LA   PEDAGOGIA DA SAPERE  EMPIRICO A PENSIERO  CRITICO  

 

                                                Marielisa Muzi

 

                                                28 giugno 2002

 

 

 

 

 

  QUALCHE CONSIDERAZIONE  INTRODUTTIVA

 

 

 

L_  orientamento di ricerca che si autodefinisce  _pedagogia critica_ 

reclama in via preliminare  alcune considerazioni volte ad inquadrare,

anzitutto storicamente, le vie   da cui prende    origine  forma  e 

significato linguistico  il termine   _critica_ unito a quello di pedagogia. 

 

_Pedagogia  critica_    è  locuzione  assunta a paradigma di riflessione, 

a partire dagli inizi degli anni Ottanta [1],  da un gruppo

interuniversitario di ricerca  che nel corso di oltre un decennio  ha 

contribuito  ad elaborarne l_identità, lo statuto,  la struttura, i

problemi  e l_oggetto,     pure     senza giungere ad  una     univoca 

formulazione definitoria[2].

 

 Se affidiamo  ad uno dei suoi  ideatori e  artefici[3]  il compito di

indicarci le ragioni di una riconversione  che ha  condotto  la pedagogia

dall_analisi logica dell_educazione    all_approdo   critico  comprendiamo 

che questo _reincantamento_,  a cui la ricerca pedagogica  è giunta

attraverso un percorso tutt_altro  che lineare,   nasce  in ultima sintesi

dalla crisi della razionalità tradizionale e dall_esigenza di 

ricostruzione dell_immagine  stessa della razionalità pedagogica. 

 

La consapevolezza di tale crisi ha consentito alla ricerca  pedagogica di

impegnarsi a definire la condizione teorica  che la caratterizza come il

_massimo_ livello di teoreticità  a cui la   pedagogia tende. Infatti, a

considerare a posteriori  le ragioni di una ricerca dalle molteplici

sfaccettature si comprende che uno studio   orientato  in senso  critico 

appare  al suo   tenace promotore solo un passaggio intermedio verso una

diversa teoreticità, quella di una critica generale  della condizione

teorica. In altri termini  nel  fare affidamento sulla   realizzazione di

una pedagogia che  _pensa_  i problemi dell_educazione, si tende  più o

meno implicitamente  a svolgere     una critica generale della

teoreticità,  affidata ad una pedagogia che   si autodescrive come

_fondante_ e che si proclama  come un _analizzatore_ privilegiato  delle

interazioni tra  la filosofia,  la scienza e la  pratica educativa.

 

E_ opportuno tenere presente questa peculiare impostazione  del  discorso

critico in pedagogia  quando   porremo, a conclusione di queste note, la 

questione   degli _esiti_ raggiunti  da tale proposta. Potrebbe imputarsi

forse, a questa sottesa indicazione di una pedagoga come analizzatore

critico o metacritica,  il motivo  di uno sviluppo incompiuto di itinerari

di ricerca comuni.  In altri termini  l_interrogativo  da porsi  è

se        una pedagogia intesa come metacritica,   inclusa a pieno titolo

nella ricerca pedagogica contrasti con gli obiettivi attribuiti a tale

dimensione del sapere. Oppure, al  contrario, occorre chiedersi  se  tale

dimensione sia da considerare connaturata  al discorso pedagogico tanto da

risultare imprescindibile,   configurandosi  come una incessante

decostruzione e ricostruzione  che impegna ciascuno nell_ambito del

contenuto  prescelto al punto da   inibire le occasioni per svolgere  

discorsi comuni orientati in senso critico.

 

Qualunque sia la risposta  a questi  interrogativi ,  le intenzionalità e

gli obiettivi    connessi ad un  programma di ricerca critico,    

analizzati     all_interno di un lavoro  di gruppo  durato oltre un

decennio, hanno  mostrato una vitalità  che ha prodotto  non soltanto

risultati   di un certo rilievo (senza  precludere esplorazioni ulteriori

)  ma  hanno  anche stabilito  i presupposti,  come vedremo,   per 

condurre percorsi  impegnativi sul piano interpretativo  individuale  che  

hanno continuato a presentare  impostazioni (almeno in parte )

complementari e compatibili  con gli obiettivi  di un pensiero critico.

 

Un_analisi orientata a catalogare  quanto è stato prodotto  in direzione

critica  nella ricerca pedagogica del nostro Paese, evidenzia infatti

indicazioni  molto  spesso indirette, e a prima vista disomogenee, del

senso  attribuito alla nozione di _critica_.

 

Una revisione  più dettagliata dei testi   di cui si è dato   cenno in

nota[4],  consente infatti di rendersi  conto  che il  costrutto  teorico  

ha subito  alcune  significative   trasformazioni  sia dal punto di vista

sincronico sia  anche in senso  diacronico operando tuttavia nella

direzione  di una sempre maggiore  consapevolezza  della costruzione  di un

metodo  di lavoro comune,    di un modello,  e forse anche di  un

paradigma   condiviso.

 

 Nell_uso della locuzione _pedagogia critica_ ci si riferisce  infatti  a

un modo (comprensivo , globale , unitario ) di fare ricerca,  a una

prospettiva che accomuna la pedagogia  a molteplici altri  fronti della

ricerca filosofica (filosofia analitica, ermeneutica, fenomenologia ), a un

modo di pensare la dimensione pratica dell_educazione, a un sapere

educativo, a una forma da imprimere alla pedagogia intesa come ricerca 

delle connessioni  dialettiche sul piano teoretico generale; e ancora   a

una ricerca che  chiama  in causa  un esercizio  connotato da una

propensione   _autocritica_  sul tema della formazione [5],  un esercizio 

che  si propone di riflettere   sui   temi e i problemi educativi, e  che 

mira in sintesi  a configurarsi come una pratica  di natura filosofica e

persino  come uno stile di scrittura.

 

I motivi di una tale mancanza di uniformità   nella formulazione   delle 

prospettive teoriche connesse alla ricerca  critica in pedagogia    sono

molteplici. Quello più scontato (e forse anche il più verosimile, almeno

nella fase di  avvio  di un lavoro  di ricerca  orientato a definire 

l_identità epistemologica della pedagogia )   é consistito   nella

eterogeneità   delle matrici  teoriche   del gruppo    che, solo attraverso

un confronto  e un dialogo  duraturo  ha  concepito la necessità  di

coordinare     i temi  e i modelli   di riferimento.

 

Ma un motivo meno banale, e forse  più prossimo al senso profondo  

dell_atteggiamento adottato  da questo orientamento di ricerca , riguarda

propriamente  il modo di concepire la pedagogia il cui  fondamento

imprescindibile  consiste  nel dare  spazio  alla  pluralità ,

problematicità,   complessità di temi   con i quali  la ricerca

sull_educazione  deve confrontarsi.

 

Afferma A.Granese [6],  nel riferirsi  nel 1994 , dopo quasi un decennio

dall_inizio dei lavori del gruppo che :_ (...) al di là di sintonie e

convergenze su questioni generali o specifiche  li lavoro comune  ha

prodotto qualcosa di  molto simile  a un linguaggio unificato  e ad una

struttura  paradigmatica di sfondo  alla quale  sembra quasi di potersi

affidare, come ad una _istituzione_ dotata di una logica sua propria 

rinunciando  all_unilateralità incomunicante  dell_approccio soggettivo  e

nondimeno articolando(...)liberamente termini e temi senza pretendere di

pervenire ad una impossibile (e in definitiva non auspicabile) uniformità

dei punti di vista _.

 

 L_ introduzione della  nozione di _ critica _  in pedagogia, come si è

appena detto , non comporta necessariamente l_uso  di  discorsi univoci  

-  almeno  nella fase di avvio ( e forse anche in via di principio)  -

soprattutto nella scelta  dei contenuti del lavoro comune. Si vuole invece

dare spazio alle procedure  necessarie  per svolgere  in senso critico i

molteplici saperi  che afferiscono all_area composita    della ricerca

pedagogica ,  si mira a produrre   le condizioni  necessarie per far

emergere, per produrre un  paradigma  indirizzato in senso critico.

 

  Se un primo confronto con i testi  di pedagogia critica ci rimanda una

immagine frammentaria  e discontinua  di temi  e di riferimenti  teorici ,

ciò non deve  indurre  a conclusioni affrettate. Qui si vuole infatti 

verificare  le ragioni  che hanno facilitato il   ritorno della  pedagogia 

(e riaperto il varco   che la teneva ai margini delle   scienze

dell_educazione )     verso un paradigma critico   piuttosto che

descrivere  le   perspicue difficoltà incontrate nello   stabilire, 

attraverso definizioni  stabili e rigide , il significato netto di   quanto

si intende per  pedagogia critica .

