Un violino è simbolo del rimando al metasensibile, immagine  del magico incanto della musica, che trasferisce la realtà nel regno dei suoni.
 
La catarsi musicale

Un violino è di per sé opera d'arte: in esso si esprime la maestria dell' artigiano nella scelta del legno, nel taglio del manufatto secondo proporzioni ben precise, nell'impiego sapiente di colle e resine ed insieme  la genialità dell'artista creatore, che concepisce il gioco delle volute e gli effetti dei colori delle vernici.

Ma esso è ben di più di un oggetto decorativo, affascinante per effetto estetico. Imbracciato dal violinista, strettamente connesso alla  sua persona, ne raccoglie la voce interiore nel momento stesso del suo scaturire facendosi tramite tra la materialità della della cosa e il sovramondo dello spirito.

Un violino è simbolo del rimando al metasensibile, immagine  del magico incanto della musica, che trasferisce la realtà nel regno dei suoni.

Tutte le arti, invero, posseggono una forza catartica per la quale vita viene ridescritta secondo le modalità dell' interiorità, ma la trasfigurazione che la musica compie sembra  prescindere da ogni rapporto con il configurarsi sensibile.

A differenza di un quadro, in cui il soggetto sia pur sublimato in essenza significante, conserva sempre i tratti del modello, un brano musicale non propone una rappresentazione oggettiva. Anche nel caso della così detta musica a programma che si lega ad un contenuto preciso, ciò che conta non è il rinvio al concreto esperibile, cui si riferisce, ma l'atmosfera che lo richiama.

Il discorso musicale procede in modo che gli stati d'animo e i sentimenti che lo sostanziano, siano liberi dai rimandi sensibili, cogliendo l'eco della realtà dello spirito senza ricorrere a mediazioni esterne al linguaggio che gli è proprio. Da qui il carattere particolare dell'espressione musicale.


 
Le altre arti - scriveva Leopardi - imitano ed esprimono la natura da cui si trae sentimento, ma la musica non imita e non esprime che stesso sentimento in persona, ch'ella trae da se e non dalla natura. 

Le estetiche musicali

Intorno alla natura misteriosa della musica molto è stato detto e scritto. Sul suo valore e sulla sua funzione si sono compendiate le visioni del mondo delle diverse epoche storiche.

Agli antichi Greci la musica sembrava arte dotata di un particolare potere di fascinazione, come attestano i miti, fra cui il più noto quello di Orfeo, che ammansiva le belve con il suono della sua cetra.

Ad essa si attribuiva anche la capacità di influire direttamente sull'anima, come si può dedurre da alcuni passi dei filosofi, che pure, come nel caso di Platone che condannava la sensuale armonia lidia, ne rilevavano anche le possibili conseguenze negative sul piano dell'educazione.

Nel Medioevo, sulla scia delle dottrine pitagoriche, le venivano attribuite denotazioni cosmiche, in quanto in essa si vedeva riflessa l'armonia delle sfere celesti, opera mirabile dell'intelligenza divina.

Con l'età moderna la pratica musicale si sviluppò sempre più in relazione all'affermazione dell'autonomia umana dal cosmo, facendosi espressione dell'interiorità dell' io. Non sempre però fu compresa nella sua vera essenza.

Nel periodo dell'Illuminismo, l'età che esaltava la ragione, molti guardavano ad essa con sospetto perché, anziché fondarsi sulla ragione, si appellava alla sensibilità. Molto discutibile il giudizio che Kant esprimeva sulla musica: la musica avrà l'ultimo posto tra le arti belle, perché essa non fa che giocare con le sensazioni .

In quanto non si avvale di concetti, per Kant, si risolverebbe in un piacere passeggero  e, in quanto non comporta un' occcupazione che inplichi le facoltà conoscitive, si esplicherebbe addirittura a livello fisiologico.

