La Costituzione e le adozioni |
La Repubblica
riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere,
secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione
che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Marino Crisconio – Napoli
Desidero adottare l'articolo 4 della Costituzione, perché senza
lavoro non c'è dignità, e senza dignità non ha neanche senso parlare di democrazia.
Giovanni Montalto - San Mauro Torinese (TO)
Proprio perché il lavoro è un diritto, non ci si deve trovare
nella condizione di avere due figli grandi ancora senza lavoro e non per colpa
loro.
Cristina Montanari - Brescia
Abbiamo la Costituzione migliore del mondo: difendiamola! Adotto
questo articolo perché il primo passo verso la libertà per ogni uomo è un
lavoro riconosciuto, protetto, retribuito. Penso quindi al caso FIAT e ai
lavoratori che a migliaia rischiano di perdere il lavoro.
Leonello Bosco - Montebelluna (TV)
Un minimo di rispetto.....
Edoardo Marietti -
Cassina de' Pecchi (MI)
Adotto l’articolo 4:
il lavoro è l'unico modo per riscattare la dignità dell'uomo!
Tutti abbiamo il
diritto di lavorare e la Repubblica promuove le condizioni che rendano
effettivo questo diritto. Tutti abbiamo peraltro il DOVERE di svolgere, secondo
le nostre capacità, forze e attitudini, una funzione o una attività che
concorra al progresso materiale o spirituale della Società. Abbiamo il diritto
di non essere ostacolati nel lavoro, ma abbiamo poi il dovere di svolgerlo,
questo lavoro. Come possiamo, ma dobbiamo farlo.
Marcella Cavagnera, Raffaella Poldelmengo, Piera Oddonetto,
Antonino Lo Gioco, M.Pia Schutzmann, Simonetta Zandonà, Graziella Pedroni -
Lille
Vorrei adottare l'art. 1 e l'art. 4 della nostra Carta
costituzionale. In essi si fa esplicito e insindacabile riferimento al lavoro
come fondamento della socialità e dell’umanità. In un periodo storico in cui
c'è chi vorrebbe fondare la nostra Repubblica sull'azienda portando un pesante
attacco al mondo del lavoro, in cui c'è chi vorrebbe trasformare la forza
lavoro in un gruppo di impauriti e obbedienti "gorilla ammaestrati",
la Costituzione italiana può venirci in aiuto con i suoi principi:
L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro.
Che ciò sia utile al movimento dei lavoratori e a tutti i
cittadini democratici per portare avanti la lotta per la difesa dei diritti dei
lavoratori.
Lydia Maria Eichiner - Muggiò (MI)
Sono temporary manager, lavoro come libera professionista.
Adotto l'articolo 4 perché è proprio ciò che voglio fare concorrere al
progresso materiale e spirituale delle società.
Carla Venturini -
Roma
Sono una lavoratrice atipica, adotto l’articolo 4, difendendo il
diritto del governo attuale a promuovere iniziative che mettano sullo stesso
piano e con uguali diritti tutti i lavoratori, pubblici e privati.
Giuseppe
Di Giovanna -San Donà di Piave (VE)
Ho appena compiuto diciotto anni e dalla mia esperienza di
giovane penso che l'articolo 4 sia un'alta espressione di civiltà e pertanto
vada difeso.
Paola De Girolamo
Adotto l’articolo 4 perché è impossibile che a un incontro a cui
ho partecipato molti del pubblico abbiano applaudito al senatore della Lega
Nord, il signor Galli, che ha sostenuto che i lavoratori dello sciopero a Roma
non sapevano per che cosa manifestavano e a chi, lavorando come libero
professionista, ha detto che dell’art.18 non gliene importava niente.
Voglio dire a questi signori: chi pensate pagherà le vostre
pensioni? Noi giovani disoccupati perché al capo non andiamo bene per le nostre
idee o perché al nostro posto mettono il parente o perché costiamo troppo? Come
faremo a costruirci un futuro senza aver diritto di poter lavorare, senza la
schiavitù o le minacce di licenziamento senza un motivo giusto? Voi non pensate
ai vostri nipoti, ai vostri figli, perché siete ignoranti ed egoisti. Ma vi
accorgerete che i sindacati avevano ragione e i lavoratori dipendenti avevano
ragione e i precari che vorrebbero l’art.18 valido per tutti.
