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Afghanistan

Nuovi combattimenti intorno a Bamyan - 26.3.2001

Due cumuli di macerie - 26.3.2001

Il Mistero dei Buddha - 23.3.2001

Il grande vuoto - 19.3.2001

Lo sconcerto dei Taliban - 19.3.2001

Nuovi attentati in Afghanistan - 18.3.2001

Troppo poco e troppo tardi - 13.3.2001

Distruzione totale - 10.3.2001

La fine dei Buddha - 9.3.2001

Massud attacca - 9.3.2001

Taliban:  Distruzione irreversibile - 8.3.2001

Appello dell'Unesco - 7.3.2001

Inizia in tutte le città la distruzione dell’arte non-islamica - 1.3.2001

Appello della Spach per Bamiyan - 28.2.2001

Forse distrutti i Buddha di Bamiyan  - 27.2.2001

Bamiyan riconquistata dai Taliban - 17.2.2001

Bamiyan libera - 14.2.2001

vedi anche: La distruzione dei Buddha e le menzogne di regime   
In pericolo l’arte degli infedeli
Tre ore all'ombra dei Buddha  

 

 

26.3.2001

Nuovi combattimenti intorno a Bamyan

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Secondo Ahmad Bahram, un portavoce delle forze di opposizione appartenente alla fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat, si combatte da dieci giorni attorno alla cittadina di Bamyan. La linea del fronte si trova in questo momento a otto chilometri circa dal centro della cittadina, in direzione ovest. Due giorni fa i soldati dello Hezb-i-Wahadat, quasi tutti di etnia Hazara, avevano riconquistato per poche ore la città. Le forze di opposizione non intendono per il momento sferrare un altro attacco, ma tengono sotto tiro l’aereoporto e le strade principali. Bamiyan, occupata dai Taliban nel 1998, ha una popolazione mista di circa 200mila abitanti di etnia hazara e tajika. Dal punto di vista strategico, Bamiyan ha grande rilevanza perché costituisce il principale snodo stradale per le comunicazioni tra la capitale Kabul e il nord del paese.

 

26.3.2001

Due cumuli di macerie

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I Taliban hanno consentito a venti giornalisti stranieri di andare a Bamyan. Viene così ufficialmente confermata l’avvenuta distruzione delle due statue di Buddha. Nelle cavità della collina, soltanto due cumuli di macerie. "Prima abbiamo fatto saltare la più piccola delle statue, che era una donna. Dopo, abbiamo distrutto suo marito, la statua più grande" ha dichiarato Abdul Haidi, il comandante Taliban che ha presieduto alla demolizione. La popolazione locale chiamava infatti ‘Solsol’, che vuol dire all’incirca ‘eternità’, la più grande delle due statue e ‘Shahmama’, ‘Grande madre’, la piccola. Il governo dello Sri Lanka ha dichiarato di essere intenzionato ad acquistare ciò che rimane delle due statue.

 

23.3.2001

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Il mistero dei Buddha

Il governo dei Taliban ha brevemente aperto le porte del museo nazionale di Kabul ai giornalisti. O, almeno, le porte di quello che rimane del museo nazionale di Kabul. Grandi stanze vuote, e basta. Nemmeno un po’ di polvere o un microscopico frammento delle quaranta statue distrutte, non una scheggia di una preziosissima statuetta del Buddha antica di circa 2000 anni che gli esperti reputavano di valore inestimabile. "Siamo qui soltanto per mostrarvi ciò che abbiamo fatto. Non ci sono più statue." Ha dichiarato il direttore del museo Achem Yar. Aggiungendo che tutte le macerie sono state sgombrate a lavori ultimati. Voci di corridoio affermano però, secondo l’emittente britannica Bbc, che le statue potrebbero in realtà essere state vendute a collezionisti privi di scrupoli, e che l’editto di mullah Omar sarebbe stato emanato a copertura della vendita clandestina. Le autorità religiose hanno respinto ogni accusa dichiarando fieramente "Siamo distruttori, non trafficanti di idoli". Intanto a Kabul giungono da più parti offerte per l’acquisto delle macerie dei Buddha di Bamyan, oltre alle proteste ufficiali di numerosi governi. Il governo giapponese ha addirittura invitato a Tokyo una delegazione Taliban per discutere della trattativa, e ha annunciato uno stanziamento di circa 2 milioni di dollari in favore dei rifugiati afghani. Ma Kate Clark, la corrispondente della Bbc espulsa dalla capitale afghana qualche giorno fa, avanza oggi un’ipotesi sorprendente: è possibile che la più grande delle due statue dei Buddha di Bamyan sia ancora intatta. La Clark è giunta a questa conclusione dopo un attento esame del filmato che mostra l’esplosione finale delle statue. I Taliban continuano ancora a negare ai giornalisti il permesso di recarsi a Bamyan.

