NORME PER LA TUTELA, LA DISCIPLINA E LO SVILUPPO DELLA COLTIVAZIONE DELLE ERBE AROMATICHE E OFFICINALI NEL VENETO


R e l a z i o n e

In un periodo in cui tanta rilevanza viene data alla genuinità, alla purezza e al controllo dei cibi, desta senz’altro stupore che gran parte delle nostre importazioni di piante officinali e aromatiche provenga da paesi in cui qualità, assenza di residui e purezza non sono certo parametri fondamentali. Ma questo grave handicap potrebbe, nel futuro, essere proprio la carta vincente delle aziende venete, da qualche tempo sempre più impegnate per migliorare la qualità della produzione veneta.

Certo produrre officinali non è facile. Il settore è infatti caratterizzato da poca trasparenza commerciale e da notevole carenza di informazioni tecniche. In altre parole chi vuole coltivare officinali, l’esperienza deve farsela quasi tutta sul «campo». Una certa confusione regna anche a livello definitorio. Non esiste infatti una definizione standard dei termini di erbe aromatiche, medicinali e officinali. Spesso infatti tali dizioni sono utilizzate congiuntamente come sinonimi e può accadere che la medesima specie venga classificata, a seconda della fonte statistica, tra le piante aromatiche, tra quelle orticole o perfino tra quelle industriali.

Confusioni terminologiche a parte, le officinali sono comunque tra i settori produttivi su cui è possibile puntare nel futuro. Inoltre, queste specie ben si prestano a valorizzare molte aree interne marginali non altrimenti sfruttabili dal punto di vista economico.

Il mercato è poi deficitario di prodotto nazionale. Stime attendibili indicano infatti che le importazioni coprano attualmente il settantacinque per cento del fabbisogno interno.

Oltre all’industria alimentare, gli altri settori interessati al consumo di questa produzione agricola sono: l’industria liquoristica, quella farmaceutica ed il settore cosmetico.

La produzione è comunque ancora molto limitata e ben poco sono gli attuali 30.000 quintali annuali di produzione se si confrontano con i quasi 150.000 quintali del 1915.

Un’altra caratteristica particolare del settore è data anche dalla dimensione estremamente ridotta delle aziende coltivatrici.

Un altro settore in crescente sviluppo ed interessato alla commercializzazione dei prodotti officinali è il settore dell’erboristeria, in forte incremento come punti vendita soprattutto al Nord Italia. Dati statistici quantificano in 1.600 Kg/anno il consumo medio di ogni erboristeria per un totale di una sessantina di specie di piante.

Le officinali, specie se destinate a uso erboristico, sono un prodotto di élite la cui valutazione economica dipende molto dalle caratteristiche di pregio del prodotto.

Basti pensare che molte di queste piante presentano principi attivi che si esaltano solo in corrispondenza di particolari momenti del ciclo vegetativo (il cosiddetto tempo balsamico) che per alcune specie è molto breve e che solo lo scrupolo e la «fama» del coltivatore può garantire.

«Qualità» poi, specie per queste coltivazioni, vuol dire anche totale assenza di residui chimici e di antiparassitari. Il che apre forti possibilità di utilizzo delle tecniche di agricoltura biologica. Poter certificare che il prodotto è ottenuto con metodi assolutamente naturali permette di collocare il prodotto a prezzi maggiorati, che ripaga ampiamente le eventuali perdite di prodotto dovute alla totale assenza di trattamenti antiparassitari e alla minore produzione determinata dal non uso di concimi chimici.

 

 

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