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Nuovi combattimenti intorno a Bamyan - 26.3.2001
Due cumuli di macerie - 26.3.2001
Il Mistero dei Buddha - 23.3.2001
Il grande vuoto - 19.3.2001
Lo sconcerto dei Taliban - 19.3.2001
Nuovi attentati in Afghanistan - 18.3.2001
Troppo poco e troppo tardi - 13.3.2001
Distruzione totale - 10.3.2001
La fine dei Buddha - 9.3.2001
Massud attacca - 9.3.2001
Taliban:
Distruzione irreversibile - 8.3.2001Appello dell'Unesco - 7.3.2001
Inizia in tutte le città la distruzione dell’arte non-islamica - 1.3.2001
Appello della Spach per Bamiyan - 28.2.2001
Forse distrutti i Buddha di Bamiyan - 27.2.2001
Bamiyan riconquistata dai Taliban - 17.2.2001
Bamiyan libera - 14.2.2001
vedi anche
: La distruzione dei Buddha e le menzogne di regime
Nuovi combattimenti intorno a Bamyan
Secondo Ahmad Bahram, un portavoce delle forze di opposizione appartenente alla fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat, si combatte da dieci giorni attorno alla cittadina di Bamyan. La linea del fronte si trova in questo momento a otto chilometri circa dal centro della cittadina, in direzione ovest. Due giorni fa i soldati dello Hezb-i-Wahadat, quasi tutti di etnia Hazara, avevano riconquistato per poche ore la città. Le forze di opposizione non intendono per il momento sferrare un altro attacco, ma tengono sotto tiro l’aereoporto e le strade principali. Bamiyan, occupata dai Taliban nel 1998, ha una popolazione mista di circa 200mila abitanti di etnia hazara e tajika. Dal punto di vista strategico, Bamiyan ha grande rilevanza perché costituisce il principale snodo stradale per le comunicazioni tra la capitale Kabul e il nord del paese.
Due cumuli di macerie
I Taliban hanno consentito a venti giornalisti stranieri di andare a Bamyan. Viene così ufficialmente confermata l’avvenuta distruzione delle due statue di Buddha. Nelle cavità della collina, soltanto due cumuli di macerie. "Prima abbiamo fatto saltare la più piccola delle statue, che era una donna. Dopo, abbiamo distrutto suo marito, la statua più grande" ha dichiarato Abdul Haidi, il comandante Taliban che ha presieduto alla demolizione. La popolazione locale chiamava infatti ‘Solsol’, che vuol dire all’incirca ‘eternità’, la più grande delle due statue e ‘Shahmama’, ‘Grande madre’, la piccola. Il governo dello Sri Lanka ha dichiarato di essere intenzionato ad acquistare ciò che rimane delle due statue.
Il mistero dei Buddha
Il governo dei Taliban ha brevemente aperto le porte del museo nazionale di Kabul ai giornalisti. O, almeno, le porte di quello che rimane del museo nazionale di Kabul. Grandi stanze vuote, e basta. Nemmeno un po’ di polvere o un microscopico frammento delle quaranta statue distrutte, non una scheggia di una preziosissima statuetta del Buddha antica di circa 2000 anni che gli esperti reputavano di valore inestimabile. "Siamo qui soltanto per mostrarvi ciò che abbiamo fatto. Non ci sono più statue." Ha dichiarato il direttore del museo Achem Yar. Aggiungendo che tutte le macerie sono state sgombrate a lavori ultimati. Voci di corridoio affermano però, secondo l’emittente britannica Bbc, che le statue potrebbero in realtà essere state vendute a collezionisti privi di scrupoli, e che l’editto di mullah Omar sarebbe stato emanato a copertura della vendita clandestina. Le autorità religiose hanno respinto ogni accusa dichiarando fieramente "Siamo distruttori, non trafficanti di idoli". Intanto a Kabul giungono da più parti offerte per l’acquisto delle macerie dei Buddha di Bamyan, oltre alle proteste ufficiali di numerosi governi. Il governo giapponese ha addirittura invitato a Tokyo una delegazione Taliban per discutere della trattativa, e ha annunciato uno stanziamento di circa 2 milioni di dollari in favore dei rifugiati afghani. Ma Kate Clark, la corrispondente della Bbc espulsa dalla capitale afghana qualche giorno fa, avanza oggi un’ipotesi sorprendente: è possibile che la più grande delle due statue dei Buddha di Bamyan sia ancora intatta. La Clark è giunta a questa conclusione dopo un attento esame del filmato che mostra l’esplosione finale delle statue. I Taliban continuano ancora a negare ai giornalisti il permesso di recarsi a Bamyan.