 

19.3.01

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Il Grande Vuoto

L’emittente satellitare Al-Jazeera, con sede in Qatar, ha mandato in onda un filmato con le immagini girate al momento della distruzione finale dei Buddha di Bamyan da parte dei taliban. Le immagini mostrano una gigantesca esplosione, una nube nera di polvere e detriti e, al diradarsi del fumo, due enormi cavità vuote al posto delle gigantesche statue. Tutto ciò che rimane dei Buddha, orgoglio dell’arte pre-islamica, è soltanto qualche frammento annerito dal fumo. Durante l’esplosione si sentono delle voci salmodiare "Allah-o-Akbar" (Dio è grande) e "Ma Shah’Allah" (Sia fatta la volontà di Dio). Secondo il ministro della Cultura Qadratullah Jamal, la decisione di abbattere i Buddha sarebbe stata presa da un ‘Concilio religioso’ formato da quattrocento componenti, e il governo "Non ha avuto altra scelta che quella di obbedire". Il ministro degli Esteri Abdul Wakil Muttawakil ha infatti dichiarato oggi che la decisione è stata soltanto avallata dal capo del governo mullah Omar, e che le autorità taliban non hanno in alcun modo preso parte alla demolizione. Le forze di opposizione hanno però diffuso un comunicato stampa in cui vengono riportati i nomi di almeno tredici leader Taliban che avrebbero personalmente preso parte alla distruzione dei Buddha, e sostiene che tutta la responsabilità dell’accaduto deve essere addebitata all’editto di mullah Omar. Intanto, il governo di Kabul nei giorni scorsi ha espulso dal Paese la corrispondente dell’emittente britannica Bbc Kate Clark per aver riportato "notizie false e tendenziose" sulla questione dei Buddha e ha ordinato un sacrificio rituale di 100 mucche per espiare il colpevole ritardo con cui la distruzione di tutti i manufatti non-islamici è stata effettuata. La carne degli animali, secondo gli ordini di mullah Omar, deve essere distribuita tra i poveri del Paese. Con la speranza che non si tratti di ‘mucche pazze’.

19.3.01

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Lo sconcerto dei Taliban

Le autorità di Kabul dichiarano di essere ‘sconcertate e sorprese’ dalle reazioni provocate in tutto il mondo dalla distruzione dei Buddha di Bamyan e dal silenzio della comunità internazionale su questioni di importanza vitale per la il popolo afghano. "Hanno avuto un occasione d’oro per dare aiuto al popolo afghano…quando trecento rifugiati sono morti di stenti nei campi profughi" ha sostenuto il ministro degli Esteri Abdul Wakil Muttawakil durante una conferenza stampa "Ma nessuno ci ha aiutato in questa occasione. Quando invece abbiamo distrutto qualche statua di pietra, tutto il mondo si è rivoltato. Siamo stupefatti.". Muttawakil ha inoltre espresso la speranza che tutti coloro che hanno protestato per la scomparsa dei Buddha non rimangano ancora indifferenti alle condizioni in cui versa la popolazione afghana, stremata dalle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite e dalla guerra in corso. Secondo il governo di Kabul "Gli aiuti umanitari alla popolazione non dovrebbero essere legati a questioni politiche". Intanto il governo pakistano, d’accordo con le Nazioni Unite, ha annunciato un piano di rimpatrio per circa 1.500 profughi.

 

 

18.3.2001

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Nuovi attentati in Afghanistan

Un autobomba è esplosa in una strada affollata nel centro di Kabul, provocando la morte di cinque persone. Numerosi i feriti. Secondo il governo Taliban si tratta di un attentato alla vita del ministro dell’Educazione Amir Khan Muttaqi, che si trovava in quel momento a passare a bordo della sua auto. Muttaqi era già stato vittima di un attentato nel 1999. Un’altra bomba, nelle stesse ore, è stata fatta esplodere nei pressi del consolato del Pakistan a Jalalabad. Non ci sono stati feriti. Negli ultimi mesi, i consolati e l’ambasciata del Pakistan in Afghanistan sono stati oggetto di almeno dieci attentati dinamitardi. Il governo di Kabul ha attribuito la responsabilità degli attentati alle forze di opposizione guidate dal generale Massud e ha dichiarato che "E’ stato ancora una volta commesso un atto di vigliaccheria. Il popolo non lo dimenticherà". L’opposizione ha però negato ogni addebito e attribuisce invece la paternità del gesto ai gruppi di opposizione interni agli stessi Taliban. Il portavoce della Northern Alliance ha inoltre dichiarato di aver ricevuto offerte di pace dai Taliban, ma la notizia è stata smentita dal governo di Kabul.

 

13.3.2001

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Troppo Poco e troppo tardi

L’Unesco ha confermato l’avvenuta distruzione dei Buddha di Bamyan. Il network statunitense Cnn (vedi links di Stringer) mostra sul suo sito Internet l’immagine di una delle due statue avvolta nella polvere sollevata da un’esplosione. La fotografia è stata scattata da un fotografo free-lance afghano che si trovava sul luogo. "La comunità internazionale ha fatto troppo poco e troppo tardi", ha commentato il ministro degli Esteri pakistano, Abdul Sattar. Una delegazione dell’Organizzazione della Conferenza islamica (Oic), si era recata ieri a Kandahar per cercare una mediazione in extremis. La delegazione era guidata dal ministro degli Esteri del Qatar Ahmed bin Abdullah Zaid al Mahmoud, e includeva la massima autorità religiosa egiziana, il mufti Nasr Farid Wassel. Ogni tentativo si è però rivelato inutile. Il ministro degli Esteri dei Taliban, Wakil Ahmed Muttawakil, si era incontrato domenica a Islamabad con il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan senza però fornire alcuna conferma ufficiale dell’avvenuta distruzione delle statue, e il ministro dell’Informazione di Kabul, Qudratullah Jamal, aveva dichiarato all’agenzia di stampa Reuters "Il lavoro di demolizione è più difficoltoso di quanto si creda…..Siamo allo stadio finale, ma non posso dire quando i lavori saranno ultimati". In tarda serata, sono arrivate le immagini dell’esplosione.

