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LA STORIA

PROSPETTO STORICO SULLA SARDEGNA

Fenici e altri popoli conobbero la nostra isola e vi crearono delle colonie. La storia dei protosardi è un fatto archeologico, ancora sotto studio. Nel 512 a.C. fu occupata dai Punici-Cartaginesi, che la- sciarono tracce non dubbie della loro presenza. Solo nel 238 a.C. Roma riesce a prendere possesso dell'Isola. Ci furono delle ribellioni sardo-puniche (la più famosa quella di Amsicora nel 215 a.C.), ma Roma vi stette da padrona civilizzatrice sino a quando, nel 453 d.C. l'isola fu occupata dai Vandali, provenienti dall'Africa. In seguito, dal 534 ai secoli VII-X fu sotto i Bizantini di Costantinopoli. C'è poi il periodo dei Giudici (o Re) e si ebbe la Sardegna divisa in quattro Giudicati: di Cagliari, di Arborea, di Torres e di Gallura (v. Casula Francesco Cesare). Nel 1323 gli Aragonesi occupano l'isola; seguono gli Spagnoli, al quali, nel 1720, sottentrano i Savoia (Regno sardo). Il 29 novembre 1847 la Sardegna si unisce di sua iniziativa al Regno Piemontese (Regno sardo piemontese). Nel 1861 fu proclamato il Regno d'Italia. I fatti posteriori sono storia recente e basta averne fatto un cenno. Noto che, nei secoli XIV-XIX, la Sardegna era divisa in tanti feudi. I feudi, anche quello di San Sperate, furono aboliti con legge del 1-5-1835. Poi vennero poco per volta riscattati dal Governo; quello di San Sperate fu riscattato il 12 giugno 1839.

 

SAN SPERATE SOTTO IL DOMINIO DEI PUNICO-CARTAGINESI E ROMANI

Il centro attuale di San Sperate è molto antico, come dimostrano i reperti archeologici che, in diverso tempo e per diverse circostanze, anche occasionali, sono emersi alla luce.

 

SAN SPERATE PRIMA DI ESSERE FEUDO

Non è capitato, finora, di aver trovato notizie su San Sperate riguardante il periodo bizantino. A Villaspeciosa invece vi è un segno nella chiesa di San Platano. Nel periodo del Giudicato di Cagliari, San Sperate apparteneva alla Curatoria di Decimomannu. Fu poi sotto i Pisani e, dopo, il 1356, sotto gli Aragonesi.

Nella statistica Pisano-Aragonese del 1322-1358 pubblicata dal Solmi nel volume "Studi Storici", pag. 426, si ricordano i paesi (alcuni ora scomparsi) appartenenti a detta Curatoria, con le indicazioni delle rendite, di ciascun paese, espresse in lire e in soldi: Utajus 20,18; Utasus 89,19; Orto de Cidro 22,2; Mahiri 1; Arsemen 151,6; Arches 22,4; Decimomannu 240,2; Mogoro 39,10; Forcilla 2,16; Sipont 91,13; S. Sperate 38,15; Assemini 18,10; Arsen 13; Speciosa (manca la cifra della rendita).

Nella Curatoria del Sigerro (p. 428) viene ricordato Víllanova de Sirussi, 70,16: paese che interessa la storia di San Sperate, come diremo più avanti. Notiamo subito che quello che dice il Casalis (p. 754) che S. Sperate prima si chiamava Ortixedro, è senz'altro uno sbaglio, come dice J. Day (p. 29) e come risulta dall'elenco suesposto, dove i due paesi coesistono, con rendite abbastanza rilevanti: il che suppone l'importanza dei due centri già nel 1322- 1358

Su queste rendite c'è ora uno studio particolare del prof. Francesco Artizzu.

Il Prof. Artizzu (ASS. vol. XXV, fasc. 1-2, pagg. 401-402) porta anche un elenco delle persone che pagavano vari contributi in denaro, in grano, per segni delle pecore e delle capre. Diversi cognomi ricordati esistono ancora: Locci, Pinna, Casti, Marroccu, Pau, Tronci, Serra.

Tra le "ville" o paesi elencati, con rendite relative, l'Artizzu ricorda (sempre nella Curatoria di Decimo) Villa Furcillas, Villa Sancto Sperato, Villa Arceti, Villa Seponti (già citate dal Solmi) ed anche Villa di Siminis. Ne parleremo ancora quando diremo due parole sui paesi viciniori a San Sperate ed ora distrutti. Anche Alberto Boscolo (rendite ecclesiastiche, pag. 55), ricorda che alla "mensa" arcivescovile di Cagliari appartenevano diversi appezzamenti di terreno, nel 1365, siti in territorio di "San Sperate".

