NORME RELATIVE ALLA COSTITUZIONE DELLE COMUNITÀ TURISTICHE ED INTERVENTI A FAVORE DEI COMUNI TURISTICI
R e l a z i o n e

Questa proposta di legge vuole essere una forte presa di posizione nell’ambito del dibattito sul futuro del turismo nazionale e regionale. Il comparto lamenta una carenza di dinamicità, un ingessamento delle strutture di riferimento ed una dispersione di competenze, lasciando ben poco all’iniziativa degli enti locali minori e dei privati i quali trovano spesso più conveniente ed utile promuoversi da soli piuttosto che affidarsi a meccanismi farraginosi e dispersivi. Un primo passo verso un’auspicata inversione di tendenza è senz’altro il riconoscimento di una buona dose di autonomia decisionale ed economica alle realtà turistiche territoriali che vivono a contatto con tutta una serie di problematiche riferite all’organizzazione dei servizi ed alla individuazione delle strategie più opportune. Naturalmente tutto questo deve rientrare in un coordinamento fra i diversi livelli di governo: tuttavia il principio deve essere quello che affida ad enti gerarchicamente superiori ciò che localmente non può essere utilmente organizzato e svolto. Principio comunque valido a prescindere dall’argomento in oggetto. Esistono delle Comunità locali la cui economia è scandita prevalentemente dai flussi turistici che durante i vari periodi dell’anno interessano il loro territorio. Ciò comporta una serie di problemi: il primo ed il più importante è relativo al carico sulle strutture e sui servizi dei Comuni, dimensionati per lo più su di un numero di utenze spesso molto lontano da quello che realmente si manifesta durante le stagioni più propizie alle vacanze. L’accresciuta popolazione residente nei periodi di maggior afflusso provoca tutta una serie di ripercussioni sull’efficienza dei servizi resi, i cui costi sono evidentemente diversi nei vari periodi dell’anno e finanziati da trasferimenti spesso insufficienti, dimensionati come sono sui cittadini che vivono in città tutto l’anno. Ciò crea una serie di difficoltà per le amministrazioni locali che vanno dalla gestione dei rifiuti urbani al traffico automobilistico, dalla sicurezza delle strutture ricreative alle diverse necessità di personale, eccetera. Ecco quindi manifestarsi l’esigenza di avere degli strumenti legislativi che possano venire incontro alle necessità di quei Comuni che, come sopra accennato, hanno un’ulteriore difficoltà nell’amministrare che deriva dalla fluttuazione a volte macroscopica dei residenti. Non ritenendo sufficiente una semplice modifica alla legge n. 142/1990 sulle autonomie locali, che d’altra parte potrebbe rivelarsi presto superata, si è voluto intervenire con una legge specifica che impegni lo Stato a mettere le Regioni ed i Comuni oggetto del provvedimento nelle condizioni di provvedere quanto più autonomamente possibile alla soddisfazione delle esigenze di un turismo moderno, tutelando così un patrimonio nazionale di risorse che spesso rischia di cedere il passo alla concorrenza straniera. Le Regioni più intraprendenti sapranno darsi norme utili alle Comunità turistiche ed ai Comuni turistici che potranno usufruire di un dinamismo economico-amministrativo teso alla crescita di tutta la Comunità innescando una serie di effetti indotti, probabile elemento di rinnovamento strutturale del comparto turistico dell’intero paese. Osservando più compiutamente la proposta di legge emergono elementi utili ad un rinnovamento sostanziale del settore ed in particolare: - l’articolo 1 esprime la volontà di fornire nuovi strumenti amministrativi e finanziari ai Comuni, preludendo ad iniziative che lascino ai governi locali la responsabilità di adottare le politiche più consone ai bisogni del territorio di pertinenza diventando essi i referenti principali delle esigenze degli utenti dei servizi e delle strutture; - l’articolo 2 definisce la natura delle Comunità turistiche. Esse sono degli enti locali territoriali costituiti da leggi regionali, sono dotati di autonomia statutaria ed associano due o più Comuni