Il Grande Vuoto
L’emittente satellitare Al-Jazeera, con sede in Qatar, ha mandato in onda un filmato con le immagini girate al momento della distruzione finale dei Buddha di Bamyan da parte dei taliban. Le immagini mostrano una gigantesca esplosione, una nube nera di polvere e detriti e, al diradarsi del fumo, due enormi cavità vuote al posto delle gigantesche statue. Tutto ciò che rimane dei Buddha, orgoglio dell’arte pre-islamica, è soltanto qualche frammento annerito dal fumo. Durante l’esplosione si sentono delle voci salmodiare "Allah-o-Akbar" (Dio è grande) e "Ma Shah’Allah" (Sia fatta la volontà di Dio). Secondo il ministro della Cultura Qadratullah Jamal, la decisione di abbattere i Buddha sarebbe stata presa da un ‘Concilio religioso’ formato da quattrocento componenti, e il governo "Non ha avuto altra scelta che quella di obbedire". Il ministro degli Esteri Abdul Wakil Muttawakil ha infatti dichiarato oggi che la decisione è stata soltanto avallata dal capo del governo mullah Omar, e che le autorità taliban non hanno in alcun modo preso parte alla demolizione. Le forze di opposizione hanno però diffuso un comunicato stampa in cui vengono riportati i nomi di almeno tredici leader Taliban che avrebbero personalmente preso parte alla distruzione dei Buddha, e sostiene che tutta la responsabilità dell’accaduto deve essere addebitata all’editto di mullah Omar. Intanto, il governo di Kabul nei giorni scorsi ha espulso dal Paese la corrispondente dell’emittente britannica Bbc Kate Clark per aver riportato "notizie false e tendenziose" sulla questione dei Buddha e ha ordinato un sacrificio rituale di 100 mucche per espiare il colpevole ritardo con cui la distruzione di tutti i manufatti non-islamici è stata effettuata. La carne degli animali, secondo gli ordini di mullah Omar, deve essere distribuita tra i poveri del Paese. Con la speranza che non si tratti di ‘mucche pazze’.
Lo sconcerto dei Taliban
Le autorità di Kabul dichiarano di essere ‘sconcertate e sorprese’ dalle reazioni provocate in tutto il mondo dalla distruzione dei Buddha di Bamyan e dal silenzio della comunità internazionale su questioni di importanza vitale per la il popolo afghano. "Hanno avuto un occasione d’oro per dare aiuto al popolo afghano…quando trecento rifugiati sono morti di stenti nei campi profughi" ha sostenuto il ministro degli Esteri Abdul Wakil Muttawakil durante una conferenza stampa "Ma nessuno ci ha aiutato in questa occasione. Quando invece abbiamo distrutto qualche statua di pietra, tutto il mondo si è rivoltato. Siamo stupefatti.". Muttawakil ha inoltre espresso la speranza che tutti coloro che hanno protestato per la scomparsa dei Buddha non rimangano ancora indifferenti alle condizioni in cui versa la popolazione afghana, stremata dalle sanzioni imposte dalle Nazioni Unite e dalla guerra in corso. Secondo il governo di Kabul "Gli aiuti umanitari alla popolazione non dovrebbero essere legati a questioni politiche". Intanto il governo pakistano, d’accordo con le Nazioni Unite, ha annunciato un piano di rimpatrio per circa 1.500 profughi.
Nuovi attentati in Afghanistan
Un autobomba è esplosa in una strada affollata nel centro di Kabul, provocando la morte di cinque persone. Numerosi i feriti. Secondo il governo Taliban si tratta di un attentato alla vita del ministro dell’Educazione Amir Khan Muttaqi, che si trovava in quel momento a passare a bordo della sua auto. Muttaqi era già stato vittima di un attentato nel 1999. Un’altra bomba, nelle stesse ore, è stata fatta esplodere nei pressi del consolato del Pakistan a Jalalabad. Non ci sono stati feriti. Negli ultimi mesi, i consolati e l’ambasciata del Pakistan in Afghanistan sono stati oggetto di almeno dieci attentati dinamitardi. Il governo di Kabul ha attribuito la responsabilità degli attentati alle forze di opposizione guidate dal generale Massud e ha dichiarato che "E’ stato ancora una volta commesso un atto di vigliaccheria. Il popolo non lo dimenticherà". L’opposizione ha però negato ogni addebito e attribuisce invece la paternità del gesto ai gruppi di opposizione interni agli stessi Taliban. Il portavoce della Northern Alliance ha inoltre dichiarato di aver ricevuto offerte di pace dai Taliban, ma la notizia è stata smentita dal governo di Kabul.
