La Costituzione e le adozioni

 

Principi fondamentali

Parte Prima

Parte Seconda

Disposizioni

transitorie e finali

 

IO ADOTTO L’ARTICOLO 41

 

L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

 

Maria Grazia Grossi - Roma

L'art. 41: più lo leggo più mi sembra perfetto!

 

 

Assunta Doriana Mori - Torino

Adotto l'articolo 41, proprio per contrastare il nostro inqualificabile Presidente del Consiglio che sta disonorando, insieme al suo Governo, il nostro Paese in Europa e nel mondo.

 

 

Maria Elena De Felice - Milano

Adotto l'art.41 perché si fa un gran parlare di liberismo e statalismo in maniera impropria. Basterebbe leggere la nostra Costituzione: l'iniziativa privata è libera, ma non deve essere svolta in maniera da non arrecare danni alla dignità umana. E ancora: lo Stato si deve impegnare per garantire che tutte le attività economiche, pubbliche e private, siano comunque finalizzate alla crescita morale e civile della nostra società. Stare insieme liberamente, rispettando la nostra dignità e quella degli altri è la cosa più bella che io possa immaginare.

 

 

Raffaella Lanzillo

Ho puntato sull'art.21 perché la libertà di informazione (non solo di stampa) è oggi quella che a me sembra la più minacciata: e non dallo Stato – secondo la concezione che ha ispirato i costituenti – bensì dal gigantismo dei poteri economici privati (Per cui l'adozione della norma non escluderebbe il pensare anche a una qualche riforma, per aggiornarla ai problemi di oggi). La libertà di pensiero e di informazione mi interessano, sia quali premesse essenziali per l'effettivo rispetto e la crescita dei diritti dell'uomo (da qui il collegamento con l'art.2), sia quali articolazioni delle libertà economiche (da qui il collegamento con l'art.41), ove pure la restrizione della concorrenza e l'evolvere dei mercati verso concentrazioni sempre più vistose di poteri e di ricchezze, e verso posizioni sempre più disuguali fra gli operatori, mette a mio avviso seriamente a rischio l'effettivo rispetto dei diritti inviolabili dell'uomo. Il problema è ristabilire la gerarchia – voluta dai costituenti – fra diritti economici e diritti della persona, per cui i primi sono strumentali agli altri (mentre oggi sembra avvenga il contrario), tramite l'uso più libero e pluralista possibile dei mezzi di comunicazione (che fra l'altro formano anche cultura...).

 

 

Renato Rozzi - Milano

Sono un docente universitario. Ritengo che aumento della ricchezza e disuguaglianze tollerabili, all'interno del nostro paese, non siano più misure sufficienti a garantire l'utilità sociale richiesta all'attività economica pubblica e privata dall'art.41 della Costituzione.

 

 

Annita Pantanetti

Adotto gli articoli 41 e 42. Anch'io come il signor Baiocchi di Milano mi domando se il nostro Primo ministro li conosca.

 

 

Giorgio Baiocchi - Milano

Adotterei cinque articoli, facendoli subito crescere per inviarli a:

Articolo 32 per Sirchia e Tremonti

Articoli 33 e 34 per Moratti

Articoli 41 e 42 per Berlusconi

Chissà se li hanno mai letti!!

 

 

Angela Speranza – Caserta

Adotto la Costituzione e in particolare l'articolo 41, perché corrisponde all'unica idea che posso accettare e definire come attività economica: se infatti essa non è indirizzata e coordinata a fini sociali, se si svolge in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, cos'è mai se non sopraffazione, ladrocinio, brigantaggio... troppo di quanto accade oggi prescinde da questo fondamentale articolo della nostra costituzione; io vorrei che fosse pienamente rispettato e non solo nel nostro paese, ma in tutto il mondo.

 

 

Federica Ghetti – ManagerZen.it

Non siamo esperti di legge, per cui leggiamo l'articolo con il suo significato più immediato e semplice.

"L'iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale" ... ma allora in Italia l'80% delle imprese private è anticostituzionale !!!!