10.3.2001

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Distruzione totale

"Abbiamo distrutto l’80 per cento delle statue – ha riferito all’Associated Press il portavoce dei Taliban – e quel poco che rimane lo distruggeremo al più presto". Inutili i tentativi di mediazione degli inviati speciali dell’Onu e dei Paesi islamici, appena tornati dalle loro missioni a Kabul. Anche il ministro pakistano degli Interni, Moinuddin Haider, è tornato a mani vuote dal suo incontro a Kandhar con il leader dei Taliban, mullah Omar. "Non è stato possibile fargli cambiare idea", ha detto l’inviato di Islamabad. Il ministro talibano dell’Informazione, Qudratullah Jamal, ha dichiarato che il suo governo fornirà le prove dell’avvenuta demolizione: "Non possiamo riferire i dettagli dell’avanzamento dei lavori di distruzione, ma informeremo il mondo non appena saranno ultimati". Jamal ha poi invitato la comunità internazionale ad aiutare i Taliban a "conservare e proteggere quel patrimonio artistico che non è in contrasto con l’editto del mullah Omar".

 

9.3.2001

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La fine dei Buddha

Un portavoce dell’opposizione afghana della Northern Alliance (N.A.) e anche l’agenzia di stampa Afghan Islamic Press (Aip) affermano che i Taliban hanno usato dinamite e polvere da sparo per demolire le preziose statue di Bamiyan. Secondo dirigenti Taliban citati dall’Aip ‘‘il quarto superiore’’ del Buddha alto 53 metri e’ stato fatto esplodere, mentre per l’opposizione tutti e due i Buddha sono stati distrutti. "Hanno impiegato carriarmati, artiglieria pesante ed esplosivi per abbatterli completamente", ha aggiunto il portavoce della N.A., precisando che l’opera di distruzione aveva subito una battuta di arresto perché il 7 marzo i miliziani stavano celebrando l’Eid-ulAdha (la ‘festa del sacrificio’, conosciuta in Asia anche come Eid-ul-Azha o Bakr-Id, che segna al fine dello Hajj o Pellegrinaggio alla Mecca).

9.3.2001

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Massud attacca

Sono ripresi i combattimenti tra le forze della N.A., guidate dal comandante Ahmed Shah Massud, e le milizie dei Taliban. L’agenzia Reuters riferisce che tra il 5 e il 6 marzo la Northern Alliance ha riconquistato diversi villaggi nelle province settentrionali di Samangan e di Balkh. "Negli scontri hanno perso la vita decine di Taliban", ha detto il portavoce dell’opposizione, "e circa venti di loro sono stati fatti prigionieri". Il comandante Massud ha attaccato anche i bunker dei Taliban a Dar-i-Suf (Samangan), lungo la strada che funge da snodo di collegamento tra sud e nord per i rifornimenti ai miliziani di Kabul. L’Irna, agenzia di stampa iraniana, informa che tra il 7 e l’8 marzo i Taliban hanno perso anche il distretto di Khadir, nella provincia occidentale di Oruzgan.

8.3.2001

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Distruzione irreversibile

Il ministro talibano degli Esteri, Wakil Ahmed Muttawakil, ha detto alla stampa che "la campagna internazionale per salvare il patrimonio archeologico dell’Afghanistan non avrà successo".
Secondo il regime di Kabul, la decisione di distruggere tutti gli ‘idoli’ presenti sul territorio – e quindi anche i Buddha di Bamiyan – è "finale e irreversibile". Sono rimasti inascoltati anche gli appelli lanciati dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dall’Unesco (vedi sotto), dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, e dal suo rappresentante per l’Afghanistan, Francisc Vendrell.
Fallita anche la missione a Kandahar dell’inviato speciale dell’Onu, Pierre La France, al quale Muttawakil ha detto che "la distruzione delle statue è una questione interna all’Afghanistan, che alla fine il mondo riuscirà a capire".

7.3.2001

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Agenzia Onu per la Cultura (Unesco)
Estratto dell’appello internazionale per la salvaguardia del patrimonio culturale afghano
per aderire: United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization - e-mail: unesco.press@unesco.org

L’Unesco si appella per porre immediatamente fine all’editto dei Taliban per la demolizione del patrimonio culturale dell’Afghanistan. Il leader spirituale dei Taliban, Mullah Omar, è invitato a intraprendere il dialogo con la comunità internazionale – compresi i governi arabi e islamici che hanno duramente condannato la decisione – in modo che possano essere vagliate delle proposte per salvaguardare l’insostituibile patrimonio culturale da ulteriori e insensate distruzioni.
L’editto del 26 febbraio 2001, che impone la distruzione delle statue pre-islamiche e buddhiste comprese quelle del Buddha di Bamiyan, è contrario a qualsiasi principio basilare di rispetto, tolleranza e saggezza su cui si basa l’Islàm e vìola gli impegni presi dai Taliban nel 1999 (
vedi La distruzione dei Buddha e le menzogne di regime ).

