L'opera di Toni Furlan cui Vittorio Veneto dedica una retrospettiva
Un artista con voglia di tenerezza |
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Tre
grandi nudi femminili verdastri (il colore della plastilina) catturavano
la luce delle grandi finestre dello studio. Lui, Toni Furlan, su una
scaletta metallica, con grembiule bianco stava modellando. Intorno,
avvolte in sudari di stracci macerati d’acqua e contenute nel loro
mistero di opere in gestazione, altre sculture. Opere, per lo più in
bronzo, facevano bella mostra di sè sui bianchi piedistalli: un grande
crocifisso e una ballerina fra gli altri. Lo
studio dell’amico scultore Toni Furlan si presentava così ad una mia
visita fattagli quindici giorni prima che sì ammalasse. Pareva il
palcoscenico di un teatro; carrelli e marchingegni su ruote, fogli
disegnati, bassorilievi, formelle e pannelli di ceramica, un tavolo
ingombro di strumenti e modelli. “Non prepari schizzi e abbozzi come
faccio io?” gli chiesi. “No, modello direttamente. Il nostro è un
linguaggio plastico e lo strumento sono le mani. A volte la prima idea
può essere un disegno, ma tutti i passaggi sono plastici (anche nella
ceramica). Nulla però viene dal caso. Si devono risolvere i piani e
l’armonia della composizione”. “Io invece - gli dissi - cerco
anche per mesi la forma ultima attraverso il disegno e poi modello o
scolpisco. Ne risulta così una sintesi che è una evoluzione della
composizione». Un
anno dopo la sua morte lo studio così bene attrezzato e ornato di tante
opere d’arte, venne smontato dalla moglie Giovanna, dai figli Marco e
Marisa, dalla sorella e dal sottoscritto. I tre nudi in plastilina, dopo
aver sonnecchiato a lungo, si screpolarono e finirono in frantumi. Le
attrezzature vennero parte regalate e parte vendute ad altri scultori e
le sculture e le ceramiche vennero accatastate in un garage. Buona
parte di esse sono oggi raccolte in una rassegna organizzata
dall’Amministrazione comunale tramite la Biblioteca Civica di Vittorio
Veneto, perciò la Galleria esposizioni di Piazza Giovanni Paolo I dal
29 settembre al 21 ottobre è fiorita dalle opere del nostro artista che
sono state selezionate per questa mostra, onorando in tal modo quello
che possiamo considerare il più interessante e più quotato scultore
della zona. Dico subito che Toni Furlan si meritava da tempo questo
riconoscimento (era più noto all’estero che da noi). È giunto quindi
il momento di fare, sia pure in sintesi, il punto della sua scultura. Toni
Furlan era un artista curioso: aveva visto la ritrattistica greca e
romana (ne è un esempio l’autoritratto e il ritratto del Re Alberto
del Belgio) come la scultura nuragica e quella romanica di Wiligelmo e
Antelami, ma aveva anche guardato con ammirazione Donatello,
Michelangelo, Bernini e tutta la tradizione italiana, fino ad Arturo
Martini e Marino Marini. Si tratta di una adesione ai grandi motivi
culturali di una civiltà sentita come spontaneo decorso della storia.
Da qui la suggestione di opere a così vasto respiro (bronzi, ceramiche,
marmi). Direi
che l’aspetto peculiare di Furlan è un rinnovato classicismo.
L’artista rimedita soprattutto la lezione storica del Rinascimento,
del grande ottocento e del primo novecento. La sua tematica non è
vasta, si limita a pochi soggetti: dai morbidi nudi alla religiosità
dei crocefissi, alla tenerezza affettiva delle scene di vita familiare,
agli aggraziati movimenti delle ballerine e alcuni ritratti. Egli
rifugge la violenza tragica preferendo a questa la tenerezza e la
serenità. Ci troviamo di fronte ad un artista che ha voluto essere
sempre se stesso nelle sue pulsioni umorali, nel contempo non
rinunciando alle sue radici storiche di “veneto”. Concludo
dicendo che il Toni (come usa ancora chiamarlo la moglie, signora
Giovanna) non ha mai voluto essere nè meramente formalista, nè tanto
meno adattarsi alla artificiose mode correnti, il pubblico nel visitare
la mostra ritroverà in lui l’artista che ha saputo accarezzare
l’argilla e il bronzo con mano svelta e delicata raggiungendo la
plastica, specie nei bellissimi ritratti di “CIeIia” e della figlia
Elisabetta”, attraverso la calma stesura dei piani nitidamente offerti
ad una luminosità pacata e diffusa, a tratti ravvivata da pochi segni
incisivi e precisi. Daniele Brescacin |