pensa ancora che un’Organizzazione Sindacale deve tutelare gli interessi dei lavoratori e non deve sostituirsi agli industriali, perché come dice un detto popolare: “Chi vuole fare troppe cose, spesso non riesce a farne nessuna buona”.

Cercando di analizzare il concordato siamo giunti alle seguenti conclusioni: politica dei redditi, sono previsti due incontri per concordare la successione delle variazioni inflazionistiche; secondo noi si incontrano per farsi gli auguri…

Indennità da mancanza contrattuale: se dopo tre mesi dalla scadenza del contratto non sarà ancora stato rinnovato, al lavoratore verrà corrisposto un aumento provvisorio della retribuzione che oscilla dal 30% al 50% del tasso d’inflazione programmata. Ci chiediamo chi è quell’impresario che rinnova il contratto in tempo utile.

Sostegni al sistema produttivo: non vale neanche la perdita di tempo per commentarlo. Mercato del lavoro:

Verranno accelerate le procedure per al concessione della cassa-integrazione. Sarà inoltre, elevato il trattamento di disoccupazione. Secondo loro, infatti, ogni lavoratore si aspetta di andare nel più’ breve tempo possibile a far parte della categoria dei disoccupati o dei cassintegrati, finalmente con questo accordo esaudiranno i nostri “desideri”.

Verrà ridefinito il contratto di formazione lavoro e sarà elevato il limite d’età a 32 anni; così gli imprenditori potranno sfruttare i giovani trentaduenni senza dargli una sicurezza di un’occupazione, veramente ottimo per i giovani che magari hanno anche una famiglia da sostenere.

Modello contrattuale: ci sarà un contratto nazionale e un aziendale, non obbligatorio ma neanche vietato.

Solo su questa frase ci si potrebbe scrivere un libro, figuriamoci cosa faranno gli imprenditori per evitare la contrattazione aziendale considerando che non è obbligatoria. Certo che il dipendente può fare sciopero, ma poi con quali soldi sbarcherà il lunario? Visto che oramai l’attuale salario basta a mala pena a sopravvivere?

Noi ricordiamo che un tempo avevamo la contingenza che salvaguardava il potere d’acquisto dello stipendio, in più’ avevamo i contratti che di norma portavano dei benefici economici, mentre oggi abbiamo dei rinnovi contrattuali che forse riusciranno a salvaguardare la svalutazione, pero’ il sindacato partecipa attivamente alla vita economica della nazione. Ma noi chiediamo ai sindacati tradizionali se il dipendente ha migliorato il reddito, oppure lo ha peggiorato. Per concludere, quindi questa nostra tesi e non è solo perché noi dobbiamo dire e fare il contrario degli altri ma come abbiamo già detto se il sindacato si prefigge il compito di salvaguardare e tutelare gli interessi dei lavoratori deve fare solo questo e non fare anche la controparte.

Savigliano, 15 luglio 1993                              Longobardi G.

 

Illusione ottica

 

Ecco come si può definire l’economia italiana anche se erano tutti o, quasi, convinti che dopo l’accordo sul costo del lavoro del luglio scorso l’economia si riprendesse: i tassi d’interesse sarebbero dovuti scendere e gli investimenti delle aziende dovevano diventare quello ossigeno che la CONFINDUSTRIA dichiarava vitale per l’incremento dei posti di lavoro.

Ecco l’illusione ottica, i tassi d’interesse anche se risalgono lievemente, come d’incanto la disoccupazione aumenta in modo cospicuo: in alcune Regioni italiane raggiunge dei vertici pari al 27%.

Savigliano, 15 settembre 1993                        Longobardi G.

 

 

Il ruolo del sindacato

 

Tutti hanno preso oramai atto che la classe politica attuale si disinteressa delle problematiche del sociale.

Ritengo, allora, necessario un coinvolgimento più diretto, incisivo. Il sindacato deve diventare oggi “ancor più di ieri”, un punto di riferimento, in forza della sua autonomia da ogni condizionamento politico partitico, della democrazia interna, della sua capacità propositiva.

E’ necessario creare uno spazio ancora più grande nel tessuto sociale a livello nazionale, uno spazio che sicuramente sarà contestato, ma non per questo verrà meno alla tutela dei diritti dei lavoratori.

Il nostro ruolo, la nostra funzione di tutela del mondo del lavoro, deve servire unicamente a conseguire il “bene comune”. Significa promuovere il bene di tutto l’uomo, quindi anima e corpo, e di tutti gli uomini, non solo quelli del Nord ma anche del Sud. Ritengo che non sia da condividere alcun’ideologia che tende non solo a dividere l’Italia ma anche tutto il movimento dei lavoratori; non è accettabile un qualsiasi progetto partitico o sindacale che esclude una classe sociale o una parte della stessa Italia.

La politica sindacale deve andare sempre nella direzione unica della difesa dei diritti dei lavoratori, delle classi più deboli, della loro promozione, dell’ascolto dei loro bisogni e dei bisogni della società: la politica sindacale va verso la difesa dello “Stato sociale” che non vuole essere garantismo o assistenzialismo, ma realizzazione della dignità della persona umana per conseguire il bene comune.

La politica invece, va verso la gestione diretta delle istruzioni e dell’economia.

Il sindacato com’è scritto nel documento CEI, non può diventare una grand’organizzazione burocratica, ma deve essere espressione dei lavoratori difenderne i diritti, svolgendo al tempo stesso una funzione essenziale di carattere culturale.

Savigliano, 7 ottobre 1993                              Longobardi G.

