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Alla
scoperta dell'A.C.R.
Come nasce
l'A.C.R.
Nel 1969,
alla luce del Concilio Vaticano II, l’Azione Cattolica Italiana ha
voluto rinnovare la sua proposta associativa. Infatti, proprio in quegli
anni, nasce un nuovo progetto: l’Azione Cattolica dei Ragazzi
(A.C.R.). L’A.C.R. si sviluppa perciò come una esperienza associativa
fatta a misura dei ragazzi, considerati soggetti attivi nella Chiesa, e
individui dotati di una propria vocazione e di una propria missione.
Essa è aperta a tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni e si articola in tre
sezioni così suddivise:
- bambini dai 6 agli 8 anni,
- bambini dai
9 agli 11 anni,
- ragazzi dai
12 ai 14 anni
Fine formativo dell’A.C.R.
L’
"Azione Cattolica dei Ragazzi" attualizza il suo fine
formativo nelle tre fasce di età in modo distinto, ma principalmente
attraverso la vita di gruppo. Essa assume connotazioni diverse rispetto
ad un gruppo che si forma spontaneamente; è infatti il punto
d’incontro di ragazzi che hanno interessi comuni (e in questo somiglia
al gruppo "spontaneo") tuttavia, al suo interno si sviluppano
relazioni e atteggiamenti che non sono quelli consueti. La
"legge" del gruppo è l’insegnamento e l’esempio stesso di
Gesù, attraverso il quale i ragazzi imparano i valori della tolleranza,
del rispetto, della pace, della testimonianza, della verità, anche a
costo di andare controcorrente. Tutto ciò permette al ragazzo di stare
nel gruppo senza conformismi, riuscendo ad esprimere le proprie doti e
la propria sensibilità. In questo modo il gruppo A.C.R. raggiunge il
proprio fine: favorire, stimolare e guidare la crescita globale della
persona nel suo processo di maturazione.
La vita di gruppo si articola in tre
momenti essenziali: la catechesi, la liturgia e il servizio.
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La catechesi
insegna a pensare cristianamente, ciò significa che essa ha il compito
di educare il ragazzo a vivere con Gesù, e a sentirlo sempre presente
nella sua vita, nelle sue scelte e nel suo percorso di crescita. Questi
concetti si concretizzano all’interno del gruppo insegnando al ragazzo
a scopririsi come dono di Dio per gli altri, a riconoscere la propria
responsabilità nei confronti altrui e verso Gesù stesso, a creare un
primo rapporto personale con il Padre, a vivere la Chiesa diventandone
membri attivi.
L’A.C.
ha elaborato una propria metodologia per trasmettere questi concetti ai
ragazzi, essa è nota come catechesi esperienziale: si tratta di
un modo estremamente efficace e diretto per trasmettere valori e nozioni
evitando lo scolasticismo. Dato che l’A.C.R. intende essere scuola di
vita, l’educatore dovrà rivolgersi al ragazzo attraverso
l’esperienza, l’attività pratica, la discussione, l’incontro con
le realtà meno conosciute di dolore e di fede, tutto ciò, insomma, che
proietta nella realtà il contenuto che si intende trasmettere. Per i
bambini più piccoli sarà assai utile il giuoco che, se ben impostato,
mantiene tutte le migliori caratteristiche della catechesi esperienziale.
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La liturgia
dovrà essere consona all’età e alle situazioni esistenziali dei
ragazzi. Si tratta di avviare un primo contatto con la vita ecclesiale e
sacramentale. È assolutamente necessario che l’educatore trasmetta al
ragazzo il senso di appartenenza alla Chiesa, delle sue liturgie, dei
suoi tempi forti; lo potrà fare più volte l’anno, curando semplici
celebrazioni liturgiche sui temi che il gruppo ha già ben compreso, e
che adesso ricevono il loro suggello nel clima sacro della Chiesa.
Laddove i bambini abbiano già ricevuto per la prima volta l’Eucarestia,
saranno assai utili celebrazioni sacramentali specifiche per la loro
situazione spirituale. L’educatore, inoltre, dovrà seguire e spronare
i propri ragazzi alla partecipazione assidua alla Santa Messa domenicale
intesa come momento di festa e di comunione.
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Il servizio
è l’ultimo aspetto del progetto A.C.R.: si attualizza rendendo il
ragazzo consapevole di essere un testimone autentico e attivo
dell’amore di Gesù che scopre nel gruppo. Ciò avviene mediante un
processo di responsabilizzazione del ragazzo nei confronti delle proprie
scelte (si pensi per es. al momento importantissimo della Santa Cresima
e degli anni successivi). L’atteggiamento di servizio può essere
stimolato attraverso la concretizzazione di qualche esperienza pratica,
magari in collaborazione con la Caritas, con il Parroco, a servizio dei
più poveri e dei bisognosi.
L’educatore
Resta infine
da delineare una delle figure determinanti per l’esistenza del gruppo:
l’educatore. Tale figura non va confusa con quella del
catechista, soprattutto per la diversa metodologia, nonostante abbia con
lui in comune il fine della formazione e della maturità umana, morale e
di fede. L’educatore stesso, perciò, deve avere alle spalle un gruppo
di formazione e un cammino di fede che lo prepari all’impegno che deve
sostenere e, al tempo stesso, lo sostenga e sia per lui la fonte alla
quale attingere sempre nuove energie. All’educatore si richiede una
buona conoscenza degli aspetti psicologici determinanti dell’età a
cui si rivolge, la lucidità di fronte ai problemi e ai comportamenti
dei ragazzi, la tolleranza, la resistenza alle frustrazioni e ad
eventuali momenti difficili, oltre che una mturità che gli permetta di
essere di esempio anche al di fuori dell’ambiente di Azione Cattolica.
Starà a lui, inoltre, trovare il modo di farsi accettare dai ragazzi e
di coinvolgerli calandosi nella loro realtà.
Un ultimo breve cenno sul rapporto che deve
intercorrere tra educatore A.C.R. e le famiglie dei suoi ragazzi. Da
tutto quel che si è detto si comprende assai agevolmente quanto sia
fondamentale l’instaurarsi di un rapporto di stima, fiducia e
relazione tra questi due ambiti della vita del ragazzo. Seppur con
metodi diversi entrambe svolgono una funzione, per così dire,
complementare, e possono sicuramente convergere verso un obiettivo
comune per il bene del ragazzo.
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