 

 Una ulteriore riflessione  riguarda     la possibilità (al di la delle

aspettative espresse nell_ambito del gruppo di ricerca ) di catalogare la

pedagogia critica come un modello  dotato delle  caratteristiche

necessarie   per affermarsi stabilmente   nel panorama epistemologico

orientato alla interpretazione della formazione umana . In sintesi,   anche

alla luce  dei risultati  certamente non effimeri  conseguiti in questa

specifica direzione, cercheremo  di interrogarci  sugli esiti  della

_pedagogia critica_   .   

 

 

 

 

 

 I     MOLTI _SENSI_  DELLA CRITICA

 

 

 

  Un  contributo chiarificatore,  della pluralità di     significati

sottesi al termine  _critica_ unito a quello di pedagogia, può essere

rintracciato in primo luogo  nell_etimo  del termine in questione. Una

prima indicazione  è desumibile  dal significato del verbo   greco

Krinein,   il cui senso  proprio è  quello  del distinguere,  dividere,  

discernere ,  giudicare,  condurre una scelta oculata, e anche, in un 

senso più ampio,  del significare, del _ fare senso  in modo diverso_ , 

del mettere in crisi . 

 

 Significati  molteplici    si connettono   dunque al termine _critica_, da

cui deriva - a giudizio della letteratura, peraltro assai  ampia e

complessa di cui  qui si sono  mostrati solo alcuni riferimenti  

essenziali - la sua   ineliminabile ambiguità.  Attribuito in qualità di

aggettivo  al  termine pedagogia,  il  concetto    assume una curvatura

peculiare  che si presta  non solo a stabilire i rapporti e le differenze 

con il modo di concepire  l_analisi   delle questioni educative  ma  serve

anche a  chiarire gli esiti e la portata radicale  di un pensare critico in

campo storico, pratico,  teorico e politico .

 

 In altri termini , si tratta di valutare  il senso e il potere specifico 

della negazione  implicita nell_atto critico già appartenuta alla Scuola di

Francoforte ed  accentuata in particolare   da  T.W. Adorno[7]   vale a

dire di una teoria capace di contestare  e di mettere in questione  le

posizioni dogmatiche, i  pregiudizi   e  i problemi,  specialmente quelli

la cui evidenza  rischia di   assumere  una forma logica  pensata in

termini   indiscutibili e inalterabili .

 

Sono queste alcune delle precisazioni, orientate  in modo apertamente

educativo e sociale, formulate dalla ricerca pedagogica francese  che in

alcune  posizioni recenti si apre a un   confronto  diretto con   i

peculiari significati ed esiti  di un approccio  critico in  pedagogia

[8].  La critica per certi  versi si oppone  a qualche cosa,  a qualcuno, 

a una convinzione,  a un enunciato,  a prese di posizione anteriori . Ma 

un aspetto  altrettanto centrale che le appartiene -ricorda J.Ardoino- è

quello di favorire il  riconoscimento dell_altro,  di accettarlo come

limite  al nostro _fantasma iniziale_,  e dunque  di offrire un contributo

essenziale alla necessità di correggere    una consapevolezza 

esclusivamente soggettiva  delle cose e degli eventi che ci appartengono .  

 

Le indicazioni sulla nozione di   _critica_, dettate da un impianto 

prettamente filosofico, vanno nella stessa  direzione  e si propongono 

come strumenti  altrettanto utili  per  guidarci a comprendere i  sensi 

plurimi  ad essa sottesi. Attraverso un ampio confronto  con il pensiero

critico  che da Aristotele  conduce a Heidegger il filosofo Salvatore

Natoli ne coglie il forte impatto nel contesto filosofico .  La critica 

assume il senso di un   topos [9] che  contiene in sé l_ambiguità dei

significati  a cui allude  il senso etimologico   del termine : _critico_

non è l_equivalente di un  _constatare_  o di un   _riprodurre_, non

comporta il muoversi attraverso regole,  ma si connette ad un _lavoro_

sull_oggetto,  mira a rimuoverne l_apparenza,  produce il   _moto degli

enti verso il loro significato_, _prende  la misura_ , _mette in crisi _

l_oggetto su cui si esercita .

 

Nel  suo procedere     la critica  diviene _esercizio di libertà_  proprio

in quanto consente di dare espressione a giudizi  radicali, alimentati

dalla consapevolezza  dei propri condizionamenti .

 

In altri termini dalla critica scaturisce  l_esperienza della libertà  e in

questa essa trova  l_ambito utile  e favorevole al suo esercizio : in 

sintesi la critica, in quanto  spazio di libertà, consente   di

comprendere  ciò che ci libera  e ciò che ci condiziona .

 

Se vogliamo provare a estendere ulteriormente i significati   sottesi alla

nozione di _critica_  possiamo aggiungere che il termine, rivestito dei

peculiari  significati filosofici  di cui si é detto,  esprime nello stesso

tempo un senso    _(...)  non dogmatico,  tolto  dall_immediatezza,

fondato, ma anche gettato  nel dramma dell_incertezza e dell_enigma _[10] .

 

L_atto critico - perché di atto si tratta - è dunque interrogazione e

domanda : in quanto atto introduce  _(...)il sospetto che tutto ciò che è

detto  può non essere vero  ed insieme racchiude gli   elementi di una

profonda  verità. La critica  come atteggiamento , è dapprima crisi ,  e

perciò scepsi e ricerca_[11], mette in dubbio le    garanzie  formali del

giudizio e la stessa   materialità  dell_oggetto;   essa appartiene al

desiderio  del domandare, deriva  dalla crisi dell_esistere,  _appartiene 

all_esperienza_ , in certo senso è apertura  intenzionata    alla riposta 

e non    soltanto un discorso  critico,  attento unicamente alle

condizioni  formali  della criticità.

 

Un senso ulteriore deriva tuttavia dall_etimo complesso del termine, un

senso   di cui va inteso fino in fondo l_impatto nel contesto formativo. 

Una espansione semantica del  termine    si  ricava dalla connessione  tra

il termine dike,  giustizia, inteso _nella sua essenza  di atto che mostra

e dice_  e l_atto del dire  che vale _ come prova e segno _[12]

 

La nozione di _critica_ sottende dunque il fare presente la cosa per segni,

il  parlarne attraverso un giudizio giusto, il leggere e interpretare i

segni delle cose.

 

 Eppure  una  inquietante  peculiarità   appartiene    alla critica, in

primo luogo quando essa si volge alle cose educative: essa  trova la sua

verità non nei dibattiti teorici  ma a livello della prassi,  non ha in sé,

come peraltro accade per ogni altro tipo di pensiero coerente, le risorse

necessarie  per mettersi in questione[13].

 

 L_importanza  di una  attitudine critica  nel dominio delle pratiche 

educative e delle  scienze dell_educazione  sembra dunque a J. Ardoino

soltanto un  _pleonasmo_  che può essere compreso  solo a partire  da altre

prospettive.  Ed è altrettanto inquietante per noi il corollario di questa

affermazione: la  convinzione  che l_educazione, divenuta sistema

istituzionale  tenda a perdere   ogni tipo di slancio critico  per 

assumere forme ripetitive e sostanzialmente acritiche.

 

Attraverso la riflessione che segue, insieme  alla verifica  in   senso

pedagogico del complesso apparato semantico di cui si detto, cercheremo di

accertare il fondamento delle argomentazioni   negative condotte nei

confronti della nozione di _critica_, al fine di verificarne la ricaduta in

ambito pedagogico , senza peraltro avere la presunzione   di dare 

risposte  definitive   a questo  interrogativo, ma con la convinzione  che 

una apertura critica in pedagogia, ossia una revisione di temi e problemi

gia pensati o impensati, debba comunque essere salvaguardata.

 

 

 

 

 

 

 

  _DESTINAZIONE_  DELLA PEDAGOGIA:  STORIA DI UN  PROBLEMA

 

 

 

Tornando ora all_analisi delle ricerche  citate in nota e raccolte  sotto

l_etichetta di pedagogia critica ,   occorre sottolineare  che

l_analisi     del  luogo e del tempo, ossia della _destinazione_ della

ricerca pedagogica ha   costituito   un momento introduttivo e

imprescindibile di una   riflessione  che nasceva con il proposito di

analizzare    gli elementi   problematici  di una disciplina pedagogica

,per un verso investita da autocritica e, per l_atro, demolita dalle

critiche da parte della filosofia e della scienza . La pedagogia intesa

criticamente si orienta verso l_insieme di problemi  ricorrenti e   non

suscettibili di liquidazioni affrettate  attraverso la ricerca empirica [14].

 

 L_obiettivo  è quello di mostrare i motivi di una riabilitazione  della

pedagogia  e di un suo recupero  attraverso la presa d_atto  dei

cambiamenti profondi   avvenuti in altri ambiti disciplinari, quello

epistemologico, della filosofia della scienza,  della filosofia analitica e

postanalitica  e nell_ambito della filosofia pratica.

 

Anche se sembra difficile riassumere in poche righe il senso di questa

svolta tenteremo di farlo.

