Le attività
economiche
I mezzi di
trasporto organizzati , cominciarono tuttavia a concretizzarsi intorno
all’anno 1910 , le prime iniziative atte a rompere l’isolamento e vennero
presentate due domande di concessione per la costruzione e
l’esercizio di due linee ferroviarie a scartamento ridotto :una avrebbe
seguito il percorso Calasetta – S.Antioco – Santadi - Narcao
- Siliqua , dove si sarebbe dovuta raccordare alla linea a scartamento
originario Decimo – Iglesias delle ferrovie reali; l’altra avrebbe
seguito il percorso Calasetta – Sant’Antioco – Tratalias – Santadi – Capoterra
– Cagliari.
Nell’anno
1914 veniva costruita la Società Anonima “Ferrovie Meridionali Sarde”
(d’ora in poi denominata FMS) , avente come scopo la costruzione e l’esercizio
della ferrovia Calasetta – San Giovanni Suergiu. L’atto fu stipulato nell’anno
1915; la costruzione nell’anno 1923 dopo la parentesi della prima
guerra mondiale.
Il massimo
sviluppo di traffico, si ebbe in pratica negli anni dal 1940 al 1950 in
coincidenza con il periodo di maggiore produzione di carbone sulcis che
le ferrovie trasportavano delle miniere dislocate nel bacino Sulcis al
porto di Sant’Antioco ,con passaggio obbligato S.G.Suergiu.
Inoltre
nel 1932 fu costruito nei pressi di Palmas Suergiu a 400 mt. Circa dalla
stazione, uno stabilimento per la distillazione a bassa temperatura della
lignite .
Per far
fronte all’esigenze sempre crescenti del trasporto sia del carbone che
della lignite, si potenziò il parco aziendale che venne gradatamente
aumentando fino alla dotazione complessiva di 36 locomotive e 180 carri
merci.
L’istituzione
del dormitorio fu un servizio istituito solo in questo territorio, tanto
era l’affluenza del personale e per il fatto che essendo l’assicurazione
del trasporto del carbone in quegli anni, di importanza vitale per l’economia
nazionale.
Nel 1955
la grave crisi mineraria portò allo scioglimento della Azienda
Carboni Italiani, e conseguentemente l’esercizio delle F.M.S.
Il Comune
di San Giovanni Suergiu nell’arco degli anni 40 – 70, ebbe un incremento
di benefici per gli sviluppi della ferrovia .
La popolazione
ha una percentuale molto alta di famiglie che lavorano nelle ferrovie ,
lavoro che il più delle volte è tramandato da padre in figlio.
Attualmente
la linea ferroviaria è stata completamente soppressa, senza però
che sia stato esonerato il personale dal servizio in quanto le autolinee
hanno incrementato le corse, favorendo soprattutto il trasporto dei pendolari.
Il paese
ha attualmente un aspetto cittadino, grazie alle sue strade asfaltate,
alle nuove costruzioni abitative, e agli edifici pubblici.
Industrializzazione
della Sardegna
e
Partecipazioni statali
Intervento
al Senato del 22 Settembre 1967 del
senatore Pirastu:
Si
costruisca subito lo stabilimento per l’alluminio,anche
esso localizzato nel Sulcis,zona della Sardegna
in cui è avuto un arretramento
relativamente maggiore rispetto alle altre
zone perché ha perduto migliaia e
migliaia di lavoratori,ha visto emigrare
migliaia e migliaia di minatori nelle
miniere del Belgio e della Germania.Il
Sulcis Iglesiente deve oggi ritrovare una
via di sviluppo.
Ma
accanto a questo stabilimento è necessario
promuovere industrie manifatturiere e di
trasformazione legate all’industria di base,legate
all’agricoltura.
Quando
noi parliamo di industrie manifatturiere
e di industrie di trasformazione ci
viene detto dal Governo che tali industrie
non possono farsi in Sardegna.
Forse
lo stesso onorevole Donat Cattin ricorderà
che l’anno scorso e due anni orsono,discutendosi
il bilancio delle Partecipazioni statali
nella comissione competente, e
io
avendo presentato un ordine del giorno
in cui si chiedeva lo sviluppo delle
industrie di base e di trasformazione,l’onorevole
Bo oppose un rifiuto netto,categorico,accettando
come raccomandazione alcuni punti dell’ordine
del giorno,ma opponendosi nettamente all’acettazione
dei punti che si riferivano alle industrie
manifatturiere e a quelle di trasformazione.