Cosa significa in contrasto con l'utilità sociale?

Produrre beni inutili e inquinanti, ad esempio, a che principio risponde: di utilità sociale? di sviluppo? di maggiore benessere reale? di migliore qualità della vita dei cittadini italiani?.. o del semplice aumento del PIL?

Che rapporto c'è tra produzione, inquinamento e sicurezza?

Non occorre una laurea in giurisprudenza per capire che "inquinare, sprecare energia e risorse naturali per beni inutili" reca sicuramente danno alla sicurezza e alla dignità umana dei cittadini, specialmente quando esistono da tempo alternative eco-compatibili, che tengono conto dell'impatto ambientale e minimizzano il consumo di risorse naturali.

Cosi come è scontato che ambienti lavorativi dove prevale arroganza, inganno e strapotere recano danno alla libertà e alla dignità umana.

E quali sono i "fini sociali" dell'attività economica privata, se non quelli perseguiti per volontà della singola azienda e del singolo individuo?

ManagerZen adotta l'articolo 41 della Costituzione e invita le imprese Italiane a rispettarlo.

La legge è strumentalizzata al potere economico e anche dove esiste non è adeguata, non viene applicata dalle aziende e non viene fatta applicare dallo stato.

Per di più rispettare le soglie e i valori massimi di agenti inquinanti definiti per legge non è affatto sufficiente.

Solo attraverso una reale consapevolezza, responsabilità e coscienza civile e sociale, le imprese possono rispondere appieno a questo articolo.

Questo significa adottare un diverso modo di produrre e di creare profitti, rinunciando all'induzione di consumi inutili, alla produzione eccessiva, allo spreco, alla produzione di enormi quantità di rifiuti non riciclabili, allo sfruttamento della forza lavoro di paesi più poveri, .. in sostituzione di una produzione eco-compatibile equilibrata di beni durevoli e di servizi.

Per passare dall'economia intesa come fine, a un'economia guidata dai valori e intesa come strumento al servizio della scienza, dell'uomo, del benessere, della società e dell'ambiente naturale.

“Schumacher ha illustrato in modo molto eloquente la dipendenza dell'economia da valori mettendo a confronto due sistemi economici incorporanti valori e obiettivi completamente diversi.

Uno è il nostro attuale sistema materialistico, in cui il livello di vita è misurato dall'entità del consumo annuo, e che si sforza perciò di conseguire il massimo consumo unitamente a un modello ottimale di produzione.

L'altro è un sistema di economia buddhista, fondato sulle nozioni del giusto sostentamento e della Via di Mezzo, in cui I'obiettivo è quello di conseguire un massimo di benessere umano con un modello ottimale di consumo..."

Fritjof Capra - Il punto di svolta.

Senza bisogno di diventare buddisti .. :-)

 

 

Vincenzo Russo - Crema (CR)

Voglio adottare l'art.41 della Costituzione perché garantisce la libertà d'impresa nell'ambito prevalente del bene pubblico, della sicurezza e, sopratutto, della dignità umana.

 

 

Fiorella Bosi

Vorrei adottare tutta la Costituzione, ma in questo momento scelgo l'art.41 perché sono scandalizzata dalla leggerezza con cui è stato risolto il gravissimo problema dell'inquinamento prodotto dall'AGIP a Gela, e perché mi chiedo per quanto tempo ancora i lavoratori, le loro famiglie e le popolazioni in generale saranno costretti a scegliere fra il diritto al lavoro (art.35) e il diritto alla salute (art.32).

 

 

Ido Bonin

Io adotto l'articolo 41, poiché chiarisce bene la cornice entro la quale l'iniziativa economica deve restare, in particolare essa dice che l'attività economica "non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" e a tal proposito non possono non venire in mente l'iniziative per restringere l'art.18 dello statuto dei lavoratori, che della dignità dei lavoratori giust'appunto si occupa. L'altro comma "La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali" è scarsamente applicato e ora minacciato dalla "deregulation" in corso. La dittatura dell'economia potrebbe essere limitata dall'applicazione coerente della nostra Costituzione ma purtroppo non è così! Rimane in essere pienamente il primo comma "L'iniziativa economica privata è libera". Ce ne siamo accorti! Grazie.