1.3.2001

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Inizia in tutte le città la distruzione dell’arte non-islamica

Il ministro della Cultura dei Taliban, Qudratullah Jamal, ha confermato all’agenzia di stampa Reuters l’inizio delle operazioni di smantellamento di tutti i manufatti non islamici nelle città di Kabul, Bamyan, Herat, Jalalalbad, Kandahar, Nangarhar e Ghazni. "Distruggeremo tutte le statue", ha dichiarato ai giornalisti, "adoperando i mezzi che riterremo più opportuni. Le operazioni sono cominciate nella mattinata. Tutte le statue devono essere smantellate, inclusi i Buddha di Bamyan". Non si sa ancora quale delle numerose opere d’arte presenti sul territorio afghano sia già stata presa di mira. Jamal si è rifiutato di fornire ulteriori dettagli, soprattutto a proposito dei Buddha di Bamyan. "Le operazioni sono cominciate circa cinque ore fa" ha sostenuto giovedì il ministro "non so se i Buddha sono già stati distrutti completamente o soltanto in parte". Verificare le notizie è impossibile a causa delle condizioni meteorologiche e del fatto che Bamyan si trova da giorni al centro di aspri combattimenti. Secondo i resoconti che arrivano da Kabul, però, le frange più estremiste dei Taliban hanno già cominciato la loro caccia all’arte degli infedeli servendosi di bombe e carri armati. I governi di Russia, Germania, India e Pakistan hanno fermamente condannato la decisione del governo di Kabul, e hanno rivolto un appello ai Taliban perché ritornino sulle loro decisioni. A difesa dei Buddha si sono anche mobilitati i governi e le associazioni buddhiste dello Sri Lanka, del Giappone e della Thailandia. Il governo di Kabul si è però dimostrato irremovibile, nonostante il segretario delle Nazioni unite Kofi Annan avesse avvertito il leader dei taliban mullah Omar del fatto che "distruggere qualunque reperto, qualunque monumento, qualunque statua, non servirà ad altro che a prolungare il conflitto". L'agenzia dell'Onu per la cultura (Unesco) ha rivolto un appello ai paesi islamici perché facciano desistere i Taliban dai loro intenti.

28.2.2001

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Appello della Spach per Bamiyan

Minaccia di morte per le statue pre-islamiche in Afghanistan
"Il recente ordine del Mullah Omar di distruggere le statue pre-islamiche in Afghanistan è inaccettabile e deve essere ritirato immediatamente", ha detto il Presidente della Società per la conservazione del patrimonio culturale dell’Afghanistan" (SPACH).
Una delegazione dello SPACH è appena ritornata da Kabul dove ha incontrato molti alti funzionari, compreso il Ministro degli Esteri Muttawakil, e tutti hanno offerto alla SPACH la collaborazione dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan nel proteggere il patrimonio culturale. Nel corso delle discussioni la SPACH ha anche manifestato la propria preoccupazione per le voci sulla distruzione di preziose statue nel Museo di Kabul e ha invitato le autorità ad evitare in futuro simili atti di vandalismo. Sfortunatamente, alla delegazione della SPACH non è stato consentito di visitare il Museo per verificare la fondatezza delle voci.
La collezione del Museo di Kabul era una delle più ricche della regione e copriva cinquanta secoli di storia culturale dell’Afghanistan - Preistorica, Classica, Buddhista, Hindu ed Islamica. Dopo che il Museo fu bombardato nel 1993, le fazioni afghane in guerra saccheggiarono gran parte della collezione. Da allora il personale del Museo di Kabul ha lavorato all’inventario di di ciò che rimaneva con l’aiuto della comunità internazionale attraverso lo SPACH, nella speranza do recuperare parte degli artefatti spariti.
In questo momento, la SPACH è particolarmente preoccupata per la sorte delle statute dei Buddha giganti di Bamiyan, certamente tra i più spettaccolari momumenti di cui l’Afghanistan può andare orgoglioso. Dei danni sono già stati fatti: il volto del grande Buddha è stato annerito dal fumo di copertoni bruciati e il Buddha più piccolo è stato attaccato nel 1998 a colpi di mortaio che gli hanno mutilato la testa e cancellato i preziosi affreschi che la sovrastavano.
Avendo apprezzato le molte dichiarazioni di supporto fatte fino ad ora dal Mullah Omar, che ha proibito di danneggiare le opere culturali, la SPACH non riesce a capire questo improvviso cambiamento di posizione e contesta con forza il recente ordine di distruggere le statue pre-islamiche, che non si basa su alcun principio islamico. Ogni ulteriore danno ai tesori dell’Afghanistan sarebbe una perdita tragica ed irreparabile per la nazione afghana e per tutto il mondo.
La SPACH chiede quindi al Mullah Omar di ritirare il recente decreto e di proteggere il patrimonio culturale dell’Afghanistan in quanto parte di un patrimonio mondiale. Qualsiasi danno volontariamente inflitto e qualsiasi distruzione devono essere prevenute ad ogni costo.

