vai a:  Stringer Asia -   Stringer Photo - Stringer SchedeHome

AFGHANISTAN : Speciale sanzioni

In pericolo l’arte degli infedeli
di Francesca Marino

C’era una volta l’Afghanistan. C’era una volta un paese ospitale, accogliente, ricco di bellezze naturali e di resti di un passato glorioso. C’era una volta Bamiyan, famosa per le gigantesce e antichissime statue del Buddha in pietra (vedi reportage fotografico) e c’era il museo di Kabul, uno dei più importanti del medioriente. C’era una volta, prima dell’invasione russa. E, soprattutto, prima dei Taliban. I tristemente noti ‘studenti di teologia’ che ormai dal 1994 governano il paese, sono riusciti a fare qualcosa che non era mai riuscito a nessuno, nazisti compresi. Distruggere fisicamente il proprio paese, pieno ormai quasi esclusivamente di macerie che una volta erano case, alberghi e scuole; distruggere ogni forma di sviluppo economico, visto che ormai l’economia afghana si basa esclusivamente sul traffico d’oppio; distruggere la popolazione, a cui viene impedito di svolgere praticamente qualunque attività che non sia la preghiera e il lavoro: e anche questo, quando si trova e se si trova. Neanche agli spietati dittatori del passato, però, era mai venuto in mente di distruggere in modo così completo anche lo spirito di un popolo: neanche Hitler era riuscito a immaginare di poter vietare la musica, gli animali da compagnia o il gioco degli aquiloni ai bambini. Una malintesa e sciagurata interpretazione del Corano ha ridotto ormai da anni l’Afghanistan a un paese delle ombre, popolato soltanto da guerriglieri e polizia religiosa. Ovviamente, nessuno dei signori che governano il paese ha mai mostrato inclinazione, ambizioni o interesse per il patrimonio artistico e culturale del paese. E meno male, perché l’unica volta è successo, è stato per minacciare la distruzione dei famosi Buddha di Bamiyan. A difesa dei Buddha è intervenuto poi l’Unesco, che li ha dichiarati patrimonio dell’umanità e la vicenda si è conclusa apparentemente senza troppo danno. In senso che le statue sono ancora in piedi, ma sono state trasformate in depositi di munizioni. Sembra però che a fine gennaio 2001 alcuni taliban particolarmente zelanti e ligi al dettato morale dei loro governanti abbiano distrutto circa una dozzina delle statue presenti all’interno del museo di Kabul, nonostante l’esplicita proibizione del capo dei taliban, mullah Omar, che mesi fa aveva emanato una serie di decreti a tutela del patrimonio artistico. Il ministro della cultura Kudrutallah Jamal aveva anche dichiarato che il governo nutriva un forte interesse per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico ed era seriamente intenzionato a trovare una nuova e più dignitosa sede per le opere d’arte conservate nel museo di Kabul, gravemente danneggiato dai combattimenti avvenuti tra il 1992 e il 1994. Il museo è chiuso al pubblico fin dal 1990 ma, nonostante molte delle collezioni siano andate perdute durante gli anni di guerra, al suo interno si trovano ancora alcune preziose testimonianze dell’arte buddhista e induista: ricordo della perduta ricchezza culturale dell’Afghanistan che fu. Di particolare pregio, una statua del Buddha alta un metro e antica di circa 2000 anni, che gli esperti ritengono di valore inestimabile. L’improvviso amore per l’arte dei taliban era apparso, in realtà, piuttosto sospetto agli occhi degli osservatori internazionali, che avevano accusato Jamal di voler svuotare il museo per distruggere tutte le opere non conformi al dettato della legge islamica. Jamal aveva respinto con sdegno ogni accusa, affermando: "Si tratta soltanto di propaganda nemica. Al contrario, abbiamo chiesto ad alcune organizzazioni internazionali dei preparati chimici per preservare meglio alcune opere d’arte". Se è vero, non aveva evidentemente fatto i conti con la strisciante ingovernabilità delle frange più estremiste dei suoi che, in un momento in cui sia il direttore che il vice-direttore del museo si trovavano all’estero, si sarebbero introdotti nell’edificio causando un danno di incalcolabile valore. Il governo Taliban ha ancora una volta negato ogni addebito, ma non è stato permesso né ai giornalisti nè agli esperti delle Nazioni unite di entrare nella costruzione per verificare di persona l’accaduto.

torna a inizio pagina

torna a Speciale Afghanistan