confinanti non necessariamente appartenenti alla stessa provincia. Importante il disposto del comma 3 che trasferisce alle Comunità le funzioni amministrative dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile delle Regioni e dello Stato. Se è vero che tali beni sono sottoposti ad un regime vincolistico particolare dato che essi devono servire a finalità di interesse pubblico, si ravvisa la necessità di un impiego diretto da parte della potenziale utenza che in questo caso fa riferimento alla Comunità turistica. Il discorso può valere sia per l’impiego di infrastrutture come per esempio i porti lacuali sia per beni di carattere prettamente artistico e culturale spesso male utilizzati o negati alla pubblica fruizione dal dinosauro burocratico. Questo principio andrà naturalmente esteso al complesso delle realtà locali in un’ipotesi di ristrutturazione del concetto di proprietà pubblica. Il comma 6, infine, pone un problema serio: spesso ci si trova in presenza di ambiti turistici di rilevanza interregionale in cui il governo del territorio e delle risorse economiche è ineluttabilmente frammentato e scoordinato provocando così un non ottimale sfruttamento delle risorse comuni. Le Comunità turistiche che fanno riferimento a tali ambiti devono quindi avere la possibilità di promuovere, pur appartenendo a regioni diverse, accordi di programma od altre forme di collaborazione ai vari livelli di governo al fine di omogeneizzare le loro azioni e quelle delle Regioni interessate affinché le risorse del territorio vengano gestite al meglio; - l’articolo 3 definisce le condizioni necessarie affinché due o più Comuni si possano associare strutturandosi come Comunità turistica, indicando dei parametri relativi al rapporto tra popolazione residente e presenze stagionali. In sostanza questo articolo pone il problema della definizione dei limiti di popolazione entro i quali le Comunità devono rientrare. Le cifre indicate definiscono degli standard generali e vogliono stimolare i piccoli Comuni ad associarsi in Comunità sottolineando le maggiori difficoltà che essi incontrano nella gestione di grandi flussi turistici rispetto alle città più grandi, le cui capacità di assorbimento sono, fatti salvi alcuni casi eclatanti, senz’altro maggiori. Il comma 4, facendo riferimento al comma 5 dell’articolo precedente, valica un limite territoriale consentendo anche a Comuni appartenenti a Province diverse di associarsi in Comunità, ferma restando l’appartenenza della stessa ad una sola Provincia; - l’articolo 4 elenca le funzioni proprie delle Comunità turistiche definendo una serie di competenze che devono essere gestite in armonia con le norme regionali e statali. Le Comunità svolgono la loro attività per conto dei Comuni che formano le Comunità medesime, le quale “sono soggetti attivi (comma 2) nell’ambito della programmazione regionale e concorrono a determinarne gli indirizzi”; - l’articolo 5 elenca gli organi minimi di riferimento delle Comunità, lasciando ampia facoltà alle Regioni di stabilire norme alle quali le Comunità stesse dovranno attenersi nell’articolazione e nella composizione dei propri organi, così come previsto dall’articolo 7 comma 2 lettera b) della presente proposta di legge; - l’articolo 6 entra nel merito di una questione delicata: se è vero che l’obbiettivo primario di questa proposta di legge e quello di “promuovere l’associazione e l’unione di Comuni contermini al fine di migliorare la qualità dell’offerta turistica locale e regionale” è pur vero che nel Veneto come in altre Regioni ci sono delle realtà territoriali che per motivi geografici od inerenti ad un consolidato assetto economico e sociale si troverebbero in difficoltà nello strutturarsi come associazioni di Comuni se non nell’impossibilità materiale di farlo. Ecco quindi manifestarsi la necessità di riconoscere anche i “Comuni turistici” le cui caratteristiche devono essere quelle riportate nell’articolo in oggetto; - l’articolo 7 definisce le competenze delle Regioni. Si è detto in precedenza che le Comunità