Per l’IRI
non è possibile costruire queste
industrie manifatturiere e di trasformazione
in Sardegna ; mentre nelle altre parti d’Italia
sono possibili gli sconfinamenti più
audaci, sono possibili tutte le iniziative,
dalla costruzione della tangenziale Sud-Napoli
(un raccordo viario ) alla costruzione
di alberghi, alla produzione di surgelati—iniziative
sulle quali oggi non voglio discutere
perché non è questa la sede—mentre,
sia pure in modo a mio parere insufficiente
e disordinato, al di fuori di una
linea programmatica giusta, si tenta, da
parte delle aziende di Stato, di dar vita
ad industrie manifatturiere e di trasformazione
in varie zone del nostro Paese, in
Sardegna, invece, sembra che non si
possa creare nessuna industria di trasformazione
e manifatturiera.
La
Sme ha tutto un programma di
produzione di alimenti surgelati in collegamento
con l’agricoltura, un programma di
costruzione di supermercati, ma non certamente
in Sardegna,
dove
le Partecipazioni Statali non possono costruire,
secondo il Governo, industrie manifatturiere.
Le donne
in Sardegna conducono diversi lavori.
Lavorare
camminando: le tecniche tradizionali della raccolta delle olive sono varie,
in Sardegna, a seconda delle località. Esse sono tuttavia
riconducibili a due fondamentali tipi di raccolta: la raccolta dall’ albero
e la raccolta da terra.
La raccolta
manuale dall’ albero o brucatura, permette di staccare le drupe e
di riporle nel cesto. Per la brucatura è necessario l’uso
di scale a pioli, per tanto questo metodo presenta considerevoli difficoltà
quando gli olivi raggiungono notevoli dimensioni.
La raccolta
della palma.
La raccolta
della palma nana veniva e viene ancora fatta con la roncola nei mesi estivi,
in genere da Giugno a Settembre, come abbiamo detto,dopo la mietitura del
grano.
Il fogliame
veniva scelto e raccolto dalle stesse donne sia tirando con le mani il
cuore della palma nana, sia tagliando con la roncola le foglie adulte.
Macinare
il grano
Nella seconda
metà dell’ottocento preparare il grano per la molitura, macinarlo
e lavorare il macinato era considerata l’ attività principale delle
donne sarde.
Le donne
che macinavano il grano personalmente con la tradizionale mola asinaria
sarda oggi sono assai rare. Chi era nata da genitori contadini, ha
imparato dalla madre, che possedeva la mola asinaria, a governare l’asino
e a lavorare il macinato.
Macinare
il grano e lavorare il macinato costituiscono inoltre un anello di collegamento,
stabilito attraverso i modi tradizionali della cultura materiale dei contadini
sardi. Lo spazio del locale della macina che era per la madre anche
il luogo della tessitura e soprattutto luogo d’ incontro e di ampia socialità
femminile,
attualmente
è luogo della molitura ed anche cantina.
I giorni
destinati alla molitura erano generalmente i primi tre-quattro giorni della
settimana quando si limitavano i lavori a una provvista di macinato per
la cottura del pane di una settimana. I giorni della molitura
potevano giungere fino al venerdì, essendo il sabato preferito per
la panificazione.
Fare la farina e le semole.
Lavorare
il macinato (fai sa farra) comprende una serie di operazioni tecniche,
concatenate cronologicamente e spazialmente, il cui obbiettivo finale è
la produzione della farina e delle semole. Le operazioni tecniche
consentono di cernere prima la crusca, poi produrre la farina, raffinare
la farina (fai su scetti biancu).
La farina
bianca viene separata da un sottoprodotto, usata in genere per la frittura
del pesce. La lavorazione della semola avveniva in un secondo tempo
rispetto alla raffinazione della farina. Per ricavare il cruschello
si doveva fare un movimento rotatorio, infatti con questo movimento della
semola veniva mandato al centro il cruschello, essendo più leggero
della semola. Le donne con la semola bianca fanno il pane più
bianco e lavorato ( pane a coccoi), dal cruschello più fino si ottiene
(su civraxèddu).