 

L_avvio dell_esercizio critico in pedagogia risente dunque , in pieno

accordo con il valore semantico del termine,  del  rifiuto di un pensiero 

asservito alla tradizione,  si presenta  svincolato da  condizionamenti che

tendono a connotare  tutto quanto viene detto e scritto,  si prospetta come

un_analisi i  cui esiti  (più o meno efficaci)  debbono essere vagliati 

nel confronto con la realtà umana, sociale e   politica.  

 

Si tende insomma,  nell_ intraprendere  una indagine critica dei  problemi 

formativi,      a verificare le  peculiarità  dei   discorsi che vertono

sulla formazione, o per meglio dire  a dedicarsi  a comprendere  concetti,

modelli, motivazioni e interrogativi, successi ed insuccessi, dotati di

senso e   diretti a trovare risposte  pratiche nell_ambito della formazione

umana .

 

Si riconoscono, nella   storia della pedagogia dell_ultimo ventennio  del

secolo XX, i segni ineludibili del   succedersi sempre più evidente di

episodi e di eventi     che documentano  le _espropriazioni_   che la

ricerca pedagogica  ha subito da  parte  sia delle scienze umane e sociali 

e sia  delle tecnologie; ma accanto a questa reiterata marginalità sono

documentati i numerosi  e  ripetuti sforzi,   da parte della ricerca

educativa,   di accogliere la sfida della complessità,  di  mettere da

parte  le tesi che avevano sorretto  l_antinomia tra    educazione e  

istruzione  al fine di  articolare e specificare    più ampi e  ricchi

significati estrapolati dalle ricerche impegnate nella definizione di  

modelli che pongono al centro  della ricerca la formazione umana.

 

Da questa indagine, le cui  premesse, come si è già detto, si configurano

necessariamente eclettiche, scaturisce non solo,  un modello di educazione

dilatato in senso  liberale e etico ma, anche, attento alla dimensione

individuale dell_educazione più che alla dimensione universalistica di essa.

 

 Il confronto con la pedagogia scientifica di impianto empirico  tende a

tradursi nel rifiuto del riduzionismo in esso presente in modo più o meno

esplicito e mira alla definizione di una epistemologia _liberalizzata_,

ossia critica ed ermeneutica.

 

Ne scaturisce un  _modello_ pedagogico in cui è   sottolineata la

centralità dell_approccio filosofico di impronta analitica ai valori,

mostrato nella sua pertinente attualità in pedagogia e visto in

contrapposizione con un approccio naturalistico al problema dei valori, il

cui rischio costante consiste nell_essere orientato riduttivamente rispetto

ad essi.

 

Si reclama una nuova impostazione del rapporto fatti/valori il cui esito

teorico, oltre che pronunciarsi a favore dei valori (intesi come il portato

della tradizione e i fautori di una ineliminabile funzione cognitiva) ne

sottolinea il ruolo insostituibile di guida per la definizione del progetto

epistemico in ambito pedagogico.

 

Non manca, infine, l_attenzione ai possibili rischi che possono derivare

dalle soluzioni epistemologiche adottate.

 

 Non si tralascia di descrivere, infatti,   il costo in termini di

_oscuramento_ dell_insistenza su questioni teoriche. Esso potrebbe produrre

la dimenticanza  delle dimensioni politiche, sociali, ideologiche della

conoscenza pedagogica, orientando quest_ultima sul terreno

dell_epistemologia  che, a conti fatti, può essere scambiata ancora una 

volta, per uno strumento teorico che   garantisce  la  neutralità

scientifica dei metodi e dei risultati dell_educazione, indipendentemente

dalle ascendenze teoriche e filosofiche a cui il modello  viene ancorato.

 

La pedagogia pensata , in altri termini, si propone di affievolire i

contrasti tra pedagogia laica e marxista, tra spiritualismo e

neoscolastica; intente fare giustizia di contrapposizioni secondarie,

datate, futili, senza obliare le differenze di ispirazione dei diversi

itinerari teorici che sono    oggetto di utili e radicali confronti 

 

Pensare l_educazione comporta una espansione sul terreno filosofico anche

se con questo   non si intende  azzerare le strategie gli effetti, i

risultati, le conseguenze   di quanto è stato prodotto nel pensare

all_educazione , né tanto meno, si vuole rinunciare all_impegno pratico

come se esso fosse incompatibile con la coltivazione del pensiero pedagogico.

 

 Sembra radicarsi nella critica pedagogica la convinzione che, nei momenti

_drammatici_, nei  momenti di cambiamento rapido, nelle fasi di rifiuto e

di rigetto dell_organizzazione tradizionale della scuola e della

organizzazione dell_apprendimento, ossia   quando diventa più difficile

gestire la formazione,  occorre  usare il massimo equilibrio teorico nel 

discorso pedagogico.

 

Il discorso critico, infatti,  deve proporsi di accompagnare il

cambiamento, deve attrezzarsi teoricamente per regolarlo anziché farsene

travolgere.

 

La pedagogia tutto sommato è tenuta  a farsi carico , per  comprendere e

risolvere i problemi dell_apprendimento ,  non soltanto delle  conoscenze

teoriche  che provengono  dalla ricerca  psicopedagogica ma  delle  

conoscenze  complesse, biologiche ed etiche, storiche e ideologiche di

provenienza composita, tutte   necessarie a sciogliere  i nodi e i problemi

che sorgono inevitabilmente in un contesto dove interagiscono dimensioni

teoriche e pratiche, individuali e collettive. 

 

In questo tentativo di maggiore aderenza alla complessità dell_educazione

viene recuperato all_interno della ricerca pedagogica il concetto di

formazione, un aspetto fino a quel momento perso di vista in nome della

scientificità degli esiti della teorizzazione.

 

 

 

    LA  FORMAZIONE: UNA CATEGORIA REGGENTE

 

 

 

 Il lavoro di ricerca finalizzato alla riflessione teorica sul  tema della

formazione si traduce nell_intento esplicito  di dare alla pedagogia

critica il valore   di un metodo di confronto e di sondaggio capace di

indagare il concetto in questione nella sua diacronia e nel suo pluralismo

semantico e teorico.

 

Il compito dichiarato è quello di una analisi  condotta  su uno spettro

semantico  complesso di cui si mira a cogliere  la pertinenza in 

molteplici ambiti : filosofico, bioantropologico, sociologico , educativo 

e istituzionale.

 

 Per avere un_idea più precisa  della complessità   dei contributi 

confluiti  tema e che consentono l_identificazione del metodo  in 

questione, sarà sufficiente richiamarne sinteticamente alcuni aspetti  

che  confermano   la  vocazione  a dare _voce_  e trovare il luogo  idoneo

per dire, esprimere , narrare ,   le visioni personali, all_ interno di una

impresa condivisa  ed elaborata in comune, tuttavia senza  mirare a

soluzioni e prodotti rigidi e definitivi come  esito del lavoro comune.   

 

La pedagogia  _critica_  si misura  con  un modo di fare ricerca  che

consiste nel domandare,  nel porre quesiti,  nell_intraprendere analisi

,verifiche, confronti,  nell_analizzare problemi, nell_aprire crisi , nel

destrutturare  la tradizione e nel   e ricategorizzarla, in sintesi nel

giudicare.

 

  In estrema sintesi   la   pedagogia critica  nel proposito  di   portare

l_attenzione sulle nuove ragioni  e sui percorsi insoliti che regolano  la

formazione umana ne analizza   le metamorfosi  a partire dal mondo greco 

alla contemporaneità, mira a  verificarne  il senso  di categoria

 comprensiva, soggiacente al fatto educativo  e al contenuto

storico-critico  della pedagogia. 

 

Nella ricerca sulla formazione  (piuttosto che sulla nozione di

_educazione_)  viene indicato il nucleo originario  che accomuna  esigenze

per altri aspetti avvertite come antitetiche .In altri   si pensa di  

ricomporre   due percorsi che si sono affermati attraverso la esplicita

dichiarazione di una reciproca diversità: l_uno essenzialmente filosofico

sulle questioni umane, l_altro   prevalentemente pratico orientato a

discutere e dirimere      le questioni attinenti la didattica scolastica, i

curricoli  e le competenze professionali .

 

    Il concetto di   formazione  si  prospetta idoneo a stabilire  un

confronto  tra significati che divergono  sia per matrici teoriche sia per

connotazioni   culturali. _Formare_  e _formarsi_  sono termini  si

prestano ad usi diversi :  formare  ha il senso dell_acquisire gli

strumenti oggettivi e razionali della ragione, tra cui quelli connessi

all_uso , alla pratica  e alle tecniche  della scrittura ; ma può

alternativamente essere inteso  come un nuovo modo di conoscere , un nuovo

atteggiamento plurale e composito nei confronti della conoscenza, come

pensiero aperto all_avventura e alla narrazione.