turistiche sono enti locali territoriali e sono istituite col legge regionale. Preliminarmente, però, le Regioni devono delineare le modalità da seguire affinché le Comunità vengano costituite e cioè, per esempio, anche le procedure amministrative relative ai Comuni che si vogliano costituire in Comunità. La legge regionale deve inoltre stabilire precisamente quando e come un Comune cosiddetto turistico possa accedere singolarmente ai benefici della legge e le modalità di erogazione degli stessi a Comunità e Comuni. Ultimo ma non meno importante: le Regioni trasferiscono con legge le funzioni amministrative riguardo i beni del demanio e del patrimonio indisponibile di loro competenza, come per esempio i porti lacuali (articolo 11 della legge 16 maggio 1970, n. 281); - l’articolo 8 tratta delle Commissioni regionali per il coordinamento e lo sviluppo delle Comunità turistiche e dei Comuni turistici che il Presidente della Regione, con proprio decreto, dovrà istituire per intraprendere un percorso dialettico fra i vari attori del comparto. Ai lavori della Commissione dovranno partecipare di diritto i rappresentanti degli enti locali, degli operatori economici e dei sindacati maggiormente rappresentativi dei lavoratori. La Commissione dovrà fornire annualmente al Consiglio regionale una relazione di informazione e di indirizzo sulle attività degli enti interessati dalla nuova normativa con particolare attenzione alle dinamiche evolutive del comparto; - l’articolo 9 dà la possibilità alle Comunità montane in possesso dei requisiti previsti dalla legge di essere ammesse alla fruizione dei benefici della stessa, senza modificare la loro natura, assumendo la denominazione di Comunità turistico-montana; - l’articolo 10, per quanto concerne vigilanza e controllo, assimila le Comunità turistiche ai Comuni ed alle Province; - l’articolo 11 delega il governo ad emanare, entro un anno dall’approvazione della legge, un decreto legislativo al fine di trasferire alle Comunità turistiche beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato insistenti sul loro territorio ed utili per lo svolgimento dei compiti ad esse assegnati. Tali norme andranno ad integrare le disposizioni della legge 31 dicembre 1993, n. 579 recante “Norme per il trasferimento agli enti locali ed alle Regioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato”; - l’articolo 12 riguarda la norma finanziaria e si struttura come delega al Governo perché emani, in sede di elaborazione della legge finanziaria per l’anno successivo a quello dell’approvazione della presente legge, norme specifiche per il finanziamento del provvedimento in oggetto. Queste norme, però, non dovranno prevedere aggravi fiscali a carico dei cittadini ed anzi, i risparmi che si presume si ottengano con l’adozione di economie di scala improntate ad una gestione ed una programmazione sovracomunale dei servizi, dovranno andare a beneficio della popolazione interessata nel senso di un minor carico fiscale complessivo ed un minor costo dei servizi stessi. L’occasione è propizia per imporre norme con un’impronta prettamente federalista in una prospettiva di autonomia impositiva da parte degli enti locali, dalle Regioni ai Comuni. L’ultimo comma destina parte delle risorse disponibili allo sviluppo turistico delle aree depresse ed interessate da un elevato tasso di disoccupazione. In conclusione possiamo dire che questa proposta di legge tende a ridefinire il concetto di territorialità nell’ambito dell’organizzazione turistica regionale, gettando le basi di un nuovo modo di pensare ed affrontare l’argomento. Non tutte le aree hanno problemi omogenei ed è rispettoso del principio dell’autonomia che ogni Comunità gestisca in proprio la sua peculiarità senza perdere comunque di vista il principio imprescindibile del coordinamento ai vari livelli di governo, all’interno del quale, però, la Comunità deve essere soggetto attivo essendo il primo ed il più importante referente dei cittadini che la compongono.


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