APPEAL

Society for the Preservation of Afghanistan’s Cultural Heritage (SPACH)
PRESS RELEASE - 27 February 2001

DEATH THREAT TO PRE-ISLAMIC STATUES IN AFGHANISTAN

"Mullah Omar’s latest instruction to destroy pre-Islamic statues in Afghanistan is unacceptable and must be reversed immediately", said the Chairman of the Society for the Preservation of Afghanistan’s Cultural Heritage (SPACH).
A SPACH delegation has just returned from Kabul where it met with several high officials, including Foreign Minister Muttawakil, who all assured SPACH of the cooperation by the Islamic Emirate of Afghanistan to protect its cultural heritage. During these discussions SPACH also raised its concern about the rumors about the destruction of precious statues in Kabul Museum and urged the authorities to prevent such vandalism in future. Unfortunately, access to Kabul Museum to verify such rumors was denied to the SPACH delegation.
Kabul Museum’s collection was one of the richest in the region spanning fifty millenniums of Afghan cultural history - Prehistoric, Classical, Buddhist Hindu and Islamic. After it was rocketed in 1993, factions to the Afghan war looted most of the collection. Ever since, Kabul Museum staff has been working on an inventory of the remaining collection, supported by the international community through SPACH, with the hope to eventually recover some of the looted artifacts.
At this stage, SPACH is particularly concerned about the fate of the gigantic Buddha statues in Bamiyan, surely among the most spectacular monuments Afghanistan can be proud of. Some damage has already been done: the large Buddha’s face has been blackened by smoke from burning tires and the smaller Buddha has been attacked in 1998 with mortars, ripping off its head and blasting away the unique frescoes above its head.
Having noted with appreciation the many emphatic statements made so far by Mullah Omar prohibiting damage to cultural property, SPACH cannot understand this sudden change of position and strongly objects to the recent instruction to destroy pre-Islamic statues which is not based on any Islamic principle. Any further damage to Afghanistan’s treasures would be a tragic and irreplaceable loss to the Afghan nation and the world at large.
SPACH herewith appeals to Mullah Omar to reverse this recent edict and protect Afghanistan’s cultural heritage, as it is part of the world’s heritage. Any willful damage and destruction must be prevented at all cost.

27.2.2001

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Forse distrutti i Buddha di Bamiyan

Il leader dei Taliban, mullah Mohammed Omar, ha confermato la fatwa (editto) emessa dagli ulema (capi spirituali) e dalla Corte suprema dell’Afghanistan secondo cui nell’intero paese dovranno essere distrutte tutte le statue che raffigurano esseri viventi, comprese quelle dei Buddha di Bamiyan (vedi reportage fotografico) e quelle conservate nei musei. La motivazione ufficiale è che "Dio è uno solo (Allah) e quelle statue sono lì per essere venerate, e questo è sbagliato. Bisognerà distruggerle per evitare questa idolatria oggi e in futuro".
L’annuncio della fatwa è giunto improvviso e inaspettato, appena un’ora e mezza dopo che il governo dei Taliban aveva incontrato una delegazione internazionale della Society for the Preservation of Afghan Culture and Heritage (Spach), preposta dall’Unesco alla conservazione dei beni culturali in Afghanistan, alla quale aveva garantito la piena collaborazione.
Tra i delegati c’era anche l’ambasciatore italiano a Islamabad, Angelo Gabriele de Ceglie, che ha accolto la notizia affermando: "E’ una grave perdita, una tragedia per il popolo afghano e per il mondo intero". Anche Dimitri Loundras, l’ambasciatore greco in Pakistan e presidente della Spach che guidava la delegazione, ha avuto parole di ferma condanna: "Temo che, se nessuno sarà in grado di fermarli (i Taliban, ndr.), manterranno ciò che hanno promesso. Il passato dell’Afghanistan appartiene innanzitutto agli afghani, ma è anche un patrimonio che appartiene a tutto il mondo. Se lo distruggeranno, il mondo sarà più povero". Prima di lasciare la capitale afghana, Loundras ha lanciato un preoccupante allarme sostenendo che le autorità talibane gli hanno vietato l’accesso al museo di Kabul, dove avrebbe voluto recarsi in visita per accertarsi che non fossero avvenuti i furti e le devastazioni di cui si è parlato nelle scorse settimane, e che martedì 27 febbraio aveva saputo da fonti ufficiose che uno dei due grandi Buddha di Bamiyan era già stato preso d’assalto.
Mullah Omar ha ribattuto alle critiche piovute da tutto il mondo dicendo: "Secondo l’Islàm, non ho niente di cui preoccuparmi. Il mio lavoro è quello di applicare la legge islamica. In fondo, non facciamo altro che distruggere delle pietre".

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17.2.2001

Bamiyan riconquistata dai Taliban


Il centro di Bamiyan, teatro di guerra tra Taliban e Hezb-i-Wahadat   

Secondo l’agenzia di stampa Afghan Islamic Press (AIP), dopo tre ore di aspre battaglie i Taliban hanno riconquistato la città di Bamiyan il 17 febbraio. La notizia non è stata confermata da fonti indipendenti. Il portavoce del regime di Kabul, Faiz Ahmad Faiz, ha dichiarato che "le forze sciite legate all’opposizione della Northern Alliance hanno abbandonato le loro postazioni". La città era stata precedentemente conquistata (vedi sotto) dalla fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat fedele al comandante Abdul Karim Khalili, che non si era arreso dopo la caduta di Bamiyan nelle mani dei Taliban nel 1998, con il sostegno di un’altra fazione di mujaheddin (guerriglieri islamici) dello Harkat-i-Islami. Le forze di opposizione dovrebbero avere ancora il controllo di Yakawlang, a nord di Bamiyan.