 

 

Roberto Vaccani - Milano

“L’uomo libero ha sempre tempo a sua disposizione per conversare in pace, a suo agio. Egli passerà, come faremo noi nel nostro dialogo, da un argomento all’altro; come noi egli lascerà quello vecchio per un nuovo che lo attiri di più; e non si preoccupa affatto se la discussione andrà per le lunghe, ma solo di conseguire la verità.”

                 Paul Feyerabend, liberamente adattato da Platone, Teeteto, 127d

 

APPUNTI SULLA LIBERTA’

Libertà e vincoli

Il concetto percepito di libertà parte dalla constatazione e dalla percezione dei vincoli che la delimitano. Si può concepire l”essere liberi”, solo se si prende atto di una non libertà (è proprio il percepito diffuso dell’emergere di forti vincoli socio/politici rispetto agli spazi di libertà che ha spinto il nostro gruppo a costituirsi). La libertà prende energia e luce dalle costrizioni che la vietano, come un fiume prende forza dagli argini che gli si oppongono. E come per un fiume, la libertà prende forza e si carica di dirompente energia di tracimamento quando gli argini sono troppo stretti, si mantiene tonica e vitale se gli argini sono dimensionati, perde la consapevolezza della propria esistenza e s’impantana in un’avalorialità sociale diffusa quando gli argini appaiono (o sono fatti apparire) inesistenti.

Gli individui e la collettività che li circonda rappresentano due polarità legate da reciprocità di vincoli e libertà.Un eccesso di libertà individuale può rappresentare un vincolo allo sviluppo corale della società; d’altro canto la predominanza di una cultura di egualitarismo convenzionale potrebbe rappresentare un freno rispetto al protagonismo ed all’originalità individuale.

La dialettica che si snoda tra libertà individuali e libertà sociali abbisogna di regole del gioco (vincoli) in grado di instaurare processi virtuosi di sviluppo della società.

 

In questo quadro è compito delle istituzioni educanti rendere gli individui autonomi e consapevoli delle costrizioni ambientali le quali rappresentano insieme argine e stimolo rispetto alla stessa autonomia individuale.

In pari modo, è compito delle istituzioni pubbliche, arbitre dell’educazione civica di un paese, definire i limiti della partita; limiti entro i quali si può muovere il rispecchiamento concorrenziale delle libertà individuali e di quelle sociali.

 

Una tale concorrenza dinamica si poggia sulla divisione e sull’equilibrio dei poteri, proprio della logica dello “stato di diritto” che caratterizza le società a tendenza democratica.

La Costituzione di uno stato si pone a mo’ di radice fondante delle condizioni di convivenza di diritti (libertà) e di doveri (vincoli) dei cittadini. Non è un caso che la nostra Costituzione è percorsa costantemente, in filigrana, dalla ripetizione  dei termini libertà e limite.

 

La relatività della libertà

La libertà appare come un concetto da relativizzare e collocare situazionalmente nei diversi contesti spaziali, temporali e sociali.

Si può parlare più appropriatamente di più libertà in ambienti diversi, poiché diversi risultano i vincoli, diversi gli assunti culturali, diverse le distribuzioni di risorse esistenziali.

Quello che, generalizzando, caratterizza la libertà in qualsiasi contesto, è il fatto di rappresentare un processo dialettico che si snoda tra energia protagonistica individuale e sociale e le condizioni (vincoli/opportunità) ambientali. Un processo che lega la soggettività percettiva immersa in paradigmi culturali specifici all’oggettività delle condizioni ambientali di vincolo/opportunità.

