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AFGHANISTAN : Speciale sanzioni
Un massacro annunciato
Guerra alle porte di Kabul
Dimostrazione
anti-Usa organizzata da gruppi pakistani di sostegno
Un massacro annunciato
E’
il 19 gennaio 2001, data dell’entrata in vigore delle nuove sanzioni contro il
regime di Kabul, quando il quotidiano pakistan Dawn riceve una telefonata
da Kandahar. Alla cornetta è il ministro degli Esteri e portavoce ufficiale del
governo, Wakil Ahmed Muttawakil, che afferma: "Il popolo afghano non
inscenerà dimostrazioni di protesta contro le sanzioni". E a conferma
riferisce che "il leader dei Taliban, Mullah Omar, ha dichiarato che sarà
garantita la sicurezza di tutti i lavoratori stranieri in Afghanistan e ha
chiesto ai suoi seguaci di non compiere rappresaglie". Sembra una reazione
piena di orgoglio, ma anche di buon senso. Invece la rappresaglia è già
avvenuta una decina di giorni prima in seguito alla riconquista del distretto di
Yakawlang, nella regione sciita dello Hazarajat. Un comunicato delle Nazioni
Unite afferma che "oltre cento civili sono stati deliberatamenti presi d’assalto
e uccisi, mentre altri sono stati arbitrariamente arrestati". Secondo il
segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, "tra le vittime figurano alcuni
afghani che lavoravano per le agenzie umanitarie". All’appello manca
anche un funzionario dell’Onu, misteriosamente scomparso il 7 gennaio scorso.
Ma c’è chi va oltre, come il comandante della fazione Harkat-i-Islami,
Hussain Anwari, che ha detto alla Azadi Afghan Radio: "Le vittime di
Yakawlang, tutti sciiti di etnia hazara sospettati di simpatizzare per la
fazione pro-iraniana dell’Hezb-i-Wahadat, sono molto più di quelle
indicate da Kofi Annan. Io stesso ho ascoltato alla radio talibana un notiziario
che annunciava la morte di 700 hazara, anche se l’emittente non specificava se
si trattasse di soli civili".
Sembra quasi di rivivere l’atmosfera pesante che accompagnò le precedenti
sanzioni, entrate in vigore il 14 novembre del 1999. Soltanto che allora la
reazione fu immediata. Il 10 novembre, gli uffici delle Nazioni Unite a Kandahar
furono presi d’assalto da una folla inferocita che lanciò pietre contro i
funzionari e gli edifici. I dimostranti bruciarono le bandiere americane e i
ritratti del presidente Bill Clinton. Il giorno seguente, mentre migliaia di
persone protestavano in tutto l’Afghanistan, quattro attentati dinamitardi
colpivano la sede dell’ambasciata statunitense, il Centro informazioni del
governo Usa e i principali uffici dell’Onu situati nella capitale pakistana.
Oggi come allora, la sigla dell’Onu viene sempre più spesso associata a
quella degli Usa. E le cosiddette ‘sanzioni mirate’, invece di portare all’estradizione
del miliardario saudita Osama bin Laden e al ritorno della democrazia in
Afghanistan, non fanno altro che rinvigorire i vertici dell’integralismo
islamico e ridurre la popolazione locale in un grave stato di prostrazione
fisica e morale.
Guerra alle porte di Kabul
Una
delle nuove sanzioni contro il governo dei Taliban prevede l’embargo sulla
vendita di armi e sulla fornitura di assistenza militare. Le stesse misure
restrittive non verranno però applicate alle forze di opposizione dell’ex-presidente
Burhanuddin Rabbani, guidate dal comandante Ahmed Shah Massud e arroccate a nord
nella Valle del Panjshir. Una politica dei ‘due pesi e due misure’ che gli
Stati Uniti sono riusciti a imporre alle Nazioni Unite, senza però prendere in
considerazione le inevitabili conseguenze. Per il momento, infatti, i Taliban
hanno un arsenale ancora ben fornito e non intendono trovarsi in difficoltà
quando i primi caldi primaverili scioglieranno le nevi e le forze di Massud
riprenderanno le offensive. Quindi, prima di rimanere a corto di munizioni e
carburante, hanno sferrato un duro attacco alle porte di Kabul. Appena entrate
in vigore le sanzioni, l’aviazione talibana ha bombardato le basi di Jabul
Saraj e Charkiar, a 64 chilometri dalla capitale. Contemporaneamente l’esercito
ha sferrato un attacco lungo il fiume Amu, nella provincia di Takhar.
L’aspetto più preoccupante della ripresa del conflitto è il sostegno che il
Pakistan fornisce alle forze armate di Kabul, nonostante la dichiarazione
ufficiale del governo di Musharraf che si è detto "pronto a regolarsi
secondo le nuove direttive delle Nazioni Unite" pur definendole
"controproducenti e di parte". Fonti dell’opposizione riferiscono
sul quotidiano Payam-i-Mujahid che due battaglioni e un’unità di
artiglieria dell’esercito pakistano sono giunti nella provincia di Kunduz
"per rinforzare le truppe talibane in vista di prossimi attacchi".
Anche l’agenzia francese France Presse conferma la notizia, precisando
che le unità pakistane sono guidate dal generale Qamaruz Zaman, che ha
sostituito il collega Said Zafar nell’incarico di dirigere le operazioni
militari in Afghanistan. Secondo le stesse fonti, nove ufficiali dell’esercito
pakistano sarebbero stati inviati in Afghanistan per un "radicale
riordinamento" del fronte di combattimento contro le forze di Massud. In
altri termini, il Pakistan dimostra di non aver mai interrotto il sostegno
diretto al governo dei Taliban.