In questa direzione parimenti confutabili appaiono le teorizzazioni estetiche formulate nel nostro tempo, che rifiutano alla musica qualsiasi tipo di organizzazione linguistica e le negano ogni possibilità di significato. Esse si limitano, come nel caso della musica "concreta "o di quella elettronica, ad esaltarne le qualità materiche, senza considerare che l'accostamento dei diversi elementi, sulla base delle loro caratteristiche sonore, non può bastare a formare una composizione musicale, che per essere tale ha bisogno di un supremo ordine di senso. L'indeterminatezza del discorso musicale non è sinonimo di carenza di pensiero, nè il valore della musica può essere recuperato a pieno qualora se ne escluda l'aspetto espressivo, come vorrebbero i teorici dell'avanguardia.

Su ben altre posizioni, rispetto a queste, si trovano le speculazioni dell'età romantica. In questa età, che valorizzava grandemente il sentimento, il fatto che la musica non ci dica nulla di quello che ci comunica il linguaggio comune, non costituiva un limite, anzi il suo potere di risvegliare le emozioni e di suscitare la commozione trovava entusiastici ammiratori.

Leopardi, così sensibile al fascino del vago e dell'indefinito, la amava particolarmente, come l'arte che più risponde alle esigenze del sentire.

Le altre arti - scriveva Leopardi - imitano ed esprimono la natura da cui si trae sentimento, ma la musica non imita e non esprime che stesso sentimento in persona, ch'ella trae da se e non dalla natura. 

Del pari Schopenhauer riteneva che quest'arte meravigliosa riuscisse ad immetterci nell'intimo stesso della coscienza, cogliendone i movimenti essenziali, le modulazioni universali.

La musica  - egli scrive - non esprime la tal gioia, la tale afflizione, il tal dolore, il tal raccapriccio, il tal giubilo, la tale allegria, la tale calma dello spirito, ma dipinge la gioia, l'afflizione, il dolore, il terrore, il giubilo, l'allegria, la calma dello spirito tali quali sono in sé, nella loro universalità in abstracto 

 Essa ci inserisce nel ritmo profondo della coscienza, ove la particolarità del sentire si risolve in una originaria universalità: E' questo un concetto da cui l'estetica musicale non può prescindere.


 
..è innegabile che il detto romantico 
tutte le arti tendono alla condizione della musica
può rivestire valore paradigmatico, qualora ad esso si colleghi il concetto di armonia comunemente associato alla musica, come ben vede filosofo Caracciolo. 
L'armonia dell'arte

Di tutte le arti si può sostenere che proprio il manifestare la realtà attraverso il sentimento in maniera universalmente valida, ma è innegabile che il detto romantico tutte le arti tendono alla condizione della musica può rivestire valore paradigmatico, qualora ad esso si colleghi il concetto di armonia comunemente associato alla musica, come ben vede filosofo Caracciolo. 

Tale concetto, che anche le moderne poetiche atonali in realtà non negano, non è riconducibile alle capacità geometrizzanti della mente umana, da cui può discendere solo freddo tecnicismo. L'armonia, a cui tale concetto rimanda, è quella che alberga negli strati profondi della coscienza, come appercezione originaria di bene come certezza di senso con la quale si confronta ogni esperienza  realtà e dalla quale ogni umano pensare e sentire derivano.

Così concepita l'armonia è anche il luogo della catarsi poetica atonali, per la quale il contenuto emozionale della coscienza è trasferita la positività, che trasfigura in valore. Per essa la realtà è rivissuta alla luce dello spirito, che la fonda e la costituisce nella verità.

L'arte, come afferma il filosofo Gadamer, non è una specie di incantesimo magico che aspetta sempre la parola che ce ne liberi facendoci ritornare al mondo di prima; è invece essa stessa una tale liberazione  e un ritrovamento del vero essere.
 

Liberazione perché ci sottrae dall'incertezza del contingente per immetterci nella verità dell'essenza, che sta in sé indipendentc dalle leggi della natura.

Senza questa trasfigurazione nell'armonia non vi può essere arte, ma al più gioco decorativo o dilettazione, che nulla hanno da  spartire con l'eticità profonda dell'operazione catartica.