13.3.2001
Troppo Poco e troppo tardi
L’Unesco ha confermato l’avvenuta distruzione dei Buddha di Bamyan. Il network statunitense Cnn (vedi links di Stringer) mostra sul suo sito Internet l’immagine di una delle due statue avvolta nella polvere sollevata da un’esplosione. La fotografia è stata scattata da un fotografo free-lance afghano che si trovava sul luogo. "La comunità internazionale ha fatto troppo poco e troppo tardi", ha commentato il ministro degli Esteri pakistano, Abdul Sattar. Una delegazione dell’Organizzazione della Conferenza islamica (Oic), si era recata ieri a Kandahar per cercare una mediazione in extremis. La delegazione era guidata dal ministro degli Esteri del Qatar Ahmed bin Abdullah Zaid al Mahmoud, e includeva la massima autorità religiosa egiziana, il mufti Nasr Farid Wassel. Ogni tentativo si è però rivelato inutile. Il ministro degli Esteri dei Taliban, Wakil Ahmed Muttawakil, si era incontrato domenica a Islamabad con il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan senza però fornire alcuna conferma ufficiale dell’avvenuta distruzione delle statue, e il ministro dell’Informazione di Kabul, Qudratullah Jamal, aveva dichiarato all’agenzia di stampa Reuters "Il lavoro di demolizione è più difficoltoso di quanto si creda…..Siamo allo stadio finale, ma non posso dire quando i lavori saranno ultimati". In tarda serata, sono arrivate le immagini dell’esplosione.
Distruzione totale
"Abbiamo distrutto l’80 per cento delle statue – ha riferito all’Associated Press il portavoce dei Taliban – e quel poco che rimane lo distruggeremo al più presto". Inutili i tentativi di mediazione degli inviati speciali dell’Onu e dei Paesi islamici, appena tornati dalle loro missioni a Kabul. Anche il ministro pakistano degli Interni, Moinuddin Haider, è tornato a mani vuote dal suo incontro a Kandhar con il leader dei Taliban, mullah Omar. "Non è stato possibile fargli cambiare idea", ha detto l’inviato di Islamabad. Il ministro talibano dell’Informazione, Qudratullah Jamal, ha dichiarato che il suo governo fornirà le prove dell’avvenuta demolizione: "Non possiamo riferire i dettagli dell’avanzamento dei lavori di distruzione, ma informeremo il mondo non appena saranno ultimati". Jamal ha poi invitato la comunità internazionale ad aiutare i Taliban a "conservare e proteggere quel patrimonio artistico che non è in contrasto con l’editto del mullah Omar".
La fine dei Buddha
Un portavoce dell’opposizione afghana della Northern Alliance (N.A.) e anche l’agenzia di stampa Afghan Islamic Press (Aip) affermano che i Taliban hanno usato dinamite e polvere da sparo per demolire le preziose statue di Bamiyan. Secondo dirigenti Taliban citati dall’Aip ‘‘il quarto superiore’’ del Buddha alto 53 metri e’ stato fatto esplodere, mentre per l’opposizione tutti e due i Buddha sono stati distrutti. "Hanno impiegato carriarmati, artiglieria pesante ed esplosivi per abbatterli completamente", ha aggiunto il portavoce della N.A., precisando che l’opera di distruzione aveva subito una battuta di arresto perché il 7 marzo i miliziani stavano celebrando l’Eid-ulAdha (la ‘festa del sacrificio’, conosciuta in Asia anche come Eid-ul-Azha o Bakr-Id, che segna al fine dello Hajj o Pellegrinaggio alla Mecca).
Massud attacca
Sono ripresi i combattimenti tra le forze della N.A., guidate dal comandante Ahmed Shah Massud, e le milizie dei Taliban. L’agenzia Reuters riferisce che tra il 5 e il 6 marzo la Northern Alliance ha riconquistato diversi villaggi nelle province settentrionali di Samangan e di Balkh. "Negli scontri hanno perso la vita decine di Taliban", ha detto il portavoce dell’opposizione, "e circa venti di loro sono stati fatti prigionieri". Il comandante Massud ha attaccato anche i bunker dei Taliban a Dar-i-Suf (Samangan), lungo la strada che funge da snodo di collegamento tra sud e nord per i rifornimenti ai miliziani di Kabul. L’Irna, agenzia di stampa iraniana, informa che tra il 7 e l’8 marzo i Taliban hanno perso anche il distretto di Khadir, nella provincia occidentale di Oruzgan.
