LA MAGIA DEL VIOLINO

Il segreto di Paganini

  Nel suo opuscolo sul violino di Paganini l'Ispettore del patrimonio artistico del Comune di Genova A. Boscassi rammenta la memorabile Accademia data da Paganini il 30 novembre 1840, alla presenza dei sovrani di Sardegna, in occasione della quale gli fu offerta dal corpo Decurionale della città una medaglia.

Boscassi riporta anche un articolo della Gazzetta di Genova del dicembre, che descriveva la serata. Dal palcoscenico del Teatro Carlo Felice, splendidamente illuminato, il violinista diffondeva nella sala una mirabile armonia, magico prodigio che arrivava all'anima degli spettatori:

Difficile è a descriversi il quadro animato nell'interno del teatro splendidamente illuminato: non meno di tremila spettatori attendeva impazienti l'affrettato momento. Paganini comparve sulla scena. Tutto fu silenzio. Note portentose sorsero al possente tocco dell'arco ed una meravigliosa armonia si diffondeva per l'aurea sala: i suoni, le voci si direbbe quasi la parola che uscir parea viva da quel magico luogo producevano negli animi fortemente concitati ora a passione, ora a festività, il più gradito alternare di affetti e di pensieri.

Sono noti i successi di Paganini in Italia e in Europa di cui abbiamo ampie notizie attraverso le testimonianze del tempo. Platee intere furoreggiavano per lui, attratte dal fascino della sua arte e della sua eccezionale figura.

A Monaco venne incoronato sul palco con fronde di alloro, cerimonia che si diffuse, come ci informa l'illustre studioso di Paganini Arturo Codignola, in altre varie città .1

Anche i freddi Britannicome sottolinea lo stesso Paganini, scrivendo all'amico Germi, si arresero alla sua arte e tutte le dicerie che correvano su di lui si convertirono in lodi inenarrabili .2

Lo Zobe, che faceva parte dell'orchestra che lo accompagnò a Weimer, scriveva che accadeva spesso che l'orchestra si unisse al pubblico per applaudirlo frequentemente.

Quale il segreto del fascino del grande artista?  Certamente una capacità di trattare lo strumento in maniera prodigiosa e, per quei tempi, sbalorditiva.

Sempre a detta dello Zobe, egli otteneva effetti eccezionali utilizzando una sola corda, mentre sulle rimanenti faceva scale e pizzicati, facendo note doppie sul violino in piena accordatura, trilli e passaggi di decime con rapidità fulminea, scale a doppi suoni, variazioni inaspettate:

E a dire che tutte queste ed altre molte cose egli le eseguiva da capo a fondo, con una facilità che sembrava gioco, e con la intonazione più pura. Tutto ciò costituiva la sua tecnica, la più sublime e compiuta che mai orecchio umano percepisse. 3

In occasione di un concerto, tenuto da Paganini a Forli nel 1818, l'articolista, nel commentare l'esecuzione, parlava del suo nuovo modo di tenere lo strumento e di tirare l'arco, che stupirono il pubblico:

Questo uomo incomparabile suonò tre concerti, due alle quattro corde, ed uno col sol basso. Il nuovo modo di tirar l'arco e di tener lo strumento sorprese: la delicatezza, la grazia, la armonia, la vibrazione, la eccellenza del suono incantarono. il teatro era pieno, e gli applausi furono reiterati ed immensi. Fu sentito altre due sere colla stessa ammirazione e stupore. Un suonatore così grande forse non si sentirà mai più. 4.

Paganini un grande virtuoso dunque, capace di effetti strabilianti, frutto non solo di una particolare disposizione naturale, ma anche dell'esercizio assiduo di lunghe ore di studio.

Come viene ricordato in un articolo del Cittadino di Genova, scritto in occasione dell'esumazione della salma di Paganini a Par ma, qualche contadino che lavorava intorno, raccontava di averlo sentito suonare nel salotto rosso a pianoterra verso il giardino e le scuderie della villa Gaione, che Germi aveva acquistato per lui nel 1834. Là il mago si esercitava con tenacia paziente per conseguire quei risultati che stupivano i pubblici dell'intera Europa:

Là egli, con un peso attaccato al braccio destro, tirava giù a campane doppie per ore ed ore esercizi monotoni interminabili, e quelle strabilianti volate di armonici doppi che fanno l'ammiravone della gente dell'arte: quando poi toglieva dal braccio il peso, allora era un uragano di note come suonasse un'orchestra.

Ma il prodigio della sua abilità non esaurisce il segreto del suo successo. Egli era soprattutto un grande interprete se, come nota il Codignola, in ogni esibizione era nello stato di grazia della creazione, ogni volta un creatore, cioè l'unico per eccellenza.