In questo gioco combinatorio di relazioni individuo-cultura-ambiente possono realizzarsi condizioni limite come quelle che si determinano nelle società povere ed esposte a dominio autoritario. In tali società il contesto risulta tragicamente limitante da non permettere di intravedere plausibili spazi di libertà individuale; in Afganistan, per esempio, una delle libertà più appetibili e quella di arrivare a 35 anni con tutti gli arti a disposizione, visto che statisticamente ad ogni individuo spettano in dote tre ordigni inesplosi.

In modo specularmente opposto si possono proporre esempi di società opulente, molto meno limitanti oggettivamente ma limitate culturalmente (e quindi soggettivamente). In tali ambienti può maturare una cultura dominante della ricchezza, un’antropologia di monetizzazione del protagonismo e della qualità della vita. In queste situazioni  gli individui educati alle apparenti libertà senza limiti risultano privi di energie protagonistiche così che, pur in presenza di contesti ricchi di potenziali opportunità, essi mettono in atto risposte sociali ed individuali che risultano improntate da apatia, gregarismo e fatalismo omertoso. In tali ambienti è fortunato chi raggiunge i 35 anni d’età senza serie amputazioni culturali di coscienza civica.

 

Una discreta agiatezza diffusa in grado di liberare dai vincoli dei bisogni primari può anestetizzare le energie di vigilanza sociale e immergere gli attori sociali in una cultura che teorizza le libertà senza vincoli.

Una società senza vincoli alla libertà è presto preda dell’arbitrio dei più potenti. Oggi in Italia stiamo vivendo in un brodo antropologico nel quale la cultura dei dominanti, espressa dalle agenzie culturali (prime fra tutte le agenzie di comunicazione di massa) induce i cittadini, ipnotizzati con strategie di comunicazione alla Vanna Marchi, alla delega in bianco nei confronti di chi li governa.

In tal modo si coltivano individui: saccenti, semplificatori, supponenti, fideisticamente obbedienti, e profondamente incolti; cittadini straripanti di informazioni ma incapaci di giudicare autonomamente, ingolfati dai dati e incapaci di intelligere (“leggere dentro” i dati).

A mio parere va ripristinata la cultura diffusa in grado di riabilitare lo spirito critico individuale, la fatica piacevole di essere protagonisti nel giudizio.

 

Soggettività e libertà

I vincoli ed opportunità ambientali non costituiscono un dato oggettivo ma cambiano significato per via delle selezioni percettive operate dai singoli individui a misura del loro grado di cultura (non necessariamente di scolarizzazione) e  sopretutto della loro avventura di vita,; ciò che può essere letto come vincolo vietante da alcuni può essere percepito come vincolo stimolante da altri e ciò che può essere assunto come opportunità da certi individui può essere rappresentato come dato immobilizzante da altri.

Per esempio, gli individui possono soggettivamente arricchire d’energia protagonistica la cella di un carcere, e testimoniare al mondo la loro ricchezza interiore senza confini, resistendo, così, all’oggettiva condizione di claustrofobia ambientale. All’opposto, in condizioni ambientali opulente, si possono realizzare comportamenti sociali ed individuali di povertà valoriale e di ipotonia di significato, tali da togliere energia vitale alla libertà potenzialmente esercitabile (generando una specie di agorafobia nei confronti dei “troppi” spazi di protagonismo).

 

La libertà come processo da presidiare - Le insidie dei contesti industriali

La libertà non rappresenta una meta statica da raggiungere ma un processo da guadagnare e presidiare continuamente, una tensione esistenziale e non un equilibrio raggiunto una volta per tutte.

Nei contesti industriali la spinta verso la produzione quantitativa di beni che vanno al di là dei bisogni essenziali degli individui crea domande indotte e le domande indotte vengono sostenute da numerose azioni di seduzione/plagio esercitate da chi produce nei confronti di chi consuma. I processi di plagio nelle società industriali richiedono potenti mezzi d’influenzamento tesi a limitare la libertà ed il protagonismo di pensiero e di scelta del mondo dei consumatori.