Valerio Dalle Grave – Cosio Valtellino (SO)
Aderisco
all'invito, e con piacere, per adottare gli articoli: 2, 3, 4, 17, 32.
Ho ritenuto
di adottare gli articoli soprarichiamati perché credo che la nostra
Costituzione meriti nel suo insieme il più alto rispetto da parte di tutti i
cittadini Italiani. Vigiliamo contro ogni tentativo di svuotare di valore la
nostra Carta!!! Vigiliamo contro ogni tentativo di bypassarne i contenuti col
pretesto dell'aggiornamento!!! Vigiliamo e denunciamo ogni prevaricazione
esponendoci in prima persona!!! Vigiliamo, vigiliamo!!!!!!!!!
Io adotto l’art. 4 perché oggi, 11 maggio, ho avuto una verifica
di 2 ore di diritto sulla legge 626 sicurezza sul lavoro, tanto conclamata
quanto bistrattata. Voglio ringraziare i miei genitori perché mi permettono di
studiare e voglio ringraziare la mia prof Patrizia M. per la passione che ci
mette nel lavoro e perché mi sta facendo apprezzare sempre di più il diritto!!!
Luana e
Marino Rinaldi - Piombino (LI)
Cari
amici, pur essendo convinti che la nostra Costituzione è bella così com’è tutta
quanta, vogliamo adottare in particolare l’art. 4 perché sancisce in modo
inequivocabile il diritto del cittadino al lavoro e, con una visione
estremamente moderna, la concezione del lavoro come un dovere sociale.
Maria
Grazia Manfreda -
Lecce
Ho
sempre pensato che la piena uguaglianza dei cittadini, senza limitazioni di
sorta, nei confronti dei diritti e dei doveri di ognuno sia la pietra miliare
per il buon funzionamento di una repubblica. Solo in questo la diversità diventa ricchezza. Plaudo
alla vostra iniziativa e mi auguro che ognuno di noi si riconosca nella Costituzione,
avallo della nostra libertà.
Adotto l'art.4 della Costituzione italiana perché difende il
diritto al lavoro di ogni cittadino. Il lavoro non è solamente un mezzo di
sostentamento materiale, ma è anche una importante componente dello sviluppo
umano della persona e favorisce la sua partecipazione alla vita sociale. Per
questi motivi il lavoro non può essere considerato una mera risorsa economica,
da sfruttare per raggiungere la massima efficienza di produzione in un sistema
economico di libero mercato, ma deve essere salvaguardato anche per tutti gli
aspetti umani, a partire dalla sicurezza del lavoratore fino alla sua equa
retribuzione e a un incarico consono alle sue potenzialità. Se si condivide
questa concezione del lavoro, si deve anche rilevare che gli aspetti umani
vengono in molti casi sfacciatamente calpestati. La trascuratezza nelle misure
di prevenzione agli infortuni e alle malattie sono certamente le mancanze più
gravi, ma anche tutti i maltrattamenti (di tipo economico e non) diretti contro
il lavoratore non sono da sottovalutare per le ripercussioni morali. Cito un
esempio per tutti, sempre più frequente nel mondo della grande industria: il
caso di impiegati e dirigenti, che, dopo magari 20 o 30 anni di dedizione
totale all'azienda, raggiunta un'età di circa 50 - 55 anni vengono messi da
parte senza più alcun incarico o ruolo. Se la persona non ha ancora maturato le
condizioni per la pensione, il risultato per la persona è quello di passare le
sue giornate in ufficio a "leggere il giornale", isolata da tutti,
con l'unico problema di non impazzire. C'è da augurarsi che la Costituzione non sia solo conosciuta e
applicata in ambito politico ma diventi un riferimento anche nel mondo
industriale/economico. In particolare non sarebbe male che la Costituzione
fosse letta e riflettuta da chi, ai vertici di aziende pubbliche o private, le
dirige unicamente sulla base dei numeri di bilancio o come scatole cinesi da
incastrare una dentro l'altra, trascurando ingiustamente e contro il proprio
interesse il capitale umano, senza il quale le aziende stesse non potrebbero
esistere e tanto meno le posizioni di prestigio di questi maldestri
amministratori.
