L’assoluta evidenza dell’effetto delle conversazioni

 

Giampaolo Lai e Pierrette Lavanchy

 

 

<<What we call the beginning is often the end

And to make an end is to make a beginning.

The end is where we start from.>> Little Gidding, (1942)

 

1. Premessa. L’articolo che segue s’inserisce nella ricerca che, partendo dal seminario dedicato dall’Accademia delle tecniche conversazionali alla verifica dei risultati, il sabato 29 marzo 2003 al Palazzo delle Stelline a Milano, si collega, da una parte, al Congresso “Una svolta nella validazione dei risultati e dei processi delle psicoterapia”, organizzato da Salvatore Cesario il 17 maggio scorso a Firenze nella sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, e, dall’altra, al 5° Convegno dell’Accademia, “Le predizioni del testo”, che si svolgerà a Venezia nei giorni venerdì, sabato, domenica, 24-25-26 settembre 2004, alla Casa Cardinal Piazza, Fondamenta Contarini, Cannaregio.

 

2. L’etica della predizione e la tecnica della verifica. Cominciamo, preliminarmente, dal concetto, e dal fatto, di mutamento, o di salto: il mutamento nelle conversazioni, o i salti all’interno delle conversazioni, da un tempo al successivo. Il mutamento o i salti nelle conversazioni li esamineremo da due prospettive. Una, più tradizionale, è la prospettiva dei risultati. La prospettiva dei risultati, partendo dal testo di una conversazione attuale, lo ricollega al testo di una conversazione precedente, dal quale lo fa derivare, o direttamente, o attraverso una catena di cause. Un’altra, più vicina alle nostre ricerche attuali, è la prospettiva delle predizioni. La prospettiva delle predizioni, partendo dal testo attuale, inferisce, sulla base di criteri testuali conversazionali, possibili o necessari stati di cose o eventi futuri di conversazioni successive. Per ancorare visivamente le argomentazioni, via via che procederemo nel nostro discorso, consideriamo una retta, R, e i suoi due limiti, a destra e a sinistra, S1 e S2. 

 

R

S1 -----------------------------S2

T, A, C

 

La retta, R, la prendiamo a rappresentare un segmento temporale, sul quale si svolge il mutamento, o si svolgono i salti, nella conversazione. I suoi due limiti, S1 e S2, rappresentano due stati di cose, orientati temporalmente, nel senso che S1 viene prima, è uno stato di cose iniziale, di partenza, e S2 viene dopo, dopo un tempo T, ed è quindi uno stato di cose di arrivo, successivo. Se S1 e S2, in quanto stati di cose al limite, conviene trattarli come entità atemporali e che non occupano spazio, la retta R invece, in quanto tragitto del mutamento, sul quale si svolge il divenire delle cose, o il salto, da uno stato di partenza a uno stato di arrivo dopo un tempo T, si considera come estesa nel tempo e nello spazio. Per rendere compiutamente conto dell’insieme minimale dei costituenti di una conversazione, agli elementi della figura già indicati occorre aggiungere anche gli elementi delle Azioni, che designeremo come insieme A, intendendo per azione le parole o turni verbali introdotti dall’uno o dall’altro dei conversanti; e gli elementi delle circostanze, che indicheremo come insieme C, comprendente, per ciascun conversante, le parole dell’altro conversante. Sulla retta R, allora, lo stato di cose di partenza, S1, e lo stato di cose di arrivo, S2, sono connessi, a intervalli differenti lungo il tempo T, da circostanze, C, e da azioni, A, azioni dettate a volte dalle circostanze, o applicate alle circostanze, in vista comunque di produrre un qualche effetto sulle circostanze medesime. Provvisoriamente ci basti racchiudere quanto abbiamo detto nella formula standard di mutamento, o salto:

                       

mutamento o salto = def. S1, T, C, A, S2

 

(che si legge: “esse uno, e, al tempo successivo ti, - date certe circostanze ci e certe azioni a applicate alle circostanze, - allora esse due”), che esprime il passaggio, nel senso di mutamento o nel senso di salto, da uno stato di cose di partenza, S1, a uno stato di cose di arrivo, S2, dopo un certo tempo, T , in funzione anche delle circostanze, C, e delle azioni, applicate alle circostanze, A).