 

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14.2.2001

Bamiyan libera

Il 14 febbraio del 2001 la fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat fedele alle forze dell'opposizione ha riconquistato la città di Bamiyan, capitale dell'omonima provincia nell'Afghanistan centrale, dopo un'aspra battaglia contro le truppe del regime di Kabul. Un comandante locale dei Taleban - la milizia integralista che controlla il 90 per cento del territorio afghano - ha affermato che il ritiro da Bamiyan fa parte di una ''strategia militare''.
Bamiyan, occupata dai Taliban nel 1998, ha una popolazione mista di circa 200mila abitanti di etnia hazara e tajika. La città è famosa in tutto il mondo per le stupende statue buddhiste scavate nella roccia (
vedi reportage fotografico). Dal punto di vista strategico, Bamiyan ha grande rilevanza perché costituisce il principale snodo stradale per le comunicazioni tra la capitale Kabul e il nord del paese.
Un duro colpo per i Taleban, dato che l’altra strada verso il nord passa per una zona nei pressi di Kabul che è a portata di tiro delle forze di Ahmad Shah Massud, il comandante della coalizione anti-Taleban guidata dall’ex-presidente Burhanuddin Rabbani. A gennaio, gli sciiti dello Hezb-i-Wahadat avevano conquistato la citta' di Yakawlang, a nord di Bamiyan (vedi articolo 'Un massacro annunciato').

 

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Bangladesh

Scontri al confine indo-bangladeshi 

25.4.2001

India e Bangladesh sono ai ferri corti dopo lo sconfinamento dei Bangladeshi Rifles – le guardie di frontiera di Dhaka – in territorio indiano, iniziato il 18 aprile. I militari indiani sono stati attaccati nel villaggio nord-orientale di Pyrdiwah, rivendicato dal Bangladesh. Secondo una contesa che risale al 1971, il villaggio di Pyrdiwah – chiamato dai bangladeshi ‘Padua’ – sarebbe stato illegalmente annesso dall’India. Nello scontro a fuoco hanno perso la vita 16 soldati indiani delle Border Security Forces e tre Bangladeshi Rifles. Il governo di Delhi sostiene che i cadaveri degli indiani sono stati brutalmente sfigurati e mutilati. Dopo un secondo sconfinamento delle truppe bangladeshi lungo il confine con lo Stato indiano dell’Assam, il 25 aprile l’India ha inviato altri contingenti militari anche nelle zone comprese tra gli Stati del Meghalaya, del Mizoram e del Tripura. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Philip Reeker, ha dichiarato che "Washington invita i due Paesi a trovare un rapida e definitiva soluzione alla crisi". Gli analisti ritengono che l’aggressione da parte delle truppe di Dhaka possa avere scopi politici in vista delle prossime elezioni in Bangladesh. La premier Sheikh Hasina è infatti accusata dall’opposizione di aver portato avanti una politica troppo remissiva nei confronti dell’India.

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Nepal

Special Task Force contro i maoisti 

 20.4.2001

Il re nepalese Birendra, che è anche capo delle Forze armate, ha autorizzato la creazione di una Special Task Force destinata a sostituire la polizia latitante nei distretti controllati dai maoisti del Nepal communist party-Maoist (Ncp-M). Il nuovo corpo di quindicimila paramilitari dovrebbe essere armato e addestrato dall’esercito, mentre i soldati verrebbero impiegati in azioni di pattugliamento o in casi di emergenza. Ma i vertici militari non vedono di buon occhio la decisione, che considerano strumentale. Lo ha detto a chiare lettere il generale Prajwalla Sumsher Rana: "La Royal Nepal Army è disposta a ripristinare la pace nei distretti controllati dai maoisti, ma solo se c’è il consenso nazionale". "Quello di assicurare la stabilità e il buon governo è innanzitutto un dovere morale dei politici – sottolinea il generale – ma senza precise disposizioni da parte del re e senza il sostegno di tutti i partiti sarà difficile garantire la sicurezza nazionale". Al momento, però, solo il Nepali Congress del criticatissimo premier Koirala è favorevole all’impiego dell’esercito contro la propria gente. Il ministro degli Interni, Ram Chandra Poudel, ha proposto un intervento alternativo denominato ‘Integrated Security and Development Package’ o ISDP: un ‘pacchetto sicurezza e sviluppo’ che contempla l’impiego delle forse armate, ma solo per portare aiuti umanitari alla popolazione. La prima fase del programma prevede l’invio delle truppe nei principali distretti controllati dall’Ncp-M. Tra i quali Rukum e Rolpa, dove iniziò la rivolta, Kalikot, Jajarkot e Gorkha. Ma molti sostengono che questo genere di intervento non farebbe altro che scatenare una guerra civile, con conseguenze disatrose. Il maggiore partito di opposizione, il Communist Party of Nepal-UML, insiste invece sull’assoluta necessità di avviare dei seri colloqui di pace e teme che "l’ISDP sia semplicemente una scusa per sopprimere i dissidenti".