 

Si tratta in sintesi di una ricerca il  cui  obiettivo riguarda 

l_utilizzazione   e il   recupero  della formazione dal punto di vista del

soggetto , si avvale di nuove metodologie e di strumenti teorici che

presentano un vasto impatto individuale  e collettivo,        a cui

attribuisce caratteri e funzioni  formative  viste in funzione  del ruolo

svolto per contribuire alla partecipazione consapevole del soggetto    ai

rapporti di interazione che regolano la vita associata .  

 

   L_ analisi   che  individua e  che scandisce  gli itinerari  sulla

formazione  umana, pure accettando il  confronto  con gli elementi di

incertezza e di enigmaticità  che caratterizzano  le questioni educative,

tende  però  pur sempre a produrre  un quadro complessivo  in  cui

confluiscano,  accanto agli aspetti  meritevoli   di interrogazione, 

anche  quelli suscettibili  di risposte pertinenti .

 

Occorre sottolineare in sintesi  che nel momento in cui la pedagogia  

intende  misurarsi  con i problemi  che molto spesso la ragione pratica

giudica  di improbabile o di impossibile  soluzione,  ciò   la  induce   ad

adottare e sviluppare  forme  teoriche e strumenti   che   solitamente  non

sono presenti nella ricerca pedagogica .

 

Converge sulla formazione   un complesso  impianto     aperto al  confronto

con  gli esiti  delle scienze  naturali ed umane ( dapprima ignorate  o 

emarginate  quali la psicanalisi, la linguistica, la biologia , la

biogenetica , la sociologia, ecc.)  che riformula in termini nuovi  il 

rapporto  tra mente e conoscenza, decreta   il tramonto di modelli 

obsoleti dell_ educazione  e la  loro trasformazione   al fine di fare

della pedagogia l_immagine  di una ricerca orientata  a percorrere  i nuovi

sentieri  della soggettività  umana, e a  riappropriarsi    di  

significati   non riduttivi della categoria della  formazione  .

 

   Le  questioni educative,   non più affrontate   attraverso il metodo

dell_analisi  empirica ma  mediante  l_apporto discorsi  inerenti   aspetti

educativi individuati come meritevoli di interrogazioni e soluzioni

radicali, inducono   mutamenti di  prospettiva e di orizzonte teorico di

non scarso peso nei confronti del teorizzare pedagogico. Tra   questi  va

ricordato il confronto  con la    filosofia contemporanea di impronta

ermeneutica .

 

  Infatti ,  la critica  svolge   un compito di sicura portata euristica ,

quello  di  portare a evidenza contenuti  che sono all_origine  di una

crisi  o presentano aspetti  di impossibile o difficile soluzione. 

 

La  commutazione  di un  problema   in un esercizio critico su  e di

qualcosa, consente di   esercitare un giudizio  le cui funzioni essenziali

sono   innumerevoli. Esso agevola il raccordo tra presente e passato, 

ravvivato dalla consapevolezza che l_ esperienza della storia si basa su

una  sorta di _fusione di orizzonti_, di   sintesi efficace prodotta  dal

linguaggio tra presente e tradizione,  tra il testo  ed  i suoi interpreti.

 

La ricerca di soluzioni  dei problemi educativi intesa come la capacità  

di presagire risposte pertinenti alle domande  formulate dalla società

contemporanea, e dalla politica nei confronti dell_ educazione,  spinge  a

misurarsi non soltanto con le cose, con  i dati e i fatti ma anzitutto  con

le parole,   con i concetti,  con il linguaggio con la scrittura, con lo

spazio di senso elaborato da  singoli soggetti umani,   con il  linguaggio 

che trasmette e comunica.

 

La formazione, riferita ai nuovi soggetti  segnati dalla   differenza,  

(infanzia ,    donne,  emarginati, immigrati ) è chiamata a svolgere un

nuovo e più arduo processo di integrazione   che  riguarda la cura diretta

all_infanzia e all_età   adulta  nella società multiculturale  nel

rispetto  dell_identità e della struttura culturale dei soggetti, ossia

comporta la necessità di  affrontare le diversità culturali senza forzature

omologanti .

 

 

 

 

 

 GLI ESITI DELLA PEDAGOGIA CRITICA

 

 

 

I   temi  di cui la   pedagogia critica si è occupata, sia pure

succintamente descritti e motivati  nelle pagine precedenti, possono essere

utilmente riassunti nelle battute conclusive di queste note. 

 

Per quanto concerne  l_ efficacia della pedagogia critica,  occorre

ricordare i  contributi che  delineano   la  destinazione, il _luogo_

occupato dalla  formazione,  le indagini    destinate a delineare i

contorni di  alcuni problemi omessi  dalla ricerca pedagogica 

tradizionale:  il passaggio dalla giustificazione  della razionalità

educativa  alla comprensione  storico -critica  di essa , la  ricerca

eidetico-concettuale   delle categorie portanti della educazione, la

focalizzazione sui problemi concreti  dell_educare, il recupero di un

concetto di  formazione  visto come un  processo formativo aperto in cui

convivono secondo un rapporto di complementarità la dimensione del formarsi

e dell_essere formati .

 

Un aspetto non trascurabile della discussione fin qui condotta, riguarda lo

stato attuale  della elaborazione e della  apertura critica  in ambito

pedagogico .

 

E_ inevitabile, infatti, a conclusione di questa breve rassegna delle

metodologie critiche dirette alla formazione, domandarsi quali siano le  

posizioni che  sorreggono  il lavoro critico attuale.

 

Una prima risposta  rispetto a questo interrogativo  è la  constatazione 

che la  complessità   e  l_ampiezza dei presupposti metodologici e

linguistici  prodotti dal  confronto critico negli anni passati, ne hanno

consentito la crescita e lo sviluppo stabile   nelle ricerche pedagogiche

attuali sia individuali  e sia collettive. Le indagini  hanno   contribuito

a formare  una capacità permanente di  analisi verso discipline  e   temi 

poco frequentati dalla ricerca pedagogica tra cui vanno ricordati ,accanto

alla filosofia ermeneutica ,altri ambiti di riflessione, intorno alla

filosofia contemporanea quali  il neopragmatismo  e la fenomenologia .

 

Registrare la moltiplicazione  di ricerche   - la ricerca ermeneutica   a

cui è stato riconosciuto   il  senso di offrire  un _contributo originale 

attraverso uno sforzo interpretativo_[15]  volto a combinare temi e

storicità di questi, ma  anche la  psichiatria[16], la biologia,[17] il 

diritto[18], la dimensione critico-ontologica della formazione[19] -  

sembra accreditare  la diagnosi positiva della nascita di un paradigma   di

sicuro impatto nella definizione dell_architettura della ricerca pedagogica .

 

Nelle sue approfondite analisi nello  specifico settore della pedagogia

teoretica, è stato Franco Cambi a ridelineare, in   saggi  recenti[20], il

ruolo svolto dall_  esercizio critico in pedagogia .

 

Un esito  altrettanto saldo  consiste, infatti, nel mantenere  come  punto 

di riferimento permanente  le ragioni  che hanno condotto  a tenere 

distinte ( e in certo senso contrapposte ) le due immagini  di pedagogia

più diffuse e meglio delineate , l_una incentrata sulla soluzione  dei

problemi educativi  attraverso il controllo  e la ricerca  dei fondamenti 

e il metodo  della spiegazione delle cause  e della imposizione delle

regole ( impegnata cioè a chiarire   i problemi educativi  attraverso  il

controllo  e la ricerca  degli elementi oggettivi ad essi  connessi),

l_altra  più decisamente orientata  alle emozioni,  alla comprensione,  al

dialogo, alla interpretazione  e all_ascolto dei vissuti  individuali.

 

Una ricerca critica ha  trovato in un recente passato  la sua  origine più

autentica  nel  tentativo di intraprendere una terza via rispetto alle due

precedenti ,si basa sulla  capacità di indagare  in merito allo scambio e

all_interazione dialettica , sul piano teoretico generale,  tra discipline 

di cui è impegnata  a rielaborare in proprio i contenuti e i metodi  e a   

sottoporli  a  vaglio critico, insomma  si propone    la regolamentazione

dei saperi con cui si pone a confronto.

 

Vi sono tuttora  le   ragioni    per  continuare a _fare senso in altro

modo _  ?  Sono tuttora valide   le ragioni che avevano stabilito qualcosa

di simile ad una frontiera invalicabile    tra i diversi settori di ricerca

? E_ pensabile affermare   che   le complesse fenomenologie formative e

culturali presenti nel mondo contemporaneo   sono di tale complessità da

imporre   un     vaglio critico  che    attenua l_impegno nei confronti

delle ragioni della pedagogia ? E_ raginonevole affermare che la ricerca in

pedagogia si è liberata  dell_ansia  e dello scoraggiamento  prodotti dalla

necessità di difendere una disciplina in pericolo?