 

            Fin qui abbiamo dato una descrizione del mutamento, o dei salti, da S1 a S2, in termini di stato, per così dire, secondo una prospettiva assoluta, a view from nowhere. Ma, se introduciamo il verso, spaziale e temporale, dal quale si guarda il mutamento, si guardano i salti, diciamo che lo sguardo si situa nel presente, e si orienta sul passato o sul futuro a seconda di come si pone rispetto ai limiti della retta. Se il presente e il fuoco sono sul limite S2 della retta R, e il verso è da S2 a S1, allora S1 è nel passato, e l’occhio, dal presente di S2, considera le cose al momento dell’arrivo, dopo il tempo T, al momento della conclusione del gioco tra le azioni, A, e le circostanze, C. E’ lo sguardo del ricordo, della nostalgia. “Ora le cose sono così, le vedo; prima erano in altro modo, lo ricordo”. E’ lo sguardo, retrogrado, dei ricercatori che studiano il mutamento in termini di risultati, il risultato essendo la differenza tra uno stato di cose di partenza e uno stato di cose di arrivo. La verifica dei risultati è la misura di detta differenza. Se invece il presente e il fuoco sono su S1, e il verso da S1 a S2, allora S2 è nel futuro. Chi guarda, non verifica un risultato, ma lo anticipa, lo predice. A view toward the future. E’ lo sguardo della speranza e della paura, della credenza e del dubbio. E’ lo sguardo, anterogrado, della predizione testuale, che studieremo in particolare nel convegno di Venezia.

 

3. Il testo immateriale di una conversazione sul quale possiamo esercitarci a studiare sia i risultati sia le predizioni.

 

Riportiamo ora il frammento di conversazione con Agata, registrata il 17.3.2003. I segni // che si trovano nel testo, scandiscono i blocchi di cento parole, di centurie.

 

1 Agata (dopo circa 4’ dall’inizio della conversazione): L’altra settimana, io qui avrei voluto, mi ero ripromessa di parlarne come esempio, poi dopo il discorso è andato in un altro senso, però, abbiamo fatto una gita, c’era vento, lui, il Dario mi ha piantato gli sci in, in cima, ci siam fermati un momento, il vento ha fatto partire uno sci, io ho gridato: <<Lo sci>>, l’ho visto proprio, il Dario si è lanciato nel tentativo di prenderlo, e lo sci è andato. La reazione mia è stata: <<Adesso bisogna chiamare l’elicottero, io con uno sci solo in neve fresca non scendo>>. Lui // è andato giù, ha detto: <<io scendo a prenderlo, poi torno su>>, cioè figurandosi che non avesse preso necessariamente la velocità del suono e che forse si fosse fermato poco sotto, per lo meno, andare a vedere. Io sono stata lì come un baccalà per un po’, poi, solo dopo un po’, ho detto: <<Be’, proviamo a vedere se si riesce a scendere solo con uno sci>>, ché a star ferma come una cretina ero piuttosto preoccupata. Dopodiché con uno sci si può scendere, certo, non è comodo, però con uno che magari ti aiuta, si può, io ne ho // fatto un pezzo, sono arrivata dove ho visto quello che succedeva di sotto e c’era lui che stava risalendo con lo sci in spalla. La cosa è durata in tutto un quarto d’ora. (1’30”) Ecco, le due, proprio io avrei, non ho detto: <<Maledizione adesso me la devo anche fare con uno sci solo>>, no, ma addirittura: <<Non ci provo nemmeno>>. E’ successo quello che non doveva succedere, io non cerco di risolverlo, reagisco dicendo: <<Ecco, adesso qualcun altro ve, faccia>>. E l’avevo notato come una, in sé una cosa non grave, naturalmente poi di cui lui ha // riso, io ho riso meno, perché ho detto: <<Guarda che che che sempre vedere subito tutto nerissimo, e poi non tentare di, di, come se tanto non ci si riuscisse>>. Ed è stato strano, che lassù da sola, che lui è andato io non l’ho più visto né sentito, io me ne stessi inizialmente a dire: <<Ecco adesso mi verrà freddo per una scemenza qui si rischia chissà cosa>> e solo in seconda battuta ho detto: <<Proviamo a vedere come si fa>>. Ecco, io me ne accorgo, me ne accorgo benissimo, che c’è questa, che è proprio una specie di rigidità, che non c’è la la la la disponibilità a cercare, cambiare, intervenire, ma c’è ancora accettare, pum così, e basta (2’50”).

1 Conversante: Sì, sì. Ma, non crede che siano due modi che più o meno tutti noi abbiamo, quello, cioè, all’ingrosso del fatalismo, che se una cosa imbocca la china sbagliata sarà valanga, e non finirà mai più, verso la catastrofe senza possibilità di recupero, e l’altra, invece, che il corso delle cose possa modificarsi, che uno sci si metta di traverso, si fermi, qualcuno lo fermi, nel campo un po’ della probabilità, magari ci sarà valanga, magari anche no.

