Schola di Maieutica


Via G.B. Maroni 13
21020 MOROSOLO
Varese, Italy

Il Laboratorio di Teatro della Schola di Maieutica
presenta
"Il Drago"
di Evgenij Schwarz



Schwarz e il Drago
Evgeij L'vovic Schwarz (Svarc) nacque a Kazan' il 21 ottobre 1896. Iscrittosi nel 1914 alla facoltà di giurisprudenza dell' Univesità di Mosca, non compì gli studi, nel '17 si dedicò definitivamente al teatro e con altri giovani prese parte alla fondazione della Teatral'naja masterkaja (studio teatrale). Nel '21 questa compagnia si trasferì a Leningrado dove ebbe successo, ma, per sopraggiunte difficoltà finanziarie, dovette sciogliersi. Dopo aver recitato in altri teatri, Schwarz passò al lavoro letterario, occupandosi, tra l' altro, della letteratura per l' infanzia. Nel '28 scrisse la sua prima commedia Undervud. Delle successive commedie ricordiamo le tre principali, unite da un unico filo conduttore per cui si potrebbero raggruppare sotto il comune titolo "la trilogia del potere": Golyj korol' (Il re nudo, 1934), Ten' (L' ombra, 1940) e Drakon (Il Drago, 1943). Delle sceneggiature cinematografiche quelle di Cenerentola (Zoluska, 1946) e del Don Chisciotte. Questa sceneggiatura, per il film diretto da Grigorij Kozincev, fu l' ultimo lavoro di Evgenij Schwarz, che morì a Leningrado il 5 gennaio 1958.

Il Drago, è forse la fiaba filosofica più bella di Schwarz che incominciò a scriverla - secondo la testimonianza di Nikolaj Akimov, che della piéce fu il primo regista - prima ancora dell' inizio della guerra quando, a causa dei complessi rapporti diplomatici allora intercorrenti tra l' Urss e la Germania, non era possibile all' autore sovietico un aperto intervento teatrale contro il mostro di cui egli sentiva l' odiosa minaccia: il fascismo.

Quando nel '42 riprese il lavoro, arrestatosi al primo atto, Schwarz mantenne il gioco dei simboli fiabeschi, arricchendoli sul modello della cronaca politica di allora. A rendere il complicato e precario rapporto delle forze coalizzate contro la potenza fascista, e quale presentimento del prossimo spezzarsi di quel rapporto, nacque la sinistra figura del borgomastro che, atteggiandosi a vittima del Drago, poi si attribuisce la vittoria su di lui e finisce per sostituire il drago ucciso da Lancellotto, nella parte di oppressore della città.

Insomma, una prima "lettura" del Drago portava a decifrare così i suoi simboli: il "Drago" è il fascismo, il Borgomastro è il capitalismo, Lancellotto è l' umanità socialista. Ma ogni opera d' arte ha i suoi destini, cioè ha in sorte un' infinita possibilità di letture. E diversamente Il Drago fu "letto" (o meglio " visto e ascoltato") da un pezzo grosso sovietico che, quando nel '44 lo spettacolo fu dato per la prima volta a Mosca, vi scorse un significato di critica al regime che oggi (come allora, ma con altra intonazione) chiamiamo stanliniano e lo fece proibire. Solo diciott' anni più tardi, nel '62, la commedia di Scwarz ritornò sulle scene sovietiche e passò poi a quelle del mondo intero.

Il Drago è una piéce antifascista o antistalinista? Possiamo credere ad Akimov, quando dice che il "drago" che lo Schwarz - Lancellotto voleva abbattere era il fascismo. Ma un' opera poetica, se tale, cioè poetica, è e non si riduce ad una pur nobile denunzia e parentesi, supera infinitamente le condizioni immediate da cui ha tratto vita. E il nucleo ideale di quest' opera di Schwarz era troppo connaturato nel suo mondo morale e poetico per smorzarsi in una risonanza così limitata. Nella misura in cui lo stalinismo fu un distacco dall' unica forza di reale opposizione al mondo dei draghi e dei borgomastri, cioè fu un distacco dal socialismo, in quella misura lo stalinismo rientra nella fiabesca critica di Schwarz. Il "male" non è tutto concentrato nel mondo negativo da distruggere, germina persino nel mondo positivo da costruire: la vigilanza deve essere doppia. Se questa è la morale, la morale della commedia di Schwarz e di quella sua "lettura" cui l' esperienza storica ci sollecita, si tratta sempre di una morale attiva, che è l' opposto di un rassicurante moralismo per cui il male e il bene sono in eguale misura commisti dappertutto. Per Schwarz i "due mondi" esistevano e nella contesa storica del nostro tempo la sua posizione era ben chiara. Era proprio questa chiarezza di posizione, questa sua lucidità e lealtà intelletuale e morale a portarlo a combattere il "drago" in tutte le sue metamorfosi.

Una lucidità, la sua, di quest' uomo che pareva vivere nel mondo incantato della fiaba, da confinare con una scettica amarezza. È di lui una delle più sconfortate massime sull' arte: " Se Franz Moor capitasse ad una rappresentazione dei Masnadieri di Schiller, anch' egli, come tutti gli spettatori, proverebbe simpatia per Karl Moor." E nel Drago sentiamo un grido di staordinario accoramento: "Pensa che sia semplice amare gli uomini ?". L' umanismo diventa, ai nostri giorni, una posizione sempre più necessaria e sempre meno possibile. Il lettore e lo spettatore non semplifichi la voce di Evgenij Schwarz, non tranquillizzi la propria coscienza con una banale decifrazione retrospettiva dei suoi simboli poetici. E ricordi, e comprenda che il "drago" è anche intorno a lui. E forse gli siede nella poltrona accanto e, come Franz Moor per il fratello Karl, anch' egli neocapitalistico drago, prova un pò di simpatia per il prode Lancellotto. Ma sprattutto impari dal lucido ed appassionato scetticismo di Schwarz a riconoscere il "drago" in ogni sua storica metamorfosi e a non deporre mai le armi nella lotta contro di esso. E adegui le armi ad ogni nuova sua trasformazione. Forse questa lotta avrà allora l' amaro lieto fine dell' amara lieta favola di Schwarz.

Vittorio Strada
(Introduzione a Il Drago - Editore Einaudi)





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