Da una parte e dall'altra del fronte, senza troppe differenze tra le aree occupate militarmente dal nemico e quelle in cui era stanziato il proprio esercito, la guerra fu una terribile esperienza per le popolazioni sia a diretto contatto con le operazioni che nelle immediate retrovie. Da Lubiana a Treviso, considerando l'area delle retrovie strettamente operative, oltre due milioni di civili furono coinvolti in prima persona negli eventi bellici. Oltre a ad un più diretto e drammatico rapporto con la morte la guerra costrinse le popolazioni civili a ridosso del fronte a confrontarsi con una movimentazione in parte coatta dalle proporzioni considerevoli. Infatti il conflitto produsse, dal Trentino all'Adriatico e dall'Isonzo al Piave, più di mezzo milione di profughi e fuggiaschi. Il rapporto tra le popolazioni civili e le autorità militari nei paesi occupati non fu mai facile e fu inizialmente da parte di ambedue le occupazioni anche cruento, con ritorsioni, fucilazioni, internamenti e deportazioni ma, al di là delle direttive superiori, sopratutto a causa della forzata coabitazione nelle retrovie del fronte sia italiane che austro-ungariche il rapporto quotidiano tra soldati e civili ebbe modo di stemperarsi all'interno di frequentissime forme di aiuto e comprensione reciproca.