Assunta Doriana Mori - Torino
Adotto l'articolo 4 perché in questi tempi il diritto al lavoro
e i diritti del lavoratore sono messi in forte dubbio. L'attuale Governo sta
mettendo in pericolo tutte le conquiste dei lavoratori, ottenute in tanti anni
di lotte faticose e difficilissime e per questo dobbiamo opporci con ogni mezzo
legale e democratico al fine di evitare un ritorno ai tempi dei nostri nonni.
Vi vorrei raccontare, la storia di un giovane meridionale, che
avrebbe voluto costruirsi un futuro dignitoso.
In cerca dì un impiego, anche transitorio, per accumulare
esperienze ed aspirare a miglior soluzione per il futuro, si rende conto ben
presto di avere di fronte a se un panorama imprenditoriale ai limiti del
sottosviluppo. Deciso com'è a conquistarsi un ruolo nella società, attraverso il
confronto, la sfida, la disponibilità a crescere professionalmente decide di
investire su se stesso, decide di fare
l'imprenditore.
Elabora un progetto d'impresa, che ritiene brillante e
remunerativo, e confidando nei mezzi che le strutture finanziarie ufficialmente
mettono a disposizione si reca in una banca per sottoporlo all'attenzione
d'esperti.
Con suo sommo dispiacere si rende conto ben presto di non avere
alcun interlocutore, le banche concedono finanziamenti solo dietro solide garanzie,che
lui ovviamente non ha, poiché giovane e in cerca di prima occupazione, cosa
ancor più triste, nessuno è disposto a vagliare il suo progetto, quindi non si
saprà mai se è valido o meno.
Sconfortato decide di giocarsi l'ultima carta: i fondi a disposizione
per l'imprenditorialità giovanile. Le lungaggini burocratiche, l'assenza di
sostegno morale e materiale, ne hanno fatto poi,un abile giocatore di
biliardo... disoccupato.
Storie come queste nel mezzogiorno sono realtà normali, la
maggior parte dei nuclei familiari ne è coinvolta, non c’è da stupirsi quindi
che il tessuto sociale e il senso civico dei cittadini, risentano del degrado
socioeconomico dei territorio, lasciando ampi spazi alla cultura dei
clientelismo e del malaffare, e non a caso proliferano antichi progetti
politici, che portano la firma d'illustri inquisiti e condannati.
E' la fase introduttiva di un mio intervento del 1999, ne avevo
fatto diversi altri in passato... il contenuto però nel tono era diverso.
Fino al 1998 ero un imprenditore di successo, mi ero inventato
un'impresa capace di far guadagnare ad una azienda statale fior di miliardi
semplicemente innovando e migliorando il processo produttivo. Proponevo io!
Con quell'aria di bravo ragazzo che si è fatto da solo, ci hanno
messo niente a disintegrarmi, mi volevo occupare di lavoro per ragazzi meno
fortunati di me, oggi mi occupo a tempo pieno di trovare lavoro per me.
Vorrei adottare l'art 4 della costituzione, si quello sul
lavoro, vorrei che qualcuno mi adottasse, mi sento cosi affranto. Oggi è il 1°
Maggio e non è la festa mia...
Intendo adottare l'art. 4. E' molto interessante valutare il
lavoro come diritto sì, ma anche come un dovere, quello per cui ogni cittadino
è tenuto a dare il proprio contributo per la crescita materiale o spirituale
della società. E' un aspetto molto importante e credo finora sottovalutato.
Non il diritto, ma il dovere, l’obbligo di ciascuno di noi di
diventare tutto quello che può.
Per sé e per gli altri. Bellissimo.
Come direbbe De Gregori (ma non la Thatcher), la società siamo
noi.
Ognuno di noi è socio e ognuno di noi è responsabile, perché noi
siamo responsabili di tutto.
Una bussola da tenere sempre in tasca, ricordandosi di controllarne
le coordinate di tanto in tanto.