 

In altri termini  sembra  plausibile affermare che     un esercizio

_critico_  che   per sua natura   consiste    nel domandare

nell_intraprendere  verifiche e confronti , nell_analizzare problemi ,

nell_aprire crisi , nel destrutturare  la tradizione  e nel

ricategorizzarla , in sintesi nel giudicare  e perciò nel respingere ogni

forma di accettazione acritica  di quanto si presenta all_apparenza 

evidente, indiscutibile, accettato per vero,  _appartiene_ stabilmente alla

ricerca pedagogica .

 

 Tuttavia, restano ancora irrisolti   gli   interrogativi  sulla

opportunità di proseguire  sulla via tracciata  dal lavoro critico. Una

osservazione  inquietante  per interpretare gli elementi di instabilità

connessi  atale metodologia viene offerta da Jacques Ardoino [21] che dopo

avere sviluppato -come abbiamo ricordato in precedenza - un_nalisi

dettagliata del concetto   di _critica_, visto sia in veste di sostantivo

sia in quella di aggettivo, giunge a concludere che  l_opera critica e la

portata radicale di   tale pratica  si trovano paradossalmente legate al

tempo, a una durata, a una memoria, insomma  sono condannate all_effimero. 

 

Non ci si pone impunemente in una posizione critica - afferma J. Ardoino -

le scuole e i movimenti critici portano la prova dell_autodissoluzione. 

Non vi sono  eredi autentici  di un lavoro critico, infatti  la sua portata

eventuale o si è gia ritrovata a livello sociale e istituzionale oppure

scade _nel   commemorativo_ .  La critica, debordando dalla sua ambizione

radicale (il fare senso in altro modo, il re-interrogare )   risulta

indissolubilmente legata all_azione, all_agire, al fare sociale e storico

sul quale essa porta le risorse   di una _distanziazione_.

 

E_ legittimo pensare che    questi  stessi  motivi   mettano in    crisi  

il metodo critico    in pedagogia? Si tratterebbe  di una crisi che 

appartiene alla critica, oppure invece che riguarda  la ricerca pedagogica?

 

E_ ancora :Si tratta di domande legittime?  Scaturiscono da  una 

tradizione  di  ricerca impegnata, in coerenza stessa con gli oggetti e i

temi di cui si occupa,  a dirimere le questioni pratiche, inerenti le

scelte in materia  di formazione e di crescita del soggetto, oppure 

derivano da   un tentativo di ripiegamento su posizioni rinunciatarie?

 

Una delle ragioni   della dismissione _del fare senso in altro modo_

potrebbe essere   che la pedagogia, in quanto disciplina pratica,  si senta

impegnata a ristabilire   un difficile equilibrio  tra la necessità di

continuare a porre in discussione quanto si presenta come impensato e

impensabile  e  quanto - dai dati ai fenomeni del reale, dai fatti   agli

eventi  sociali e politici-  la richiama  alla  dura necessità di 

affrontare i problemi concreti  di cui è  portavoce il senso comune. 

 

Sappiamo quanto illusorio    sia questo ritorno alla verità  del concreto,

di un _fare formazione_  spiegato e descritto come  alternativa al _pensare

la formazione_. Ma   soprattutto  sappiamo   quanto sia improduttivo in

campo educativo l_esito di una descrizione rigida e prescrittiva dei fatti 

e dei dati educativi, - dei   tempi , dei modi e  dei luoghi in cui essi si

declinano -   dissociata,  in modo programmatico,       dall_attenzione  al

linguaggio ,al dire, al testo, alla scrittura, ossia posta in alternativa  

ai molteplici modelli  narrativi in cui si manifesta e si concretizza

l_azione educativa.

 

 

 

 

----------

 

[1]Si deve al pedagogista  Alberto Granese  un contributo originale per  

l_elaborazione,  in ambito pedagogico,   di un senso critico della ricerca

pedagogica. La nozione in oggetto è stata utilizzata dallo studioso in

numerosi saggi : A.Granese, A proposito  di istruzione , educazione (e

pedagogia), in _Scuola e città_n.5-6, 1984; Id. ,Educazione , istruzione e

teorizzazione pedagogica,  in _Scuola e città_n.10, 1984. Nel corso degli

anni Ottanta sono state ampiamente discusse  le ragioni della epistemologia

critica come carattere emergente  della teorizzazione pedagogica, in

F.Cambi, Pedagogia ed epistemologia : un problema cruciale  e aperto, in

_Studi di storia dell_educazione _, n. 4, 1985.

 

 

 

 

 

[2] La nozione di pedagogia critica è stata rivisitata in più volumi 

collettivi a partire dalla  metà degli anni ottanta. Cfr., A.Granese (a

cura di ),Destinazione pedagogia , Itinerari di razionalità educativa,,

Giradini ,Pisa ,1986;   A. Granese, (a cura di ) ,La condizione teorica,

Materiali per la formazione del pedagogista ,Unicopli, Milano, 1990;  G.

FLores d_Arcais ( a cura di ),La dimensione storica, Materiali per la

formazione del pedagogista ,Unicopli, Milano,  1990 ;   A.Porcheddu (a cura

di ), Gli Incontri Mancati , Unicopli, Milano , 1991 ; R.Massa ( a cura di

), Saperi ,scuola, formazione ,Unicopli, Milano, 1991; F.Cambi,

E.Frauenfelder (a cura di ),La formazione .Studi di pedagogia critica,

Unicopli, Milano, 1994;  Muzi M., Piromallo A. (a cura di ),  Ermeneutica e

pedagogia , Unicopli, Milano ,1995.

 

 

 

 

 

 

 

[3]Cfr, A. Granese, Il labirinto e la porta stretta , Saggio di pedagogia

critica , La Nuova Italia, Scandicci (Firenze) 1993 , pp.19-20

 

[4] Cfr., nota  n. 2

 

[5] Cfr., Granese A. Presentazione  a F.Cambi E.Frauenfelder (A cura di )..

La formazione .Studi di pedagogia critica, Unicopli Milano 1994, p. 12.

 

[6] Granese A.,  Presentazione   in   a F.Cambi E.Frauenfelder (A cura di

).. La formazione .Studi di pedagogia critica, Unicopli Milano 1994, p. 7.  

 

[7]Come è noto,  le ricerche e gli studi  che fanno capo alla Scuola di

Francoforte hanno sviluppato la   critica  della società capitalistica con

l_intento  di svolgere  una teoria scientifica  diversa  da quella della

sociologia empirica di impronta anglosassone, condizionata dal culto  della

descrizione oggettiva dei dati e  dei fenomeni. La teoria critica  propone 

un modello  alternativo di società, analizzato attraverso giudizi negativi

nei confronti del mondo industriale. Per una indagine del  ruolo critico

negativo del pensiero  Cfr., T.W.Adorno, A.Horkheimer, Dialettica

dell_illuminismo, 1947.

 

[8]Le indagini storico-critiche sono  condotte da studiosi che afferiscono 

ad un gruppo di ricerca interdisciplinare, CRISE, che si propone

nell_ambito del corso di laurea di Scienze dell_educazione dell_Università

Paris8 ,  di promuovere una metodologia  che accoglie risorse plurali,

compatibili con l_oggetto e gli strumenti epistemologici del CRISE.  Gli

orientamenti tematici ,  le informazioni e i contributi teorici sono 

reperibili nel sito web: www.barbier-rd.nom..fr.htlm /CRISES.ignets ;Cfr.,

Jean Luis le Grand , Culyture  de la critique  et éducation en France.Un

heritage à interroger,J. Ardoino, De l_intention critique .9-5-2002

 

[9] Cfr.,Natoli S.,Ermeneutica  e genealogia. Filosofia e metodo in

Nietzsche,  Heidegger, Foucault, Feltrinelli , Milano , 1988

 

[10] Cfr., Natoli S., op. cit.,  p. 95

 

[11]Ibidem

 

[12] Il termine critica -come ricorda S.Natoli - presenta una  connessione

diretta  tra la radice dike (giustizia)  , la radice del verbo

deikniumi(mostrare , indicare,rendere noto) e la radice sanscrita dic=deic,

da cui il verbo latino dicere.Cfr., S.Natoli, op.cit. p. 100

 

[13]Cfr.J.Ardoino , op. cit.

 

[14]Cfr., Flores d_Arcais G.  ( a cura di ), La dimensione  storica , op.

cit.

 

[15]Cfr. Granese A., Presentazione , in F.Cambi, E.Frauenfelder (A cura di

).. La formazione .Studi di pedagogia critica,, Unicopli, Milano, 1994, p. 19

 

 

 

[16] Fadda, R., La cura, la forma il rischio , Unicopli, Milano, 1997

 

[17] Frauenfelder E., Educazione e processi apprenditivi. Elementi per una

pedagogia dell_apprendimento, Tecnodid, Napoli, 1986; Pedagogia e biologia.