Distruzione irreversibile
Il ministro talibano degli Esteri, Wakil Ahmed Muttawakil, ha detto alla stampa che "la campagna internazionale per salvare il patrimonio archeologico dell’Afghanistan non avrà successo".
Secondo il regime di Kabul, la decisione di distruggere tutti gli ‘idoli’ presenti sul territorio – e quindi anche i Buddha di Bamiyan – è "finale e irreversibile". Sono rimasti inascoltati anche gli appelli lanciati dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dall’Unesco (vedi sotto), dal segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, e dal suo rappresentante per l’Afghanistan, Francisc Vendrell.
Fallita anche la missione a Kandahar dell’inviato speciale dell’Onu, Pierre La France, al quale Muttawakil ha detto che "la distruzione delle statue è una questione interna all’Afghanistan, che alla fine il mondo riuscirà a capire".
Agenzia Onu per la Cultura (Unesco)
L’Unesco si appella per porre immediatamente fine all’editto dei Taliban per la demolizione del patrimonio culturale dell’Afghanistan. Il leader spirituale dei Taliban, Mullah Omar, è invitato a intraprendere il dialogo con la comunità internazionale – compresi i governi arabi e islamici che hanno duramente condannato la decisione – in modo che possano essere vagliate delle proposte per salvaguardare l’insostituibile patrimonio culturale da ulteriori e insensate distruzioni.
L’editto del 26 febbraio 2001, che impone la distruzione delle statue pre-islamiche e buddhiste comprese quelle del Buddha di Bamiyan, è contrario a qualsiasi principio basilare di rispetto, tolleranza e saggezza su cui si basa l’Islàm e vìola gli impegni presi dai Taliban nel 1999 (
Inizia in tutte le città la distruzione dell’arte non-islamica
Il ministro della Cultura dei Taliban, Qudratullah Jamal, ha confermato all’agenzia di stampa Reuters l’inizio delle operazioni di smantellamento di tutti i manufatti non islamici nelle città di Kabul, Bamyan, Herat, Jalalalbad, Kandahar, Nangarhar e Ghazni. "Distruggeremo tutte le statue", ha dichiarato ai giornalisti, "adoperando i mezzi che riterremo più opportuni. Le operazioni sono cominciate nella mattinata. Tutte le statue devono essere smantellate, inclusi i Buddha di Bamyan". Non si sa ancora quale delle numerose opere d’arte presenti sul territorio afghano sia già stata presa di mira. Jamal si è rifiutato di fornire ulteriori dettagli, soprattutto a proposito dei Buddha di Bamyan. "Le operazioni sono cominciate circa cinque ore fa" ha sostenuto giovedì il ministro "non so se i Buddha sono già stati distrutti completamente o soltanto in parte". Verificare le notizie è impossibile a causa delle condizioni meteorologiche e del fatto che Bamyan si trova da giorni al centro di aspri combattimenti. Secondo i resoconti che arrivano da Kabul, però, le frange più estremiste dei Taliban hanno già cominciato la loro caccia all’arte degli infedeli servendosi di bombe e carri armati. I governi di Russia, Germania, India e Pakistan hanno fermamente condannato la decisione del governo di Kabul, e hanno rivolto un appello ai Taliban perché ritornino sulle loro decisioni. A difesa dei Buddha si sono anche mobilitati i governi e le associazioni buddhiste dello Sri Lanka, del Giappone e della Thailandia. Il governo di Kabul si è però dimostrato irremovibile, nonostante il segretario delle Nazioni unite Kofi Annan avesse avvertito il leader dei taliban mullah Omar del fatto che "distruggere qualunque reperto, qualunque monumento, qualunque statua, non servirà ad altro che a prolungare il conflitto". L'agenzia dell'Onu per la cultura (Unesco) ha rivolto un appello ai paesi islamici perché facciano desistere i Taliban dai loro intenti.
Appello della Spach per Bamiyan
Minaccia di morte per le statue pre-islamiche in Afghanistan
APPEAL
Society for the Preservation of Afghanistan’s Cultural Heritage
(SPACH)DEATH THREAT TO PRE-ISLAMIC STATUES IN AFGHANISTAN
"Mullah Omar’s latest instruction to destroy pre-Islamic statues in Afghanistan is unacceptable and must be reversed immediately", said the Chairman of the Society for the Preservation of Afghanistan’s Cultural Heritage (SPACH).
A SPACH delegation has just returned from Kabul where it met with several high officials, including Foreign Minister Muttawakil, who all assured SPACH of the cooperation by the Islamic Emirate of Afghanistan to protect its cultural heritage. During these discussions SPACH also raised its concern about the rumors about the destruction of precious statues in Kabul Museum and urged the authorities to prevent such vandalism in future. Unfortunately, access to Kabul Museum to verify such rumors was denied to the SPACH delegation.
