ANTOLOGIA CRITICA

H O M E
P A G  E


Luciano Minguzzi, Achille Guzzardella. 12 ritratti cit., p. 22 Achille Guzzardella. Vent'anni di scultura cit., p. 61. Achille Guzzardella. REPERTI, Milano, Museo Archeologico 1997, p. 38.
"La scultura di Achille Guzzardella nasce nel solco di una tradizione chiaramente umanistica. Il suo rispetto per la qualità della forma sensibile e per la luce che plasma, dà risalto psicologico alla sensibile modulazione della creta che non necessita di soluzioni stravaganti. La natura delle cose dell'uomo è rispettata ed esaltata con una continua ricerca di un rapporto preciso tra l'immagine scultorea e l'immagine psicologica penetrante ed acuta. L'immagine acquista intensità propria e definizione di carattere per l'osservazione attenta, per la precisione sensibile che rispetta la figura e ne esalta i valori dell'interpretazione del carattere. I suoi ritratti sono autentici vitali espressioni di un artista, non modelli inerti".
Aligi Sassu, Achille Guzzardella. 12 ritratti cit., p. 5 e p. 26; Achille Guzzardella. Vent'anni di scultura cit., p. 39. Achille Guzzardella. REPERTI, Milano, Museo Archeologico 1997, p. 38.
"… Achille Guzzardella popola di invenzioni coraggiose il suo magazzino. Le persone immaginate e modellate dal nulla sono centinaia. In ciascuna di esse può l'artista agevolmente ricordare il travaglio figurativo espresso dalla pura fantasia: quegli occhi in apparenza spenti, quei sorrisi enigmatici, i capelli ondulati, i colli che il rigore anatomico riga di muscoli severi (lo sterno cleidomastoideo di certi ritratti immaginari).
Il bimbo Jodi, del 1978, è forse la prima creatura tolta dal vago di molecole ancora caoticamente alla ricerca di loro altre infinite vicine. Copri la didascalia e immediatamente escami il nome di Manzù. Poi vedi il sorriso vago di Elena ed esclami il nome di Marino. Questa aderenza ai classici non è banale sottomissione: è fondato orgoglio di una sapienza tecnica destinta a trionfi sicuri…".
G. Brera, Achille Guzzardella. 12 ritratti cit. pp. 52-53. Achille Guzzardella. REPERTI, Milano, Museo Archeologico 1997, p. 38.
"… Sembra dunque che in un esame critico della produzine del nostro scultore si debba attentamente considerare in quale misura sia stata raggiunta, di volta in volta, un'adeguazione tra verità e ritrattistica e qualità formale. Si deve in ogni modo dare atto all'artista che partendo dal ritratto della madre e dalle prime teste infantili egli ha saputo presto fornire, dal 1983, in poi, saggi incisivi della sua vocazione ritrattistica, attestanti oltre alle doti innate e a un sicuro mestiere capace di padroneggiare materie diverse, dal bronzo al marmo alla terracotta e alla cera -- una più approfondita coscienza dei propri mezzi; è il caso dei penetranti e ben costruiti ritratti dello psicologo Marco Marchesan e dell'attore Mario Scaccia… Restano così nella memoria il volto pensoso e severo di Carlo Bo, quello goticamente tormentato di Gianni Dova e l'altro di Aligi Sassu, in cui alla simpatia per il modello si accompagna una spregiudicatezza di analisi che ha remoti precedenti nella scultura romana antica…".
Gian Alberto Dell'Acqua, Achille Guzzardella. 20 ritratti e dintorni, Pinerolo 1995, p. 7. Achille Guzzardella. REPERTI, Milano, Museo Archeologico 1997, p. 38.
"… Insomma, scultori si nasce. Si nasce cioè col prepotente impulso di dare alla propria immaginazione una misura tridimensionale, una struttura che abbia nello spazio la propria evidenza plastica. In un artista queste inclinazioni si riconoscono subito, fanno parte della sua natura. certamente si tratta poi di giudicare gli esiti, ma gli esiti tuoi sono stati, abbastanza presto, tali da garantire una sicura qualità espressiva.
… Gli interrogativi che tu poni sono dunque molti ed è giusto che ognuno, per conto suo, vi risponda. La tua è dunque una coraggiosa difesa dell'immagine come esclusivo momento della comunicazione. Senza l'immagine la comunicazione infatti è impossibile; è questo il concetto che tu vuoi ribadire. Il discorso che dunque tu fai risulta così sempre esplicito, rifuggendo dagli enigmi dell'astrazione. È già difficile interpretare le immagini, perché complicarle?…".
Mario De Micheli, Achille Guzzardella. Vent'anni di scultura cit., p. 7 e p. 9. Achille Guzzardella. REPERTI, Milano, Museo Archeologico 1997, p. 39.
Mentre mi faceva il ritratto, avevo l'impressione che Guzzardella scolpisse con gli occhi. Voglio dire che avevo l'impressione che l'immagine della scultura andasse componendosi, immaterialmente, a metà tra la mia faccia e i suoi occhi, in quella che potremmo chiamare la dimensione del suo sguardo. Era un po' come se il blocco di terra su cui stava lavorando fosse una cosa a parte, di lato. Lui lo toccava, lo plasmava -- ma quasi senza guardarlo. Sembrava davvero che guardasse soltanto la mia faccia, i suoi particolari. Si sporgeva, guardandomi.
Eppure la cosa non mi imbarazzava come avevo pensato prima di cominciare le pose. Non mi imbarazzava perché era proprio come se tutto quanto stesse accadendo tra lo scultore e una sua forma. E come se io, in sostanza, fossi uno spettatore. In realtà, io ho goduto di un momento piuttosto raro, durante quelle pose. Il momento in cui uno scultore, proprio a forza di guardare, arriva a distinguere in una cosa la struttura che la definisce. Una specie di essenzialià del tutto concreta. Un senso fatto figura.
Emilio Tadini, Achille Guzzardella. 12 ritratti cit., p. 28. Achille Guzzardella. Vent'anni di scultura, cit. p. 51
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