NORME PER LA DISCIPLINA, LA TUTELA E LO SVILUPPO DELL'ELICICOLTURA NEL VENETO
R e l a z i o n e. 

La " guerra del latte " esplosa nella Padania nel 1997, ha riportato sotto i riflettori la situazione dell'agricoltura italiana, anzi europea; ed ha riaperto il dibattito sul senso complessivo di una politica agricola comune che mostra tutte le sue crepe e mette a dura prova la capacità di risposta degli apparati pubblici nazionali agli obblighi di efficienza che l'Europa ci impone.

Il merito che ha forse questa guerra, è di ricordare agli italiani cose c'è dietro al cartone del latte che ciascuno di noi consuma.

Ci sono Aziende, (spesso a conduzione familiare), ricerca applicata, servizi, uomini con i loro sacrifici; in due parole, capacità imprenditoriale.

La stessa che, magari, all'inizio in proporzioni più ridotte, si manifestava in tante piccole micro-iniziative in campo agricolo lanciate negli ultimi anni sul territorio.

Quasi generalmente, in questi casi non si può parlare proprio di quell'assistenzialismo in cui secondo molti s'identifica tutta l'agricoltura europea. Anzi, le iniziative in questione rispondono ad una capacità di creare e fare impresa che, agricoltura o no, resta il vero asset dell'economia italiana.

La legge che ci avviamo a presentare vuole essere da stimolo, e serve ad integrare i redditi da lavoro agricolo venuti a mancare con l'applicazione delle nuove direttive comunitarie.

Mai come in questo momento nel Veneto si percepisce l'interesse per diversificare e qualificare con marchi di qualità i prodotti frutto del lavoro del comparto agricolo.

Un interesse che si rivolge spesso a settori di nicchia nei quali possono manifestarsi quelle doti che fanno grande e diffusa l'imprenditorialità veneta; l'intuizione del prodotto, la cura della qualità, l'attenzione al servizio, la capacità di marketing.

Ne traggono vantaggio l'occupazione che trova, proprio nel settore più maturo, possibilità di sviluppo; e l'ambiente, che trova nuovi guardiani che salvano dalla desolazione e l'abbandono tante zone rurali, innescando un circolo virtuoso fatto di possibilità di ulteriori investimenti.

Le coltivazioni tradizionali - vite, olivo, cereali.... - soffrono oggi di forte crisi di sovrapproduzione e lo stesso succede per molti allevamenti.

Inoltre come è risaputo, Agenda 2000, punta per i prossimi anni su una consistente riduzione delle quote italiane in numerosi settori e sono in molti a ipotizzare per il futuro margini di convenienza più ridotti degli attuali per buona parte delle produzioni tradizionali.

Il mercato delle chiocciole in Italia negli ultimi 15 anni ha subito profonde modificazioni, sia per le quantità trattate, sia per le linee commerciali seguite.

Il mollusco è passato da prodotto estemporaneo, presente alla vendita soltanto in periodi particolari dell'anno, a prodotto di riferimento e di presenza abbastanza continuativa nelle catene di distribuzione e in certi settori del mercato, in particolare nel settore del " fresco"

Il consumo registrato in Italia negli anni 75/80 era poco più di un quarto di quello attuale; da circa 2700 tonnellate siamo arrivati infatti (1997) a circa 14.000 tonnellate.

L'Italia che è sempre stata in Europa un paese con un consumo elicicolo molto basso è balzata negli ultimi due anni al secondo posto davanti alla Spagna e alla Germania, restando naturalmente dietro al colosso Francia, che nell'uso culinario dell'alimento e sulla sua commercializzazione rimane, nel mondo intero, il Paese più forte, con oltre 150.000 tonnellate di prodotto lavorato e commercializzato. Nel 1997 il commercio in Italia ha superato i 130.000 quintali: una quota che può parere importante, ma che rapportata agli abitanti del nostro paese porta soltanto al consumo di 200 grammi per persona all'anno.

Tenendo conto che la resa al macello, dopo l'eliminazione del guscio e la relativa pulizia è del trenta per cento circa, si può costatare che ogni italiano non mangia più di 50 grammi di mollusco.

Attualmente viene importato il 70% del prodotto consumato in Italia.

Il 1997 ha visto anche importanti iniziative pubbliche a favore dell'attività e della categoria. In relazione al fatto che l'Unione Europea ha considerato il prodotto " lumaca " non eccedentario fin dal 1995 e ha definito pure le agevolazioni finanziarie ai produttori, alcune regioni italiane hanno già introdotto l'elicicoltura nei propri piani di sviluppo agricolo; altre stanno per farlo; come sono da registrare anche incentivi finanziari previsti dalle leggi per l'imprenditorialità giovanile ( a livello nazionale e regionale), per prestiti per inizio attività, o per imprese solamente femminili.

Su questo binario è la volontà del legislatore, per non essere gli ultimi.

 

 

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