La Costituzione e le adozioni |
Tutti sono tenuti a concorrere alle
spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività.
Giulia Gervasoni – Brugherio (MI)
Io ho un sogno, uno stato sociale degno di
questo articolo.
Max Tonioli - Ferrara
Credo molto nell'uguaglianza fiscale intesa come uguaglianza di
contribuzione allo Stato, che poi ci dà i servizi a cui siamo abituati. Ce ne
lamentiamo, ma intanto ci sono e sono il collante del nostro vivere civile. Non
si può pretendere sanità, scuola, trasporti ecc. senza essere disposti a
versare onestamente il proprio contributo in ragione dei propri introiti e del
proprio patrimonio. Sarà banale, ma è giusto.
Luciano Zardi -
Casatenovo (LC)
Sono un libero
professionista e adotto l'articolo 53.
La nostra
Costituzione sottintende che anche lo Stato e quindi ogni cittadino si faccia
carico delle non possibilità degli altri a vivere una vita in assoluta dignità.
Da qui la necessità che esitano la scuola e la sanità pubblica e l'assistenza
giuridica ai non abbienti. Non è pensabile che una persona attribuisca le
proprie fortune alla sua sola capacità, e non anche a un complesso concorso di
persone e risorse che la nazione tutta mette a disposizione. Per questa ragione
ritengo un elemento di civiltà il rispetto di questo articolo e quindi lo
adotto.
Nicola Vizioli -
Pisa
Se fosse possibile, la Costituzione bisognerebbe "adottarla" nel suo
complesso. Il singolo articolo non può essere isolato dal resto. Però, se si
vuole "giocare" se ne debbono accettare le regole e così, sia pure a
malincuore, ne scelgo un solo articolo. E' il 53 che recita: "Tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità
contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività."
La scelta dipende da due distinte ragioni. La prima è legata strettamente
all'attualità: il governo vuole ridurre a due le aliquote di imposta e questo è
già di per sé indice di una minore progressività rispetto alla normativa
vigente. Se poi andiamo a calcolare quali sarebbero le fasce della popolazione
a cui andrebbero applicate le due aliquote scopriamo che la prima verrebbe
applicata al 99,5% dei contribuenti mentre la seconda allo 0,5%. Il che
costituisce - di fatto - un disconoscimento del disposto costituzionale.
La seconda ragione è invece di ordine più generale e, se è possibile, dovrebbe
rendere ancora più preoccupante quel che il governo si accinge a fare. L'art.
53 è infatti un'espressione di quei "doveri inderogabili di
solidarietà" di cui all'art. 2 Cost. e risulta strettamente collegato
anche al principio di uguaglianza sostanziale (art. 3, c. 2 Cost.) perché il
prelievo fiscale è uno strumento essenziale per le politiche volte a
"rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di
fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo
della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori
all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Se chi evade il fisco è considerato un "furbo" e non è oggetto di
quella riprovazione sociale che merita chi danneggia la collettività e quindi
anche ognuno di noi, forse significa che le brevi considerazioni appena fatte,
per quanto banali, non sono entrate a far parte del patrimonio civico della
maggioranza degli italiani.