Nella nostra società i limiti intangibili alla libertà si celano:

-          dentro le mode in grado di travestire beni e servizi voluttuari da bisogni primari

-          dentro la seduzione della pubblicità

-          dentro la suggestione pseudocarismatica dei santoni religiosi o politici rassicuranti

-          dentro l’informazione di parte o la disinformazione dei mass media

La schiavitù di pensiero si cela sotto la patina delle scelte facili e garantite dall’estetica delle campagne promozionali, si tratti di sedurre all’acquisto di un detersivo o, ancor peggio, di indurre l’acquisto di un personaggio politico o di “un’ideologia da banco”.

La battaglia di libertà delle società opulente non si combatte metro su metro per strada, si gioca nei luoghi immateriali dove si confrontano: dati veri e dati falsi, il virtuale con il reale, le informazioni drogate con le informazioni veridiche, la forma con la sostanza.

In internet, nei telegiornali, negli show televisivi si possono celare le frontiere che separano la schiavitù dalla libertà di pensiero.

Le società complesse ricche d’interessi legittimi in concorrenza non accettano la semplificazione del pensiero unico, esse necessitano di più pensieri relativizzati e di monitoraggio diffuso operato da una moltitudine d’individui, da una pluralità di cittadini dotati di capacità critica autonoma, non certo addestrati alla dinamica stimolo/risposta precostituita o di burocrati assuefatti al pensiero debole da quiz che invita ad apporre la crocetta in tempi rapidi sul si, sul no o sul non so.

La libertà e l’originalità di pensiero ha bisogno di palestre di confronto d’esperienze, ha bisogno di tempo investito nell’ascolto dei propri simili, d’ascolto attivo: di un libro, di uno spettacolo teatrale, di una musica ricca di significati o di un dipinto evocativo.

La libertà di pensiero ci richiede la conquista di tempo da mettere a disposizione del nostro vagabondaggio attivo percettivo e sociale.

La cultura produttivistica tende a connotare con la dizione di tempi morti quelli non direttamente impegnati a produrre, ma è proprio nei cosiddetti tempi morti che prende maggiormente vita l’originalità del nostro pensiero. Con l’aumento del tempo “libero” da attività produttive, le società industriali ci permetterebbero di disporre di un notevole ammontare di tempi morti vitali. Tutto ciò a patto di essere attori così intelligentemente e protagonisticamente interattivi da saper reagire al ruolo di spettatori passivi, pigramente adagiati sulla nostra poltrona, guardati dalla televisione e illusi di guardarla, convinti utilizzatori di Internet ma, forse, utilizzati.

Anche il nostro tempo libero può essere anestetizzato ed invaso.

Se ci sentiamo soli con il nostro tempo libero tanto da non sapere come spenderlo vuol dire che siamo già stati invasi e siamo”liberamente” conniventi con i nostri invasori.

 

Focalizzazione economica da adottando dell’articolo 41 – parte prima – titolo terzo della Costituzione

 

L’ articolo recita così:

L’iniziativa economica privata è libera.

Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

 

Enuncio, di seguito e didascalicamente alcune tesi che ritengo utili al dibattito

Sono fermamente convinto che la libertà nell’economia sia sinonimo di concorrenza normata.

Lo spazio della libertà è quello della concorrenza, i vincoli sono dati dalle norme istituzionali che lo regolano.

Senza entrare nel merito dei vincoli di dettaglio dei contesti economici credo che i principi di base della democrazia di mercato dovrebbero premiare qualsiasi iniziativa all’interno delle presenti condizioni:

-          Vietare la formazione a livello nazionale e sovranazionale di concentrazioni monopolistiche (monopoli, oligopoli, cartelli o patti di non concorrenza). Un tale processo ucciderebbe lo spazio democratico di concorrenza.

-          Vietare la frantumazione localistica e spinta di attività economiche. Questo fenomeno renderebbe i processi produttivi troppo costosi per i produttori e per i consumatori e spingerebbe le attività economiche nel sommerso, nei territori dell’evasione fiscale, allo scopo di essere minimamente remunerative.