Kabul Museum’s collection was one of the richest in the region spanning fifty millenniums of Afghan cultural history - Prehistoric, Classical, Buddhist Hindu and Islamic. After it was rocketed in 1993, factions to the Afghan war looted most of the collection. Ever since, Kabul Museum staff has been working on an inventory of the remaining collection, supported by the international community through SPACH, with the hope to eventually recover some of the looted artifacts.
At this stage, SPACH is particularly concerned about the fate of the gigantic Buddha statues in Bamiyan, surely among the most spectacular monuments Afghanistan can be proud of. Some damage has already been done: the large Buddha’s face has been blackened by smoke from burning tires and the smaller Buddha has been attacked in 1998 with mortars, ripping off its head and blasting away the unique frescoes above its head.
Having noted with appreciation the many emphatic statements made so far by Mullah Omar prohibiting damage to cultural property, SPACH cannot understand this sudden change of position and strongly objects to the recent instruction to destroy pre-Islamic statues which is not based on any Islamic principle. Any further damage to Afghanistan’s treasures would be a tragic and irreplaceable loss to the Afghan nation and the world at large.
SPACH herewith appeals to Mullah Omar to reverse this recent edict and protect Afghanistan’s cultural heritage, as it is part of the world’s heritage. Any willful damage and destruction must be prevented at all cost.
Forse distrutti i Buddha di Bamiyan
Il leader dei Taliban, mullah Mohammed Omar, ha confermato la fatwa (editto) emessa dagli ulema (capi spirituali) e dalla Corte suprema dell’Afghanistan secondo cui nell’intero paese dovranno essere distrutte tutte le statue che raffigurano esseri viventi, comprese quelle dei Buddha di Bamiyan (
vedi reportage fotografico) e quelle conservate nei musei. La motivazione ufficiale è che "Dio è uno solo (Allah) e quelle statue sono lì per essere venerate, e questo è sbagliato. Bisognerà distruggerle per evitare questa idolatria oggi e in futuro".17.2.2001
Bamiyan riconquistata dai Taliban
Il centro di Bamiyan, teatro di guerra tra Taliban e Hezb-i-Wahadat
Secondo l’agenzia di stampa Afghan Islamic Press (AIP), dopo tre ore di aspre battaglie i Taliban hanno riconquistato la città di Bamiyan il 17 febbraio. La notizia non è stata confermata da fonti indipendenti. Il portavoce del regime di Kabul, Faiz Ahmad Faiz, ha dichiarato che "le forze sciite legate all’opposizione della Northern Alliance hanno abbandonato le loro postazioni". La città era stata precedentemente conquistata (vedi sotto) dalla fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat fedele al comandante Abdul Karim Khalili, che non si era arreso dopo la caduta di Bamiyan nelle mani dei Taliban nel 1998, con il sostegno di un’altra fazione di mujaheddin (guerriglieri islamici) dello Harkat-i-Islami. Le forze di opposizione dovrebbero avere ancora il controllo di Yakawlang, a nord di Bamiyan.
Bamiyan libera
Il 14 febbraio del 2001 la fazione sciita dello Hezb-i-Wahadat fedele alle forze dell'opposizione ha riconquistato la città di Bamiyan, capitale dell'omonima provincia nell'Afghanistan centrale, dopo un'aspra battaglia contro le truppe del regime di Kabul. Un comandante locale dei Taleban - la milizia integralista che controlla il 90 per cento del territorio afghano - ha affermato che il ritiro da Bamiyan fa parte di una ''strategia militare''.