SAN SPERATE SI AVVIA AD ESSERE FEUDO

I re di Aragona iniziarono l'occupazione della Sardegna nel 1323, e già nel 1355 il re Pietro IV, detto il Cerimonioso, indisse un Parlamento Sardo. Vi furono invitati anche diversi villaggi, dove vigeva ancora una certa libertà democratica. Ricordiamo che anche San Sperate (come Decimo, Sipont, Assemini ed altri) vi inviò i suoi rappresentanti. Il Parlamento ebbe inizio il 12 febbraio del 1355: non si fecero leggi speciali, ma si ebbero gli inizi di una prima sistemazione che doveva sfociare nella creazione dei feudi. La cosa più importante è tener presente che già al Primo Parlamento partecipavano i così detti tre bracci degli Stamenti: quello civile, ecclesiastico e militare. Su questo Parlamento vedi A. Solmi, Studi storici, pagg. 330, 373 e segg., e gli atti completi del Parlamento, pubblicati dallo stesso autore in ASS, vol. VI (1910), fasc. 1-3, paa. 300 e seg.

Prima di diventare Feudo, come diremo fra breve, il paese apparteneva al Conte Gherardo dei Donoratico (notissima famiglia pisana). Il re Pietro IV glielo confiscò e lo cedette a un certo Bartolomeo Ces-Pujades (con altre ville), con diploma reale del 21 maggio 1355 (D'Arienzo, Carte reali, documento n. 566). Vedi pure F. Artizzu, o.c. pagg. 323-324. Col Parlamento Sardo, indetto ancora a Cagliari nel 1421 dal Re Alfonso V, il Magnanimo, la Sardegna, liberata dai Pisani, fu divisa in tanti feudi, che vennero concessi a certe condizioni a signori che avessero aiutato i re aragonesi nella conquista dell'isola. Restava in piedi, lottando ancora per la libertà, il Giudicato di Arborea, che si arrese, con la perdita avuta nella battaglia di Macomer nel 1478.

DAL 1374 AL 1839 SAN SPERATE E' UN FEUDO

Abolito il Giudicato di Cagliari, il paese fu infeudato a TOLO Giordano (che ebbe anche Villaspeciosa) in data 30 novembre 1374; il figlio - nome ancora Giordano - lo vende ai fratelli TORELLA Galzerando, Guglielmo e Giovanni, il 2 giugno 1442; Galzerando e Onofrio, suo parente, lo vendono a BOTTER Gerardo, che prende il titolo di Barone, il 20 ottobre 1490. Passa poi alla sorella Teodora col marito PORCELLA Gaspare in data 5 ottobre 1599 (titolo Barone). Per mezzo della loro nipote Maria passa al figlio FORTESA G. Battista (Barone) il 16 maggio 1639; morto il pronipote Gregorio (12 settembre 1746) fu venduto al Giudice Cadello Giuseppe per scudi sardi 17.500 (il 28 febbraio 1749) e prese ben presto il titolo di Marchese; per mezzo di Maria Angela Ripoli Cadello passa, il 12 luglio 1837, a SANJUST Carlo Enrico, Barone di Teulada e Marchese di San Sperate. Finalmente (come scrive il Casalis) fu riscattato dal governo dei Savoia, con atto stipulato in Torino il 12 giugno 1839 al Marchese Efisio Cadello Asquer. Fu pagato lire sarde 43.750 (lire 84.000 italiane). Tra le altre condizioni sono notevoli: il Cadello avrebbe mantenuto per sè e per i suoi discendenti il titolo di Marchese; avrebbe posseduto come "proprietà privata" sei starelli chiusi in Ispinargius, 5 starelli in Garropus, 6 imbuti in Píscina-Figu e imbuti 12 in su Curazza (Casalis, pagg. 769-770). Copia di questo contratto trovasi nell'archivio antico del Municipio di San Sperate. Prima di concludere le vicende del marchesato di S. Sperate, vogliamo dare, nel frattempo, una notizia amministrativa.

UNA NOTIZIA DEL 1770: SINDACO E GIUNTA

Il Vice Re del Regno di Sardegna, Vittorio Ludovico conte Des Hayes, visita tutta la Sardegna, facendone relazione al Re, pubblicata dal prof. Loddo Canepa.

Sul Vice Re vedi Poddine Rattu. In quell'anno il re era Carlo Emanuele III.