-          Permettere, nei limiti del possibile alle iniziative economiche di godere di pari opportunità/vincoli nell’allestimento degli impianti organizzativi.

-          Pretendere la trasparenza dei dati di andamento produttivo delle imprese al fine di poter esercitare un adeguato controllo sociale su di esse.

-          Tutelare e promuovere la nascita di organizzazioni e, perché no, di istituzioni a difesa dei consumatori.

 

Utilizzando come definitori di campo i cinque ancoraggi democratici precedentemente descritti perde significato l’uso delle categorie discriminanti attività pubbliche e attività private.

Anche il legislatore, comprensibilmente per l’epoca di stesura della Costituzione Italiana, esordisce con “L’iniziativa economica privata è libera”  per poi introdurre l’attività economica pubblica quando recita “…controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”

Scontato il fatto che alcune strutture o beni di indubbia utilità sociale non debbano essere privatizzati e quindi devono essere gestiti per conto di tutti  i cittadini, il monopolio pubblico, anche se in misura minore di quello privato rischia di prosciugare le libertà di mercato.

Il monopolio, quindi, sia pubblico che privato crea problemi di salvaguardia di libertà di mercato e soprattutto dei consumatori.

La presenza della libera concorrenza normata costringe le imprese ad essere centrate sull’erogazione dei beni e servizi con attenzione a minimizzare i costi (principio quantitativo d’efficienza).

Si può affermare che la presenza di una tonica concorrenza costringe le imprese all’efficienza.

La possibilità dei consumatori di rivolgersi ad imprese diverse e relativamente alternative  al fine di vedere corrisposte le domande di beni e servizi e di potersi altresì appoggiare ad efficaci istituzioni di difesa dei consumatori, costringe le imprese a muoversi nell’intorno delle quali/quantità di produzione attese dai consumatori (principio qualitativo d’efficacia).

Si può affermare che la pressione dei consumatori e delle loro agenzie di tutela costringono le imprese all’efficacia. La concreta centratura delle aziende sui clienti e frutto della forza di vigilanza esercitata dai clienti stessi.

Se a tali fattori si aggiungessero essenziali norme di premio alla trasparenza dei processi : economici(bilancio), finanziari, di qualità, di logistica, di mercato, eccetera si potrebbe ottenere uno spazio adeguatamente riempibile dalla “libera concorrenza”. In tali condizioni normative si potrebbe cominciare a parlare, e soprattutto agire, in termini di etica economica.

 

Nota retorica

Alla luce di quanto detto,  un governante aggrovigliato nelle straripanti incompatibilità che mescolano i suoi interessi privati con quelli pubblici. Che pratica l’arbitrio monopolista in veste politica e contemporaneamente teorizza la libera concorrenza senza limiti. Che, così facendo, si allea, di fatto, con la cultura economica iperfrantumata, sommersa e di dubbia eticità della nazione. Un rappresentante delle istituzioni democratiche impegnato nel varo di leggi che depenalizzano la mancanza di trasparenza dei bilanci e della finanza privata e pubblica (al fine di assoggettarle alla sua discrezionalità privata). Un imprenditore/politico che ingaggia una lotta feroce contro le poche e logore istituzioni a difesa dei lavoratori e dei consumatori  e che , non contento, (o meglio non totalmente impunito) tende a sottomettere il potere della magistratura, mi sembra che persegua scientemente il cammino specularmente opposto alle libertà.

Difendiamoci da ventate culturali che vorrebbero farci credere che il libero gioco degli interessi privati si trasforma per magia in valore sociale!

La parola interessi, gravita nella semantica delle aspettative individuali (più o meno legittime) la parola valore gravita nella semantica dell’etica sociale.

Gli interessi individuali non hanno ancora trovato la pietra filosofale in grado di trasformarli in valori collettivi.

 

 

ALTRE ADOZIONI:

 

Ernesto M.Bulling - Milano

Ezio Grieco - Manfredonia (FG)

Albino Caporale – Pisa

Giovanni Autunno – cittadino italiano residente in India