Bamiyan, occupata dai Taliban nel 1998, ha una popolazione mista di circa 200mila abitanti di etnia hazara e tajika. La città è famosa in tutto il mondo per le stupende statue buddhiste scavate nella roccia (
Scontri al confine indo-bangladeshi
25.4.2001
India e Bangladesh sono ai ferri corti dopo lo sconfinamento dei Bangladeshi Rifles – le guardie di frontiera di Dhaka – in territorio indiano, iniziato il 18 aprile. I militari indiani sono stati attaccati nel villaggio nord-orientale di Pyrdiwah, rivendicato dal Bangladesh. Secondo una contesa che risale al 1971, il villaggio di Pyrdiwah – chiamato dai bangladeshi ‘Padua’ – sarebbe stato illegalmente annesso dall’India. Nello scontro a fuoco hanno perso la vita 16 soldati indiani delle Border Security Forces e tre Bangladeshi Rifles. Il governo di Delhi sostiene che i cadaveri degli indiani sono stati brutalmente sfigurati e mutilati. Dopo un secondo sconfinamento delle truppe bangladeshi lungo il confine con lo Stato indiano dell’Assam, il 25 aprile l’India ha inviato altri contingenti militari anche nelle zone comprese tra gli Stati del Meghalaya, del Mizoram e del Tripura. Il portavoce del Dipartimento di Stato americano, Philip Reeker, ha dichiarato che "Washington invita i due Paesi a trovare un rapida e definitiva soluzione alla crisi". Gli analisti ritengono che l’aggressione da parte delle truppe di Dhaka possa avere scopi politici in vista delle prossime elezioni in Bangladesh. La premier Sheikh Hasina è infatti accusata dall’opposizione di aver portato avanti una politica troppo remissiva nei confronti dell’India.
Special Task Force contro i maoisti
20.4.2001
Il re nepalese Birendra, che è anche capo delle Forze armate, ha autorizzato la creazione di una Special Task Force destinata a sostituire la polizia latitante nei distretti controllati dai maoisti del Nepal communist party-Maoist (Ncp-M). Il nuovo corpo di quindicimila paramilitari dovrebbe essere armato e addestrato dall’esercito, mentre i soldati verrebbero impiegati in azioni di pattugliamento o in casi di emergenza. Ma i vertici militari non vedono di buon occhio la decisione, che considerano strumentale. Lo ha detto a chiare lettere il generale Prajwalla Sumsher Rana: "La Royal Nepal Army è disposta a ripristinare la pace nei distretti controllati dai maoisti, ma solo se c’è il consenso nazionale". "Quello di assicurare la stabilità e il buon governo è innanzitutto un dovere morale dei politici – sottolinea il generale – ma senza precise disposizioni da parte del re e senza il sostegno di tutti i partiti sarà difficile garantire la sicurezza nazionale". Al momento, però, solo il Nepali Congress del criticatissimo premier Koirala è favorevole all’impiego dell’esercito contro la propria gente. Il ministro degli Interni, Ram Chandra Poudel, ha proposto un intervento alternativo denominato ‘Integrated Security and Development Package’ o ISDP: un ‘pacchetto sicurezza e sviluppo’ che contempla l’impiego delle forse armate, ma solo per portare aiuti umanitari alla popolazione. La prima fase del programma prevede l’invio delle truppe nei principali distretti controllati dall’Ncp-M. Tra i quali Rukum e Rolpa, dove iniziò la rivolta, Kalikot, Jajarkot e Gorkha. Ma molti sostengono che questo genere di intervento non farebbe altro che scatenare una guerra civile, con conseguenze disatrose. Il maggiore partito di opposizione, il Communist Party of Nepal-UML, insiste invece sull’assoluta necessità di avviare dei seri colloqui di pace e teme che "l’ISDP sia semplicemente una scusa per sopprimere i dissidenti".
L’Ltte revoca la tregua e contrattacca – 26.4.2001
Governo pronto alla tregua - 10.4.2001
Confermato il bando britannico all’Ltte e ad altri 20 gruppi - 1.3.2001
L’Ltte revoca la tregua e contrattacca
Allo scadere del termine fissato per il 24 aprile, le Tigri
per la liberazione del tamil Eelam (Ltte) non hanno rinnovato la tregua
unilaterale annunciata il 24 dicembre del 2000. In un comunicato stampa le Tigri
affermano che i ripetuti attacchi sferrati in questi ultimi quattro mesi dall’esercito
e dall’aviazione dello Sri Lanka, costati la vita a 160 guerriglieri tamil,
mostrano che il governo di Colombo non è interessato ad avviare le trattative
di pace. "E’ ormai impossibile contenere gli attacchi nemici senza
passare alla controffensiva", si legge nel comunicato dell’Ltte.
Il contrattacco delle Tigri tamil è avvenuto nei pressi dell’importante
postazione strategica di Elephant Pass, nel nord dell’isola. Il governo di
Colombo riferisce che in due giorni di aspri combattimenti, il 26 e 27 aprile,
sarebbero morti 126 soldati regolari e 180 ribelli. L’Ltte sostiene invece di
aver ucciso oltre 300 militari e di averne feriti 1.200, limitando le proprie
perdite a 33 guerriglieri.
Forte tensione anche nella capitale, dove l’esplosione di una granata nei
pressi della residenza presidenziale ha messo in allarme i servizi di sicurezza.
