Notizie Storiche sulla Parrocchia “S. Biagio”

di Viscalori in Viagrande (CT)

 

Il quartiere di Viscalori ha un’antica storia che si perde nel tempo. Insieme al quartiere dei “Vilardi” e di “Sant’Antonino” fu una delle borgate che costituirono il nucleo più antico del comune di Viagrande Il quartiere ebbe origine da un raggruppamento di gente che per necessità di lavoro, cominciò ad abitare il bosco sottostante a Trecastagni che fu detto “cuntrada di li buscalori” ovvero contrada dei boscaioli come si legge in un documento del 1464. Questo nucleo di gente avrebbe, stabilito la propria residenza in questo luogo per accudire con più facilità prima ai lavori di trasformazione dei boschi circostanti in vigneti e poi alla coltivazione dei terreni trasformati.

Due possono essere le ipotesi sull’origine del toponimo “Viscalori” e cioè:

  * la prima che lo farebbe derivare, come abbiamo sopraccennato, da “buscalori”;       assistiamo qui alla classica caduta della consonante iniziale “b” sostituita dalla “v”        come spesso accade nelle parlate meridionali; questa prima ipotesi è avvalorata        anche da un documento del 1571, che si conserva nell’archivio storico diocesano, il quale per indicare la contrada utilizza sia il nome “biscalori” sia quello di “viscalori”;

* la seconda, sostenuta anche dal Mirone, che lo farebbe derivare da “villallori” e ciò dalla gran quantità d’allori che, in tempi ormai lontani, coprivano l’altura mostrandola a tutti come una splendida villa; Di questa seconda ipotesi ne parla Salvatore Mirone (personaggio di spicco della scena politica catanese nella seconda metà dell"800 nonché sindaco di Viagrande) il quale in una monografia storica sul nostro paese (S. MIRONE, Monografia storica dei comuni di Nicolosi, Trecastagni, Pedara e Viagrande, Coco, Catania 1875) afferma che anche ai suoi tempi, qua e là, nell’altura di Viscalori si vedeva spuntare qualche vecchio esemplare d’albero d’alloro.

 

Non è escluso in ogni caso pensare ad un possibile collegamento tra le due ipotesi sull’origine giacché alla base di queste vi stanno sempre dei riferimenti che si richiamano l’un l’altro (vedi ad esempio gli alberi d’alloro e i boschi).

 

 

La chiesa fu edificata presumibilmente in contemporanea ai primi insediamenti in loco. Si hanno notizie di questa già nel 1571 in occasione della sacra visita alla parrocchia fatta da S.E.Mons.Antonio Faraone, vescovo dell’epoca. Ecco alcuni passi della relazione di quella visita:

 

«Visitata fuit ecclesia Sancti Blasy cuntrate di li biscalori in qua administratus sacramenta pro populi di la via grandi  trasferenda ad ecclesiam inferiorem que de novo frabricatur sub titulo Sanctae Mariae dell’Itriae di la via grandi..».

 

La chiesa di S. Biagio, quindi, esisteva già nel  XVI secolo ed aveva un ruolo importante nella vita della comunità cittadina; era stata chiesa sacramentale, dal testo non è chiaro se lo fu per qualche tempo (durante i lavori di costruzione della nuova chiesa madre S. Maria dell’Idria) oppure lo era stata stabilmente anche prima. Una cosa è certa: dopo la costruzione della  chiesa madre di Viagrande (1574) l’amministrazione dei sacramenti a beneficio della popolazione viagrandese fu trasferita, come ci dice anche il testo, da S. Biagio alla suddetta chiesa. In ogni caso il 4 aprile del 1665 dodici abitanti di Viscalori con atto pubblico si impegnarono, per consentire un sostentamento stabile alla chiesa, a versare un contributo annuo stabilito secondo un accordo. La chiesa  fu così autorizzata ad amministrare i sacramenti come chiesa filiale e coadiutrice della chiesa madre di Viagrande.

