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5) IL TORRENTE NIRONE.

 

La passeggiata costeggia un tratto del torrente Nirone in un bel paesaggio di boschetti e campi coltivati, un piccolo esempio di organizzazione del territorio che si perde nella notte dei tempi, quando localmente si doveva produrre tutto il necessario per vivere, dal cibo alla legna per cucinare e da ardere.

Usciamo dal borgo di Castellazzo dal portone che conduce al vicino laghetto.

Lo costeggiamo sino ad incontrare la strada asfaltata proveniente da Bollate.

Deviamo a sinistra, arrivati ad un bivio svoltiamo a destra superando il canale secondario del Villoresi che in questo punto forma una doppia cascata.

La strada prosegue ora in leggera discesa, percorsi un centinaio di metri imbocchiamo una strada campestre alla nostra sinistra.

Nella fascia boschiva che fiancheggia a destra la carrareccia scorre il Nirone (5.1).

Questo torrente ha origine nei boschi di Cesate dagli innumerevoli ruscelli che si formano durante i periodi con forti piogge e che il suolo argilloso impermeabile impedisce di disperdersi nel terreno. Non esiste perciò una vera e propria sorgente.

Come tutti i torrenti delle Groane dovrebbe essere asciutto quando non piove, ma per una serie di circostanze fortuite il suo corso è diventato perenne per di più con una buona qualità delle acque, tanto da risultare il terzo corso d’acqua naturale più pulito nella provincia di Milano dopo il Ticino e l’Adda.

Il già menzionato ruscello dell’itinerario 4.1 (che incontreremo tra breve), vi immette in ogni periodo dell’anno acqua pulita proveniente dal laghetto della Fametta.

Questa è derivata dal canale Villoresi o, nei suoi periodi di asciutta prelevata dalla falda acquifera con appositi pozzi.

Così il torrente può ospitare una ricca fauna, caso più unico che raro nella provincia di Milano.

 Numerosi sono i pesci, soprattutto ciprinidi come cavedani, arborelle, scardole, carpe e carassi.

Non mancano persici reali e persici sole, indicatori della buona qualità dell’acqua.

Tutti questi pesci vengono cacciati dagli Aironi e dalle nitticore e i più piccoli dal martin pescatore.

Per i pochi che hanno avuto la fortuna di vederlo sfrecciare rasente il pelo dell’acqua, come un lampo azzurro, è uno spettacolo veramente indimenticabile.

In alcuni punti dove la vegetazione è rada possiamo con precauzione avvicinarci alle rive qui scoscese per osservarne le acque.

Arrivati al ruscello la strada abbandona il corso d’acqua biforcandosi.

Entrambi i percorsi sono a fondo cieco, terminano dopo poche centinaia di metri ma è interessante percorrerli.

A destra la strada campestre prosegue tra un boschetto e una siepe che la separa dal ruscello.

La sinuosità del corso indica la sua antica origine naturale.

Arriviamo ad un bel prato contornato interamente da alberi, tanto da farlo sembrare una radura in mezzo al bosco.

Ritorniamo sui nostri passi sino al bivio, percorriamo l’altra strada contornati dal bosco sino ad un vasto campo solitamente coltivato a granoturco.

E’ curioso annotare che ormai i boschetti di questa zona sono composti prevalentemente da alberi di origine nordamericana.

Oltre alla già ricordata robinia, da alcuni anni la pianta che sta diventando dominante è il prugnolo americano (prunus serotina) talmente infestante da soppiantare addirittura la stessa robinia.

Ripercorriamo a ritroso il percorso dell’andata, anche in questo caso i vecchi sentieri sono scomparsi da ricordare un collegamento con la zona della Fametta (vedi itinerario 4) ormai invaso della vegetazione.

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