2 Agata: Sì. Io sono d’accordo con lei.

2 Conversante: Ce l’abbiamo tutti. Oscilliamo sempre un po’ da una parte, un po’ dall’altra.

3 Agata: Sì, ha ragione lei di dire che tutti oscilliamo, ma io ho sempre come in prima battuta, questa sensazione che non funzionerà. Una rigidità, me ne stavo lì ferma impalata. Dopo c’ho ripensato, e ho trovato una, come faccio a dirlo, una cosa che io riconosco sia in mio padre che in mia madre, che c’è e che aveva mia nonna, aaa, appunto, un, questo atteggiamento così rigido, soprattutto con noi, e che a questo mi richiamano sempre, e che, di cui io mi disfo con estrema fatica, lì appunto ho detto: <<Proviamo>>, però in genere non è // mai a me che verrà un’idea per uscire da una situazione difficile, ma, ma. Lei ha detto fatalismo, infatti c’è qualcosa di irreale, in questa posizione, per cui poi c’è qualcosa che si verrà puniti, non so bene come dire, e mi fa restare immobile, tutte queste cose, in parte sicuramente familiari, in parte addirittura mitologiche. Questa volta è stato straordinario, c’ho provato: <<Vediamo>>, c’ho messo un momento, perché la mia prima reazione è stata di totale irrigidimento. (83 parole)

3 Conversante: Certo, è stato straordinario, lei era lì, paralizzata, pensava che non si può sciare se non con due sci, e poi invece c’è stato quel salto che che che è una trasgressione non non banale, cioè, mentre parlava, mi è venuto in mente tanti anni fa, quando ero un ragazzino, poco più, e imparavo a guidare l’auto con mio padre, può immaginare, e allora, c’era un camion fermo davanti a me, mi sembrava enorme, e anch’io mi sono fermato, e mio padre dice, impaziente: <<Ma che cosa fai?>>, <<Eh, non c’è spazio>>, e lui dice: <<Si può salire sul marciapiede>>, che è la stessa cosa di mettere, che scendere con uno sci, ci sono delle leggi quasi di natura che vanno da sé, non si sale su un marciapiede guidando l’auto con il padre accanto, e pure era una trasgressione ovvia, bastava salire mezzo metro con la ruota destra sul marciapiedi e l’ostacolo altrimenti insormontabile era alle spalle. E’ la stessa cosa.

4 Agata: Sì, sì, sì, sì. Per me è difficilissimo, non lo riesco a immaginare.

4 Conversante: Anche per me, ero immobile paralizzato.

5 Agata: Sono assolutamente nella sua condizione. Non avrei saputo immaginare. A me invece sarebbe stato detto: <<Fermati, dietro il camion, guai andare sul marciapiedi>> quindi, sì, sì, ecco, questa trasgressione per me è quasi impossibile. E non ho proprio la testa per arrivarci.

5 Conversante: Lì comunque si è dato il permesso, si è data il permesso di trasgredire, è una cosa, se ci pensa, è una trasgressione alle regole abituali addirittura del pensiero, ha trasgredito dandosi il permesso di fare un’azione non prevista dal pensiero.

6 Agata (silenzio di 45”): Sì sì è vero è vero, infatti, e le dirò che sono rimasta un po’ stupita di aver deciso di provare, è come se si fosse, davvero, ha ragione lei, a me di trasgredire non era venuto in mente, però, non mi era proprio come venuto in mente, la trasgressione, e poi, quando io, quello che mi era venuto al momento era una sensazione che avevo avuto altre volte, adesso non saprei dirle quando, penso che mi capitava quando arrampicavo, per cui ero padrona di me stessa, in questo momento in cui trasgredivo, in realtà io agivo, e ri risolvevo,// e quindi mi sentivo molto meno spaventata e molto più padrona di me stessa. Mentre quando ero, se fossi rimasta lì come una deficiente, mi sarei anche raffreddata, spaventata, sarebbe passato il tempo in maniera lunghissima, senza che io vedessi tornare il Dario, avrei cominciato a dire: <<oddio, cosa è successo, aiuto, si è fatto male>>, per cui, tragedia. E invece mi son sentita padrona di me, mentre facevo questo tentativo.

6 Conversante: Se riprendiamo la sua formula, <<mi sono sentita padrona di me>>, che implica, cioè, prima invece era schiava di qualcuno o qualcosa, schiava di un ordine che proibisce di trasgredire, di fare le cose strane, proprio ci sentiamo schiavi di qualcosa che ci inchioda lì.