Una possibile alleanza, Liguori, Napoli, 1994, 2001; (in coll. con

Santoianni F)  Nuove frontiere della ricerca pedagogica tra bioscienze e

cibernetica, NAPOLI, E.S.I., 1997, La formazione come processo biodinamico,

in Sarracino V., Strollo M.R., Ripensare la formazione, Liguori, Napoli,

2000; Le scienze bioeducative (cura in coll. con Santoianni F.), Liguori,

Napoli, 2002; (in coll. con Santoianni F ) Percorsi dell'apprendimento.

Percorsi per l'insegnamento, ROMA, Armando, 2002.

 

 

 

[18]Porcheddu A. ( a cura di ), Gli incontri mancati,  Unicopli , Milano, 1991

 

[19] Granese A., Il  labirinto e la porta stretta,  La Nuova Italia, 

Scandicci( Firenze) 1995

 

[20]Cambi F. ,La pedagogia oggi:un sapere plurale, critico, progettuale, in

Cambi F.,Orefice P.,Ragazzini D.( a cura di , Saperi dell_educazione La

Nuova Italia Scandicci ( Fi), 2000.

 

[21]Ardoino  J; Le l_intention critique , op. cit.


La pedagogia critica: attualità, modelli, problemi

 

Franco Cambi

 

 

1.      Cos’è la pedagogia critica

 

La pedagogia, come sapere riflessivo sulla formazione, i suoi processi, i suoi problemi – discussi generaliter e indagati secondo prospettive di razionalità non dogmatica –, è sempre pedagogia critica. Lo è nel suo aspetto di pedagogia generale, oggi: dopo la metafisica, dopo le ideologie, dopo gli scientismi. Ma questo è un significato “debole” di pedagogia critica. Debole anche nel senso di più ovvio – ancora oggi –, di più condiviso anche. C’è poi un’accezione “forte”: essa è relativa a un modo di fare pedagogia che ne accoglie la complessità discorsiva, le tensioni interne, l’articolazione dei livelli e li interpreta e li organizza alla luce di un’attività cognitiva riflessiva, la cui riflessività si esplicita in senso filosofico – cioè: attraverso la filosofia, il pensare filosofico – e si presenta come riflessione di secondo grado, orientata a salvaguardare il proprium della pedagogia e il suostatuto, appunto, interpretativo. In questo senso “pedagogia” critica è uno stile di pedagogia che dà luogo a modelli (diversi), pur accomunati dallo statuto riflessivo, e sviluppa problemi e/o ottiche sulla pedagogia che intendono restaurarne l’ordine e il senso più specifico. Il primo risulta connesso al suo ruolo progettuale; il secondo alla sua vocazione antropologico-formativa.

Tale pedagogia è critica in due sensi: poiché interpreta à part entière la pedagogia stessa, contro ogni riduzionismo (sempre immanente, almeno come possibilità o tentazione); poiché ne ricompone il “disegno” integrale (o più integrale), ideale e regolativo. Inoltre è critica poiché – filosoficamente – attinge alla grande e variegata tradizione del criticismo (da Kant alla “scuola del sospetto”, all’ermeneutica, etc.), trattenendo di quella tradizione la capacità autoriflessiva e delimitativa delle proprie condizioni trascendentali, comunque poi venga definita tale trascendentalità (formale, storica, interpretativa, etc.).

Si tratta di uno stile sofisticato e complesso di pedagogia, che si esercita attraversando tutti i saperi dell’educazione, riletti secondo un punto-di-vista ulteriore: connesso al proprium (o specifico) della pedagogia, riportando quei saperi al suo nucleo unitario. Così almeno la pedagogia critica si è presentata in Italia: come momento di riflessività oltre le derive ora scientistiche, ora ideologiche, ora pragmatiche, ora anche dogmatico-metafisiche, che ne hanno attraversato (spesso egemonizzandolo) il campo. Pedagogia critica vale sì pedagogia riflessiva, ma in cui la filosofia è ricondotta al suo alveo rigorosamente critico (postkantiano).

 

2.      Perché la pedagogia critica?

 

Soffermiamoci un po’ su come nasce la pedagogia critica. Quando? Nella sua forma esplicita e consapevole, a partire dagli anni Settanta. Ciò non toglie che modelli orientati in tal senso non fossero maturati anche prima. Per restare in Italia si pensi a Banfi o a Gramsci. Banfi teorizza una pedagogia fenomenologico-critico-dialettica che intrecci scienze, storia e filosofia alla ricerca dello “stemma” completo e costitutivo del pedagogico, anche se poi viene riaffermato sempre in un processo storico e storico-sociale. Gramsci elabora una teoria della formazione che, incrociando soprattutto il politico, lo storico-sociale, il culturale, ne fissa il carattere emancipativo: antropologico e sociale/politico ad un tempo. Pedagogie critiche hanno poi elaborato Bertin, in particolare, in parte anche Laeng e – forse – altri ancora. Ma è stato il crocevia degli anni Settanta a “gettare il dado” della pedagogia critica.

Perché?

Primo: per la metamorfosi in “scienze dell’educazione” che ha subito la pedagogia negli anni Settanta e metamorfosi, per molti, decisiva, ricostruttiva e senza residuo; per la fine di ogni riflessività filosofica (generale, interpretativa, etc.) in pedagogia, vista come una definitiva emancipazione da condizionamenti teoreticistici per l’avvento di una pedagogia risolta in molti saperi e in una loro sintesi interdisciplinare (ma senza apporto di una specifica riflessività orientativa e unitaria). Tale metamorfosi produce reazioni: di dubbio, di sospetto, di rigetto. Si respinge l’espropriazione del pedagogico e la sua reductio ad altro, attraverso l’uso troppo univoco di altri saperi. Si respinge il modello interdisciplinare delle “scienze dell’educazione” e si va verso una rilettura dei rapporti tra tali scienze e la pedagogia. Verso una rilettura appunto critica.

Secondo: per la crisi intervenuta nel pedagogico attraverso le pratiche teoriche di smascheramento, di decostruzione, di critica radicale che – dal ’68 – sono venute a erodere lo statuto sociale e epistemico della pedagogia, mostrandola come irretita nell’ideologia, nel pregiudizio, nelle istituzioni, nelle “forme di vita” e quindi come falso-sapere (=acritico). Da qui l’esigenza di andare verso una pedagogia più critica, verso una pedagogia critica esplicitamente capace di comprendersi e di autoregolarsi.

Terzo: il ritorno della filosofia (critica) come strumento di autocomprensione del pedagogico e di regolazione interna del suo sapere complesso  e articolato. Furono molti i segnali in tal senso negli anni Settanta. Basti ricordare Laporta e la sua “via filosofica” alla pedagogia, che poi egli risolverà in senso empiristico, ma via via sempre più critico e autocritico.

Dall’incrocio di questi fattori emerge quel modello di pedagogia critica che è post-scientifica (mai “anti”), post-ideologica, critico-radicale (e radicale perché critica e viceversa), interpretativa e che – come tale – è gestibile solo attraverso il discorso filosofico (critico: comunque poi si venga a esercitare la critica, seguendo il neocriticismo o il marxismo, l’empirismo o la fenomenologia, l’esistenzialismo o l’ermeneutica, l’epistemologia o il decostruzionismo).

 

3.      Sull’attualitàdella pedagogia critica

 

Tale stile di pedagogia (e di pensiero critico) è ancora attuale? Sì, perché i rischi, interni alla pedagogia, di dogmatismo, di riduzionismo, di espropriazione, di imperialismo ab extra, etc. non sono affatto tramontati: affatto. Si pensi al biologismo contemporaneo, si pensi alla tecnologia e al pensiero tecnologico, si pensi al funzionalismo sociale, tanto per fare qualche esempio. Sono tutte posizioni che circolano “alla grande” nella pedagogia nazionale e internazionale. Si ricordi Eysenck, si ricordi Luhmann, si ricordino gli “integrati” di echiana memoria. Quindi è ancora necessario combattere, smascherandole e interpretandole, tali posizioni. E ciò fatto criticamente: confrontandosi  con esse e integrandole con ulteriori prospettive riflessive.