Pino De Marte
Io adotto l’articolo 4, ma anche gli altri che hanno il richiamo
al lavoro, valore fondante della nuova Italia.
I “soggetti” del lavoro sembrano essere due: i lavoratori e le
nuove imprese, pubbliche e private che si costituiranno e saranno il motore
delle attività economiche e della rinascita civile, sociale ed economica del
Paese.
Il lavoro è inteso, come:
occasione di emancipazione dal bisogno (art. 36)
mezzo di elevazione culturale e professionale degli individui
(art. 35),
opportunità di “intrapresa” e di iniziativa economica anche per
la valorizzazione del territorio (art. 41 e 44),
forma organizzata di lavoratori che possono anche partecipare
alla gestione di impresa (art. 46).
valore morale e collettivo per lo sviluppo e il rilancio del
Paese (art. 1, 4 e 35).
L’uomo e la donna, in quanto cittadini che del lavoro sono al
centro, vengono considerate risorse fondamentali, da organizzare (art.37, 38,
41).
Ad essi viene riconosciuto il diritto di essere rappresentati e
tutelati dalle organizzazioni sindacali (art. 39) e il diritto di sciopero,
purché esercitato nell’ambito di leggi che lo regolano (art. 40).
La Costituzione riconosce alle attività economiche,
pubbliche e private, l’essenziale utilità sociale ma, proprio per questo, anche
i limiti entro cui essi devono operare ed attribuisce alla legge, il compito di
regolamentarle mediante programmi e controlli opportuni (art. 42 e 44)
Le cose da allora sono molto cambiate. Si tratta di capire
perché oggi sono disattesi gli articoli della Costituzione e/o se essa è da
aggiornare, pur salvaguardando la sua impostazione di fondo. Con queste brevi
note mi limito ad osservare la situazione ponendo, a chi mi legge e a me
stesso, solo delle domande per stimolare la riflessione.
L’ormai quasi completa emancipazione dal
bisogno della maggior parte dei lavoratori, fa si che i lavori più modesti
siano eseguiti da non italiani. Contemporaneamente fa riflettere il dato del
15% per cento di lavoratori in nero. Se
questi lavoratori sono indispensabili, è necessario favorire anche la loro
emancipazione (e regolarizzazione).
Inoltre l’esistenza
libera e dignitosa, consentita da un solo stipendio per famiglia, non basta
più: perché sono aumentati i bisogni, molto spesso non primari, o sono
diminuiti gli stipendi in termini reali?
Il lavoro, così come è organizzato oggi consente l’elevazione
culturale e professionale dei giovani? Contratti di lavoro flessibili (di
formazione, part time, a termine, interinale, etc.), in luogo dei “vecchi”
contratti collettivi, creano ancora le
premesse per cui l’azienda era considerata come il luogo, spesso unico nella
vita, di arricchimento personale, professionale e umano o creano le premesse
per nuovi salti da un lavoro all’altro alla ricerca di quello che “paga”
di più?
Gli attuali processi di terziarizzazione
spinta, per risparmiare sui costi o per globalizzare le produzioni, non servono ad elevare la cultura e la
professionalità, tutt’al più fanno nascere il perfetto specialista e rendono i
prodotti sempre più indifferenziati tra marchi diversi e con sempre minore
valore aggiunto. In altri termini per prodotti sempre più “maturi” e producibili
su larga scala in tutte le parti del mondo, prevale la componente legata ai
costi e all’allargamento dei mercati e si trascura l’apporto che l’uomo può e
deve ancora dare.
Chi sono oggi gli imprenditori?
Quanti sono oggi i
lavoratori effettivamente dipendenti e quanti quelli autonomi? E gli
imprenditori? E tra i primi quanti di loro fanno bene il loro lavoro o hanno un
solo lavoro? E tra i secondi quanti sono gli imprenditori di se stessi o i
titolari di floride imprese familiari? Tra gli imprenditori quanti sono quelli
veri, ovvero coloro che rischiano ed innovano processi, prodotti e servizi?