7 Agata: Sì, è verissimo.

7 Conversante: Senza che possiamo fare altrimenti.

8 Agata: Sì e neanche uno se ne rende ben conto, poi infatti lì io, è vero, ci sentiamo, non non posso dir neanche che mi sen, cioè se riuscissi a sentirmi schiava, sarei già, è è è così, non non non non può essere che così, proprio. (a 12’ dall’inizio della trascrizione, a 16’ dall’inizio della conversazione)

 

4. Gli oggetti linguistici che prendiamo in considerazione nei nostri calcoli, sia di verifica dei risultati, sia di predizioni testuali. Per procedere, sia alla verifica dei risultati, che verificheremo nei 12’ di testo trascritto, sia alle predizioni testuali, che dovremo predire a partire dal medesimo testo a disposizione, occorre preliminarmente stabilire quali oggetti ritaglieremo, tra tutti quelli possibili di un testo, sui quali eseguire i nostri calcoli. Diciamo che i calcoli del Conversazionalismo si fanno rigorosamente su oggetti testuali, linguistici, con esclusione di tutti gli oggetti extratestuali, extralinguistici, comuni in alcune forme di psicoterapie e di psicoanalisi, quali, a esempio, gli oggetti psicologici e comportamentali. Gli oggetti linguistici, ai quali ci limiteremo, sono tutti gli elementi della forma fonica del testo, FF, e quelli della forma logica, FL, del testo medesimo. Anticipiamo che, per comodità espositiva, il calcolo delle differenze, cioè dei risultati, verrà eseguito tra il turno 1 di Agata, trattato come lo stato di cose di partenza, in posizione quindi di S1, e il turno 6, trattato come lo stato di cose di arrivo, in posizione quindi di S2.

 

4.1. La forma fonica 1, FF1: la distribuzione dei 92 predicati del turno 1 di Agata.

 

---------------------------------------------------------------------------------------------------------categorie                numero verbi        %                            distacchi

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

io                            27                           29% -------------- flessione dell’io -

infinito                   25                           27% -------------- indefinitezza +

presente                                25                           27% -------------- presente di iterazione assente            

passato                 41                           44% -------------- passato di iterazione assente

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tavola FF1 n° 1

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4.1.1. Commento. Abbiamo racchiuso, nella tavola FF1 n 1, il primo calcolo che abbiamo eseguito sul turno 1 di Agata, alla ricerca della distribuzione dei predicati. Abbiamo infatti calcolato, per ciascuna categoria di predicati, i distacchi, per addizione o per sottrazione, dalla rispettive medietà standard, medietà stabilite empiricamente nel corso delle nostre ricerche. Per esempio, avendo stabilito che la medietà standard dei predicati afferenti agli io è del 30%, e avendo qui trovato un 29% di io, chiamiamo flessione dell’io il fenomeno linguistico così isolato, che verrà a costituire il primo tratto del profilo conversazionale del turno 1° di Agata. La medietà standard dei predicati ai modi indefiniti è stata fissata al 20%. Qui, il 27% dei verbi indefiniti, che si distacca per addizione dalla medietà standard, produce il fenomeno della indefinitezza, che è il secondo tratto del profilo conversazionale di Agata. Passiamo ora ai calcoli della forma fonica 2, FF2, che studia il tasso dei nomi e il rapporto tra nomi e verbi, chiamato quoziente nomi/verbi.

 

4.2. La forma fonica 2, FF2, del turno 1 di Agata : il tasso dei nomi e l’indice  nomi/ verbi.

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brani                      parole                    nomi       %            verbi       %            indice

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1° centuria            100                         20            19%        19            19%        1.05

2° centuria            100                         5              5%          24            24%        0.21

3° centuria            100                         8              8%          21            21%        0.38

ultime 125 parole125                           7              6%          27            21%        0.26

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totale                     425                         40            9%          91            21%        0.44

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tavola FF2 n° 2

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 4.2.1. Commento. Per il calcolo, i cui risultati sono consegnati alla tavola FF2 n°2, procediamo nel modo seguente. Contiamo tutte le parole del turno in questione. Poi contiamo i sostantivi che, rapportati alla totalità delle parole, danno il tasso dei nomi. La medietà standard dei nomi l’abbiamo fissata al 10%. I distacchi dalla medietà standard avvengono per addizione, quando i nomi salgono oltre il 10%, nella zona dell’onomafilia; oppure per sottrazione, quando i nomi scendono sotto il 10%, nella zona dell’onomapenia. Nel turno 1 di Agata, i nomi, che nella loro totalità sono scesi al 9%, producono il fenomeno dell’onomapenia, terzo tratto del profilo conversazionale di Agata. Il quoziente nomi/verbi, allo 0.44, che si distacca per sottrazione dalla sua medietà standard, produce il fenomeno della contrazione del quoziente, che va a aggiungersi agli altri tre tratti già isolati, per costituire il quarto tratto del profilo conversazionale di Agata.