La presidente Chandrika Kumaratunga, che già l’anno scorso è stata vittima
di un attentato dinamitardo dell’Ltte in seguito al quale ha perso la vista a
un occhio, non ha subito danni.
Governo pronto alla tregua?
Il governo di Colombo ha annunciato oggi
la possibilità di dicharare il cessate-il-fuoco in concomitanza con l'Anno
Nuovo sinhala e tamil. "Ogni operazione militare delle Forze armate contro
i ribelli tamil dell'Ltte cesserà dalla mezzanotte del 13 aprile a quella
del16", ha detto alla stampa il portavoce della presidente Chandrika
Kumaratunga, aggiungendo che "la data per i colloqui di pace verrà fissata
entro la fine del mese".
Le Tigri tamil dell'Ltte avevano in precedenza annunciato una tregua
unilaterale che scadrà il 24 di questo mese. Prima di giungere ai colloqui di
pace auspicati dai mediatori del governo norvegese, che da mesi si adopera per
trovare una soluzione politica al conflitto che dura da quasi venti anni e che
è costato la vita ad almeno 60mila persone, l'Ltte ha chiesto al governo di
Colombo di partecipare al tavolo negoziale su basi paritarie. In altri termini,
lo Sri Lanka dovrebbe annullare il bando per terrorismo imposto ai ribelli tamil
e riconoscerli come un legale movimento indipendentista. Richiesta che è stata
appoggiata anche dai partiti moderati tamil, come il Tamil United Liberation
Front, e dagli analisti politici che l'hanno definita "ragionevole".
Jehan Perera, capo del gruppo indipendente 'National Peace Council', ha
affermato che "il governo potrebbe sospendere il bando all'Ltte durante i
colloqui di pace ed eventualmente reintrodurlo se gli indipendentisti non
volessero ugualmente parteciparvi o se decidessero di interrompere le
trattative".
I segnali che giungono dalle zone di guerra non sono però confortanti.
Contemporaneamente all'annuncio governativo per il cessate-il-fuoco, l'aviazione
ha compiuto diversi raid nelle province del nord-est, nei pressi di Elephant
Pass e di Jaffna. L'Intelligence di Colombo ha poi affermato che da un
interrogatorio a una guerrigliera tamil arrestata nei giorni scorsi è risultato
che l'Ltte ha inviato un commando suicida formato da 27 Black Tigers a Colombo
per compiere altri attentati nella capitale.
Confermato il bando britannico all’Ltte e ad altri 20 gruppi
Con l’entrata in vigore della nuova
legge britannica contro il terrorismo (Terrorism Act 2000), 21
organizzazioni considerate sovversive sono state messe al bando. La lista dei
gruppi fuorilegge, presentata dal segretario di Stato Jack Straw, dovrà essere
approvata dai due rami del parlamento.
Tra le organizzazioni più note: Al-Qa'ida di Osama bin Laden, Hezbollah,
Jihad islamica palestinese, Abu Nidal, Eta basca, Pkk
kurdo. I principali gruppi asiatici riconosciuti come terroristici sono: Ltte
o Tigri per la liberazione del tamil Eelam (Sri Lanka), Harkat-ul-Mujaheddin
(Kashmir pakistano), Jaish-i-Mohammed (Kashmir pakistano), Lashkar-i-Toiba
di Osama bin Laden (Kashmir pakistano), Babar Khalsa (Sikh del Punjab
indiano), International Sikh Youth Federation (Punjab indiano).
Secondo la nuova legge, la polizia britannica ha ampi poteri di sequestrare beni
mobili e immobili appartenenti alle organizzazioni incriminate e di controllarne
i libri contabili. Le forze dell’ordine hanno anche il mandato di arrestare
"chiunque usi o minacci violenze allo scopo di sostenere la propria causa
politica, religiosa o ideologica". La raccolta di fondi e l’aperto
sostegno a qualsiasi delle 21 organizzazioni messe al bando porteranno
ugualmente all’arresto.
Le critiche
Le associazioni britanniche per i diritti
civili accusano il governo di Tony Blair di aver avviato un ‘campagna di
criminalizzazione’ che potrebbe coinvolgere anche i gruppi ambientalisti e gli
esuli fuggiti dai regimi dittatoriali. Secondo i critici, i criteri di
definizione del terrorismo sono "talmente vasti e vaghi che tutto
dipenderà dalla loro interpretazione". I poteri concessi alle forze di
polizia potrebbero portare a una "politica del sospetto" che creerebbe
migliaia di "nuovi terroristi" anche tra gli oppositori del governo.