Paola Comelli - Tromello (PV)
Ho 35 anni e sono un funzionario comunale. Adotto l'art. 53, ora
in serio pericolo. Non che negli anni
passati abbia goduto di ottima salute: la parola "tutti" ormai andava
associata al termine "fessi", perché solitamente ci si faceva belli
del fatto che una piccola o grande parte dei propri guadagni risultasse zona
franca per il Fisco, reputato un famelico drago a tre teste anziché lo
strumento per fare della nostra società una comunità civile, dotata di
strutture per la collettività e di servizi per il cittadino. Il lavoro nero e
l'evasione fiscale sono diventati addirittura motivo di invidia per chi lavora
alle dipendenze ed è soggetto alle trattenute direttamente in busta paga: di
conseguenza si è scatenata una sorta di patto sciagurato che lega a sé
professionisti dallo smilzo 740, consumatori per nulla inclini a chiedere
fattura e lavoratori che chiedono alla ditta se è possibile pagare in nero le
ore di straordinario, così almeno i soldi non se li mangia tutti lo Stato! Ma
se qualcuno si è lamentato che fino al mese di luglio non si lavora per sé ma
per il Fisco, perché non ha detto, altrettanto chiaramente, che questo succede
perché quei "tutti" posti a capo dell'art. 53 sono invece pochi,
pochissimi, una sparuta minoranza? Quello stesso signore ha deciso, in accordo
con in suoi collaboratori, che anche la seconda parte dell'art. 53 non andava
bene, e che non era più il caso di fingere che le cose dovessero andare in un
certo modo. Quindi, grazie all'imminente riforma fiscale, chi più guadagna meno
tasse pagherà: unificare le aliquote Irpef in due soli scaglioni, e accettare
che chi prende 15.000 euro l'anno paghi in proporzione come chi ne prende
90.000, significa calpestare il criterio di progressività. Per non parlare di
chi guadagna più di 100.000 euro: a quelli viene assicurato un consistente
risparmio contributivo che si tradurrà, inevitabilmente, nella minore
disponibilità di fondi per finanziare i pubblici servizi. E così, inevitabile
corollario alla "semplificazione fiscale", coloro che più avranno
risparmiato in tasse potranno con maggior comodità ricorrere alle strutture
private, siano esse relative alla sanità, alla scuola, o a quant'altro riguardi
quei servizi che dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini. Don Milani
scriveva, con i suoi ragazzi, che niente è più ingiusto che fare parti eguali
tra diseguali. Salviamo l'art. 53, imprescindibile presupposto per uno Stato
più democratico: non c'è democrazia dove non c'è equità.
Aderendo all'iniziativa di "adozione" vorrei adottare
i seguenti articoli della nostra Costituzione:
l'art. 3: poiché introduce con chiarezza e precisione nel nostro
ordinamento giuridico, dandogli pratica attuazione, il principio di tolleranza
e lo pone a fondamento della vita civile e dell'azione di tutte le sue Istituzioni,
dalla più piccola alla più grande, nessuna esclusa, impegnadole ad attuarlo .
E' un presidio di civiltà che pone la Repubblica Italiana fra le nazioni
progredite e civile e gli estensori delle sue costituzioni nel novero delle
persone giuste e probe.
l'art. 53: poiché fissando il principio che il sistema delle
imposizioni fiscali deve essere progressivo (e non proporzionale o addirittura
regressivo) riconosce che solo e soltanto tale progressività può portare a una
parità di sacrificio dei cittadini nel concorso alle spese pubbliche, e
sancisce che nessuno dei cittadini può sottrarsi a tale equa ripartizione dei
sacrifici.
Carmine Femina
Ho deciso di adottare l'articolo
53 della nostra Costituzione perché non potrò mai dimenticare ciò che disse,
tre o quattro giorni prima del 13 maggio 2001, il sig. Berlusconi riguardo le
tasse che, se ritenute esose, andavano evase ed era un fesso chi non lo avesse
fatto avendone la possibilità, come lui, di avere accesso ai paradisi fiscali.
Maria Paola Proietti
– Cinisello Balsamo (MI)
Adotto l'articolo 53 perché è improntato a principi di uguaglianza e di solidarietà. Uguaglianza perché "tutti" devono contribuire alla copertura delle spese pubbliche (quindi l'evasione fiscale è contraria alla Costituzione) e devono farlo in proporzione alle proprie ricchezze (quindi chi più ha più deve dare). Solidarietà perché l'imposizione fiscale non è correlata ai benefici che ciascuno riceve, ma si basa su un principio di benessere collettivo. I criteri di progressività assicurano un'equa distribuzione del peso fiscale, infatti con questo sistema si tende a una certa redistribuzione della ricchezza a livello sociale, da coloro che hanno redditi via via più alti a coloro che hanno redditi bassi.
ALTRE
ADOZIONI:
Luciana
Lotti – Sesto S.Giovanni (MI)
Davide Ceolin - Eraclea (VE)
Alberta Bartoli - Verona