 

 

All’inciviltà c’è rimedio?

 

Le norme stabiliscono modi e comportamenti dell’essere civili, esse per alcune violazioni sanciscono delle sanzioni; alcune di queste devono essere rispettate non solo perché si ha il timore di incappare in un’ammenda ma solo per il semplice motivo che ognuno di noi deve rispettare i diritti del prossimo.

Uno di questi diritti che ha il prossimo è quello che nessuno può attentargli la salute: questo accade regolarmente nei pressi della Scuola Elementare del Borgo Pieve, dove alcuni non propri esseri civili, nell’attesa che i bambini escono dall’Istituto, tengono i motori in moto, causando così, un’immissione di gas nocivi che siamo costretti a respirare, ma quello che è più drammatico è che lo respirano anche i bambini.

In parecchie circostanze ho assistito alcuni\e Signori\e facendo notare agli autisti che non avevano spento il motore, gli stessi hanno risposto in modo sgarbato, continuando a tenere i motori accesi.

Domando e chiedo, visto che non esiste alcuna legge che obbliga le persone adulte ad andare a Scuola di civiltà; nella nostra Città c’è chi potrebbe riuscire a civilizzare gli incivili?

Savigliano, 27 gennaio 1994                           Longobardi G.

 

 

L’esercizio professionale ed i profili professionali

 

Alle sogli del 2000 l’infermiere è “colui che sa e fa” quindi piena consapevolezza che l’unica assistenza possibile, quella incentrata sulla persona umana e non sul malato, nasce dall’incontro tra il sapere specifico e valori come solidarietà, autonomia.

Si tratta di un’assistenza infermieristica, nella quale il verbo curare trova il suo vero significato, che è quello di prendersi cura, assistere, educare, consigliare, insegnare, ponendo alla base d’ogni azione professionale il senso dell’altro.

L’infermiere nella cultura popolare è una figura odiata e amata, prende corpo nell’immaginario collettivo soprattutto in momenti di crisi, sublimato o disprezzato, sovrastimato o sottovalutato è quindi determinato più  dal ruolo che la gente si attende che da ciò che realmente lo caratterizza professionalmente. Sia ben chiaro che le diverse figure professionali non sono il surrogato di nessuno né tanto meno la loro professionalità va a confondersi con ciò che sostiene il medico, divenuto con D.L. dirigente, e con quello che sostengono alcune organizzazioni sindacali mediche, alquanto corporative affermando che, la responsabilità della vita e della salute del paziente non può essere surrogato ad atti professionali d’altre categorie lasciati senza direttive e controlli da parte dei medici dirigenti, responsabile unico e a pieno titolo in toto dell’assistenza sanitaria.

Le figure professionali sanitarie hanno sempre chiesto e chiedono unicamente di svolgere il proprio esercizio professionale in stretta collaborazione con il medico.

Tutte le figure professionali non chiedono un’espansione di competenze, ma vogliono una definizione dei campi d’intervento alla loro professione.

Savigliano, 28 luglio 1994                              Longobardi G.

 

Sveglia, sveglia dipendenti del pubblico impiego!

 

Oramai è noto che da diversi anni gli Organi preposti hanno cominciato a riformare gli Enti Statali, ma non avrei mai immaginato che si potesse arrivare a tanto.

Abbiamo assistito all’abbattimento della Scala mobile che, era l’unico strumento che salvaguardasse il potere d’acquisto; il contratto di lavoro non è stato ancora rinnovato, scaduto dal 1990; gridano che vogliono rendere l’Ente Pubblico concorrenziale come l’industria privata, adottando lo stesso sistema stipendiale.

Al momento l’unica cosa che abbiamo sono i tagli a più non posso, infatti, tanto per continuare, le nuove prospettive possiamo definirle come, l’ultimo colpo di pistola che si spara al condannato per porre fine alla sua sofferenza.

Il rinnovo contrattuale ci fa sapere che sarà di 150.000 medie pro capite: nel calcolo matematico la media si ottiene addizionando due o più prodotti e si divide per un dato fattore, “per citare le parole di un illustre ingegnere, la media è quella cosa che si ottiene quando si vuole quantificare un dato senza perdere tempo, e si arriva a calcolare anche su situazioni tipo: tra il Polo Nord e l’equatore, dividendo il tutto si dice che gli abitanti della terra mediamente godono una temperatura ottimale”.

Come se non bastasse il giorno 19 settembre un noto quotidiano riportava che da gennaio i dipendenti dell’Ente Pubblico, non avrebbero più percepito alcune indennità di funzione, l’ammontare di queste è circa dalle 200.000 alle 700.000, è come dire da una mano ci danno 150.000, medie e dall’altra ce ne tolgono 450.000 mediamente.

Dopo tutte queste innovazioni preoccupa alcune cose:

1.      I Popoli dell’Europa dell’est vedono l’Italia come noi guardavamo l’America 40 anni fa, e mi viene il sospetto che qualche nostro rappresentante per risolvere l’immigrazione clandestina, vogliono ridurci come attualmente vivono all’Est dell’Europa;

2.      I dipendenti in tutto questo potrebbero decidere di disunirsi, cercando ognuno di rimediare per conto proprio, che probabilmente è quello che voglio alcuni rappresentanti sociali, così potrebbero avere gioco facile per pilotare i dipendenti su strade di comodo.

Svegliamoci! Solo così forse ritornerà il giorno che avremo uno stipendio adeguato alle esigenze di una società civile, moderna e democratica.

Savigliano, 22 settembre 1994                        Longobardi G.

 

 

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