Gli analisti di politica internazionale sottolineano che i gruppi incriminati,
ora soggetti a forti pressioni per l’impossibilità di avere segretariati e
centri di raccolta fondi all’estero, potrebbero allargare la loro sfera di
azione dalle nazioni di appartenenza alla stessa Gran Bretagna. C’è anche chi
sostiene che le misure previste dalla nuova legge non faranno altro che dare
maggiore impulso alle attività terroristiche dei gruppi più estremisti, con il
pericolo che alcuni di loro – specialmente quelli islamici – si coalizzino
per sferrare attacchi contro i britannici in Gran Bretagna e nel mondo.
Tra i gruppi incriminati, la reazione più immediata è stata quella delle Tigri
tamil (Ltte) che hanno il loro segretariato a Londra. Il portavoce
politico del gruppo, Anton Balasingham, ha detto che quello dell’approvazione
del Terrorism Act è "un giorno molto triste per le relazioni
anglo-tamil" e che la decisione del governo britannico "limiterà
gravemente il processo di pace nello Sri Lanka avviato dal governo
norvegese". Anche Balasingham ha aspramente criticato i criteri di
definizione espressi nella legge, affermando che le misure adottate non fanno
altro che favorire i regimi forti e le dittature a discapito delle minoranze.
I gruppi sikh, pakistani e kashmiri non si sono ancora pronunciati.
Il Karmapa
rompe il silenzio
Beniamino Natale da
Sidbhari (India)
Dichiarazioni rilasciate dal XVII Karmapa, Urgyen Trinley
Dorje, durante la sua prima conferenza stampa tenuta il 27 aprile 2001 nella
Gyuto Ramoche Tantric University a Sidbhari (a sette chilometri da Dharamsala).
..."La decisione di lasciare la mia patria, il mio
monastero, i monaci, i miei genitori e la famiglia è stata presa esclusivamente
da me: nessuno mi ha chiesto di andare, nessuno mi ha invitato a venire".
"Ho lasciato il mio paese per diffondere gli insegnamenti del Buddha
in generale ed, in particolare, per ricevere gli eccellenti insegnamenti ed
istruzioni della tradizione Karma Kagyu, alla quale appartengo. Questi mi
possono essere impartiti solo dai principali seguaci del precedente Karmapa,
Situ Rinpoche e Gyaltsab Rinpoche, che secondo le predizioni sono i miei maestri
e vivono in India".
"Non ho notizie dei miei genitori. I genitori sono
importanti per tutti ma per le ragioni che ho esposto era importante che
lasciassi il Tibet. Prego per il loro benessere e per quello di tutti i tibetani".
"Nel passato, i Gyalwa Karmapa non si sono impegnati in attività politiche
e io non posso fare altro che seguire il loro esempio. Per quanto riguarda il
futuro cammino del Tibet e del popolo tibetano, io condivido e sostengo
pienamente tutto quello per cui Sua Santità il XIV Dalai Lama si batte. Egli
impersona l’amore universale, la compassione e la non violenza ed è il
supremo leader del Tibet ed un campione della pace mondiale e dei diritti
umani".
"Nel 1959 la mia precedente reincarnazione, il 16esimo Karmapa Rangjung Rigpe Dorje, fu anche lui costretto a fuggire dal Tibet...(E istitui') il centro di Dharmachakra, nel monastero di Rumtek, che diventò la base della sua attività in tutto il mondo. Per questo il Dalai Lama, il governo tibetano in esilio, il popolo tibetano...considerano estremamente importante che io raggiunga la mia sede principale a Rumtek...Dal mio punto di vista, andare a Rumtek sarebbe come tornare a casa a continuare le attività del mio predecessore...Ho piena fiducia che potrò andarci perché il Sikkim è uno stato dell’India. Sono anche fiducioso che, come il mio predecessore, potrò viaggiare all’estero per incontrare i miei numerosi discepoli e aiutarli nella loro ricerca spirituale. Con questo obiettivo in mente, ho presentato una richiesta alle autorità competenti".
"Non voglio parlare di Shamar Rinpoche. Faccio del mio meglio per far fronte alla situazione che si è creata e non voglio aggravarla".
"Tornerò in Tibet solo in compagnia del Dalai Lama".
"L’identità del Karmapa non si decide con una votazione o con dei dibattiti ma solo sulla base delle indicazioni lasciate dal precedente Karmapa".
"Fin dalla sua fondazione la tradizione buddhista tibetana si è basata sulla non-violenza. Spero che il futuro del Tibet sia pacifico e privo di violenza".
"In Cina ero trattato con rispetto ma ho avuto la netta sensazione che cercassero di usarmi per minare l’autorità del Dalai Lama sul popolo tibetano".