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Sri Lanka

L’Ltte revoca la tregua e contrattacca26.4.2001

Governo pronto alla tregua - 10.4.2001

Confermato il bando britannico all’Ltte e ad altri 20 gruppi - 1.3.2001

 

26.4.2001

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L’Ltte revoca la tregua e contrattacca 

Allo scadere del termine fissato per il 24 aprile, le Tigri per la liberazione del tamil Eelam (Ltte) non hanno rinnovato la tregua unilaterale annunciata il 24 dicembre del 2000. In un comunicato stampa le Tigri affermano che i ripetuti attacchi sferrati in questi ultimi quattro mesi dall’esercito e dall’aviazione dello Sri Lanka, costati la vita a 160 guerriglieri tamil, mostrano che il governo di Colombo non è interessato ad avviare le trattative di pace. "E’ ormai impossibile contenere gli attacchi nemici senza passare alla controffensiva", si legge nel comunicato dell’Ltte.
Il contrattacco delle Tigri tamil è avvenuto nei pressi dell’importante postazione strategica di Elephant Pass, nel nord dell’isola. Il governo di Colombo riferisce che in due giorni di aspri combattimenti, il 26 e 27 aprile, sarebbero morti 126 soldati regolari e 180 ribelli. L’Ltte sostiene invece di aver ucciso oltre 300 militari e di averne feriti 1.200, limitando le proprie perdite a 33 guerriglieri.
Forte tensione anche nella capitale, dove l’esplosione di una granata nei pressi della residenza presidenziale ha messo in allarme i servizi di sicurezza. La presidente Chandrika Kumaratunga, che già l’anno scorso è stata vittima di un attentato dinamitardo dell’Ltte in seguito al quale ha perso la vista a un occhio, non ha subito danni.

 

10.4.2001

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Governo pronto alla tregua?

Il governo di Colombo ha annunciato oggi la possibilità di dicharare il cessate-il-fuoco in concomitanza con l'Anno Nuovo sinhala e tamil. "Ogni operazione militare delle Forze armate contro i ribelli tamil dell'Ltte cesserà dalla mezzanotte del 13 aprile a quella del16", ha detto alla stampa il portavoce della presidente Chandrika Kumaratunga, aggiungendo che "la data per i colloqui di pace verrà fissata entro la fine del mese". 
 Le Tigri tamil dell'Ltte avevano in precedenza annunciato una tregua unilaterale che scadrà il 24 di questo mese. Prima di giungere ai colloqui di pace auspicati dai mediatori del governo norvegese, che da mesi si adopera per trovare una soluzione politica al conflitto che dura da quasi venti anni e che è costato la vita ad almeno 60mila persone, l'Ltte ha chiesto al governo di Colombo di partecipare al tavolo negoziale su basi paritarie. In altri termini, lo Sri Lanka dovrebbe annullare il bando per terrorismo imposto ai ribelli tamil e riconoscerli come un legale movimento indipendentista. Richiesta che è stata appoggiata anche dai partiti moderati tamil, come il Tamil United Liberation Front, e dagli analisti politici che l'hanno definita "ragionevole". Jehan Perera, capo del gruppo indipendente 'National Peace Council', ha affermato che "il governo potrebbe sospendere il bando all'Ltte durante i colloqui di pace ed eventualmente reintrodurlo se gli indipendentisti non volessero ugualmente parteciparvi o se decidessero di interrompere le trattative".
I segnali che giungono dalle zone di guerra non sono però confortanti. Contemporaneamente all'annuncio governativo per il cessate-il-fuoco, l'aviazione ha compiuto diversi raid nelle province del nord-est, nei pressi di Elephant Pass e di Jaffna. L'Intelligence di Colombo ha poi affermato che da un interrogatorio a una guerrigliera tamil arrestata nei giorni scorsi è risultato che l'Ltte ha inviato un commando suicida formato da 27 Black Tigers a Colombo per compiere altri attentati nella capitale. 

 

1.3.2001

Confermato il bando britannico all’Ltte e ad altri 20 gruppi

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Con l’entrata in vigore della nuova legge britannica contro il terrorismo (Terrorism Act 2000), 21 organizzazioni considerate sovversive sono state messe al bando. La lista dei gruppi fuorilegge, presentata dal segretario di Stato Jack Straw, dovrà essere approvata dai due rami del parlamento.
Tra le organizzazioni più note: Al-Qa'ida di Osama bin Laden, Hezbollah, Jihad islamica palestinese, Abu Nidal, Eta basca, Pkk kurdo. I principali gruppi asiatici riconosciuti come terroristici sono: Ltte o Tigri per la liberazione del tamil Eelam (Sri Lanka), Harkat-ul-Mujaheddin (Kashmir pakistano), Jaish-i-Mohammed (Kashmir pakistano), Lashkar-i-Toiba di Osama bin Laden (Kashmir pakistano), Babar Khalsa (Sikh del Punjab indiano), International Sikh Youth Federation (Punjab indiano).
Secondo la nuova legge, la polizia britannica ha ampi poteri di sequestrare beni mobili e immobili appartenenti alle organizzazioni incriminate e di controllarne i libri contabili. Le forze dell’ordine hanno anche il mandato di arrestare "chiunque usi o minacci violenze allo scopo di sostenere la propria causa politica, religiosa o ideologica". La raccolta di fondi e l’aperto sostegno a qualsiasi delle 21 organizzazioni messe al bando porteranno ugualmente all’arresto.