E ancora: la pedagogia critica è attuale poiché di fatto “tiene il campo”; c’è ed opera. Per l’Italia: è presente tutto un fronte di pedagogisti che si collocano esplicitamente su questo fronte e che hanno dato vita a diversi modelli. Pedagogisti della “seconda generazione” postbellica (ma anche della “prima”: Cives, Fornaca, Flores d’Arcais, Bertolini, tanto per fare alcuni nomi). Che sono venuti a maturazione tra gli anni Sessanta e Settanta. Da Granese a Massa, dala Frauenfelder a Spadafora, passando per Colicchi, Fadda, Muzi, Porcheddu, anche il sottoscritto (il cosiddetto ex-“gruppo romano”). Poi il gruppo “fenomenologico”, da Demetrio alla Iori. Il folto gruppo “personalista” da Manno alla Santelli, a Laneve, alla Macchietti, a Acone, a Vico, a Nanni e altri. Quello critico-dialettico (di ascendenza marxista e/o gramsciana: si pensi a Manacorda, che è sì uno storico, ma che lavora con un suo modello di pedagogia critica). Quello che possiamo dire neo-(post)empiristico (tipo il “gruppo di Trento”, con Dalle Fratte, Bertoldi, etc.). Quello ermeneutico (si pensi a Gennari), quello funzionalista critico (si pensi a Ravaglioli: ancora uno storico, ma nutrito di teoria). Quello razionalistico-critico (da Frabboni alla Xodo, passando per la Contini, etc.). Quello idealistico-critico (con Cavallera). E altri ancora. Sono tutti pedagogisti che, oltre a fare ricerca in campi specifici, settoriali, coltivano questo “bisogno” di riflessività pedagogica e lo tengono costantemente attivo.

Ma l’attualità della pedagogia critica è determinata anche da una chiarificazione che è – negli ultimi dieci/quindici anni – avvenuta nella pedagogia: il suo incardinarsi sulla formazione, che è processo, che è nozione articolata, polimorfa, critica proprio perché collega soggetto-società-storia-cultura, e lo fa in modo costantemente dinamico, quindi aperto. Allora, se la formazione è nozione critica, se la formazione – ancora – è la categoria “reggente” (costitutiva e regolativa insieme) della pedagogia, la pedagogia è pedagogia critica, almeno al suo livello più proprio e più alto. Anzi, deve essere pedagogia critica o rischia di perdersi come pedagogia.

Certamente, per i dogmatici, i pragmatisti, i funzionalisti “duri e puri”, i riduzionisti interdisciplinari, etc. tale stile di pedagogia risulta un ritorno en arrière (alla filosofia!), un “vizio” teoreticistico, una deviazione dalle strade auree (scientifiche) del fare-pedagogia oggi. Così ignorano o ironizzano questi dibattiti. Ma il vizio è loro: non riescono ad accedere a uno sguardo d’insieme del pedagogico né a coglierne tutta l’intrinseca problematicità e a pensarla iuxta propria principia. Con enormi rischi per le loro pedagogie, che pur sono implicite o esplicite nel loro operari teorico. Anche per chi tratta le tecnologie dell’educazione. E forse lì più che altrove.

Dei modelli qui citati, però, sarebbe necessario creare una “galleria” più sistematica, di grana più fine, di identità più organica. Qui non possiamo né dobbiamo farlo. Quello che vale rilevare è – però – la presenza attiva di questa pedagogia critica. Così come lo è in Germania. Come lo è anche in Francia (se pur legata a modelli diversi: penso a un Ardoino, a un Fabre, ad esempio). Meno nella tradizione anglosassone? Forse. Ma nelle frontiere del neopragmatismo le cose stanno un po’ cambiando (si pensi alla Nussbaum). Mentre in Spagna e nell’area ispanica modelli di pedagogia critica sono presenti (si pensi al caso-Freire).

 

5.      Problemi aperti

 

Due parole sui problemi aperti. Problemi di autocomprensione e di autoregolamentazione della pedagogia critica. Problemi di rischi o di povertà. Problemi di critica della critica.

I primi rimandano a una metateoria pedagogica che funga da indicatore/regolatore. I secondi all’isolamento dalla ricerca (empirica) e all’effetto-nevrosi che possono venire a manifestarsi o anche al rischio di “ripetizione dell’identico”. I terzi al tipo di discussione che va tenuta viva e aperta per definire la pedagogia critica e la critica delle sue molteplici forme. Detto in breve: i primi problemi si legano a una analisi della pedagogia in toto e en structure, a una messa a punto dell’ordine e del senso del suo discorso, a una metateoria pedagogica che ne evidenzi i caratteri costitutivi e li fissi come i referenti trascendentali di ogni pedagogia e quindi come i correlatori di una (e ogni) pedagogia critica. Tale lavoro è in cammino da decenni e accompagna come un’ombra l’elaborazione delle pedagogie critiche. Non vi si dedicano in molti, in modo esplicito, ma è – implicitamente – presente un po’ in tutte le pedagogie critiche, come loro coordinatore interno. Va sempre più esplicitato. E nelle sue varie forme.

Per il secondo gruppo di problemi, va sottolineato il rapporto di tensione, dialettico, critico appunto, che tale pedagogia stabilisce con la ricerca empirica (che è oggi il cuore stesso delle elaborazioni pedagogiche): un rapporto sempre da ripensare, da ridefinire, da controllare, ma anche da valorizzare, ponendo in crisi il primato di ogni pedagogia critica, che deve – su questo piano – costantemente ri-legittimarsi. Come pure va sottolineato il pericolo legato a un fare-pedagogia in forma solo  o troppo riflessiva e quindi tutta accorpata su questioni di legittimazione, insistendo in modo esclusivo su questo unico fronte, pur centrale, e tralasciando i problemi della ricerca educativa, rischiando così il teoreticismo da un lato e la tematizzazione (quasi “nevrotica”) dell’identità del pedagogico dall’altro. Rischi che di fatto si sono corsi e si corrono.

Sul terzo fronte dei problemi aperti si colloca la discussione intorno ai modelli critici della pedagogia, discussione di critica della critica e quindi squisitamente filosofica che deve essere gestita all’interno di quel discorso (filosofico), pur curvandolo in ambito pedagogico, ovvero tenendo fermo l’oggetto a cui si applica la criticità in questione. Così in un gioco reciproco e di sponda tra filosofia e pedagogia viene a delinearsi la critica dei modelli di pedagogia critica.

Tutti questi sono problemi aperti proprio perché sempre sub judice e quindi integrativi del fare-pedagogia critica, ma ad essa integrati in maniera, appunto, aperta: sempre discussa e sempre in discussione, attraverso un lavoro che non è quello di Sisifo, bensì di legittimazione e ri-legittimazione teorica che tiene conto, in sostanza, proprio della complessità, della problematicità, del pluralismo tensionale della pedagogia, del suo stesso “congegno discorsivo”.

 

 

 

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Armin Bernhard                                                                                                                                                    28. 6. 2002

 

 

 

      Pedagogia critica: tendenze di sviluppo e progetti per l‘avvenire

 

 

La pedagogia critica si richiama alle teorie sulla socializzazione e sulla educazione elaborate all’inizio del secolo precedente nell’ambito del movimento operaio e socialista e dalle quali sorsero poi la pedagogia rivoluzionaria, le concezioni educativo-culturali dell’austromarxismo e le idee e i progetti educativi del socialismo riformista - tutto un filone teorico, il cui ulteriore sviluppo fu bruscamente interrotto dall’avvento del fascismo. L’immediato dopoguerra non vede, all’inizio, una ripresa di questa tradizione socialista; fino a quasi tutti gli anni Sessanta é invece la pedagogia ispirata alle ‘scienze dello spirito’ a mantenere una posizione dominante. La cosiddetta «svolta realistica» nelle scienze dell’educazione crea all’inizio solo le condizioni per dare alla pedagogia un fondamento scientifico-sperimentale e per introdurre procedimenti educativi tecnologici. Ma è solo col crollo dell’egemonia culturale delle posizioni conservatrici, alla fine degli anni Sessanta, che può affermarsi il programma di una scienza critica dell’educazione.

 

1. Le basi della pedagogia critica degli anni Sessanta e Settanta nella Germania federale

 

1.1 «Pedagogia critica» non sta per un modello teorico rigoroso e compatto, al contrario: sotto questa etichetta si raccolgono impostazioni talvolta anche assai dissimili, come provano già le diverse denominazioni che sono state date ai singoli indirizzi: pedagogia critico-materialistica, pedagogia critico-comunicativa, pedagogia critico-emancipativa, scienza critico-costruttiva dell’educazione. Esistono tuttavia degli orientamenti comuni che consentono di parlare di un paradigma pedagogico che si differenzia nettamente tanto dal modello pedagogico delle scienze dello spirito quanto dagli indirizzi di tipo empirico-analitico.

 


1.2 La Teoria critica costituisce senza dubbio un riferimento centrale nello sviluppo della scienza critica dell’educazione. In particolare, l’indirizzo che si rifà a una teoria critica della società si basa fondamentalmente sulla teoria del materialismo storico e sulla metodica materialistica della conoscenza elaborata da Marx. Nello stesso tempo si riallaccia alle analisi e alle teorie della Scuola di Francoforte, che hanno dato al marxismo critico le dimensioni di un progetto teorico e di ricerca interdisciplinare.