 

4.3. La forma fonica 3, FF3, del testo, per il calcolo delle frasi ben formate. Il terzo punto di vista dal quale esaminiamo le forme fonica, FF, del testo, è quello che ha per misura le parole e frasi ben formate, e, per oggetti empirici, i distacchi, per addizione e sottrazione, delle concrete parole e frasi delle conversazioni, dal loro metro di riferimento. I fenomeni dei distacchi, in FF3, comprendono le parole spezzate e i trascinamenti di vocali, le ripetizioni e gli incisi, le frasi parentetiche e le ellissi, i sintagmi cristallizzati, le prove sinonimiche e le discordanze morfologiche del genere, del numero, dei tempi, dei modi, della persona. La medietà standard viene indicata nel 50% di frasi ben formate. Delle circa 68 frasi di cui si compone il 1° turno di Agata, la più gran parte sono, secondo i criteri grammaticali canonici, frasi ben formate, con l’eccezione di 3 o 4 frasi interrotte: <<L’altra settimana, io qui avrei voluto, mi ero ripromessa di parlarne come esempio, poi dopo il discorso è andato in un altro senso>>; <<E l’avevo notato come una, in sé una cosa non grave, naturalmente poi, di cui lui ha // riso>>; <<che c’è questa, che è proprio una specie di rigidità, che non c’è la la la la disponibilità>>; di qualche sporadica iterazione; di forse una discordanza coordinativa; di 1 o 2 autocorrezioni. Tuttavia, secondo i nostri criteri, le citazioni fanno parte dei distacchi dalla medietà standard, quindi vengono considerate frasi non ben formate. Abbiamo contato 16 citazioni, le quali, sommate alle altre frasi non ben formate, danno 22 o 23 frasi non ben formate, pari al 32%, 33%, che lasciano 46 frasi ben formate, pari al 67%. Come dire che le frasi non ben formate sono 1/3 rispetto ai 2/3 delle frasi ben formate. Ovvero, che le frasi ben formate predominano rispetto a quelle non ben formate.

 

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FF3 (32% di frasi non ben formate/ 68% di frasi ben formate)

citazioni                                23%

interruzioni                           5%

iterazioni                               3%

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tavola  FF3 n° 3

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4.4. La forma logica del testo, FL: Le figure logico-modali aletica, FL1, deontica, FL2, assiologica, FL3, epistemica, FL4. Oltre agli elementi della forma fonica, FF, i soli altri elementi linguistici che utilizzeremo per i nostri calcoli, sono gli oggetti della forma logica, FL. Nel campo della forma logica, prenderemo qui in considerazione le quattro figure logico-modali: aletica (da aleteia “il vero”), deontica (da déon “il dovere”), assiologica (da axios “il valore”), epistemica (da episteme “la conoscenza”). Le figure logico-modali, di cui si occupa il Conversazionalismo, orientano il conversante nel suo lavoro sul testo, nel tentativo di individuare, nelle conversazioni del paziente, delle conformità a questa piuttosto che a quella figura logico-modale, un po’ come, guardando un cielo stellato, si cerca di rinvenire una conformità di un certo numero di stelle alla figura, mettiamo, del triangolo. Quando si trova la conformità, le stelle mobili diventano una costellazione fissa. Gli operatori della logica modale aletica sono il Possibile, M, l’Impossibile, ~M = “non è possibile che”, il Necessario, ~M~ = “non è possibile che non”. Gli operatori della logica deontica sono il Permesso, P, il Proibito, ~P, l’Obbligatorio, ~P~ = “non è permesso che non”. Gli operatori della logica assiologica sono il Bene, G, il Male, ~G = “il non Bene, la negazione del Bene”, l’Indifferente, ~G~. Infine, gli operatori della logica epistemica sono il Sapere, K, il Non-Sapere, ~K, la Credenza. (Cfr Aristotele, Dell’espressione; Carnielli W.A., Pizzi C., 2001; Doležel L., 1998; Galvan S., 1991; Hintikka J., 1962; Hughes G.E., Cresswell M.J., 1968; Priest G., 2001; von Wright G., 1968).

 