Come è stato valorizzato il territorio e quanto hanno influito sovvenzioni e
assistenze pubbliche all’agricoltura e all’industria di base sull’obiettivo di
creare, da un lato una nuova classe di imprenditori e dall’altro nuovi posti
di lavoro?
L’organizzazione del
lavoro è ancora tesa a soddisfare principi di utilità sociale o invece stretta
dall’impellenza di dovere abbattere i costi si è appiattita sui soliti prodotti
e servizi, senza innovare o cambiare radicalmente i propri processi?
Osservando le
organizzazioni dal di dentro, in particolare quelle grandi, si osservano
atteggiamenti burocratici, di difesa o di nicchia dei lavoratori che nulla
hanno a che fare con l’apporto individuale previsto dalla nostra costituzione.
Di chi la colpa, dei lavoratori che si chiudono nel proprio “orticello” e
ignorano (o fanno finta di ignorare) di essere parte di un processo o di un
progetto, all’inizio ed alla fine del quale ci sono rispettivamente l’impresa e
i suoi clienti? O delle imprese che ignorano (o fanno finta di ignorare) che
spetta al loro management e ai loro quadri gestire i processi e i progetti per
garantire comunque prodotti e servizi, non solo competitivi, ma anche
accettabili in termini di qualità, sicurezza e compatibilità ambientale?
Ovunque sia collocata l’asticella della ”colpa” non serve a nessuno sapere chi
è più colpevole. Se i prodotti e i
servizi non sono competitivi è tutto il Paese che ci rimette, in termini di
cultura, di posizionamento internazionale, di immagine, di PIL e di posti di
lavoro.
Nell’attuale nebulosa
del lavoro, così variegata, quanto è effettivamente attuato il dettato o almeno le intenzioni della
nostra costituzione? Come mai negli anni di alta inflazione si sono favorite le
svalutazioni competitive? C’era chi ha privilegiato le proprie (scadenti)
esportazioni all’immagine del nostro paese e alla forza della nostra moneta.
Benedetto sia l’Euro, ma occorre essere all’altezza di una
moneta forte, certamente più forte della lira. I prodotti e i servizi europei
potranno liberamente circolare e solo i migliori saranno premiati dal mercato.
Questo vale anche per la scuola, la ricerca scientifica e la capacità di
innovare. Sul fronte dei prodotti e dei servizi a quanti di essi si può
attribuire il connotato di utilità sociale o di bisogno primario e a quanti
quello di semplice gadget o di bene di “lusso”? Quanta pubblicità di automobili
dovremo ancora subire prima di rimanere tutti fermi e avvelenati nelle nostre
città?
Quali reti di infrastrutture, di acquedotti, di gas, di gestione
delle acque potranno sostenere lo sviluppo prossimo venturo? A quali sistemi
complessi di informazioni e di sapere affideremo il nostro futuro e quello dei
nostri figli? A quali si dovrà dare priorità e attenzione?
Dalle considerazioni (e dalle domande) sopra espresse, si
comprende quanto sia complesso e contraddittorio il mondo del lavoro,
schiacciato tra velleitarismo produttivistico e lusso, contrazione dei costi e
condizioni di lavoro miserevoli, ammortizzatori sociali e privilegi vecchi e nuovi,
corporativismo spinto e scioperi selvaggi, finanziarizzazione dell’economia e
arricchimenti illeciti e tali da giustificare, nella mente dei nostri
governanti e non solo, anche il conflitto di interessi in politica.
Il mondo del lavoro vive oggi contraddizioni kafkiane, che nulla
hanno a che fare con lo spirito e il cuore della nostra Costituzione e che
confermano, se ce ne fosse ancora bisogno, che lavoratori e imprenditori non
lavorano più per i medesimi obiettivi della nostra Costituzione.
ALTRE
ADOZIONI:
Stefania Trazzi –
Verona
Professoressa
Mariangela Ottelli e alunni della classe III L della Scuola media statale
Mameli - Milano
Mariuccia Gabella - Milano
Massimo Rossetti
Elena Aliprandi - Brescia
Maria Palma Giorgetti - Foligno (PG)
Nicola Di Giovanna -
San Donà di Piave (VE)
Lucia
Malesardi - Rapallo (GE)