E'
durante la seconda guerra mondiale che Senorbì si
trovò a dover fronteggiare uno fra i periodi più
difficili della sua storia. Fame e distruzione
contraddistinsero quegli anni lungo tutto il
territorio. La Sardegna e con essa anche Senorbì
non fu nell'immediato teatro di guerra. Passarono
diversi anni (dal 1938 anno in cui la Germania
nazista invase l'Austria dando poi il là al
coinvolgimento delle altre nazioni) prima che
l'intera zona provò l'asprezza e il sacrificio
della battaglia. Nella primavera del 1943 gli
americani fecero credere di prepararsi ad invadere
l'Italia partendo dalla Sardegna, impiantando la
testa di ponte del proprio esercito nell'Africa
settentrionale. Fu così che i tedeschi
rafforzarono la propria "corazzata"
nell'isola predisponendo qua e la proprie basi e
creando una fitta rete di appoggio su tutta
l'isola.
Nelle campagne antistanti il paese nella località
di Bangiu installarono un piccolo centro di
aviazione militare. Nella zona c'erano circa 60
aerei e tutt'intorno stavano dislocati gli
insediamenti dei militari.
Alla sera i soldati passeggiavano nelle strade del
paese, entravano nei negozi e nelle case; il loro
comportamento ispirò simpatia tra i senorbiesi.
Ma l'evolversi delle operazioni belliche e
soprattutto il diverso ruolo che i militari
tedeschi assunsero, portò la popolazione a un
atteggiamento diffidente e sospettoso.
Ben presto si ebbe coscienza di quanto la guerra
fosse terribile. Le mamme vedevano partire i
propri figli, incerte sul loro ritorno a casa e
con il terrore di vedersi recapitare il telegramma
annunciante la loro morte. Ogni giorno l'ora del
comunicato radio che informava sullo svolgimento
della guerra era atteso con trepidazione da tutti.
Al di là dei proclami propagandistici fascisti la
tensione era papabile e chi riusciva a
sintonizzarsi su frequenze che informavano in
maniera più attendibile l'evolversi della guerra,
acquisiva con tristezza la drammaticità della
situazione. L'Italia fascista entrò in guerra a
fianco alla Germania nel 1940 esaltata dai
proclami di "Mussolini", impreparata
militarmente e dotata di un esercito con
poche armi e tanti uomini votati al sacrificio.
I senorbiesi, prevalentemente contadini, erano
costretti a consegnare i generi alimentari che non
erano strettamente necessari alla sussistenza
della famiglia. I viveri scarseggiavano e non
poche erano le case in cui si macinava il grano
furtivamente.
Durante questo periodo Senorbì, in relazione alla
tranquillità di cui godeva, accolse numerose
famiglie di sfollati provenienti da una Cagliari
martoriata dai bombardamenti e non solo. I
cagliaritani sin dalla prima incursione aerea
avvenuta il 17 febbraio 1943 evacuarono la città
dirigendosi verso mete un pò più sicure. A
Senorbì un gran numero arrivò la sera del 28
febbraio. Una volta scesi dal treno si
concentrarono soprattutto nella piazza della
Parrocchia che divenne subito un centro di
smistamento. Numerose famiglie senorbiese misero a
disposizione le proprie abitazioni, il comune
adibì i propri locali per dare un alloggio ai
senzatetto. La popolazione in pochi giorni
raddoppiò il proprio numero. Dopo una settimana
di caos Senorbì riprese la sua vita di sempre.
Gli sfollati si prodigavano per dare una mano ai
propri ospitanti nelle faccende di ogni giorni e
tra loro si instaurarono legami di amicizia che
perdurarono per sempre. Senorbì in questo periodo
ospitò inoltre la scuola Dante Alighieri e la
scuola media del Dettori di Cagliari, nell'asilo,
mentre l'abitazione del possidente Peppino Piseddu
accolse gli orfanelli dell'Opera Provvidenza
agricola del Sacro Cuore diretta dalle Suore
Francescane.
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