 


 

 
 
 
 

..ciascuna arte risponde in maniera specifica alle molteplici esigenze dello spirito, differenziandosi per intensità di significazione, ma secondo una caratterizzazione derivata dal proprio status. 

La distinzione tra le arti

Se tutte le arti sono partecipi di questa enigmatica armonia, di questa quiete sublime per la quale il contingente è sollevato nella regione dell'eterno, ciò non deve far pensare che l'espressione artistica debba necessariamente risolversi nell' unità delle arti, come era nell'intento degli ultimi romantici, quando auspicavano una sorta di fusione tra esse.

Le arti possono proficuamente affiancarsi le une alle altre, come e nel melodramma, ove la poesia si accompagna alla musica, ma non  mai perdere le proprie peculiarità. Nello stesso dramma wagneriano , che l'autore aveva concepito come opera d'arte totale, in cui avrebbero dovuto reintegrarsi poesia, danza, musica, quello che sovrasta è la musica, elemento primario e assoluto, rispetto al quale gli altri sono in subordine.

D'altra parte le posizioni di alcuni pensatori che, sulla base delle dottrine estetiche, hanno stabilìto una sorta di gerarchizzazione arti, assegnando la palma ad una di esse, non sembrano molto opportune.

Per Kant è alla poesia che va il primo posto in quanto in essa  si congiunge con la ricchezza dell'immaginazione, elevandosi esteticamente alle idee.

Per Hegel l'ultima delle arti è l'architettura, cui seguono in ordine ascendente scultura, pittura, musica, poesia, la prima della serie perché in essa il contenuto si ritira dal materiale sensibile e si manifesta in pienezza spirituale.

In realtà tali teorizzazioni non tengono conto che ciascuna arte risponde in maniera specifica alle molteplici esigenze dello spirito, differenziandosi per intensità di significazione, ma secondo una caratterizzazione derivata dal proprio status. Tentare di comprendere tale caratterizzazione può essere utile, non tanto per la maggiore consapevolezza dell'artista creatore, che è intuitivamente corretto suo atto, quanto ai fini della fruizione del prodotto artistico tanto più appagante quanto più libera da preconcetti fuorvianti da una interpretazione genuinamente tesa al coglimento del valore.


 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Non c'è pensiero, non c'è commozione senza divenire, scrive Caracciolo : 
nella musica, attraverso la catarsi, che sottrae al contingente, tale divenire assurge a dimensione metafisica trasformandosi, alla maniera di Bergson, in atto coscienziale, in cui il tempo è trasceso in durata, in movimento che permane. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La voce di un violino, che così  immediatamente ci attrae entro lo scorrere del sentimento, ci conduce là dove il finito si apre all'infinito.

Lo specifico della musica

Con questo intento ci si può intento sullo specifico della musica, nella direzione già aperta dai grandi pensatori.

Hegel, pur ritenendo la poesia la prima tra le arti, attribuisce suo sistema grande  rilievo alla musica, in considerazione dell'elemento di cui è costituita.
il suono ha infatti il potere di coinvolgerci  ed attrarci in modo particolare: l'opera musicale ci attrae a interamente e ci trascina, e ciò senza considerare la potenza che l'arte in quanto tale esercita in generale su di noi. Il potere peculiare della musica è una potenza elementare, cioè risiede nell'elemento del suono, cui l'arte qui si muove.

Inoltre se il suono da un lato opera la deconcettualizzazione della realtà, dall'altro ha la prerogativa di rientrare nel regno ideale del tempo, nel quale l'io umano è immesso e di cui l'essere stesso dell' io è costituito: 
L'io è nel tempo e il tempo è l'essere del soggetto stesso .

Il suono, che si produce nel tempo, si mette in relazione con la struttura stessa della coscienza, raggiungendola direttamente senza la filtrazione di convenzioni linguistiche, secondo leggi universalmente condividibili.