Al pari di ogni vero artista non eseguiva un pezzo ripetendolo passivamente, ma ogni volta rivisitandolo, ricostruendolo a misura della sua sensibilità, in un processo che era quello di una nuova creazione. E ciò perché, come sottolinea la moderna filosofia dell'ermeneutica, il valore rivelativo di ogni opera d'arte si manifesta solo essa è ripercorsa in una vivente prospettiva, sia quella dell'esecu zione sia quella del semplice ascoltatore, che devono farsene partecipi secondo la propria intima modalità.

Paganini era ben consapevole che l'esecutore deve sentire fondamente per poter destare anche negli altri delle sensazioni e involgerli nel processo di ricreazione dell'opera. Per questo aveva scelto per motto Convien sentire fortemente per far sentiree generosante, in ogni sua esibizione, non si sottraeva al suo compito.

Prima di ogni concerto, come racconta il Fètis, uno tra i più importanti critici musicali del tempo, egli era molto preoccupato ed inquieto:

 Paganini era seriamente sopra pensiero il giorno in cui doveva dare un concerto. Durante la mattina non faceva nulla e se ne stava tran quillamente seduto sopra un divano. Prima di andare alla prova, apn va la cassetta del suo violino per assicurarsi che nessuna corda fosse rotta; poi accordavolo in via provvisoria e preparava le parti d'orche stra dei pezzi che doveva eseguire. Facendo queste operazioni pigliava molto tabacco, il che era un indizio certo di preoccupazione e di in quietudine . 5

Durante l'esecuzione si impegnava con tutta la sua persona, fa cendo del suo strumento un organo, con il quale parlava, manife stando le intime commozioni dell'animo e dell'intelletto, voce stra ziata che cercava la liberazione:

Egli dunque fece del suo violino un organo che parla e manifesta le intime commozioni e sentimenti ddl'animo suo e del suo intelletto. Ciò che si agita nel suo interno l'instrumento lo esprime con rara verità, fedeltà e sentimento, se noi dal suonar suo ripensar vogliamo lo stato del suo essere interiore, troviamo che vi combattono, sia pur nella ricordanza del passato, la passione più tempestosa con i più profondi e teneri affetti, i più acerbi dolori con le estasi più beate del piacere; la mera misantropia con le ingenuità della benevolenza. E S'io dovessi compendiare tutto in un solo concetto direi: un'anima straziata che si fa strada e cerca aria. 6

La sua figura smilza, così come ce l'hanno consegnata gli schizzi del tempo, in frc nero e pantaloni lunghi, penzolanti fino alle calcagna, assumeva le sembianze di quella di un mago che sa dar voce alla natura, di un incantatore capace di trasformare in sostanza sonora il mondo:

Oltre ai suoni naturali e particolari dell'istrumento violino, vi si odono veri suoni della natura, i quali talora si avvicinano al canto d gli augelli e alle battute dell'usignolo o al limpido argentino suono del campanello, suoni che talora si smorzano flautati o lievi come lo spi rare di un zeffiro e talora in doppie note vengono fremendo tempestosi e paiòno dominare l'orchestra tutta . 7

Sotto le abili dita del violinista, ma ancor più al calore della sua anima, la realtà sensibile appariva nella sua essenza, innalzata nell'ordine della musica.

Il già citato articolista del Cittadino scriveva che anche se alcune corde del violino saltavano nell'impeto dell'esecuzione, l'eco della vita continuava a risuonare nel suo canto:

.....il violino restava tra le dita di Paganini: da questo il cantarellare della vecchia, di cui tu sentivi la voce chioccia e rantolosa; da questo egli traeva il buffare tremendo della tempesta; da questo il garrir degli uccelli, il piagnucolar del bambolo e il suo Carnevale di Venezia.

Il segreto dei successi di Paganini va ricercato quindi più che nel suo strabiliante virtuosismo - riconducibile per altro non solo ad abilità tecnica, ma anche ad un temperam straordinariamente ricco e ardimentoso - nella sua genialità di interprete creatore, nella sua capacità di cogliere la realtà nell'incanto di una originaria purezza.

La leggenda, avvalorata dai giudizi dei Romantici, secondo la quale accanto a lui quando suonava si trovava un diavolo, conteneva forse un nocciolo di verità: non certamente il diavolo, ma un demone lo ispirava, quello che opera nell'uomo il miracolo dell'arte.

La figura di Paganini, grande interprete e geniale compositore, diventata l'emblema della cultura violinistica, di quella cultura che della tradizione musicale rappresenta uno dei momenti più alti e significativi. Egli ha espresso come non mai la potenzialità del violino, strumento capace di una particolare intensità espressiva e di una singolare forza comunicativa.