4.4.1. La conformità del turno 1 di Agata alle figure logico-modali deontiche. Il lettore si rende facilmente conto che, delle quattro figure logico-modali a disposizione, due, quella assiologica, e quella epistemica, possono essere messe da parte, niente nel testo di Agata sembrando conformarsi agli operatori del Bene e del Male, della Conoscenza e della Credenza. Quanto alle due altre figure logico-modali, a quale più convincentemente potrebbe conformarsi la disposizione delle stelle del testo di Agata, racchiuso nel dilemma: “scendere, in assoluto; non riuscire a scendere, relativamente a uno sci solo”? Possiamo prendere infatti il dilemma di Agata in due sensi. In un senso, il dilemma di Agata avrebbe a che fare con la logica deontica, se lo scontro da cui deriva avvenisse tra due norme contrarie, una delle quali proibisce, ~P, mentre l’altra obbliga ~P~, di fare la medesima cosa, come, a esempio, per Antigone di fronte al cadavere del fratello Polinice, nemico di Tebe, la legge del sangue che ingiunge di seppellire i congiunti morti, e la legge della città di Creonte che proibisce di dare sepoltura ai nemici della patria. Il dilemma, per Agata, sarebbe allora racchiuso nella formula che congiunge due contrari: “è obbligatorio fare ciò che è proibito” = “non è permesso non fare, ~P~, ciò che non è permesso fare, ~P”. Caratteristico della logica modale deontica è il fatto che il dilemma ammette una soluzione all’interno della logica delle due alternative in conflitto: è nella mani di Antigone la possibilità di scegliere sia di dare sepoltura al fratello sia di ubbidire al re Creonte. In un altro senso, invece, il dilemma di Agata avrebbe a che fare con la logica aletica, se lo scontro fosse dettato non da norme alle quali il soggetto può scegliere di obbedire o di trasgredire, ma da una condizione naturale dalla quale non è possibile uscire. La formula per il dilemma aletico sarebbe la seguente: “E’ necessario, ~M~, fare ciò che è impossibile, ~M, fare”, che descrive la relazione tra due operatori contrari. Un modello di dilemma aletico lo troviamo in Icaro, il quale si espone allo scontro tra la necessità del volare, una volta che è nell’aria degli uccelli, e la condizione d’impotenza degli strumenti umani, che lo àncora alla terra. Mentre nel dilemma deontico, c’è la possibilità di scegliere l’uno o l’altro dei corni del dilemma, sia pure esponendosi alle conseguenze ineluttabili, nei modi o della punizione o della colpa, nel dilemma aletico le conseguenze sono già iscritte nel fatto dell’impossibilità. Pur non potendo permetterci di abusare dello spazio per argomentare la nostra tesi, che il lettore può sviluppare per proprio conto, ci sembra tuttavia che il testo di Agata più adeguatamente si conformi alle figure deontiche del Proibito, e del Permesso, il Proibito coprendo tutto il tempo, <<per un po’>>, in cui Agata è rimasta come un baccalà, e il Permesso, che occupa il tempo successivo, <<poi, solo dopo un po’>>, quando Agata ci prova a scendere.

Siamo ora in grado di fornire il profilo conversazionale completo di Agata, che disegna lo stato di cose S1, del turno 1, nella combinazione dei fenomeni isolati:

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S1

 

 

FF1

flessione dell’io, al 29% -

indefinitezza formale, al 27%            

tempi di iterazione assenti

FF2

onomapenia, al 9%

contrazione del quoz., allo 0.44

FF3

68% di frasi ben formate

32% di frasi non b.f.

citazioni                                23%

interruzioni di frasi              5%

iterazioni                               3%

FL

figura logico modale deontica: il Proibito, il non Permesso, ~P

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tavola n° 4

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5. Il profilo conversazionale del turno 6 di Agata, che corrisponde allo stato di cose in S2. Andiamo ora a tracciare il profilo conversazionale del turno 6 di Agata, che corrisponde allo stato di cose in S2. Calcolando la differenza tra questo secondo profilo e il primo, relativo al turno 1, che corrisponde allo stato di cose di S1, avremo la differenza nella quale consistono i risultati e la verifica dei risultati.

 

5.1. La forma fonica 1, FF1: la distribuzione dei 37 predicati del turno 6 di Agata.

 

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categorie               numero verbi        %                            distacchi

-------------------------------------------------------------------------------------------------------------

io                            18                           48% -------------- lievitazione dell’io ++

infinito                   6                             16% -------------- definitezza -

passato                 24                           64% -------------- passato di iterazione +++

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tavola FF1 n° 5

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5.1.1. Commento. I fenomeni, in chiave di FF1, che emergono nella tavola FF1 n° 5, sono: lievitazione dell’io, al 48%, con ++; definitezza, al 16%, con un -; passato di iterazione con +++. Che cominciano a tratteggiare un profilo conversazionale, per il turno 6, radicalmente differente da quello omologo del turno 1.

 

5.2. La forma fonica 2, FF2, del turno 6 di Agata : il tasso dei nomi e l’indice  nomi/ verbi.

 

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brani                      parole                    nomi       %            verbi       %            indice

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1° centuria            100                         10            10%        24            24%        0.42

ultime 71 parole    71                           10            14%        13            18%        0.72

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totale                     171                         20            11%        35            20%        0.54

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tavola FF2 n° 6

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5.2.1. Commento. I fenomeni isolati dai calcoli in chiave di FF2 sul turno 6 di Agata danno risultati, pure questi, radicalmente differenti, cioè contrari, a quelli ottenuti dai calcoli omologhi in chiave di FF2 sul turno 1, e cioè onomafilia all’11% e espansione del quoziente nomi/verbi allo 0.54. 