Anche alle altre arti, per altro, non è estraneo il valore del tempo in quanto il ritmo, come successione nel tempo e come misura, per la quale il fenomeno è rivissuto nell'ordine della forma, è proprio di ogni arte - come sosteneva il Croce - e torna in ciascuna di esse con questo e con altro nome e in ciascuna prende le sue vie.

Nelle arti figurative il pausarsi delle figure, lo snodarsi delle linee, il disporsi dei colori, l'articolarsi proporzionato degli elementi rispondono a leggi intrinseche di ritmo irrinunciabile per il darsi dell'opera, ma tali valori si esplicano nell'ambito del loro medium che è lo spazio.

Quando pittura o scultura, come nel caso del Futurismo, vogliono rappresentare il movimento, esse non possono farlo se non raffigurando le diverse modificazioni che gli stati assumono nel tempo, a meno che rinuncino, come nel caso della contemporanea arte cinetica, al loro stesso medium, introducendo il dinamismo dei meccanismi di cui le opere sono composte.

Maggiori affinità, sempre in linea con l'indicazione hegeliana, si possono rilevare tra musica e poesia, unite all'inizio della storia dell'arte a partire da Omero, rappresentato come cantore che si accompagna con la cetra, e dai poeti lirici.

Anche nella poesia la forma concreta di un contenuto, sempre a detta di Hegel, non si riunisce, come avviene nella pittura, in una totalità che ci sta dinnanzi compiutamente, ma procede singolarmente nelle sue particolarità, rappresentando in successione il molteplice in esso compreso: come per la musica, nella poesia il medium è il tempo.

Nella musica però il tempo non solo è il medium del contenuto, ma è la materia stessa che lo informa.

 Il pensiero musicale a differenza del discorso poetico, che utilizza la parola, caratterizzata da valore segnico, si avvale del suono che è prodotto da vibrazioni, che raggiungono l'orecchio con diversa frequenza, in corrispondenza alle sue differenti altezze.
Da ciò deriva che il suono riveste valore espressivo non tanto per le sue qualità timbriche quanto per mezzo dell'organizzazione delle vibrazioni nel tempo, che qui funge da elemento costitutivo del linguaggio.

 Come già si diceva, i valori temporali della musica - contrariamente alle estetiche formaliste che la prospettano come un fatto scientifico dovuto ad una serie di rapporti matematici tra i suoni  sono riconducibili alla sostanza stessa della coscienza, nella sua totalità di pensieri e di sentimenti, alla luce della verità che si rivela al lo spirito.

Nella catarsi musicale si evidenzia, come diceva Shopenhauer,  l'in sè‚ di ogni fenomeno.
Di una qualsiasi circostanza o avvenimento  il suono ce ne mostra il senso profondo, il significato essenziale: la  musica infatti  non esprime della vita e dei suoi avvenimenti se non la quintessenza.
 

E questo con la prerogativa di restituirci le essenze non tanto come forme compiute e persistenti, ma come realtà colte nella loro mobilità, nel loro continuo pulsare: la musica ci rivela l'intrinseca legge della vita.
Non la determinazione di sentimenti universali, ma piuttosto il loro esplicarsi in vivente fluire è dunque ciò a cui tende la trasfigurazione musicale, che della coscienza rappresenta il processo nel  suo continuo svolgersi.

Non c'è pensiero, non c'è commozione senza divenire, scrive Caracciolo : nella musica, attraverso la catarsi, che sottrae al contingente, tale divenire assurge a dimensione metafisica trasformandosi, alla maniera di Bergson, in atto coscienziale, in cui il tempo è trasceso in durata, in movimento che permane. 
 

Rendendoci partecipi della sfera dello spirito, quest'arte sublime  ci pone nel luogo  più eminente dell'essere e ce lo dona nella sua verità di eterna armonia vibrante di vita.

La voce di un violino, che così  immediatamente ci attrae entro lo scorrere del sentimento, ci conduce là dove il finito si apre all'infinito.