Dopo il terremoto del 1693, quando ogni edificio fu raso al suolo, cominciò a farsi strada nell’animo degli abitanti, il pensiero di costruire assieme alle loro case anche una bella chiesa. Quella vecchia nel frattempo era stata provvisoriamente restaurata ed ampliata. Nel 1791 questa chiesa, di cui rimane visibile ancora oggi il pregevole campanile in pietra lavica sul fianco sinistro dell’attuale costruzione, fu abbattuta e per opera del cappellano curato Don Alfio D’Agata iniziarono i lavori di costruzione del nuovo edificio sacro ma in quello stesso anno per la morte di questo i lavori furono sospesi. Per diversi anni i sacramenti furono amministrati in casa del cappellano curato don Alfio Grasso. Fu grazie alla tenacia, allo zelo apostolico e allo sforzo titanico di quest’ultimo (che ebbe a cuore la sorte della nuova chiesa nonché di tutto il quartiere) e dello sparuto numero dei fedeli del posto che i lavori poterono riprendere per essere portati definitivamente al termine. Il 1811 fu l’anno della svolta, infatti, in seguito alla vincita di una “Real lotteria” la chiesa diventò proprietaria di tre grandi tenute nel territorio di Augusta (confiscate dallo stato con la legge di soppressione degli enti ecclesiastici, dopo l’unità d’Italia, nel 1867) che permisero la ripresa dei lavori ed il completamento, almeno in parte, del nuovo edificio sacro.         Il 15  maggio 1825 il vescovo di Catania S.E.Mons. Domenico Orlando alla presenza di tutto il  clero viagrandese e di un’immensa folla di devoti consacrava  solennemente la nuova chiesa di S. Biagio. L’evento fu di grande portata, basti pensare che erano pochissime le chiese nella nostra diocesi, dopo la cattedrale, che si potevano vantare della consacrazione; nella zona etnea l’unica chiesa ad averla ricevuta sino a quel momento era la chiesa madre di Trecastagni la quale fra l’altro la ricevette solo qualche giorno prima della nostra e cioè il 6 maggio.

 

La vincita alla “Real Lotteria” permise anche l’elevazione della chiesa a collegiata. Le pratiche furono avviate  nel 1813 da S.E.Mons. Corrado Deodati di Moncada, il beneplacito del governo arrivò con biglietto reale il 24 maggio di quello stesso anno ma per la morte del vescovo sopraccitato l’erezione canonica avvenne il 12 dicembre 1817 da S.E.Mons. G. Gravina. Il primo capitolo dei canonici poté però installarsi, per una clausola del governo, solamente dopo il completamento della chiesa e quindi, come abbiamo già detto, nel 1825. Il collegio era composto da quattro “dignità” (Prevosto, Cantore, Decano, Tesoriere), dieci “canonici” e sei “mansionari” per un totale di 20 sacerdoti (una regola fondamentale di questa istituzione era quella che i sacerdoti componenti il capitolo dovevano essere di Viagrande) e si estinse, per mancanza di soggetti che potessero occupare le cariche, con la morte dell’ultimo canonico don Ignazio Messina nel 1965. Una delle funzioni del capitolo era di presenziare con solennità le grandi celebrazioni e processioni che si svolgevano sia nella chiesa madre sia in quella di S. Biagio che all’epoca erano veramente tante.

 

Ritornando all’edificio dobbiamo dire che anche se la gran parte dei lavori fu ultimata nel 1825, restava ancora molto da fare specialmente all’interno della chiesa. Il capitolo e tutti i parrocchiani si diedero quindi un gran da fare per completare le opere necessarie per rendere più accogliente la chiesa. Così nel 1864 fu commissionato dal capitolo il piccolo ma armonioso organo, nel 1906 fu realizzata, sempre dal capitolo, l’artistica balaustra di marmo. Sotto la guida del dinamico canonico don Giuseppe Scuderi si realizzò la cameretta di S. Biagio, il restauro della stessa statua e il gran quadro posto sull’altare (siamo agli inizi del”900). In conseguenza dei danni provocati dal terremoto del 1908 si dovette procedere ad un generale restauro e alla fasciatura mediante lamiere di ferro.

Il 21 giugno 1926 con decreto di S.E. Card. Nava Arcivescovo di Catania la chiesa veniva eretta canonicamente come parrocchia. Il riconoscimento civile si ebbe con un ulteriore decreto questa volta firmato da Vittorio Emanuele il 27 agosto 1927.

 

 

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