 

5.3. La forma fonica 3, FF3, del turno 6 di Agata, per il calcolo dei distacchi delle frasi dalla medietà standard delle frasi ben formate.  Delle circa 31 frasi semplici di cui si compone il turno 6 di Agata, la maggior parte sono frasi ben formate. Dalla medietà standard delle frasi (e parole) ben formate si distaccano praticamente 6 frasi, pari al 19%: 1 parola spezzata, <<e ri risolvevo>>, che, nella stessa frase, diventa anche una prova sinonimica; 1 iterazione, <<Sì sì è vero, è vero, infatti>>2 frasi interrotte, <<come se si fosse, davvero, ha ragione lei>>, <<Mentre quando ero, se fossi rimasta lì come una deficiente, mi sarei anche raffreddata>>; 2 frasi di citazione, <<Oddio, cosa è successo, aiuto, si è fatto male>>. Anche qui, dal punto di vista di FF3, come già dal punto di vista di FF1 e FF2, rispetto ai calcoli omologhi per il turno 1, le differenze sono abbastanza evidenti. Non solo il tasso globale delle frasi che si distaccano dalla medietà standard è diminuito, saltando dal 32% al 19%. Ma soprattutto la distribuzione delle singole categorie di fenomeni è variata, in particolare il tasso di citazioni è passato dal 23% al 6%.

 

5.4. La forma logica, FL, del turno 6: alla ricerca delle conformità del testo all’una o all’altra delle quattro figure logico-modali. Studiando il turno 1 di Agata, ci era sembrato che il suo testo si conformasse convincentemente alla figure logico-modali deontiche, secondo l’operatore del proibito, ~P, che aveva inchiodato Agata come un baccalà sul pendio, per il tempo in cui si svolgeva il dramma, <<per un po’>>, dramma che era l’espressione del dilemma tra due norme incompatibili, tra un obbligo e un divieto diretti sul medesimo oggetto, cioè l’obbligo di scendere con uno sci solo, (non è possibile non, ~P~, scendere con uno sci solo, visto che l’altro non c’è) e la proibizione di scendere con uno sci solo (è vietato, ~P, fare una cosa così fuori delle leggi da risultare impensabile). Nel turno 6 ritroviamo una  conformità del testo alle medesime modalità, del Proibito, dell’Obbligatorio, del Permesso? Si direbbe di no, almeno a un primo giudizio. Infatti, il contenuto proposizionale, la lexis, relativamente al quale, alla quale, si porrebbe la modalità dell’atteggiamento proposizionale, come per il turno 1 era stato “scendere con uno sci solo”, qui, per il turno 6, è “sentirsi padrona”, ripreso per ben tre volte nelle frasi di Agata: <<ero padrona di me stessa>>, <<mi sentivo ... molto più padrona di me stessa>>, <<mi son sentita padrona di me stessa>>. La situazione o il momento o la condizione di sentirsi padrona di sé stessa, Agata, da una parte, li contrappone alla situazione o al momento o alla condizione di sentirsi spaventata: <<mi sentivo molto meno spaventata e molto più padrona di me stessa>>; dall’altra li fa derivare dal muoversi, dall’agire: <<ero padrona di me stessa, in questo momento in cui trasgredivo, in realtà io agivo, e ri risolvevo,// e quindi>>, <<quando ero, se fossi rimasta lì come una deficiente ... E invece mi son sentita padrona di me, mentre facevo questo tentativo>>. Dove, nel rimanere <<lì come una deficiente>> ravvisiamo il ~P = la proibizione di scendere della modalità deontica del turno 1. E’ interessante notare che tutta la descrizione del momento del ~P, del divieto, si fa con cinque verbi al modo congiuntivo e condizionale subentranti: <<se fossi rimasta ... mi sarei anche ... sarebbe passato ... senza che io vedessi ... avrei cominciato>>, mentre il riferimento al momento della azione, del P, del permesso di agire, di scendere anche con uno sci solo, è fatto con una successione di 8 verbi all’imperfetto indicativo: <<mi capitava ... arrampicavo ... ero padrona ... trasgredivo ... io agivo ... ri risolvevo ... e quindi mi sentivo ... ... mentre facevo>>. Come se i due mondi finzionali differenti, quello dell’azione e quello della paralisi dell’azione, fossero introdotti anche da categorie verbali differenti. Ma se è chiara la contrapposizione tra i due mondi, è altrettanto chiaro a quale mondo, in termini di figure logico-modali, appartiene quello dell’azione per Agata? Forse sì. Infatti, se nel mondo della paralisi dell’azione Agata dichiara che rimane come una deficiente, che si spaventa, si raffredda, si dispera, mentre nel mondo dell’azione Agata afferma di sentirsi padrona di sé, come quando, arrampicando, faceva tentativi e risolveva le difficoltà e le paure, evidentemente Agata ha avuto accesso alla modalità assiologica, che orienta il mondo secondo i valori e i disvalori del Bene e del Male, dove l’operatore del Bene, G, segnala il valore dell’azione, e l’operatore del Male, ~G, segnala il disvalore della paralisi dell’azione. Si può dire allora che Agata è uscita dalla modalità deontica per accedere alla modalità assiologica. E’ questo, in chiave di forma logica, FL, uno dei risultati, assieme a quelli in chiave di FF, e della verifica dei risultati, prodotti secondo calcoli eseguiti esclusivamente su oggetti testuali, linguistici.