 

1.3 La pedagogia critica punta a scoprire contraddizioni e costrizioni sociali nel campo dell’educazione. Essa solleva il problema delle «condizioni materiali basilari della società» entro le quali sono iscritte le relazioni pedagogiche: modo di produzione, società, potere, dominio e egemonia sociale (Gramsci) sono le categorie centrali che consentono di impostare un’analisi critica dei processi educativi. Al centro della pedagogia critica si trovano l’istruzione e l’educazione considerate come aspetti fondamentali della «produzione e riproduzione della vita sociale». Queste condizioni fondamentali rappresentano la chiave per decifrare quei fatti sociali che sono appunto l’educazione e l’istruzione.

 

1.4 L’impostazione della pedagogia critica é indissolubilmente legata alle categorie autonomia, emancipazione e Mündigkeit, l’autonomia del soggetto responsabile di sé  e per sé. Emancipazione significa la dissoluzione di rapporti di dominio e di dipendenza, la «riduzione dell’eterodirezione» e la crescente capacità dell’individuo di disporre di sé. Prende forma un concetto pedagogico di emancipazione: l’eliminazione politica dell’eterodirezione fondata nei rapporti di dominio é anticipata dalla prassi educativa, dalla emancipazione dell’essere umano che impara, dalla sua autoliberazione politica e sociale.

 


1.5 In questo modo al centro della pedagogia critica viene a trovarsi un concetto di Bildung, di «formazione» profondamente modificato rispetto a quello della teoria classica. La pedagogia critica non costruiva più il rapporto morale e intellettuale dell’uomo col mondo nella prospettiva di un perfezionamento privato degli individui, ma considerava questo rapporto nei suoi legami con le contraddittorie condizioni sociali della società moderna, e lo apriva a processi sociali di liberazione.

 

2. Futuro e sviluppi della pedagogia critica

 

2.1 Dalla metà degli anni Settanta la pedagogia critica é il bersaglio polemico di una rinnovata tendenza conservatrice, che al centro dei suoi attacchi ha messo in primo luogo l’esplorazione critica dei fenomeni pedagogici sulla base di un’analisi e di una critica della società. Da un lato, dunque, la pedagogia critica deve tener conto delle nuove condizioni sociali create da una globalizzazione senza precedenti del mercato capitalistico e dai movimenti migratori risultanti dalla concentrazione della ricchezza sociale nei paesi capitalistici del nord. Ma d’altro lato essa é anche costretta a confrontarsi con nuovi paradigmi e la grande attrazione che esercitano nelle scienze dell’educazione.

 

2.2 Ci sono quattro i settori centrali nei quali la pedagogia critica deve essere ulteriormente sviluppata:

 

a) Una diversa distribuzione degli accenti nella teoria dell’educazione e della formazione.

b) La ridefinizione del progetto di una emancipazione permanente.

c) Una ridefinizione del rapporto tra autonomia e socialità nella teoria pedagogica.

d) L’integrazione nel progetto teorico di problematiche futurologiche.

 


2.3 Poichè forme e contenuti d’esperienza di fanciulli e adoloscenti sono mutati, é necessaria una teoria della formazione che si apra alla idea del mondo della nuova generazione. In particolare essa deve tener conto delle mutate forme di esperienza che risultano da un diverso vissuto del tempo, dalla crescita di esperienze secondarie, dalla ristrutturazione dell’esperienza sensibile. Una nuova concezione della formazione deve dunque cercare di mediare i contenuti del processo formativo con le forme attuali di esperienza, ma deve anche tener conto delle patologie sociali della nostra società e dei loro effetti sulla maturazione come soggetti di fanciulli e adolescenti.

 

2.4 Autocriticamente possiamo constatare che la vecchia variante della pedagogia critica ha considerevolmente sottovalutato la profondità dell’assoggettamento nella socializzazione e quindi la complessità dei processi formativi mirati all’emancipazione. Seguendo questa intuizione la pedagogia critica lavora in maniera intensificata con il concetto della capacità di resistere e cerca di fondarlo sistematicamente come categoria pedagogica. Nel processo dell’emancipazione permanente sussiste un nesso sistematico tra la capacità di resistere e l’autonomia dei soggetti che apprendono. Fondamentalmente questa dimensione della resistenza é già contenuta nel concetto di autonomia, in quanto questa facoltà di respingere influenze eteronome é la condizione dell’agire responsabile. Capacità di resistere é la facoltà di non lasciarsi sopraffare dal conformismo sociale.

 

2.5 Ciò di cui soffre la pedagogia critica é fondamentalmente un concetto unilaterale e ipertrofico di soggetto, che postula l’autonomia, l’emancipazione, la personalizzazione dell’individuo senza collegare dialetticamente le sue facoltà soggettive con l’idea della socialità dell’uomo. Dall’orizzonte intellettuale della pedagogia critica sono quasi completamente scomparse le componenti simpatetiche, sociali, altruistiche, solidaristiche, che pure costituiscono il fondamento imprescindibile dei processi di formazione della soggettività. Se si considera che l’idea del soggetto autonomo, che era in origine un’idea progressiva, é diventata ora una componente dell’egemonia della moderna società borghese e trova la sua corrispondenza reale nella prassi dell’induivido che persegue egoisticamente i propri interessi, bisognerà allora concludere che la pedagogia critica ha perso uno dei propri fondamenti teorici. Il concetto di conformismo sociale di Antonio Gramsci ci mette a disposizione una categoria per reintegrare nell’orizzonte dei compiti della pedagogia critica questo, finora assai poco considerato problema teorico.

 


2.6 La pedagogia critica deve trovare il coraggio di concepire l’attività pedagogica anche come una officina del futuro. Il rapporto della scienza dell’educazione con il futuro é duplice, di una duplicità che scaturisce dallo specifico rapporto teoria-prassi che caratterizza l’agire pedagogico. Da un lato il futuro é posto con l’inizio di ogni sviluppo individuale. Essendo un processo relativamente aperto entro condizioni date, esso racchiude la possibilità di una nuova costituzione di soggettività al di là del conformismo sociale. Il secondo piano del rapporto della pedagogia col futuro si conquista con la prognosi del futuro sociale e l’esame dialettico delle sue implicazioni pedagogiche. Solo se intreccia un pensiero autenticamente pedagogico e indirizzato al futuro con una capacità di analisi dialettica e di comprensione prognostica, la scienza dell’educazione si metterà in grado di esercitare un’influenza sull’organizzazzione pratica dei futuri processi di istruzione ed educazione.

 

2.7 Il problema del rapporto della scienza dell’educazione con il futuro é infine anche il problema di cosa la pedagogia si aspetta dall’uomo nel futuro, di che cosa spera da esso. Per quanto numrosi e intensi siano gli sforzi dedicti a una decostruzione della dimensione della speranza, che é inseparabilmente congiunta con il concetto di pedagogia: questa speranza non é mai riducibile a mera illusione, perché ciò che determina l’ottimismo controfattuale della pedagogia non é un astratto desiderio ma il carattere ‘aperto’ dell’evoluzione del fanciullo. Talvolta si rinfaccia alla pedagogia critica un atteggiamento di pessimismo storico, la cui causa sarebbe il suo riferimento alla ‘tarda’ teoria critica.

 

 

Lit.:

 

 

Bernhard, A./L. Rothermel (Hrsg.): Handbuch Kritische Pädagogik. Einführung in die Erziehungs- und Bildungswissenschaft, Weinheim/Basel 1997

 

Das Argument: Kritische Pädagogik heute, Hamburg/Berlin 1998

 

Gamm, H.-J.: Das Elend der spätbürgerlichen Pädagogik. Studien über den politischen Erkenntnisstand einer Sozialwissenschaft, München 1972

 

Gamm, H.-J.: Einführung in das Studium der Erziehungswissenschaft, München 1974


Gamm, H.-J.: Das Elend der spätbürgerlichen Pädagogik und die kritisch-materialistische Erziehungswissenschaft, in: Stein: Kritische Pädagogik..., a.a.O., S. 138-155

 

Gamm, H.-J.: Allgemeine Pädagogik. Die Grundlagen von Erziehung und Bildung in der bürgerlichen Gesellschaft, Reinbek 1979

 

Gamm, H.-J./G. Koneffke (Hrsg.): Mündigkeit, Frankfurt am Main 1997

 

Schmied-Kowarzik, W.: Kritische Theorie und revolutionäre Praxis. Konzepte und Perspektiven marxistischer Erziehungs- und Bildungstheorie, Bochum 1988

 

Schmied-Kowarzik, W.: Bildung, Emanzipation und Sittlichkeit. Philosophische und pädagogische Klärungsversuche, Weinheim 1993

 

Stein, G.: Ansätze und Perspektiven kritischer Erziehungswissenschaft, Stuttgart 1980 (1. Auflage)

 

Stein, G. (Hrsg.): Kritische Pädagogik. Positionen und Kontroversen, Hamburg 1979 (1. Auflage)

 

Sünker, H./H.-H.Krüger (Hrsg.): Kritische Erziehungswissenschaft am Neubeginn?!, Frankfurt am Main 1999