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4) LA FAMETTA.

 

La passeggiata raggiunge il laghetto della Fametta passando per il piccolo santuario omonimo.

Può essere effettuata anche in bicicletta; a piedi è percorribile in circa due ore.

Partiamo dal borgo sul lato di via Fametta e ci incamminiamo sulla strada dalla parte opposta alla villa.

Fiancheggiamo l’esterno delle corti agricole, e superiamo sulla nostra sinistra una siepe di bosso che recinge un monumento ai caduti.  
In questo luogo era situato il piccolo cimitero del borgo prima del suo allontanamento dal paese davanti al santuario della Fametta.  
Lasciato alle spalle l’abitato dopo un centinaio di metri raggiungiamo un bivio.
Proseguiamo diritti sempre lungo la strada asfaltata; sulla destra notiamo un piccolo stagno contornato dalla tipica vegetazione palustre.  
Di primo mattino è possibile avvistare sulla sua superficie qualche gallinella d’acqua o airone e occasionalmente nei periodi di passo qualche uccello acquatico più raro.

La strada prosegue contornata da un filare di alberi, rialzata di circa due metri sulla campagna circostante.

Anche se sembrerà strano, ciò è dovuto perché dai terreni confinanti è stato interamente asportato lo strato di argilla superficiale, utilizzato poi nelle fornaci locali nella produzione dei mattoni.

 In questo punto è possibile rendersi conto di quanto fu imponente questa attività nel territorio di Castellazzo, oltretutto se si pensa che non fu limitata a quest’area, ma sconvolse tutta la zona a nord e a est del borgo sino alle periferie dei paesi di Garbagnate e Senago.

Una volta cavato, il materiale veniva trasportato mediante un trenino a scartamento ridotto, del tipo usato nelle miniere, sino alla fornace posta verso Bollate in via Origona.

Questo insolito mezzo di trasporto rimase in funzione sino all’esaurimento del giacimento avvenuto alla fine degli anni 60, esaurimento che comportò anche la chiusura dell’ultima fornace attiva del territorio Bollatese.

L’area cavata alla nostra destra è inclusa nel perimetro di un centro ippico mentre alla nostra sinistra è stata ottimamente recuperata all’uso agricolo, facilitato dalla possibilità di poter utilizzare l’acqua del canale Villoresi per l’irrigazione.

I rigogliosi prati che ammiriamo confermano il successo di questo recupero.

Ben presto superiamo le strutture del centro ippico e, contornata da imponenti esemplari di pioppi cipressini, raggiungiamo la zona della Fametta.

Qui è situato l’omonimo santuario settecentesco e il piccolo cimitero del borgo.

Alcune panchine e l’amenità del luogo invitano ad una sosta.

Ripresa la nostra passeggiata; imbocchiamo una strada sterrata chiusa da una sbarra di ferro.

 Prendiamo subito il sentiero sulla nostra sinistra che costeggia il muro di cinta del cimitero.

Anche qui il sentiero e’ sopraelevato sulle zone da cui è stata asportata l’argilla.

Mentre alla nostra destra l’area cavata e’ stata recuperata all’uso agricolo, alla nostra sinistra l’abbandono dopo l’estrazione ha favorito lo stanziamento di numerosi appezzamenti adibiti ad orti famigliari.

Ai lati il sentiero è contornato da numerose piante di pioppo nero, salici e persino qualche betulla.

Un canaletto di irrigazione permette l’irrigazione dei sottostanti prati stabili.

Dopo un centinaio di metri il sentiero ritorna contiguo al piano di campagna.

Costeggiamo sulla sinistra un pioppeto abbandonato, rinaturalizzato da numerosi arbusti cresciuti spontaneamente.

Particolarmente bella la continua siepe di sanguinelle, che cinge completamente il suo margine esterno.

Questo arbusto dai bei fiori bianchi, prende il nome dai giovani rami dal colore rossastro.

Alla nostra destra oltre un prato notiamo un piccolo bosco interamente recintato, protetto come rifugio faunistico.

Sui grossi esemplari di pioppo nero spesso stazionano alcuni esemplari di airone cenerino e nitticora (piccolo airone di abitudini crepuscolari e notturne) che frequentano per alimentarsi il vicino laghetto.

Non è difficile specialmente all’alba o al tramonto avvistarli in volo o ai bordi del laghetto intenti alla pesca.

Ben presto anche noi raggiungiamo il laghetto denominato della Fametta adibito alla pesca sportiva, attrezzato con alcune strutture di ristoro e per la sosta.

Qui termina la nostra passeggiata, per il ritorno purtroppo non abbiamo alternative. Dobbiamo ripercorrere il sentiero dell’andata.

Eppure basterebbe poco per dare continuità a questo percorso.

Solamente a poche decine di metri di distanza parte la pista ciclabile che costeggia il canale Villoresi sino a Senago; purtroppo raggiungerla risulta impossibile per l’insuperabile ostacolo della Sede ferroviaria.

Basterebbe un piccolo ponte ciclopedonale sul canale per attuare questo collegamento che oltretutto permetterebbe di unire questa parte del parco alla stazione delle FNM di Garbagnate-­serenella con tutto il suo vasto potenziale di utenti.

 

Variante

Dalla zona del santuario è possibile compiere una piccola escursione tra i bei prati (rimanere nei sentieri ! !!) posti a settentrione.

Superata la sbarra metallica proseguiamo diritti per la strada sterrata in leggera discesa sino ad un bivio, pieghiamo a destra, dopo una decina di metri incontriamo un piccolo ruscello (4.1).

Questo corso d’acqua naturale, ora alimentato dal laghetto della Fametta, è un affluente del torrente Nirone, molto importante per l’ottima qualità dell’acqua che vi immette.

I più curiosi noteranno lungo le rive numerosi bivalvi anche di grosse dimensioni, esternamente di colore marrone e dall’interno madreperlaceo. Sono le conchiglie delle Unio, molluschi d’acqua dolce che compiono il primo stadio di sviluppo come parassiti nelle branchie dei pesci. Sebbene per il nostro affinato palato non siano considerati commestibili, gli uomini del neolitico se ne cibavano attivamente.

Grossi depositi di questi resti sono stati trovati attorno agli insediamenti palafitticoli.

Proseguiamo, finché possiamo lungo, il sentiero in un bel paesaggio verdeggiante leggermente ondulato con una bella vista sul santuario, poi ritorniamo sui nostri passi al punto di partenza.

Una volta da questo punto esisteva un sentiero che superato il canale secondario del Villoresi proseguiva parallelo sino a Bollate ed Ospiate e a monte raggiungeva il corso principale del canale.

Oggi ciò non è più possibile.

Per raggiungere il secondario bisogna attraversare una zona quasi sempre allagata: il ponte in pietra che lo attraversava tra due belle cascate è stato addirittura distrutto, solo una stretta passerella permette un precario passaggio, in condizioni di estrema pericolosità.

il sentiero che costeggiava il canale ormai è invaso completamente dai rovi. Questa realtà ormai necessita di interventi onerosi non certo attuabili in tempi brevi.

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