 

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S1 = fenomeni del turno 1                                 S2 = fenomeni del turno 6

 

FF1                                                                                       FF1

flessione dell’io, al 29%, -                                 lievitazione dell’io, al 48%, ++

indefinitezza formale, al 27%, ++                                      definitezza formale, al 16%, -            

tempi di iterazione assenti                                 passato di iterazione, 64%, +++

FF2                                                                                       FF2

onomapenia, al 9%                                                             onomafilia, al 11%

contrazione del quoz., allo 0.44                                        espansione del quoz. allo 0.54

FF3                                                                                       FF3

68% di frasi ben formate                                                   80% di frasi b.f.                                  

32% di frasi non b.f.                                                           19% di frasi non b.f.

citazioni al 23%                                                                   citazioni  al 6%

interruzioni di frasi al 5%                                                  interruzioni di frasi al 6%

iterazioni al 3%                                                                   iterazoni al 3%

FL                                                                                         FL

figura logico-modale deontica:                                        figura logico-modale assiologica:

con l’operatore del proibito                                          con l’operatore modale del Bene, G.

del non permesso ~P         

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tavola n° 7, che riassume e giustappone i fenomeni del turno 1, in posizione di S1, e del turno 6, in posizione di S2, la cui differenza costituisce il risultato 

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6. Possiamo individuare, nel testo, una qualche causa del salto da S1 a S2, dalla combinazione dei fenomeni del turno 1 alla combinazione dei fenomeni del turno 6? Per rispondere a questa domanda, occorrerebbe discutere i concetti di causalità efficiente, di causalità teleologica, di sopravvenienza. Ma una simile ricerca esula dal proposito di questo scritto.

 

7. Le predizioni del testo. Nella prospettiva del Conversazionalismo, le predizioni del testo sono descrizioni di configurazioni possibili di testi futuri ricavate per inferenza dagli indicatori testuali di una conversazione attuale. Lo studio di questi calcoli sarà l’oggetto del Convegno di Venezia.

 

8. Bibliografia.

 

Per una rivista d’insieme sulla verifica dei risultati in psicoterapia, cfr

 

Cesario S. (1996), La verifica dei risultati in psicoterapia, Borla, Roma.

Cesario S., Filastò L. (2002), Stelle fisse e costellazioni mobili, Guerini scientifica, Milano.

Fava E., Masserini C. (2002), Efficacia delle psicoterapie nel servizio pubblico, FrancoAngeli, Milano.

Sito internet: www.disfinzione.it

 

Per i calcoli dei fenomeni linguistici implicati nella sopravvenienza dei risultati e nelle predizioni del testo cfr

 

Aristotele, Dell’espressione, vol 1; in Opere, Ed. it. a cura di Gabriele Giannantoni, Laterza, Bari.

Carnielli W.A., Pizzi C. (2001), Modalità e Multimodalità, FrancoAngeli, Milano.

Doležel L. (1998), Heterocosmica. Fiction e mondi possibili, trad.it. 1999, Bompiani, Milano.

Galvan S. (1991), Logiche Intensionali. Sistemi proposizionali di logica modale, deontica, epistemica, FrancoAngeli, Milano.

Hintikka J. (1962), Knowledge and Belief. An Introduction to the Logic of the Two Notions, Cornell University Press, Ithaca , N.Y.

Hughes G.E., Cresswell M.J. (1968), Introduzione alla logica modale, trad.it. a cura di Claudio Pizzi, 1973, il Saggiatore, Milano, (in particolare pp. 24-28 e 41).

Priest G. (2001), An Introduction to Non-Classical Logic, Cambridge University Press, Cambridge (in particolare p. 1 e p. 188). 

von Wright G. (1968), An Essay in Deontic Logic and the General Theory of Action, North-Holland, Amsterdam .