Le critiche
Le associazioni britanniche per i diritti civili accusano il governo di Tony Blair di aver avviato un ‘campagna di criminalizzazione’ che potrebbe coinvolgere anche i gruppi ambientalisti e gli esuli fuggiti dai regimi dittatoriali. Secondo i critici, i criteri di definizione del terrorismo sono "talmente vasti e vaghi che tutto dipenderà dalla loro interpretazione". I poteri concessi alle forze di polizia potrebbero portare a una "politica del sospetto" che creerebbe migliaia di "nuovi terroristi" anche tra gli oppositori del governo.
Gli analisti di politica internazionale sottolineano che i gruppi incriminati, ora soggetti a forti pressioni per l’impossibilità di avere segretariati e centri di raccolta fondi all’estero, potrebbero allargare la loro sfera di azione dalle nazioni di appartenenza alla stessa Gran Bretagna. C’è anche chi sostiene che le misure previste dalla nuova legge non faranno altro che dare maggiore impulso alle attività terroristiche dei gruppi più estremisti, con il pericolo che alcuni di loro – specialmente quelli islamici – si coalizzino per sferrare attacchi contro i britannici in Gran Bretagna e nel mondo.
Tra i gruppi incriminati, la reazione più immediata è stata quella delle Tigri tamil (Ltte) che hanno il loro segretariato a Londra. Il portavoce politico del gruppo, Anton Balasingham, ha detto che quello dell’approvazione del Terrorism Act è "un giorno molto triste per le relazioni anglo-tamil" e che la decisione del governo britannico "limiterà gravemente il processo di pace nello Sri Lanka avviato dal governo norvegese". Anche Balasingham ha aspramente criticato i criteri di definizione espressi nella legge, affermando che le misure adottate non fanno altro che favorire i regimi forti e le dittature a discapito delle minoranze.
I gruppi sikh, pakistani e kashmiri non si sono ancora pronunciati.

 

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Tibet

Il Karmapa rompe il silenzio
Beniamino Natale da Sidbhari (India)

Dichiarazioni rilasciate dal XVII Karmapa, Urgyen Trinley Dorje, durante la sua prima conferenza stampa tenuta il 27 aprile 2001 nella Gyuto Ramoche Tantric University a Sidbhari (a sette chilometri da Dharamsala).

..."La decisione di lasciare la mia patria, il mio monastero, i monaci, i miei genitori e la famiglia è stata presa esclusivamente da me: nessuno mi ha chiesto di andare, nessuno mi ha invitato a venire".
"Ho lasciato il mio paese per diffondere gli insegnamenti del Buddha
in generale ed, in particolare, per ricevere gli eccellenti insegnamenti ed istruzioni della tradizione Karma Kagyu, alla quale appartengo. Questi mi possono essere impartiti solo dai principali seguaci del precedente Karmapa, Situ Rinpoche e Gyaltsab Rinpoche, che secondo le predizioni sono i miei maestri e vivono in India".

"Non ho notizie dei miei genitori. I genitori sono importanti per tutti ma per le ragioni che ho esposto era importante che lasciassi il Tibet. Prego per il loro benessere e per quello di tutti i tibetani".
"Nel passato, i Gyalwa Karmapa non si sono impegnati in attività politiche e io non posso fare altro che seguire il loro esempio. Per quanto riguarda il futuro cammino del Tibet e del popolo tibetano, io condivido e sostengo pienamente tutto quello per cui Sua Santità il XIV Dalai Lama si batte. Egli impersona l’amore universale, la compassione e la non violenza ed è il supremo leader del Tibet ed un campione della pace mondiale e dei diritti umani".

"Nel 1959 la mia precedente reincarnazione, il 16esimo Karmapa Rangjung Rigpe Dorje, fu anche lui costretto a fuggire dal Tibet...(E istitui') il centro di Dharmachakra, nel monastero di Rumtek, che diventò la base della sua attività in tutto il mondo. Per questo il Dalai Lama, il governo tibetano in esilio, il popolo tibetano...considerano estremamente importante che io raggiunga la mia sede principale a Rumtek...Dal mio punto di vista, andare a Rumtek sarebbe come tornare a casa a continuare le attività del mio predecessore...Ho piena fiducia che potrò andarci perché il Sikkim è uno stato dell’India. Sono anche fiducioso che, come il mio predecessore, potrò viaggiare all’estero per incontrare i miei numerosi discepoli e aiutarli nella loro ricerca spirituale. Con questo obiettivo in mente, ho presentato una richiesta alle autorità competenti".

"Non voglio parlare di Shamar Rinpoche. Faccio del mio meglio per far fronte alla situazione che si è creata e non voglio aggravarla".

"Tornerò in Tibet solo in compagnia del Dalai Lama".

"L’identità del Karmapa non si decide con una votazione o con dei dibattiti ma solo sulla base delle indicazioni lasciate dal precedente Karmapa".

"Fin dalla sua fondazione la tradizione buddhista tibetana si è basata sulla non-violenza. Spero che il futuro del Tibet sia pacifico e privo di violenza".

"In Cina ero trattato con rispetto ma ho avuto la netta sensazione che cercassero di usarmi per minare l’autorità del Dalai Lama sul popolo tibetano".

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