In questa relazione leggiamo che il Des Hayes il primo giugno si fermò a Villasor presso il palazzo del marchese (Alagon, ma residente in Spagna). Ivi giunse il sindaco di "San Sperate", Sebastiano Casti. E veniamo a sapere che il sindaco veniva eletto dal Marchese fra una terna presentatagli dalla giunta, composta da cinque probiviri (o probiomini). La nomina del Sindaco veniva ratificata dalla popolazione. Il servizio del sindaco era gratuito; mentre per la giunta la paga è di uno scudo; e lire quattro si danno al notaio, che stipula l'atto. Il Monte Granatico, in quell'anno aveva un deposito di mille starelli di grano; e se ne sono seminati 24. Gli abitanti vivevano pacificamente. Furono però segnalati come "discoli" cinque individui: Pasquale Deidda, Francesco Mereu, Lorenzo Pilitu, Cristoforo Uras e Nicolao Pisquedda (Pischedda). Loddo Canepa, Relazione... pag. 331.

Il Vice Re, dopo la sosta a Villasor prosegui il suo viaggio verso Cagliari. Arrivato a Villa Del Maso (oggi Elmas = El Màs), vennero ad incontrarlo autorità civili e militari. Giunse a Cagliari verso le ore sette di sera del 2 giugno (p. 332).

FINE DEL MARCHESATO E DEI BENI DEL MARCHESE

I discendenti tennero il titolo di marchese. Quand’ero ragazzo si chiamava Don Luigi Sanjust, morto durante la prima guerra mondiale. Lasciò un'unica erede: Donna Maria Angela, che si sposò col cugino Don Orazio Sanjust. .Per vari dissesti fìnanziari ci si mise in mezzo la Banca e tutti i suoi beni (casa marchionale, giardini, orti, vigne, ecc.) furono venduti. Di fatto, per vari motivi contingenti poterono comprare i Sigg. Angelino e Giovannico Pilloni e Usai Salvatore (Boicu), nativi di S. Sperate. Fu forse l'ultima scena del marchesato di San Sperate. Una casa patrizia che i Sanjust avevano in via Fossario, e affittato in parte alla "Società Filarmonica" e alla famiglia di Anna Figus, finì poi per diventare la "Casa Madre" delle "Pie Suore della Redenzione", che ebbero inizio il 6 Aprile 1935. La stessa Figus ne è la fondatrice.

Osservazioni.

I Feudatari erano padroni del feudo; gli abitanti erano vassalli ed erano soggetti a tante imposte e regalie; inoltre il Feudatario aveva in suo favore il Diritto Civile e quello Penale; poteva incarcerare, torturare e condannare alla morte e all'impicco.

PAESI VICINIORI A SAN SPERATE, ORA SCOMPARSI

Su questo tema, fondamentale è lo studio di John Day, già citato, condotto con ricerche scientifiche sugli archivi della corona di Aragona in Barcellona, Nazionale di Madrid, nell'archivio di stato di Cagliari e su varie altre pubblicazioni. Ecco quanto possiamo riferire, e, in parte, trascrivere.

IL NOME SAN SPERATE

Il toponimo risale certamente almeno al secolo XIII. Quindi è molto anteriore al 1616, quando furono trovate "le reliquie di San Sperate". L'antica chiesetta del Santo (mezzo diroccata nel 1616), serviva, senz'altro, come attrazione. E attorno alla chiesa si sono costruite le case e il paese attuale. Il toponimo è giunto a noi con diverse varianti "Sancto Sperato, San Sperato, San Esperato, San Esperate, Santo Sperato, San Sperate (come oggi) e in sardo Santu Sparau.
Notevole è il fatto che il nome "Speratus" è autenticamente romano.
Notissimo è il nome del martire scillitano "Speratus" martirizzato il 17 luglio dell'anno 180, nell'Africa della Numidia proconsolare lo condannò a morte (con altri undici compagni) il proconsole Saturnino mentre era imperatore Lucio Comodo. Questo martire, che è il titolare della parrocchia, è molto famoso perché di lui scrissero storici e vescovi della Chiesa. Sant'Agostino, anche lui africano, ebbe la fortuna di celebrare i Divini Misteri sul luogo del martirio e di tenervi in diversi anni tre discorsi in onore dei martiri (Biblioteca Sanctorum, vol XI, col.733). Ricordiamo che Sant'Agostino è vissuto dal 354 al 430 a.C..

Il centro attuale di San Sperate è molto antico, come dimostrano i reperti archeologici che in diverso tempo e per diverse circostanze anche occasionali, sono emersi alla luce. Nel 1975, in via parrocchia e in via Umberto fu ritrovata una necropoli romana del III-II sec. a.C. Del tempo dei romani rimane una iscrizione sepolcrale incorporata sul muro esterno della sacristia della chiesa parrocchiale. La pietra è in forma di tempietto votivo, riportante la seguente iscrizione: "D.M. (Diis Manibus) IVNIA PEDU SEA FECIT FILIAE VIX.A XXV" che vuol dire: "agli dei mani (dei dei morti), Giunia Pedusea fece per la figlia, che visse anni XXV".

Notizie storiche tratte dal libro "Il paese di San Sperate e il suo patrono" di Mons. Luigi Cherchi